Ethero

martedì 23 agosto 2016

Dragon Ball Xenoverse 2

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Picchiaduro

  • Sviluppatore:Dimps

  • Data uscita:28 ottobre 2016

     

     

    Dragon Ball Xenoverse 2 finalmente si mostra e si lascia provare. L'ultima trasposizione videoludica del manga di Akira Toriyama aveva cercato di cambiare il modo di proporre Dragon Ball all'utenza videoludica, riuscendo a convincere in alcuni punti, ma lasciando l'amaro in bocca in molti altri. Tra questi sicuramente la realizzazione dell'hub di gioco, che nonostante le moltissime pretese non si presentava in maniera adeguata alle necessità del medium videoludico. Con il secondo capitolo, diretto sequel del primo, Dimps prova a ripercorrere la stessa strada vincente, ma aggiungendo qualche novità che possa svecchiare alcune meccaniche e rendere più immediato l'intero prodotto. Alla Gamescom di Colonia, oltre al sito ufficiale online completamente rinnovato e una molto dettagliata action figure di Goku SS2, abbiamo potuto scovare le novità che sono pronte per arrivare nel corso dell'autunno su PlayStation 4, Xbox One e Steam.

    Xenoverse 2 richiede l'arruolamento di nuovi patroller, controllori del tempo che possano chiudere le tante fratture che si sono venute a creare nel primo capitolo e che, inevitabilmente, sono anche aumentate nel corso delle battaglie. Tale espediente vi permetterà di avere una molto più intersecata modalità online, che analizzeremo a breve con tutte le sue novità. Intanto ci siamo concentrati su quella che era la scaletta proposta dagli sviluppatori presenti, che parte con Conton City, la nuova metropoli che funge da hub alla nostra avventura. Dimenticate le limitazioni di Toki Toki City, che non vi permetteva di spostarvi nemmeno in maniera rapida e veloce: stavolta a Conton potrete volare e osservare tutto dall'alto, così da avere a vostra disposizione uno spostamento che non vi costringa a minuti di cammino, noiosi e anche inutili. Inoltre non ci saranno più stanze da attraversare, caricamenti da attendere: l'open world, sebbene limitato alla nostra metropoli, che dovrebbe essere grande sette volte quella precedente, ha conquistato anche i Dimps, che hanno scelto così di farvi spostare liberamente da un angolo all'altro della città. Chiaramente in tutta l'area sarà possibile rintracciare gli altri giocatori connessi e provenienti da tutto il mondo, proprio come Dimps puntava a fare col primo Xenoverse, strizzando l'occhio alle meccaniche MMO. Proprio rispettando le richieste di un'esperienza votata al massive multiplayer, Xenoverse 2 propone inedite missioni co-op proposte per cinque giocatori, che chiaramente possono essere gestite anche offline con la CPU a controllare gli altri combattenti, smorzando però quella che è l'esperienza finale. Ciò che ci è stato mostrato, durante la presentazione, verteva esclusivamente su due battaglie, con la prima che ci ha mostrato come il boss affrontato aveva la capacità di prendere il controllo della mente di uno dei nostri compagni: il nostro obiettivo pertanto era sconfiggere dapprima uno di essi, nella sua versione doppelganger, risvegliare il nostro alleato e poi dirigersi verso la lotta principale, supportando l'attività degli altri. Un espediente che allunga la battaglia, ma che inserisce anche una sorta di sfida interna fra giocatori, perché più alte saranno le abilità acquisite e più sarà difficile il combattimento finale contro il nostro alleato. L'altra battaglia, invece, ci ha costretto a entrare in diversi portali temporali, all'interno dei quali venivano rintracciate delle sotto-sfide contro degli avversari casuali, che potevano essere o di semplice portata, come per esempio i Saibamen, o di ben più difficile risoluzione: è stata citata la possibilità di ritrovarci dinanzi a Nappa e Vegeta, in sequenza, pur non avendo potuto vedere tale battaglia, che quindi dovrà essere poi provata e approfondita in sede di recensione o di un hands on più approfondito.

    Gli sviluppatori hanno assicurato maggior varietà anche nella realizzazione del nostro combattente: oltre a scegliere la propria razza, potremo personalizzare ben altro, pur non perdendo eccessivamente nel bilanciamento complessivo del gioco. Per ora segnaliamo soltanto la presenza di una customizzazione più profonda, ma, come al solito, vi rimandiamo a una prova più capillare per capire quanto effettivamente si possa definire migliorato tale aspetto. Dal punto di vista del roster, invece, c'è da apprezzare l'inserimento di qualche personaggio in più, a partire da Majin Vegeta e Gohan dal futuro: il primo è stato protagonista della battaglia mostrataci dagli sviluppatori, contro Majin Bu, durante la quale è stato possibile apprezzare alcune novità nel combattimento, che resta simile a quanto visto nel primo capitolo. Dimps ha comunque lavorato per evitare lo spamming dei colpi dalla distanza, che rendevano monotone le sfide: ora sarà possibile, con un colpo ben assestato, rompere la catena dell'avversario e proiettarsi contro di lui per il contrattacco. La stessa barra della stamina cerca di rendere più strategicamente pregnante l'azione nostra e dell'avversario, facendo attenzione ai momenti in cui, incapaci di poter volare o scattare sfruttando la stamina terminata, saremo più esposti a un colpo ben assestato. Per il resto definire il tutto come un'apparente copia del primo capitolo è il modo più semplice per spiegare l'intero gameplay di Xenoverse 2, che pur mirando a un perfezionamento del combat system non apporta grandi modifiche. 

Tekken 7

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Picchiaduro

  • Sviluppatore:Namco Bandai

  • Data uscita:18 febbraio 2015 (JP Arcade) - Inizio 2017 Console

     

     

    Dopo la prova allo scorso E3 di nemmeno due mesi fa, Tekken 7 torna a mostrarsi alla Gamescom, riproponendo la già note modalità storia, gestita in maniera completamente diversa da come fatto nella saga fino a qui, e permettendoci di testare la modalità arcade o versus. Le uniche novità che Bandai Namco Entertainment porta alla kermesse tedesca, ricordando che la release è ancora fissata per l'early 2017, mentre la versione arcade continua a intrattenere il pubblico nipponico, sono rappresentate esclusivamente da un nuovo personaggio, presentato in pompa magna dopo la danza sul palcoscenico di Claudio Serafino, il combattente di origine italiana già mostrato durante l'E3.

    Il nuovo arrivato è Lee Chaolan, la cui storia parte sempre dalla famiglia Mishima, con il patriarca Heihachi che lo aveva adottato per poter donare al figlio, Kazuya, un degno avversario contro il quale misurarsi e allenarsi, così da crescere in modo tale da diventare un esperto combattente. Nato e cresciuto come fratello e in sostanza pari del rampollo del clan Mishima, per motivi ancora sconosciuti la sua cacciata dalla Zaibatsu ha scatenato in lui un desiderio di ribalta e di rivincita, che lo conducono alla fondazione della Violet Systems. L'azienda, che gestisce di nascosto Lee, si ritrova presto coinvolta in quello che è lo scontro più importante della storyline di Tekken e che segna la scissione definitiva nel clan Mishima: da un lato la Zaibatsu, guidata da Heihachi, dall'altro la G Corporation, controllata da Kazuya segretamente. Chaolan, che ha accumulato astio per entrambe le figure coinvolte, scende in campo al fianco di Lars Alexandersson, fautore dell'attacco alla Mishima.
    La modalità storia, quindi, continua a essere decisamente complessa, per un picchiaduro, ma non si è mostrata in maniera del tutto completa alla Gamescom, permettendoci di testare soltanto in uno scontro quelle che sono le novità del titolo. Tra queste l'alternarsi di cinematiche e gameplay vero e proprio, con dei QTE da rispettare in alcuni frangenti, solitamente annessi all'inizio o alla fine di una cinematica. La modalità storia assicura anche delle storie secondarie, delle quali però non abbiamo ancora notizie o novità, se non che verranno sbloccate nel corso dell'avventura, permettendoci di ottenere anche degli archi narrativi ben più dettagli anche su personaggi esterni al clan Mishima, tra cui il già citato Claudio Serafino. Il senso di importanza che lo scenario assume si sente e si assapora, proprio perché durante la presentazione è da lì che partono gli sviluppatori: è la fine di una guerra che ha dilaniato un clan unito e legato da un nome, da una famiglia, dal sangue. L'avere quindi dinanzi a sé una situazione ibrida che alterna le cut scenes al gameplay, saltando da una cinematica a un QTE, riesce a offrire un modo diverso per narrare la vicenda. Chiaramente quanto la storia possa prenderci e rapirci sarà valutato in sede di recensione, quando sarà possibile arrivare ad analizzarla al meglio in ogni suo punto, per apprezzare anche il senso nostalgico offerto da alcuni avvenimenti.
    Oltre ai già citati Claudio e Lee, Tekken 7 avrà un roster completo di trenta personaggi, tra cui ci sarà anche il giovanissimo Kazuya, mostrato nelle prime immagini della build proprio accanto a un altrettanto giovane Heihachi, in età da padre. Non mancano, anche in tal caso, gli annunci per i nuovi stage, che vedono non soltanto il palazzo di Serafino, direttamente dall'Italia, essere messo a disposizione, ma anche lo scenario completamente nuovo che ospita le lotte di Mishima senior. Se quindi i fondali provano a ricevere una ventata di novità, anche il gameplay si inerpica in qualche soluzione più ricercata, aggiungendo le Rage Arts oltre alle Rage Drive e i Power Crush. Le prime diventano attivabili dopo aver perso un dato quantitativo di energia, il che vi permetterà di scatenare un attacco di grande potenza: il contraccolpo, il rinculo della mossa, però è allo stesso tempo pericoloso, perché se la nostra Rage non andrà a segno ci lascerà scoperti, cedendo il fianco al nostro avversario. Analoga è l'attivazione delle Rage Drive, che si attivano esclusivamente col 25% di salute rimasta, ma diverso è il loro utilizzo, perché vanno a porsi a conclusione di una catena di combo. Infine arriviamo ai Power Crush, un vero e proprio contrattacco che rompe la combo dell'avversario e vi permette anche di assorbire parte dell'energia: è palese che l'inserimento di tale aspetto del combat system arriva anche per evitare e contrastare lo spamming di alcune mosse, che costringerebbero il malcapitato in un angolo, bloccato, incapace di replicare alla serie di colpi subiti. Dal punto di vista tecnico ci esprimiamo in maniera ancora approssimativa, in attesa di poter avere qualcosa di più completo sotto mano: l'Unreal Engine ha ancora dei risultati altalenanti, non soddisfacendo appieno. Alcuni dei modelli risultano ben curati, ma gli scenari soffrono di una sorta di opacità. Qualche compenetrazione poligonale va poi a inficiare ulteriormente il prodotto, che però sappiamo non essere ancora nella sua fase finale: d'altronde mancano svariati mesi prima della release di Tekken 7, che attendiamo fiduciosi, sicuri di poter apprezzare il titolo anche dal punto di vista tecnico.

lunedì 22 agosto 2016

Recore

  • Piattaforme:PC, Xbox One

  • Genere:Action-Adventure

  • Sviluppatore:Comcept

  • Data uscita:16 settembre 2016

     

     

    Pensate a un nuovo ritorno del leggendario Keiji Inafune, pensate poi di essere attratti da un trailer a dir poco emblematico, e pensate infine di veder tutte quelle attese ridimensionate da una demo E3 che ha totalmente stravolto le idee che potevamo esserci fatti di questo titolo: ecco in due righe sintetizzata la nostra esperienza con ReCore. Stavolta non ci siamo fatti prendere la mano da quanto visto durante l’evento di apertura Microsoft, che infatti non era altro che una replica di quanto provato a Los Angeles, e abbiamo aspettato la presentazione a porte chiuse organizzata durante la fiera per trarre giudizi più concreti. Siamo dunque entrati in una saletta e con grande giubilo ci siamo ritrovati di fronte Keiji Inafune in persona. Questa era finalmente l’occasione per capire qualcosa di più su questo ReCore, ma soprattutto riuscire a interpretare nella maniera corretta ciò che, anche solo per un’innegabile confusione nella pubblicizzazione del prodotto, non si era riuscito appieno a comprendere.
    Prima di tutto è stato ribadito quale sia stata la divisione dei compiti fra Comcept e Armature, i due studi che stanno lavorando al gioco; il primo si è principalmente concentrato sulle parti creative e di vero e proprio design, mentre il secondo su quelle più concrete e tecniche. Si prospetta dunque un mix di Giappone e occidente, di cui ci aspettiamo di vedere il meglio di entrambi i mondi.
    La cosa più interessante di tutto ciò, a parte la mera considerazione, è aver ritrovato in queste parole un riscontro immediato nella sezione di gameplay hands-off mostrata. L’art design ricalca alcuni tratti dell’animazione nipponica, ma dal punto di vista tecnico siamo di fronte a un gioco ben più curato e pulito delle contemporanee produzioni orientali. Allo stesso modo anche il gameplay presenta due anime: una sparatutto e l’altra platform, a cui però è contrapposto uno sviluppo del personaggio e dei corebots che sembra tratto proprio dal genere JRPG, con menù stranamente intuibili, ma al contempo ricchi di funzioni e adatti a una personalizzazione quasi totale di ogni singolo elemento. 
    Non solo l’arma di Joule, ma anche le varie componenti degli scheletri dei mech sono sostituibili, così come il core al loro interno, il quale risulta a sua volta potenziabile. Se ci aspettavamo un semplice accenno a quelli che potevano essere gli elementi GDR relativi a equipaggiamento e crescita del personaggio, ci siamo dovuti ricredere dopo aver potuto assistere alla quantità di contenuti e possibilità offerte dal gioco. Ogni parte ottenuta andrà a migliorare le statistiche del bot divise in attacco, difesa e energia (utile a caricare più velocemente la barra delle mosse speciali.) Si può entrare in possesso dei vari pezzi di equipaggiamento o trovando per la mappa quelli più rari, oppure costruendoli con i pezzi di ricambio ottenuti dai nemici sconfitti, direttamente sul tavolo da lavoro all’interno del nostro crawler. Quelli più rari sono denominati AOK in relazione al fatto che sono stati creati da uno scienziato malvagio, sempre dallo stesso nome, che ha cercato di potenziare la struttura dei mech totalmente snaturando la loro natura per il solo fine di renderli più forti.
    Se volessimo potenziare invece la sfera dei nostri bot avremo bisogno di saccheggiare quelle dei nemici che troviamo sul cammino, stando attenti a non incorrere nella loro rottura nel caso dovessimo abbattere il nemico stesso. A ogni core impersonante Mack, Seth o Duncan, a cui poi se ne aggiungeranno altri due, è associata la loro anima, se così di può dire, e potremo affidarla ai diversi frame dei mech, e a seconda di quello utilizzato cambieremo atteggiamento e pattern d’attacco del nostro compagno.
    Oltre alle meccaniche sparatutto e platform già viste nelle precedenti anteprime, si sono aggiunte altre informazioni relative alle sezioni di combattimento. Indipendentemente dal numero di corebots sbloccati (max 5) ce ne potremo portare dietro solo due in missione, e di questi, in realtà, solo uno sarà attivo e ci aiuterà in combattimento, ma in ogni momento sarà possibile sostituirlo con l’altro. Anche i colori dei corebot seguono la regola che vede un danno maggiorato nei confronti dei nemici della stessa cromia e ciò indubbiamente incita a un continuo cambiamento di supporter ogni qual volta ci sia un cambio tra la varietà dei nemici.
    Facendo invece un discorso relativo alla storia, la sezione di gameplay mostrata apparteneva a una fase non troppo avanzata della storyline; sappiamo di essere stati condotti su questo pianeta per far sì che le macchine, attraverso un processo di terraformazione, generassero un paradiso terrestre completamente abitabile. In attesa che tutto ciò arrivasse alla conclusione i futuri abitanti di questa terra avrebbero dovuto essere posti in uno stato di criostasi per ben duecento anni. Ovviamente niente andò come sperato, tanto che al risveglio della protagonista, tutto era esattamente uguale, se non peggio a come lo avevano lasciato, con tutti i robot inattivi e un grande mistero da risolvere.

Sniper Ghost Warrior 3


  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:City Interactive

  • Data uscita:27 Gennaio 2017

     

     

    Per questo terzo capitolo gli sviluppatori di CI Games hanno deciso di puntare forte proprio sul nome della saga, andando a migliorare le tre caratteristiche principali del gameplay, la fase sniper, quella da ghost e quella da warrior. Andiamo però per gradi. 
    Sniper: Ghost Warriors 3 è ambientato in Georgia, pericolosa terra di confine in cui spadroneggiano squadroni di separatisti, e ci metterà nei panni di Jonathan Northx, arrivato nel paese con l'obiettivo di eliminare suo fratello, marine disertore che rischia, con le sue azioni, di scatenare un conflitto su larga scala tra Russia e America. Due le missioni che abbiamo potuto ammirare: la prima, giocata interamente dagli sviluppatori per mettere bene in evidenza tutte le migliorie di questo terzo capitolo, aveva come obiettivo il sabotaggio e il recupero di importanti informazioni da un treno fermo in uno scalo ferroviario sotto il controllo dei nostri nemici. L'approccio per poter portare a compimento il nostro piano era a libera scelta del giocatore, che poteva decidere o di attaccare a spron battuto, facendosi strada tra i nemici con in mano un potente fucile d'assalto, o silenzioso, eliminando i nemici dalla distanza per liberare la strada verso la destinazione. Scelta la seconda possibilità, era giunto il momento di conoscere l'esatta posizione dei nemici e, per farlo, ci è venuto in aiuto il nostro drone portatile, gadget che permette di scansionare la mappa muovendosi silenziosamente e taggando tutte le minacce ostili nell'area. 
    La componente sniper è particolarmente convincente, con il giocatore che deve calcolare la distanza dal bersaglio, la velocità del vento e la forza di gravità per mandare a segno colpi precisi, un compito che, all'inizio del gioco, non sarà semplice da completare viste le scarse abilità del nostro protagonista. Con il passare delle missioni, e con l'accumulo di punti esperienza, potremo acquistare una serie di perk che andranno a facilitare il nostro lavoro come, ad esempio, la possibilità di trattenere il respiro più lungo mentre si prende la mira. In nostro soccorso arriva anche il crafting dell'equipaggiamento: attraverso i vari materiali che potremo raccogliere all'interno del mondo di gioco, potremo decidere di produrre sia oggetti per danneggiare direttamente i nemici, come C4 e granate, sia migliorie per le nostre armi, come silenziatori per non venire rilevati, caricatori più capienti e bipode per garantirci una minore oscillazione al momento di prendere la mira. 
    Tornando alla missione, una volta eliminati i nemici che sorvegliavano il perimetro dello scalo ferroviario, siamo passati ad esaminare lo stile di gioco da "ghost": abbiamo eliminato gli ostili che ci separavano dal nostro obiettivo, utilizzando la nostra pistola silenziata ed effettuando delle uccisioni a distanza ravvicinata, sfruttando la nostra abilità nel corpo a corpo. Per sabotare e far esplodere il treno è stato necessario ricorrere al C4, operazione che non è però sfuggita a un soldato di pattuglia che ha subito dato l'allarme facendo convergere su di noi tutti i soldati rimasti in vita. 
    Questa è stata l'occasione per provare la terza componente del gameplay, l'approccio da "warrior", forse quello meno convincente tra i tre. La scelta di ricorrere a potenti fucili d'assalto per completare gli obiettivi è sicuramente possibile ma, alle difficoltà più alte, altamente sconsigliata. L'assenza della rigenerazione automatica dei punti vita, affidata a medikit in quantità limitata da produrre tramite il sistema di crafting, invita a una estrema cautela, visto che basteranno pochissimi colpi per mandarvi ko. Portato a termine il nostro compito con una rocambolesca fuga, gli sviluppatori ci hanno lasciati liberi di portare a termine una delle cinque missione disponibili nella build. 
    La nostra scelta ricade su una missione che richiedeva l'uccisione di un uomo, rifugiatosi in un complesso residenziale per nascondersi; un compito, questo, che ci è subito sembrato più agevole rispetto alla missione di sabotaggio vista in precedenza. Raggiunto il luogo della missione (l'intero mondo di gioco è liberamente esplorabile), abbiamo subito capito che non sarebbe stata un'impresa semplice, con oltre trenta uomini armati fino ai denti posti a protezione del nostro bersaglio, dalle vedette a piedi fino ad arrivare ad altri cecchini sui tetti dei palazzi. 
    Con il tempo a nostra disposizione che scorreva velocemente e ormai poco tempo per agire, abbiamo subito imbracciato il nostro fucile e iniziato a liberare la zona, eliminando subito i nemici sui palazzi per muoverci liberamente e uccidendo i coraggiosi nemici che sorvegliavano il perimetro in solitaria. Mentre ci avvicinavamo finalmente al nostro bersaglio abbiamo commesso un errore che si è poi rivelato fatale: avvistati tre nemici perfettamente in fila abbiamo provato (spinti anche dagli sviluppatori) il colpo grosso, eliminando tutti e tre con un solo proiettile ben assestato. Il piano è ovviamente fallito, con i superstiti subito pronti ad allertare tutti i compagni, giunti in soccorso utilizzando anche un piccolo mezzo blindato. Il nostro errore ci ha costretti ad abbandonare la missione, allontanandoci velocemente dalla zona per evitare di rimetterci la pelle.

Metal Gear Survive

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Azione

  • Data uscita:2017

     

     

    Che Metal Gear abbia vissuto nell'ultimo mese una vita travagliata è sotto gli occhi di tutti. Tra Konami e Hideo Kojima, padre e ideatore della saga, non è finita nei migliori dei modi e la storia, la vicenda, è ormai cosa più che nota. Il game designer giapponese è andato avanti, sta pensando a un altro progetto, annunciato durante l'E3, e la stessa cosa sta facendo Konami, che nel frattempo è rimasta proprietaria dell'IP legata a Metal Gear. Non sfruttarla, per l'azienda nipponica, significherebbe perdere un patrimonio di grande valore e soprattutto disperdere una community comunque affezionata al brand, che però andrebbe salvaguardato. L'annuncio di Metal Gear Survive, pertanto, se da un lato giustifica le intenzioni di Konami di arrivare a realizzare un nuovo capitolo della saga sotto la nomenclatura di spin-off, dall'altro scuote la fan base, che si sente tradita da questo annuncio. Durante la Gamescom a Colonia abbiamo comunque avuto modo di raccogliere qualche informazione in più, pur non potendo ancora toccare con mano il prodotto, che si è presentato con un trailer e qualche slide.

    Metal Gear Survive vede la propria storia iniziare esattamente dopo la fine di Metal Gear Solid: Ground Zeroes, prima quindi di The Phantom Pain, che narrava i propri eventi nell'ultimo capitolo pubblicato sul mercato lo scorso settembre. Dopo l'esplosione della Mother Base si segnala, in cielo, una spaccatura che corrisponde a un wormhole, una apertura che permette di viaggiare da un punto dell'universo all'altro, creando pertanto una realtà parallela. Se quindi Big Boss e Miller riescono a salvarsi dall'essere risucchiati da questo avvenimento, lo stesso non si può dire per alcuni soldati, che rimangono imprigionati in un nuovo mondo, con la Mother Base crollata e ormai ridotta a un cumulo di lamiere che si sono conficcate nel terreno. In questa nuova terra, che ha le sembianze di un mondo alieno, i nostri soldati si ritroveranno a dover lottare contro delle creature che sembrano essere infettate da qualche strano genoma, che ha deturpato il loro corpo e li ha resi più vicini a degli zombie che ad altro. L'obiettivo sarà sopravvivere e scoprire dove il wormhole li ha condotti. 

    Non è stato possibile porre molte domande a chi ci ha presentato il gioco e il trailer, ma alcune informazioni sono state diffuse o comunque carpite facilmente: la prima riguarda la disponibilità delle armi, con Metal Gear Survive pronto ad accogliere un arsenale che non era ancora mai stato utilizzato nella saga, tra cui per esempio l'arco. 
    Ci è stato poi spiegato che le sessioni stealth continueranno ad avere la meglio sugli altri approcci, chiaramente lasciando la libertà al giocatore di scegliere come comportarsi durante la propria esperienza in-game: quello che maggiormente resta da capire e da approfondire, cosa che si farà quando sarà possibile mettere le mani sul titolo, è come l'impianto stealth verrà gestito dinanzi alla cooperativa, che ci porterà a essere in quattro sullo schermo. Va da sé che le immagini mostrate ci hanno permesso di ritrovarci dinanzi a un prodotto che non rispondeva esattamente a quello che Metal Gear ha raccontato in questi anni: l'avere dinanzi a sé dei soldati armati di lance e pronti a scacciare questi esseri infettati, identificati come avversari, da dietro una inferriata ha dato molto l'idea di essere in un episodio di The Walking Dead. Un collegamento che non può che farci storcere il naso, sia nel realizzarlo che nel vederlo palesarsi ai nostri occhi.
    L'orrido sembra aver preso il sopravvento, insomma, su una serie che per quanto abbia provato a cedere il passo alcune volte (ma sempre moderatamente) al sovrannaturale per scelta stessa di Kojima, stavolta sembra aver superato eccessivamente la linea di demarcazione che divide il plausibile dall'incredibile. Ritrovarsi a combattere contro degli zombie non è l'ideale, soprattutto in un prodotto che porta con sé il nome di una gloriosa serie, capace di narrare negli anni una delle storie più toccanti di sempre; così come giustificare tale universo, completamente nuovo, con un fenomeno spazio temporale risulta azzardato e fuori contesto. 
    Rimanere basiti, insomma, è comprensibile e giustificabile: che la fanbase non sia del tutto soddisfatta da questo annuncio è palese, così come è palese che Konami abbia ancora molto da spiegare e farci comprendere su quello che sarà assolutamente uno spin-off della serie e che si staccherà completamente dalle vicende note che vedono come protagonista Big Boss, Miller, Ocelot e gli altri noti.

     

giovedì 18 agosto 2016

Steep

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Sportivo

  • Data uscita:2 Dicembre 2016

     

     

    Mai sentito quel bisogno di scrollarsi di dosso le paure e gettarsi inermi sui pendii di una montagna per sfidare la natura in uno dei suoi habitat più congeniali? Non so voi, ma io sono proprio una di quelle persone che tendono a sfidare pericoli e condizioni avverse per provare quel brivido dell’ignoto che in fondo è insito in ognuno di noi. Tra i soliti sparatutto e gli sportivi del caso, l’unico gioco con le carte in regola per farci vivere queste emozioni è Steep: titolo targato Ubisoft presentato come gran finale della conferenza E3. Se qualche mese fa di gran finale proprio non si poteva parlare, visto lo scarso successo che ebbe agli occhi del pubblico, si può dire ora che forse il giudizio fu troppo drastico, perché questo gioco ha ben più di un asso da poter giocare.
    Tutto si basa sulle mountain stories, ovvero sul ricostruire pian piano un percorso all’interno del complesso montuoso che possa descrivere la nostra storia e quella degli altri amici con noi nel gioco. La peculiarità maggiore di questo titolo risiede proprio nel fatto che tutto è ambientato in un mondo di gioco perennemente online e condiviso con gli altri giocatori, che in un battito di ciglia saranno in grado di partecipare alle nostre scorrazzate montane. Ogni qual volta percorreremo una determinata sezione, questa sarà salvata come traccia, e se vorremo, sarà possibile ripercorrerla rivedendo errori o passaggi particolarmente interessanti.
    Dal punto di vista della struttura è inevitabile sottolineare che il gioco non si limita ad avere un’anima esplorativa come potrebbe essere facilmente intuibile da quanto scritto, ma all’interno del suo concept ne racchiude almeno tre. La prima è comunque quella appena citata; l’obiettivo del gioco è senza dubbio quello di scoprire in lungo e in largo queste montagne, raggiungendo di volta in volta punti panoramici in grado di sbloccare nuove drop zone o ulteriori eventi sparsi per la mappa. Per fare questo dovremo partire da una zona conosciuta e scendere con sci o snowboard ai piedi, nel caso in cui la meta sia più in basso, oppure sfruttare le correnti ascensionali col parapendio se si è al di sotto del punto cercato. Una volta in vista dell’obiettivo basta estrarre il binocolo, puntare le lenti in quella direzione e salvare il nuovo punto sulla mappa: esso diventa quindi selezionabile e può essere raggiunto tramite il viaggio rapido dalla mappa.
    Le altre due anime di Steep sono invece relative più che allo scopo del gioco, al modo in cui ci troveremo ad affrontare le varie prove. Si può scegliere se puntare su una discesa semplice e senza insidie ma ricca di spunti per trick e acrobazie aeree, oppure su una ben più angusta dove superare alcuni passaggi sarà il principale mezzo per accumulare punti: potremo quindi diventare dei rider acrobatici o al contrario dei rider estremi. A seconda della strada scelta, non solo saremo più inclini ad affrontare alcuni eventi piuttosto che altri, ma saremo riconosciuti dai giocatori in-game proprio con questo titolo. Ad aggiungersi a tutto ciò, la possibilità di affrontare i vari eventi o in compagnia dei nostri amici, oppure sfruttando il sistema a punti intavolando una sfida all’ultimo trick o all’ultima schivata contro gli altri appartenenti al gruppo. Sia ben chiaro che tutto questo è assolutamente senza soluzione di continuità nel gioco, e non ci sarà bisogno di alcuna sincronizzazione con gli altri, dato che basta partecipare alla stessa gara oppure averla compiuta in precedenza per far partire la sfida.
    La realizzazione tecnica del titolo per ora non fa gridare al miracolo, ma lascia ampio margine a miglioramenti; la struttura di base c'è e il netcode, perlomeno in locale, non ha dato problemi. È interessante considerare che anche se graficamente siamo ancora di fronte a una build PS4 molto grezza, per fortuna non sono stati posti vincoli su profondità di campo e illuminazione: nel gioco siamo in grado di vedere tramite il binocolo a distanze davvero siderali, consapevoli che tutto quello che riusciamo a scorgere in un modo o nell’altro sarà prima o poi raggiungibile; purtroppo, però, evidenti scalettature e tearing affliggono l’aspetto di gioco nel suo complesso.

     

Mafia 3


  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Action-Adventure

  • Sviluppatore:Hangar 13

  • Data uscita:7 ottobre 2016

     

     

    In occasione della kermesse tedesca, gli Hangar13 ci hanno mostrato il loro Mafia 3, in arrivo su PS4, Xbox One e PC questo autunno. Senza altri fronzoli, vediamo subito come si è presentato il gioco.
    Le vicende del gioco hanno luogo nel 1968, in una città inventata dal nome di New Bordeaux, costruita sulla reale New Orleans. Il nostro protagonista, un veterano della guerra in Vietnam, si troverà invischiato in una guerra tra bande criminali che lo vedrà opposto alla nota mafia italiana. 
    La città è divisa in dieci distretti, ciascuno dei quali ha delle caratteristiche che lo contraddistinguono dagli altri. A Colonia abbiamo avuto modo di vederne alcune: Bayou, un distretto piuttosto campagnolo votato all'esplorazione, dove la mafia italiana gestisce il suo traffico di armi; Delray Hollow, il distretto di provenienza del nostro protagonista che costituisce il fulcro del traffico di droghe; infine Downtown, contraddistinta dai suoi grattacieli che la rendono una location molto più attuale rispetto alle altre.
    Il movimento all'interno della città sarà libero e potremo intraprendere numerose missioni secondarie. Tutto ciò che faremo, a detta degli sviluppatori, avrà ripercussioni sulla nostra reputazione e sulla storyline del gioco, rendendo dunque ogni scelta molto importante per la nostra avventura. Bisognerà vedere fino a che punto le promesse degli sviluppatori saranno mantenute, ma le intenzioni sembrano decisamente buone.
    Anche dal punto di vista del gameplay saremo liberi di scegliere come affrontare le missioni: il gioco offrirà infatti molteplici approcci al medesimo obiettivo, rendendoci possibile portare a termine le nostre missioni di soppiatto oppure gettandoci nella mischia. In ogni caso avremo a disposizione una larga scelta per quanto riguarda le armi, dove troveremo tutte le bocche da fuoco più in voga durante gli anni 60, che ci permetteranno di farci largo tra i nemici a suon di proiettili.
    Dal punto di vista tecnico il gioco sembra essere piuttosto convincente, soprattutto per quanto riguarda i modelli dei personaggi e i loro volti, particolarmente dettagliati ed espressivi. Lo stesso si può dire del mondo di gioco: la città è resa in modo superbo, così come anche l'acqua vista durante una sezione a bordo di un motoscafo. Nonostante ciò, si nota qualche singhiozzo grafico qua e là, come dei piccoli rallentamenti o delle imperfezioni nelle texture delle macchine. Erano presenti anche dei piccoli glitch, come un fucile rimasto sollevato a mezz'aria dopo che il suo possessore era morto.
    Si tratta di difetti che potrebbero essere sistemati in tempo per la release finale e che comunque non vanno a pregiudicare la bontà grafica del titolo, che rimane assolutamente godibile alla vista.
    Il gameplay di Mafia 3 non sembra volersi discostare da quelle che sono le radici della serie, riproponendo la tipica formula di gioco dei vari third person shooter visti negli ultimi anni. Si tratta di una ricetta ormai collaudata e i fan del genere troveranno probabilmente pane per i loro denti, ma per coloro che vogliono qualcosa di più fresco, Mafia 3 non ha nulla da offrire in quest'ottica.
    Ciò su cui Mafia punta di più per distinguersi dalla concorrenza è a nostro avviso il comparto narrativo, in particolare nel modo in cui le missioni secondarie andranno a influire sulla storia principale. Se la promessa di una storia che si evolve intorno alle scelte del giocatore verrà mantenuta, potremo trovarci di fronte a un titolo interessante che, pur non rivoluzionando il genere, potrà comunque riuscire a intrattenere per tutta la sua durata. Andrà inoltre valutato quanta sarà la libertà concessa al giocatore per raggiungere gli obiettivi delle missioni principali e secondarie, e se (e quanto) questo influirà sul corso dell'avventura.

Forza Horizon 3

  • Piattaforme:PC, Xbox One

  • Genere:Guida arcade

  • Data uscita:27 settembre 2016

     

     

    Forza Horizon è una serie che è riuscita a catturare sempre più persone grazie a quel misto di paesaggi e corse sfrenate racchiuso magicamente in un gameplay arcade di prima categoria. In questa iterazione è innegabile che sia facile rimanere ancora più affascinati dall’ambientazione quando questa è rappresentata dalle selvagge terre rosse d’Australia. Il connubio tra acqua e sabbia di questo paesaggio è quindi un ottimo spunto per partire nell’analisi delle ultime novità che caratterizzeranno il nuovo Forza Horizon, ormai vicinissimo all’uscita, fissata il 27 settembre.
    Visto che ormai tante informazioni già sono state svelate, faremo un breve recap di quelli che sono gli elementi principali che andranno a creare il cocktail esplosivo di Forza Horizon 3. Prima fra tutte e tra le più interessanti è la modalità Blueprints, che permette di creare da zero dei festival, in cui possiamo far partecipare diverse categorie di veicoli in una serie di competizioni preimpostate. Ovviamente sarà importantissimo condividere queste nostre creazioni per permettere a tutti di diventare nostri fan e accrescere la nostra reputazione. In questo senso, denotiamo uno degli elementi chiave da sempre sottolineato durante le presentazioni del gioco, ovvero la necessità di essere al comando di tutto ciò che possiamo controllare.
    Un altro elemento molto interessante e centrale nella gestione del nostro gruppo di corridori sono i club. L’obiettivo diventa quello di usare i drivatar avversari così come noi il loro, per potenziare la nostra cricca di piloti (in totale 5). Ovviamente anche loro parteciperanno ai festival e con il loro piazzamento in gara potranno portare a casa crediti preziosi. Di conseguenza c'è la necessità da parte nostra di continuare a potenziare il nostro drivatar giocando, in modo da mantenerlo sempre dentro al giro di corse dei nostri amici e permetterci così di racimolare ulteriori quattrini.
    Ulteriore novità di questo capitolo rispetto ai precedenti è l’introduzione di una nuova classe di veicoli, ovvero i buggy, utilissimi per affrontare senza timori anche le dune più scoscese del panorama australiano, grazie anche all’ottimo lavoro fatto sulla fisica delle sospensioni, studiata in modo tale da risultare davvero realistica. Relativamente invece al meteo dinamico, segnaliamo la realizzazione tramite riprese in HDR della volta celeste, così da permettere una resa davvero ineguagliabile di quest’elemento spesso tanto trascurato. Ad esso sono associate sia l’illuminazione che la dinamicità del meteo che varia anche in funzione del colore delle nuvole che in quel momento potrebbero capitare sopra di noi. 
    A formare invece l’esperienza multiplayer del titolo possiamo identificare tre modalità in particolare. La prima è la drone mode, caratterizzata dalla possibilità di gestire una telecamera guidata da un drone al di fuori della nostra automobile: potremo così seguire anche corse di altre auto riprendendo il tutto da una visuale aerea di sicuro effetto. La seconda è l’online adventure, che è composta da gare utili a guadagnare l’esperienza necessaria per progredire nella scala dei livelli. Infine la modalità free roaming, che ci permette dalla mappa di interagire con gli altri giocatori, iniziare partite con loro, oppure semplicemente indagare meglio il territorio per scoprire scorciatoie o sezioni finora inesplorate. Per esempio, nella prova hands-off mostrata nella lounge Xbox abbiamo avuto modo di scoprire meglio una zona ancora inedita della mappa dal nome Surfers Paradise, davvero ottima per le gare di velocità, essendo ricca di strade asfaltate oltre che della solita ricca vegetazione australiana.
    A chiudere la rassegna di novità relative a Forza Horizon 3 troviamo la grande new entry di questa Gamescom, ovvero il Forzathon. Con questo nome si intendono una serie di gare a cadenza settimanale, che se affrontate e vinte permettono di ottenere particolari veicoli altrimenti impossibili da recuperare. Per fortuna gli eventi dedicati a queste auto si ripeteranno nel corso del tempo, evitando di precluderne l’ottenimento a chi magari si è perso un weekend di gioco.

Gear of War 4









  • Piattaforme:PC, Xbox One

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:The Coalition

  • Data uscita:11 ottobre 2016

     

     

    Se dovevamo scegliere un titolo della line up Microsoft per iniziare questa kermesse germanica, non potevamo che affidarci alla punta di diamante di Xbox dal nome Gears of War 4. Molto ha scommesso l’azienda di Redmond su questo titolo per far sì che potesse essere un buon recupero del brand, tra tradizione e innovazione. In questo caso l’occasione ci ha condotto alla prova di una sezione inedita della durata di circa 20 minuti tratta dalla campagna single player. Lo scampolo di storia, ancora agli albori da quanto intuito, ci ha portato alla ricerca di un nostro compagno di squadra di nome Oscar, allontanatosi da noi e preda di un mostro dalle strane sembianze. Ovviamente tra noi e lui la strada non sarà priva di nemici, ma anzi troveremo i fantomatici Swarm in forme diverse: quadrupedi nel primo caso, molto veloci e aggressivi ma poco svegli; in forma bipede, molto più resistenti e furbi; e infine simil cagnoni con denti molto aguzzi, resistenti e assai spaventosi. Ritornano con prepotenza le ambientazioni pressanti e scure del primo capitolo, con varie sezioni a cavallo tra sotterranei e cimiteri accompagnate da continui e frenetici scontri a fuoco. 
    L'altra sezione che abbiamo potuto vedere, questa volta grazie a un hands-off nelle salette Xbox, era dedicata a un gameplay della durata di una decina di minuti. Stavolta i nemici erano i Deebee, disponibili nel multiplayer e analizzati nell'anteprima originale presente qua sotto; anche in questo caso ce ne sono di diverso tipo, alcuni dalle forme umanoidi che esplodono dopo aver subito un certo quantitativo di danno e altri molto più corazzati e impossibili da sbilanciare o atterrare. La storia che fa da sfondo a questa breve sezione era caratterizzata da problemi familiari di vario tipo: senza perderci in dettagli, sappiate che dovremo recuperare la madre di Kate sequestrata dai cog, il tutto accompagnati dal padre di JD, ovvero Marcus. 
    Ad arricchire l'arsenale delle armi sono state presentate ulteriori bocche da fuoco, inedite per la serie: enforcer, overkill, embar e tri-shot. La prima è una SMG dall'alta frequenza di fuoco, utile soprattutto a medio-corto raggio; la seconda è un fucile a pompa a doppio colpo, uno nel momento della pressione del grilletto e l'altro al momento del rilascio; la terza è un fucile di precisione con la capacità di perforare gli avversari, ma non dotato di mirino; infine, l'ultima, è una mitragliatrice pesante che non smette di sparare una volta surriscaldata, ma rallenta la frequenza dei colpi.
    Passando al gameplay, è sempre più chiaro come in vista dell'uscita siano sempre meno le notizie nuove da aggiungere alla lista; il feeling delle armi rimane sempre fedele alla serie, con sensazioni molto differenti a seconda che si impugni un fucile d’assalto o una pistola. Durante questa prova, poi, non abbiamo potuto che apprezzare l’eccellente lavoro fatto dalla nuova Xbox One S, che mostra i muscoli in questo titolo tramite un’illuminazione degli ambienti finalmente adeguata a questa generazione di console, a cui si aggiunge la funzionalità HDR che contribuisce ad accrescere la già indubbia qualità della resa grafica: un’ulteriore riscontro positivo per Gears of War che si accinge ad arrivare sui nostri scaffali l’11 ottobre in una forma smagliante e pronto per essere divorato dai fan della serie e non solo.
    Giorno dopo giorno, ci avviciniamo sempre più alla data di uscita dell’attesissimo Gears of War 4, il cui lancio è previsto l’11 Ottobre 2016 su Xbox One e PC. In attesa di vedere qualcosa in più durante la Gamescom di Colonia, abbiamo nel frattempo visto in azione una nuova tipologia di avversari, i cosiddetti DeeBee, robot che andranno a rendere ancora più ardue le avventure di J.D. Fenix e compagnia. Ma in che modo lo faranno? Scopriamolo insieme.
    Innanzitutto, non possiamo non notare come gli anni passati e il salto generazionale abbiamo giovato al comparto tecnico di questo Gears of War 4: gli ambienti sono resi in maniera convincente, così come le condizioni atmosferiche. Impossibile non rimanere rapiti di fronte alle improvvise tempeste che andranno a colpire il mondo di gioco, muovendo tutto ciò che si trova intorno e cambiando d'improvviso anche i toni di un'avventura che non vuole rinunciare alle tradizioni della saga. Sebbene ci sia ancora non poco lavoro da fare per quanto riguarda le texture, che risultano essere di qualità altalenante e non sempre soddisfacente (soprattutto quelle di pareti, ostacoli/coperture e diversi elementi dello scenario), i passi in avanti rispetto all'ultima versione mostrata sono evidenti. Quanto mostrato conferma la chiave dark impostata dal nuovo episodio, che ricorda le tinte del primo capitolo, decisamente più cupe rispetto ai suoi sequel.
    L’incedere impietoso del tempo è visibile anche sul volto di Marcus Fenix: il protagonista della prima trilogia fa la sua ricomparsa nel nuovo materiale del titolo di The Coalition, mostrandosi invecchiato pur senza aver perso il carisma del burbero eroe che abbiamo imparato a conoscere. Non è lui, però, il vero protagonista del nuovo tratto della campagna single player che abbiamo potuto vedere, bensì i nemici, i robot chiamati DeeBee. 
    Come le Locuste della trilogia originale, i DeeBee si presenteranno in diverse tipologie, cambiando l’approccio alle sparatorie rispetto al passato. Ad esempio, troveremo delle torrette volanti, dotate di uno scudo energetico visibile ad occhio nudo intorno ad esse. Fino a che non avremo abbattuto lo scudo (che diventa rosso mano a mano che viene colpito), non potremo scalfire il metallo delle torrette. Esse non ci daranno pace fino a che non riusciremo ad abbatterle, fornendo ai DeeBee un fuoco di soppressione continuo che ci impedirà di rimanere scoperti troppo a lungo. Grazie alla loro possibilità di muoversi volando, il loro fuoco sarà particolarmente fastidioso, perché saranno in grado di aggirare i nostri nascondigli con maggiore facilità.
    Nel frattempo gli altri DeeBee, dalle fattezze umanoidi, procederanno ad un attacco più diretto, avvalendosi delle coperture per giungere sempre più vicini a noi. Alcuni DeeBee saranno facilmente abbattibili, mentre altri richiederanno un quantitativo di gran lunga maggiore di colpi per essere distrutti. 
    Un elemento in comune ai DeeBee umanoidi è l’esplosione finale: una volta danneggiati in modo irreparabile, i nemici esploderanno. Nel farlo, però, cercheranno di portarsi abbastanza vicini a noi da danneggiarci, con improvvisi scatti in avanti, da cui dovremo tenerci ben in guardia se vorremo restare vivi. I nemici inoltre saranno in grado di muoversi con scatti anche per evitare i nostri proiettili: sarà dunque necessario stare sempre attenti ai loro spostamenti repentini, se vorremo colpirli in modo efficace.
    Dalla nostra, potremo danneggiare i nemici non solo con le varie bocche di fuoco offerte dal gioco, ma anche con il corpo a corpo, sia a distanza ravvicinata, sia quando ci troviamo al lato opposto di una stessa copertura rispetto a un nemico, stordendolo e infliggendogli un colpo secco.
    Parlando di coperture, esse saranno distruttibili: questo, unito al fuoco di soppressione costante delle torrette e dei DeeBee, ci porterà a non sentirci mai al sicuro e alla costante ricerca del riparo successivo verso cui dirigersi prima che i nemici riescano ad abbattere le barricate del nostro giaciglio o le aggirino.
    I mitragliatori usati dai DeeBee più resistenti potranno essere staccati dai loro "corpi" per essere utilizzati contro gli altri nemici, anche da dietro le coperture, garantendo quindi una buona dose di fuoco di distruzione.
    In definitiva, i DeeBee sembrano una buona variazione sul tema per Gears of War: il loro modo di combattere ci costringerà a cambiare, almeno in parte, il nostro approccio alle battaglie, garantendo quindi una buona dose di novità all’interno del titolo. Resta da vedere quante diverse tipologie di DeeBee saranno presenti e come saranno contestualizzati nella storia, ma la loro presentazione sembra promettere decisamente bene.

Phantaruk

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Survival horror

  • Sviluppatore:Polyslash

  • Data uscita:16 Agosto 2016

     

     

    Non si può certo dire che il protagonista di Phantaruk sia un personaggio fortunato. Egli, infatti, all’inizio del gioco si ritrova a bordo della Purity-02: un nome, questo, che come vedremo tra poco ha un che di ironico. La stazione spaziale su cui prende piede la vicenda appare subito deserta, lugubre e in evidente stato di abbandono; la struttura è di proprietà della H+ Corporation, multinazionale all’apparenza dal volto umano che, dietro a nobili intenti, potrebbe nascondere obiettivi un po’ più ambigui ed eticamente discutibili. Come se non bastasse, il personaggio che siamo chiamati a controllare è stato infettato da una misteriosa tossina che, periodicamente, necessita di un antidoto per essere messa a bada. Saremo costretti, dunque, a girovagare per la disastrata stazione spaziale in cerca delle preziose siringhe che terranno sotto controllo il nemico all’interno del nostro corpo ma, ovviamente, la Purity-02 non sarà popolata solo da noi. 
    Si dà il caso, infatti, che gli ambienti estesi della stazione spaziale siano occupati da minacce di vario tipo; dopo poche sequenze di gioco, ad esempio, verremo a contatto con la prima creatura ostile, e l’unica cosa sensata da fare sarà quella di approfittare delle tenebre per metterci in salvo. Questa, difatti, è la dinamica di gameplay principale del titolo, che verrà ripresa in tutte le circa cinque ore di tempo necessarie a terminare l’avventura. Considerata la passività del nostro avatar virtuale, che non potrà impugnare alcuna arma durante tutto il gioco, l’unica possibilità di uscire vivi dalla Purity-02 è allora quella di sgattaiolare nel buio; ciò obbligherà a non attirare l’attenzione delle bestialità che occupano i locali della stazione spaziale. 
    Sul gameplay del titolo torneremo meglio in seguito, ma già ora è possibile dire che si tratta di un’esperienza abbastanza basilare e priva di particolari artifici. Lo stesso discorso può essere fatto parlando della narrativa, che in sostanza proporrà solo un paio di cutscene e baserà lo sciogliersi dell’intreccio sui log audio e testuali sparsi in giro per gli ambienti. Questa impostazione, tutto sommato priva di momenti di vera tensione, presenta peraltro alcuni intoppi; per prima cosa, considerato che per venire a capo della sfida offerta è teoricamente possibile non esplorare tutti gli ambienti, è molto probabile che arrivati a fine gioco qualche particolare della trama possa essere sfuggito ai più. Anche nel caso dei giocatori più pazienti, però, potrebbero presentarsi altri problemi; la lettura dei log testuali, ad esempio, può spezzare la tensione data dall’atmosfera e dal buon comparto sonoro, e questo può portare il giocatore ad evitare la lettura dei pur brevi documenti che raccontano la storia della Purity-02. L’ascolto dei diari audio, poi, obbliga il giocatore a rimanere fermo sul posto durante la riproduzione; oltre alla possibile seccatura rappresentata dal dover rimanere fermi per un paio di minuti, c’è anche da considerare che il tempo, seppur in maniera molto rallentata, scorre anche durante la fruizione dei log audio, avvicinando così il giocatore al momento di una nuova puntura di antidoto.

    Le dinamiche di Phantaruk sono quelle di un survival horror in prima persona molto classico, quasi basilare nei suoi aspetti fondamentali, che presenta però uno spunto di originalità. L’elemento che movimenta il tutto, ovvero l’esigenza di dover girovagare per gli ambienti in cerca di antidoti da iniettare periodicamente, in effetti spinge il giocatore ad agire in maniera più impulsiva; va detto, infatti, che nel momento in cui il nostro personaggio necessiterà di una nuova iniezione, lo schermo di gioco verrà occupato da artefatti di colore giallo, che diventeranno sempre più intensi fino a impedirci quasi la visuale. La ricerca di siringhe, però, non risulta molto ardua, un po’ perché il livello di difficoltà complessivo vira verso il basso, ma anche perché tutti gli oggetti con cui si potrà interagire saranno evidenziati anche al buio, e visibili da una certa distanza; in questo modo, difatti, è possibile entrare in una stanza tetra e, senza l’ausilio della torcia che altrimenti tradirebbe la nostra posizione, cercare gli oggetti di nostro interesse. La dinamica di ricerca appena descritta non riguarda solo la raccolta di siringhe, ma anche quella di chiavi, tessere magnetiche o altri oggetti che serviranno ad avanzare nel gioco. Tali elementi si rivelano centrali nello sviluppo dei livelli di Phantaruk, che in sostanza richiederà al giocatore di scappare dalla Purity-02 raggiungendo, di volta in volta, varie stanze di trattamento medico; queste rappresentano, dunque, l’inizio e la fine dei livelli da affrontare. 
    Che dire però dei nemici? Durante la nostra prima prova del titolo avevamo avuto il timore che la difficoltà complessiva fosse un po’ bassa, e dobbiamo dire che le nostre impressioni non erano del tutto sbagliate. In effetti Phantaruk non è il più semplice dei giochi, ma neanche il più difficile da portare a termine. Tutto ciò è il risultato dell’intelligenza artificiale dei vari nemici: pur senza scendere nei dettagli narrativi, è possibile dire che durante le poche ore necessarie a finire il titolo si incontreranno almeno due tipologie di minacce. Queste si differenziano sostanzialmente per la loro pericolosità e la densità numerica con la quale ammorberanno i locali della Purity-02. 
    Tutti i nemici, in ogni caso, ci correranno incontro non appena avranno individuato la nostra presenza, cercando di raggiungerci aprendo porte chiuse, e scovandoci anche se rannicchiati sotto tavoli o scrivanie. L’unica strategia dunque, una volta scoperti, è quella di correre, possibilmente non in linea retta; considerata la maggiore velocità dei nemici, e lo scatto limitato del nostro personaggio, converrà sempre trovare vie più tortuose e meno prevedibili. 
    Con il passare dei livelli, poi, ci è parso che le minacce fossero via via più attente alla nostra presenza, soprattutto nel momento in cui eravamo alle loro spalle. Spesso, in situazioni del genere, siamo stati sorpresi da uno scatto improvviso di un nemico che, girato di schiena, credevamo essere oramai inoffensivo. Dobbiamo dire che una determinata categoria di avversari, in ogni caso, sarà veramente molto facile da aggirare, anche camminando a pochissima distanza e in piena luce; lo stesso non si può dire di un altro tipo di minaccia, contro cui dovremo sfruttare le ombre per nasconderci. A questo proposito il gioco pone un comodo indicatore a forma di occhio, che indicherà in tempo reale la nostra visibilità. Come sottolineato già in sede di preview, infine, tutte le tipologie di nemici saranno molto più attente a ciò che vedono che non a ciò che sentono, dato che anche camminando velocemente sarà difficile attirare le loro attenzioni.

    Dal punto di vista grafico, il gioco mostra una realizzazione tridimensionale basata sull'engine Unity solo modesta. Ha sufficientemente impressionato il level design della stazione spaziale, che qualche volta ci ha messo in difficoltà - complice l’oscurità di alcuni ambienti; non particolarmente appassionante, invece, la qualità delle texture dei nemici e dei modelli poligonali della navicella. Sembra siano stati risolti, invece, i problemi che avevamo riscontrato durante la preview, in special modo quelli riguardanti il calo di framerate in alcuni episodi specifici. Va meglio con il comparto audio: il brontolio bestiale dei nemici dà la giusta scossa di adrenalina, così come l’accompagnamento sonoro che ci avvertirà immediatamente non appena un nemico particolarmente pericoloso è nelle nostre vicinanze. Positivo anche il doppiaggio delle poche linee narrative, recitate in inglese. Non ci ha convinto minimamente, invece, il rumore scaturito dai colpi inflitti dai nostri nemici, troppo “plasticoso” e di volume basso; un particolare, questo, che restituisce nuovamente la sensazione di avere a che fare con gioco un po’ privo di mordente.

martedì 9 agosto 2016

Prey

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:Arkane Studios

  • Data uscita:TBA 2017

     

     

    Fin dalla sua prima apparizione, avvenuta durante la conferenza Bethesda dello scorso E3, Prey ha suscitato curiosità; l’attenzione di pubblico e addetti ai lavori, infatti, è giustificata dal fatto che il progetto, guidato adesso da Arkane Studios, sembra voler percorrere strade poco battute rispetto l’originale sparatutto uscito nel 2006. Approfittando del materiale mostrato al QuakeCon, dunque, è possibile ora esprimere qualche riflessione in più su questo ambizioso progetto di rilancio.
    Come è già noto, in Prey i giocatori vestiranno i panni di Morgan Yu: il protagonista, a bordo di una misteriosa stazione spaziale chiamata Talos-1, riveste il ruolo della cavia nell’ambito di alcuni test e sperimentazioni sugli esseri umani. Se il trailer visto all’E3 si concentrava maggiormente sulla routine quotidiana del protagonista, che iniziava le sue giornate con il saluto di una suadente voce elettronica, nel nuovo materiale pubblicato le cose si fanno serie fin dall’inizio, mostrando quella che sarà una delle chiavi di lettura principali di questo nuovo titolo. Gli sviluppatori Raphael Colantonio e Ricardo Baretasks, infatti, hanno spiegato come l’obiettivo di Morgan sarà quello di sopravvivere ad un ambiente ostile e pieno zeppo di alieni nemici utilizzando armi, strumenti ed abilità speciali. Su quest’ultimo punto torneremo meglio in seguito, visto che per prima cosa è bene spostare la nostra attenzione sulla natura degli alieni che perseguiteranno il povero protagonista. In effetti, durante il QuakeCon è stato dato spazio a una particolare tipologia di nemico, il Mimic. Il modus operandi di questa creatura aliena, difatti, fa già venire un po’ i brividi; quello che appare come una specie di grosso insetto a quattro zampe, nero e dall’aspetto minaccioso, sembra essere capace di tramutarsi in qualsiasi oggetto presente sulla base spaziale. Del resto, è possibile vedere chiaramente ciò anche nell’ultimo trailer mostrato, dove uno di questi mostriciattoli assume rapidamente le sembianze di una sedia. L’implicazione maggiore derivante dalla presenza di questa creatura è presto deducibile: anche l’ambiente all’apparenza più innocuo, in Prey, potrebbe trasformarsi allora in una trappola potenzialmente mortale per il giocatore, che dovrà sempre tenere alto il livello di attenzione. Ogni lattina lasciata per terra, persino il suppellettile più insulso, potrebbe trasformarsi infatti in una minaccia dotata di quattro zampe e artigli.

    Quello visto nei due trailer mostrati al pubblico finora sembra essere un personaggio spaventato, certo, ma nonostante ciò determinato a uscire vivo da una situazione non proprio favorevole. I benefici derivanti dall’essere una cavia su una stazione spaziale, d'altra parte, daranno a Morgan la possibilità di difendersi dai cattivissimi alieni in modi creativi e differenti. L’elemento che contribuisce a ciò è rappresentato dalla presenza delle neuromod: si tratta, come intuibile, di una serie di potenziamenti e personalizzazioni che plasmeranno l’esperienza di gioco. Cosi come alla stregua di un comune gioco di ruolo, dunque, anche in Prey potremo decidere se dare più peso all’efficacia in combattimento, all’intelletto, oppure cercare di creare un mix equilibrato di abilità. Gli amanti del gameplay alternativo e non per forza relegato alle classiche sparatorie, ad esempio, potranno optare per soluzioni maggiormente stealth, difatti modificando l’approccio di Morgan. Il fatto interessante, anche dal punto di vista narrativo, è che queste abilità provengono non solo dagli esperimenti di cui il protagonista era parte integrante, ma anche da adattamenti delle abilità aliene. Anche il giocatore, infatti, potrà utilizzare grossomodo la stessa tecnica del Mimic, andando a prendere la forma, cioè, di qualsivoglia oggetto mostrato su schermo. Nel materiale mostrato da Colantonio e Baretasks, ad esempio, è stato possibile vedere Morgan puntare una tazza di caffè, e successivamente trasformarsi in essa. Dopo aver fatto ciò, il nostro ha iniziato a rotolare, in modo da oltrepassare uno stretto passaggio e raggiungere comodamente l’area successiva. Questa abilità consente anche di attaccare: in un’altra sequenza Morgan si è tramutato in una agglomerato composto da metalli di scarto; dopo aver fatto ciò, ha utilizzato una seconda neuromod per sconfiggere i nemici con una sorta di onda d’urto cinetica. Il fulcro di questo sistema basato su abilità speciali, difatti, sembra essere la possibilità di essere creativi nel modo in cui si annienteranno gli alieni; tutto ciò assume una certa importanza anche perché, come fatto intendere dagli sviluppatori, sfoderare le armi non potrà essere l'unica e sola soluzione a tutti i problemi. Le abilità incluse nel titolo non fanno che confermare tutto ciò: un’altra neuromod su cui sarà possibile mettere le mani, infatti, consiste nell’abilità di muovere e scagliare oggetti anche molto grossi e pesanti.

    Abbiamo detto che in Prey le armi non sono sempre la risposta migliore alla minaccia aliena, ma è anche vero che "sparacchiare" i nemici ha sempre il suo perché. Tra le altre, quella che più ha colpito l’attenzione finora è il cannone GLOO, capace di lanciare una sorta di gomma adesiva a presa molto rapida; questa opzione si rivela utile non solo per intrappolare i nemici, ma anche per creare passaggi e piattaforme, o disattivare trappole e inneschi.
    Parliamo infine della gestione del crafting, e del reperimento di risorse: su Talos-1, infatti, Morgan potrà riciclare i materiali di scarto in due modi principali. Il primo, quello più preciso e delicato, consiste nel raccogliere uno per uno scarti e componenti, per poi inserirli negli appositi Fabbricatori; questi, garantiranno la possibilità di costruire utili strumenti. I giocatori che non hanno tempo da perdere, e soprattutto vogliono fare esplodere cose ed elementi, possono invece optare per una speciale granata che, una volta lanciata in una stanza, crea una sorta di buco nero che attrarrà tutti gli oggetti presenti, riducendoli in componenti utili al crafting.

giovedì 4 agosto 2016

Pes 2017


  • Piattaforme:PC, PS3, PS4, Xbox 360, Xbox One

  • Genere:Sportivo

  • Sviluppatore:Konami

  • Data uscita:15 settembre 2016

     

     

    Agosto: mancano ormai poche settimane all'inizio del campionato di calcio, con i tifosi impegnati a seguire la propria squadra del cuore nelle varie amichevoli estive tenendo sempre d'occhio le varie notizie di calciomercato, sognando l'arrivo di un grande campione. Agosto è anche il mese in cui arrivano nuove informazioni sui videogiochi calcistici, con gli appassionati pronti a scoprire le ultime novità prima delle varie uscite di settembre. La scorsa settimana siamo stati ospiti di Halifax Italia per provare con mano una nuova build di Pro Evolution Soccer 2017, storico titolo calcistico targato Konami giunto ormai alla sua ventunesima edizione.

    La presentazione a cui abbiamo potuto assistere era interamente basata sull'annuncio di un'importante partnership tra la serie di Pro Evolution Soccer e uno dei club calcistici più famosi al mondo, il Barcellona. L'accordo, della durata di tre anni, vedrà la presenza di numerosi contenuti in esclusiva nel gioco Konami, da una speciale steelbook dedicata al club catalano alla presenza di alcune maglie storiche del club come quelle dell'annata '82-'83, '91-'92 e altre ancora. 
    PES 2017 può inoltre vantare la presenza esclusiva del Camp Nou, leggendaria casa del Barcellona qui riprodotta nei minimi particolari, con un focus importante sul pubblico: gli spettatori reagiranno in maniera diversa a seconda dell'importanza della partita, tenendo un basso profilo contro le squadre di seconda fascia e facendo un tifo infernale contro gli odiati rivali del Real Madrid. 
    Migliorie anche per i modelli dei calciatori, già di altissimo livello nelle precedenti edizioni e ulteriormente migliorati in questo PES 2017, con tutti i membri della rosa del Barcellona che sono stati completamente scannerizzati, dal volto al corpo, per ottenere una riproduzione fedele alle controparti reali. Novità anche per quanto riguarda MyClub, che si arricchisce di nuove leggende che potremo reclutare nella nostra squadra dei sogni: parliamo di giocatori del calibro di Ronaldo, Ronaldinho, Puyol, Xavi e altri ancora, ognuno con le proprie mosse e animazioni uniche. Proprio su My Club si sono concentrati i bonus preorder del titolo, con i giocatori che al lancio riceveranno due calciatori del Barcellona e un giocatore inserito nella squadra Team of The Year dell'UEFA, un modo per poter schierare in campo fin da subito tre ottimi elementi. 
    Anche la Master League ha beneficiato di questa nuova partnership con il club blaugrana, con i giocatori storici che saranno reclutabili all'interno del nostro team, per creare così una squadra ricca di talenti attuali e del passato. I ragazzi di Konami hanno infine annunciato che questa partnership potrebbe essere soltanto la prima di una lunga serie, con molti club che si sono detti interessati a una collaborazione col team di sviluppo giapponese. Aspettiamoci dunque grosse novità nei prossimi anni.
    Al termine della presentazione abbiamo finalmente potuto mettere le mani sul titolo, su una build leggermente più avanzata rispetto a quella vista allo scorso E3 di Los Angeles: la prova ha confermato le ottime impressioni avute durante lo scorso hands on. Iniziamo con i portieri, notevolmente migliorati rispetto alle scorse edizioni, dove non offrivano mai particolare sicurezza ai giocatori. In PES 2017 la situazione è decisamente migliorata, con gli estremi difensori che si sono dimostrati particolarmente efficaci nelle uscite, sia alte che basse, e nei tiri da distanza ravvicinata, coprendo bene la porta e rendendo dura la vita agli attaccanti avversari. Qualche problemino invece sui tiri dalla distanza che finiscono troppo facilmente all'incrocio dei pali, rendendo impossibile l'intervento dei portieri, con il risultato di assistere a una lunga serie di tiri da fuori area per sbloccare le partite. Miglioramenti anche per la linea difensiva, con i difensori in grado di contrastare con efficacia gli attaccanti, pressando e anticipando gli avversari più pericolosi, costringendoci a variare il nostro stile di gioco. Grazie infatti all'IA adattiva, introdotta con questo PES 2017, la CPU imparerà continuamente dal nostro modo di giocare, pressando i giocatori che utilizziamo di più, raddoppiando gli esterni per evitare di abusare dei cross e così via. Il risultato è quello di assistere a partite sempre diverse, con gli allenatori più bravi in grado di modificare l'andamento degli incontri intervenendo sulle opzioni tattiche messe a disposizione dagli sviluppatori, e la possibilità di aumentare l'intensità del pressing o di chiudersi tutti in difesa a seconda del momento della partita. 
    Ultimo aspetto del gameplay completamente rinnovato è la gestione del controllo di palla, attraverso cui i giocatori più tecnici come Griezmann e Messi saranno in grado di liberarsi dei difensori mantenendo il pallone sempre attaccato ai piedi anche nello stretto. Questi calciatori non sono però infallibili e ci è capitato di sbagliare controlli apparentemente semplici a causa di un impatto con il pallone non perfetto o a causa della pressione di un difensore. 
    Chiudiamo parlando della versione PC del titolo. A margine degli incontri precedenti eravamo rimasti abbastanza fiduciosi su questa versione, snobbata in passato rispetto alle versioni PS4 e Xbox One e relegata ad uno strano ibrido tra le versioni di vecchia e nuova generazione. Negli ultimi giorni è arrivata però l'ennesima doccia fredda: anche per questa edizione, PES 2017 si presenterà come un ibrido delle versioni PS3 e PS4, scontentando l'utenza PC che chiedeva a gran voce un trattamento migliore. Per quanto riguarda le licenze tutto tace ancora, con Konami che ha promesso importanti novità alla Gamescom. Certa è la presenza dei file opzioni su PS4, evoluzione del sistema di importazione immagini presente nella scorsa edizione, che permetterà agli utenti di condividere online i propri risultati con gli altri membri della community.

F1 2016

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Simulazione guida

  • Sviluppatore:Codemasters

  • Data uscita:19 agosto 2016

     


    Pronti ad approfittare della pausa del campionato mondiale di F1, Codemaster torna a posare gli pneumatici delle monoposto più veloci al mondo sull'asfalto dei circuiti. In attesa dell'uscita finale, che sarà tra poco più di due settimane, siamo stati negli studi di Koch Media, distributore italiano del titolo, per provare F1 2016, supportati da una postazione dell'immancabile Thrustmaster: pedaliera, cambio e chiaramente un volante che emula quello delle monoposto dei nostri piloti, per un'esperienza completamente immersiva, con una replica del Ferrari Formula 1 Ferrari 2011 realizzata su licenza e abbinato al T500 RS.
    La nostra prova, a onor del vero, non è durata moltissimo, pertanto nella mezz'ora che abbiamo avuto a disposizione per testare F1 2016, che in ogni caso tra due settimane verrà analizzato in maniera più capillare nella nostra recensione, abbiamo avuto modo di concentrarci su quella che è sicuramente la spina dorsale della nostra avventura, ossia la carriera. Un ritorno fondamentale per il brand, che finalmente ci permette di tornare a rivivere l'emozione del paddock e di competere con quelli che sono i piloti che ogni due weekend circa vediamo correre sui nostri schermi. La modalità è riuscita a districarsi in numerose derivazioni, dando vita a un connubio perfetto tra "esperienza di pista e di garage", calandoci anche nei panni del neofita ingegnere, pronto ad apportare migliorie, tramite la ricerca, a quella che è la vostra monoposto. 

    Partiamo, però, per gradi, evidenziando che innanzitutto avrete la possibilità di creare il vostro personale avatar, scegliendo tra alcuni set pre-impostati che comprendono anche il casco da indossare, la nazionalità e chiaramente il vostro nome e l'abbreviazione che andrà su schermo, come avviene anche nelle vere dirette della Formula 1. Quello che un po' fa storcere il naso è sicuramente la possibilità, poi, di poter scegliere uno qualsiasi dei team per il quale gareggiare: non importa che voi siate dei neofiti, potrete anche vestire immediatamente i panni di compagno di scuderia di Vettel o di Hamilton. Va da sé che la scalata è molto più convincente se decidete di partire dal basso, come abbiamo provato a fare noi durante la nostra prova, guidando una vettura che, con tutto il rispetto per il nostro compagno Magnussen, non è proprio tra le migliori. 
    Aiutati dai punti ricerca ci è stato possibile iniziare ad apportare alcune migliorie, tra cui un potenziamento del motore, della scarica a terra, dell'efficienza del carburante e così via: il menù degli upgrade ci è sembrato molto funzionale e facile da intuire, supportati da spiegazioni che ci hanno aiutato a capire cosa conveniva migliorare prima e cosa, invece, lasciare per dopo. Inoltre l'elenco delle performance delle scuderie avversarie ci ha anche permesso di capire quanto gap da colmare restasse alla nostra monoposto per poter diventare la migliore su pista. L'ottenimento dei punti ricerca, poi, è collegato a quella che è la fase di test della nostra monoposto nei giorni che precedono la gara, spalmati su un weekend intero, che può essere scelto tra quello lungo, quindi completo, e quello corto, che ci porterà ad avere anche un impegno inferiore per via dei giri dimezzati in sede di gara.

    Tralasciando tutti gli aspetti velatamente manageriali di F1 2016, che saranno poi approfonditi in sede di recensione e con il codice finale tra le nostre mani, arriviamo al cuore pulsante della nostra esperienza, che è stata la guida su strada. Al nostro arrivo era già noto che l'EGO Engine presentasse un'evoluzione rispetto alle sue ultime uscite sul mercato, pertanto sapevamo di poter trovare dinanzi a noi dei modelli più definiti e dei poligoni più dettagliati, più puliti. Positiva anche la resa dei circuiti, anche se siamo riusciti a provarne soltanto due, tra cui Baku, che rappresenta la vera novità di quest'anno sia per quanto riguarda la controparte videoludica, sia per l'aspetto vero della F1. La fluidità è decisamente a ottimi livelli, così come la guida, che non ci ha messo eccessivamente in difficoltà e riesce a essere alla portata di tutti: nelle opzioni, infatti, avrete modo di customizzare tutto ciò di cui avrete bisogno, puntando a un realismo sfrenato o magari a qualcosa di più moderato. L'aspetto simulativo è legato anche all'intervento della Safety Car, per esempio, o anche al giro di formazione, l'ingresso ai box gestito in maniera del tutto manuale anche dopo il giro di qualifica, e così via: tutti aspetti che vanno a eliminare, quindi, gli intermezzi di gameplay che stonavano con la ricerca della simulazione finale da parte degli sviluppatori. Va da sé che dal punto di vista della guida non dobbiamo aspettarci qualcosa di incredibilmente votato alla simulazione come può essere Dirt Rally, per rimanere nello stesso ambiente di prova, o ancora peggio Assetto Corsa, che sta per arrivare, tra l'altro, nella sua versione per console. 
    F1 2016, però, non è nemmeno un arcade, bensì una buona esperienza a metà strada tra le due realtà: non abbiamo avuto modo di testare la risposta del pad, ma con il volante tra le mani siamo riusciti ad avere una buona esperienza, con le difficoltà del caso avendo tra i piedi e tra le mani una monoposto decisamente potente. C'è stato poco spazio anche per studiare l'usura delle gomme, così come per capire quanto l 'IA sia elevata e pronta per una gara, ma la base dalla quale siamo partiti ci ha permesso di avere buone speranze per il prodotto finale.