Ethero

giovedì 24 dicembre 2015

Ace Combat 7

  • PiattaformePC, PS4

  • Genere:Simulazione volo

  • Data uscita:Marzo 2016

    Tokyo - Magari non sarà la più fruttuosa delle serie a disposizione di Namco, ma Ace Combat ha conquistato comunque centinaia di migliaia di appassionati, con i suoi aerei realmente esistenti, il suo gameplay ibrido ricco d'azione, e le sue trame guerresche ambientate in un mondo di fantasia, ma spesso vicino al nostro. Durante l'evento a Tokyo organizzato da Namco purtroppo di gameplay nuovo non se ne è proprio visto, ma almeno con noi c'erano gli sviluppatori del titolo, pronti a rispondere a un bel po' di domandine sul loro futuro pargolo. Ecco cosa abbiamo scoperto
    Il nuovo Ace Combat vuol staccarsi completamente dagli eventi del mondo reale, per tornare alle storyline della serie tradizionale. La volontà degli sviluppatori è chiarissima: vogliono creare una campagna che faccia sentire il giocatore un asso dei cieli, sia con una graduale crescita narrativa che con un livello di sfida in crescita continua, in grado di tenere anche i veterani sulle spine nelle missioni avanzate.
    La nostra prima domanda agli sviluppatori, praticamente obbligata, riguardava la volontà di distaccarsi da Assault Horizon e dalle sensibili modifiche operate al gameplay della serie. Il dogfight mode era sicuramente molto scenico, ma la sua struttura quasi “su binari” non è stata apprezzata da molti, e i fan chiedevano da tempo a gran voce un ritorno alle origini. La risposta è stata immediata: “Il concept primario di Ace Combat 7 è duplice. Vogliamo tornare alle radici e al contempo creare un Ace Combat vero e migliorato. Il migliore mai fatto. La parte difficile non è tanto lo sviluppo della giocabilità, su cui abbiamo idee molto precise, quanto l'uso del Playstation VR”. Il VR per il momento non dovrebbe dopotutto comportare cambiamenti al gameplay, ma venir implementato solo come una sorta di “telecamera interattiva extra”. La volontà del team è questa: aumentare al massimo l'immersione nel gioco tramite il visore, ma non snaturarlo per facilitarne l'inserimento. 
    Le novità previste a livello di meccaniche paiono quindi essere principalmente un paio: l'inserimento di nuove manovre, che permettano di affrontare gli scontri aerei in modo più tattico, e la necessità di sfruttare al meglio le nuvole per ottenere dei vantaggi. Le simpatiche nuvolette non saranno più infatti semplicemente un elemento estetico, ma andranno utilizzate a mò di copertura durante le dogfight. Nelle nuvole, peraltro, vi saranno correnti che renderanno più difficile gestire il controllo dell'aereo, o addirittura piccole tempeste elettriche che potrebbero creare delle serie difficoltà a un pilota. Tale aggiunta ci stuzzica e dovrebbe variare sensibilmente l'approccio tipico alle battaglie. Siamo un tantinello scettici solo sull'aumento di difficoltà che da tali aggiunte potrebbe derivare, seppur gli sviluppatori sembrino convinti di poter variare il sistema senza complicarlo eccessivamente (d'altronde gli Ace Combat hanno da sempre una forte anima arcade, e una virata verso la simulazione potrebbe avere effetti persino più stranianti dei cambiamenti dell'ultimo capitolo).
    Possiamo dir poco o nulla sul comparto tecnico. La volontà del team sembra essere quella di proporre un titolo con un livello grafico simile a quello del trailer visionato, ma la necessità di implementare il VR su console potrebbe creare qualche problema al team di sviluppo. 
    Durante l'intervista abbiamo cercato anche di scoprire quanti aerei ci saranno nel nuovo capitolo, visti i roster di velivoli tutt'altro che limitati dei predecessori. Pare che il numero esatto non sia ancora stato deciso, e che sia necessario ricominciare tutto da capo, visto l'uso di un motore grafico completamente nuovo che non permette di recuperare vecchi modelli e aggiornarli. Di sicuro, ad ogni modo, i nuovi mezzi non mancheranno, e saranno divisi in tipologie. 
    L'ultima chicca è legata al multiplayer, che sarà all'apparenza solo PvP, con un distacco da quanto visto in Infinity. Sarà curioso vedere come verranno gestite le dogfight online insomma, e se ci sarà da aspettare qualche modalità sfiziosa anche in questo campo.

martedì 22 dicembre 2015

Naruto Ultimate Ninja Storm 4

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Picchiaduro

  • Sviluppatore:CyberConnect2

  • Data uscita:4 febbraio 2016

     


    Se si parla di manga è difficile non tirar fuori il nome “Naruto”. Il lavoro di Kishimoto forse non si sarà concluso nel più sottile e soddisfacente dei modi, ma è stato un colosso del fumetto nipponico per anni, e tra i suoi primati con ogni probabilità c'è anche quello di avere alle spalle le migliori trasposizioni videoludiche. Merito dei Cyberconnect, uno studio che ha fatto della spettacolarità e dell'esagerazione i suoi marchi di fabbrica, e che oggi viene quotato tra i più promettenti della sempre più stagnante industria videoludica giapponese. È quasi un paradosso che un team così benvoluto e talentuoso faccia della ripetizione la sua forza: i prodotti che escono da Cyberconnect sono, dopotutto, immediatamente riconoscibili, e al di fuori di un paio di uscite inattese dal seminato la squadra non si è tirata certo indietro quando c'era da mettere il nome su prodotti a cadenza annuale. I Naruto Ninja Storm sono, appunto, LA serie numero uno affidata alla software house, una saga che negli anni è cambiata marginalmente ma è andata gonfiandosi a dismisura nei contenuti. L'ultimo capitolo della serie, Ultimate Ninja Storm 4, è però particolarmente importante... d'altronde non è solo quello più ambizioso mai creato dalla software house, ma è anche quello che porta sullo schermo la parte conclusiva della storyline, la chiusa, il traguardo finale. Come si sono dunque approcciati i Cyberconnect a un progetto simile? Beh, semplice, hanno preso tutto ciò che avevano fatto di buono nei precedenti episodi e vi hanno aggiunto un tocco di follia in più. Ma vediamo di spiegare più dettagliatamente come stanno le cose
    La “grossa” novità di questo Ninja Storm, stando alla presentazione mostrata, sembra essere legata alle boss fight. Mostroni enormi da combattere ci sono già stati in passato nella serie, ma nulla di paragonabile a quanto visto qui. La parte finale del manga aveva messo in campo avversari sempre più assurdi, tutto grasso che cola per degli sviluppatori già tendenti all'esplosività, e non ci è voluto molto per veder spuntare in video un combattimento completamente fuori dalla grazia divina contro il dieci code, fatto di raggi infuocati da schivare all'ultimo momento, balzi chilometrici e proiettili a ricerca. Il nostro primo pensiero? Ovviamente Asura's Wrath, anche perché tra i proiettili caricabili scagliati da un Naruto al controllo della volpe a nove code e una scena di inseguimento velocissima, le similitudini sono apparse ben più che volontarie. È evidente come il team abbia voluto rendere le battaglie “grosse” degli anime interattivi di sorta, con il valore aggiunto di essere molto più piacevoli da vedere delle puntate vere e proprie. 
    A livello di gameplay, in parole povere, non è il caso di aspettarsi molto dalla campagna principale di Naruto, ma come contenuti ci siamo di certo, grazie al ritorno dell'Adventure Mode (ovviamente allargato), e a oltre 100 combattenti utilizzabili. Niente personaggi solo support in questo capitolo: se è nel roster ci potete combattere, o almeno questo è quanto hanno affermato i programmatori. 
    Il bello è che non finisce qui, e sembra che ci saranno altre novità ad attendere i giocatori tra le modalità, seppur non ci sia stato modo di confermare il ritorno di chicche come le battaglie a 4 combattenti o altre trovate simili.
    Notare, non sono stati i soli contenuti il focus del progetto, poiché Cyberconnect si è adoperata per eliminare certi elementi non proprio apprezzatissimi dai fan. Spariti gli stili a inizio partita, ora i giocatori avranno a disposizione Jutsu personalizzabili, che cambieranno leggermente lo stile di gioco dei vari personaggi offrendo poteri differenti. Le meccaniche avanzate sono state ritoccate a loro volta, mantenendo il sistema dei tronchi sostitutivi dell'ultimo capitolo, ma con una secca diminuzione della finestra delle contromosse, seguita da un cambio di registro anche per gli “spezza-guardia”. Non ci sarà più infatti un attacco dedicato a rompere le difese, bensì queste verranno superate dopo una serie di colpi, con una rottura conseguente rottura dell'armatura nemica. Altra chicca è l'aggiunta di effetti elementali legati ai Jutsu di acqua e fuoco, che infliggono status negativi agli avversari come i danni nel tempo. 
    Sono una serie di cambiamenti apprezzabilissimi, che accompagnano la possibilità di cambiare personaggio durante la partita (derivante dal roster interamente giocabile citato sopra), con il mantenimento della stessa barra dei punti vita. L'unico problema sembra ancora una volta il bilanciamento che pare aver alcune gravi mancanze. Certi Jutsu post risveglio sono assolutamente assurdi, anche nel minuto roster messo a disposizione nella demo. C'è ancora tempo per ritoccare i dati, comunque.
    Ecco, parlando di tempo, siamo forse più preoccupati per il comparto tecnico. Il gioco è ancora un work in progress, ed è vero che le tempistiche di sviluppo nipponiche permettono di fare miracoli in poco tempo, ma la data di uscita non è troppo in là e certi cali di frame rate nelle scene più concitate della demo non ci hanno convinto. La fluidità in fondo non è mai stato un caposaldo del marchio, e ci riesce difficile credere in un improvviso alleggerimento del motore. Detto questo, il titolo resta uno spettacolo assoluto per gli amanti del manga. Ogni mossa speciale è ricreata con cura certosina e certi attacchi speciali fanno impallidire persino il succitato Asura's Wrath. Simile al passato o meno, riesce davvero difficile non esaltarsi dinnanzi a tanto ben di dio se si è fan sfegatati della saga.

Dirt Rally


  • Piattaforme:PC

  • Genere:Simulazione guida

  • Sviluppatore:Codemasters

  • Data uscita:27 aprile 2015 (Early Access) - Disponibile PC (Steam) - 5 aprile 2016 (PS4-Xbox One)

     


    La nostra prima impressione relativa a DiRT Rally era stata positiva: nell’anteprima dedicata di qualche mese fa, infatti, avevamo avuto modo di apprezzare la nascita di un prodotto che sembrava aver preso la direzione giusta, e che proponeva un’esperienza simulativa quanto basta, ma soprattutto divertente. Ora che il gioco è uscito dalla fase di early access, ed è dunque disponibile in versione completa su PC (su console arriverà ad aprile), scopriamo se i nostri giudizi parziali sono stati confermati.

    Le modalità di gioco introdotte nel corso dello sviluppo di DiRT Rally hanno permesso alla versione finale del titolo Codemasters di arrivare sul mercato con una buona varietà; partendo dalla schermata principale di gioco, infatti, la prima opzione che farà capolino sarà la Carriera: entrati in questo menu, si potrà accedere a varie opzioni, che riguardano sia il gioco in singolo che il multiplayer. L’esperienza single player non è cambiata in maniera eccessiva rispetto alla nostra prima analisi: è possibile, infatti, gareggiare in campionati di rally, rallycross e hillclimb. C’è da dire, però, che all’inizio della propria carriera si dovrà per forza di cose cominciare a gareggiare nei campionati rally, considerato che i fondi a nostra disposizione ci permetteranno di acquistare solo poche auto. Procedendo nel gioco, e accumulando risultati positivi, si potrà scegliere poi di acquistare nuove vetture, che permetteranno di partecipare ad altre tipologie di gara. All’interno dell’area Carriera, però, sono incluse anche altre modalità di gioco accomunate dal fatto che, a seconda delle nostre prestazioni, si riceveranno crediti buoni per acquistare altre vetture, e per ingaggiare ingegneri che formeranno il nostro team. Così come descritto nell’anteprima, infatti, una interessante caratteristica della carriera di DiRT Rally è quella di poter contare su un gruppo di assistenti che potranno essere assunti per un determinato numero di gare. La loro presenza favorirà le nostre prestazioni, nonché il tempo di riparazione della nostra vettura. Gli stessi ingegneri su cui possiamo contare nei campionati in single player, difatti, hanno importanza anche negli eventi online e PvP del menu Carriera. La sezione eventi online, a questo proposito, comprende eventi giornalieri, settimanali e mensili che mettono a confronto i giocatori in maniera indiretta; la sfida, cioè, è quella di gareggiare individualmente in determinati eventi e cercare di far segnare il tempo migliore tra tutti i partecipanti. Chi vuole una competizione ancora maggiore, però, può optare per gli eventi PvP, dove è possibile gareggiare in mini campionati di rallycross fino a otto giocatori. Bisogna ricordare dunque che in questi eventi, composti da tre o più gare, sarà d’obbligo utilizzare le auto acquistate durante le altre gare della modalità carriera; se non si possiede abbastanza pecunia, però, il gioco consente di prendere a noleggio una vettura per tutta la durata dell’evento. L’intera area Carriera, così, appare come una sezione assai strutturata, le cui modalità sono collegate dalla presenza del team di ingegneri, e dalla gestione dei propri fondi.
    In ogni caso, è presente anche una sezione dedicata a chi vuole correre senza tanti pensieri: l’area eventi personalizzati, in effetti, consente in ogni momento di correre una gara di qualsiasi tipo con qualsiasi auto, in tutte le location disponibili.
    Veniamo adesso alla parte sicuramente più interessante dell’articolo, ovvero l’analisi del gameplay.  Nella sua forma attuale DiRT Rally può contare, sul versante rally, su una trentina di vetture divise in dieci categorie (dagli anni ’60 al 2010), e circa settanta tappe di sei eventi; per il rallycross, invece, le piste disponibili sono tre, con sei vetture. La modalità hillclimb, invece, è tutta incentrata sulla scalata al Pikes Peak, affrontabile con tre auto. Dal punto di vista dei contenuti, dunque, non ci si può di certo lamentare, e tutto questo porta a uno degli aspetti che ci ha maggiormente impressionato durante le nostre prove: in DiRT Rally, infatti, l’esperienza di gioco cambia totalmente a seconda dell’auto che si sta guidando. Tutto questo è possibile grazie a un modello di guida che, difatti, non è completamente simulativo, ma che riesce ad offrire una sfida divertente e in alcuni tratti esaltante. Si potrebbe pensare che solo guidando le auto più veloci e potenti ci si possa divertire, ma ogni categoria di vetture riesce a regalare la propria sfida; guidare una Lancia Fulvia HF sui pietrosi rettilinei gallesi, difatti, è questione assai diversa rispetto a padroneggiare una Subaru Impreza del 2001. Non cambia solo la sensazione di velocità, o evidentemente i riferimenti che vanno utilizzati per cercare di prendere la linea migliore durante i tornanti. Le differenze si notano nella sensazione del peso della vettura, ma soprattutto nelle reazioni alle nostre sollecitazioni durante l’utilizzo del freno a mano, o nei cambi di direzione, e nelle scalate di marcia. DiRT Rally è un titolo complicato da padroneggiare, ma nei momenti in cui il navigatore dà con tempismo l’indicazione di una curva difficile, magari alla fine di un rettilineo fangoso, e si riesce a utilizzare quel minimo di freno a mano che serve a prendere un tornante come si deve, la soddisfazione si accompagnerà anche a un certa esaltazione.
    Per essere veramente performanti, in DiRT Rally, la parola d’ordine è concentrazione: per risultare vincitori nei vari eventi, soprattutto nei rally e nell’hillclimb, è d’obbligo rimanere con gli occhi fissi sulla strada, e riuscire a pensare in anticipo a come affrontare una curva. Il navigatore, a questo proposito, si è dimostrato quasi sempre un buon aiutante, anche se a volte è capitata qualche svista di troppo che ci ha fatto finire ruote all’aria. C’è da dire però che è possibile modificare il tempismo delle indicazioni del nostro fidato secondo, di modo da anticipare o ritardare l’indicazione di curve particolarmente insidiose. La sensazione finale, però, riguardo a questo aspetto, è che i due doppiatori italiani che si sono alternati nella realizzazione dei due aiutanti non abbiano raggiunto lo stesso livello di performance, specialmente in termini di chiarezza e tempestività.
    La sensazione di velocità, in DiRT Rally, è presente in tutte le varie tipologie di vetture, anche se è ovvio che le differenze in termini di cavalli motore si fanno sentire, e anche tanto. Spesse volte, dopo aver concluso i tratti veloci delle tappe finlandesi con una Lancia Delta S4, ci siamo francamente chiesti come abbiamo fatto a uscirne vivi; non vale la pena sottolineare come il riuscire a far provare questa sensazione sia uno dei grandi meriti della produzione Codemasters.
    Il gameplay, in ogni caso, non è tutto rose e fiori: uno degli elementi un po’ meno positivi, a nostro avviso, è il feeling restituito dalle varie superfici; intendiamoci, la differenza tra l’asfalto e lo sterrato è chiaramente percepibile, e le gare di rallycross lo dimostrano senza dubbi, ma forse in questo ambito sarebbe stato possibile fare qualcosa in più, magari per quanto riguarda le tappe nelle quali è presente neve o ghiaccio. Sempre in questo ambito, ad esempio, ci è parsa meglio riprodotta l’aderenza delle gare sul bagnato; deliziose, invece, le prove sulla ghiaia, che restituiscono ottime sensazioni. Il force feedback, a questo proposito, è sembrato regalare meno sollecitazioni di quelle prevedibili, ma si tratta pur sempre di un parametro molto personale, e peraltro personalizzabile nella sua totalità.
    Per quanto riguarda i tracciati, poi, la varietà riscontrabile è notevole: lasciando da parte i circuiti di rallycross, e l’indomabile ascesa di Pikes Peak, quello che soddisfa è la riproduzione dei vari ambienti delle competizioni rallistiche. La nostra preferenza personale è andata alle tappe tedesche di Baumholder, quasi totalmente asfaltate, a quelle gallesi di Powys, con la loro ghiaia mista, e al vero e proprio inferno di neve svedese di Värmland. Riuscire a portare a termine una tappa nel bel mezzo di una bufera di neve, di notte, e nella boscaglia svedese, è impresa veramente non da poco.
    Le nostre prove sono state effettuate soprattutto con un volante G25, con cambio sequenziale e aiuti disattivati. Come è prevedibile, è in questa configurazione che DiRT Rally dà il suo meglio, proponendo un’esperienza che in alcuni casi non fatichiamo a definire anche selvaggia. Riuscire a dominare le auto più potenti darà una grande soddisfazione, anche perché la lotta con sovrasterzo e sottosterzo sarà una costante. Si potrebbe pensare, ancora una volta, che il problema maggiore delle auto più potenti sia il sovrasterzo, ma bisognerà prestare molta attenzione anche all’effetto contrario, che ci spingerà verso l’esterno della curva. Inutile dire che nei tracciati del titolo Codemasters finire fuori strada non significa trotterellare sull’erba tagliata dei tracciati di Formula 1; se va bene, durante le uscite di pista in DiRT Rally, si faranno i conti con un metro di neve, o con i muretti di Montecarlo, e se va male, d’altro canto, ci sono sempre gli arbusti e gli strapiombi della campagna greca. Tutto questo ci spinge a dire che la cura del proprio setup meriterebbe più cura di quanto si sia indotti a credere, e tutto ciò fa intendere ancora come il titolo in questione abbia una certa vocazione simulativa. La regolazione della propria auto non è forse compito così intuitivo, ma può portare a una maneggevolezza differente rispetto al setup di default.
    Parliamo poi di un aspetto che potrà interessare coloro i quali sono interessanti ad acquistare le future versioni console di DiRT Rally: anche col pad, difatti, il gioco si è dimostrato assai gradevole e divertente, grazie anche a un modello di guida abbastanza scalabile e adattabile ai vari stili di guida. Dobbiamo dire che, anche attivando il solo cambio automatico, e lasciando tutti gli altri aiuti disattivati, siamo riusciti a portare a termine qualche tappa senza troppi tentennamenti. A questo proposito, però, non possiamo tacere del modello di danni, che ci ha lasciato qualche perplessità; dal punto di vista visivo le nostre incertezze si tramuteranno in ammaccature varie, e a fine gara la visuale esterna dell’auto ci regalerà un primo piano impietoso del nostro mezzo. Se qualcosa è andato storto durante il tragitto, in altre parole, si potranno notare fanali rotti, carrozzerie sfasciate in vari punti, ma anche forature. I tentennamenti visti in sede di anteprima per quanto riguarda i danni meccanici veri e propri, invece, rimangono in parte: è bene sapere che in DiRT Rally andare a tutta velocità contro un albero farà terminare anzitempo la nostra gara, e tutto ciò è cosa buona e giusta. E’ possibile però continuare con la propria prova, tanto per fare qualche esempio, se si sceglie di buttarsi di proposito dagli strapiombi, ma anche se si riesce nell’impresa di effettuare una rotazione verticale di 360 gradi (cosa che ci è capitata veramente). In questi casi, e in quelli meno gravi, il titolo ci permetterà di tornare sulla retta via, pena una penalizzazione di una quindicina di secondi.
    Dal punto di vista tecnico, DiRT Rally è un gioco che risulta essere leggero, tranquillamente riducibile a icona e a finestra, e privo di problematiche tecniche lampanti. Graficamente parlando, l’EGO Engine sa offrire scenari estremamente puliti, con interni delle auto particolareggiati e definiti, e scorci ambientali convincenti. Ci ha colpito favorevolmente la riproduzione delle tappe innevate, così come la realizzazione della pioggia. Sfrecciare a 200 km all’ora con i fiocchi di neve che schizzano verso la propria visuale, tanto per fare un esempio, è veramente una esperienza appagante. Il gioco Codemasters, però, sa anche sorprendere negli elementi a bordo strada, ad esempio con i droni che ci seguiranno durante le nostre scorribande per le assolate strade greche; durante un testacoda in una gara notturna in Svezia, tanto per fare un altro esempio, abbiamo intravisto addirittura degli spettatori che si riscaldavano attorno a un fuoco.Ottimo anche il comparto audio, soprattutto per quanto riguarda i rombi dei motori delle varie vetture, ma anche per gli elementi secondari come il rumore della ghiaia che impatta sul fondo delle auto, e le sgommate. Sul navigatore, ripetiamo il discorso precedente: la sensazione, alle volte, è che il tempismo non sia proprio eccezionale, qualsiasi regolazione si scelga.

Helldivers


  • Piattaforme:PC

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:Arrowhead Game Studios

  • Data uscita:Dicembre 2015 (PC)

     

     

    Quasi un anno fa Helldivers portava sulla triade di console Sony (PS Vita, PS3 e PS4) una formula da classico twin stick shooter a dir poco contagiosa, soprattutto se affrontata in multiplayer online e (ancora meglio) in locale. Un’esperienza cooperativa a quattro giocatori davvero divertente, esagerata e anche molto impegnativa, visto che Arrowhead Game Studios aveva optato per un gameplay con diverse sfumature hardcore. Ne usciva un titolo da prendere in seria considerazione per gli amanti del genere, anche se una forte ripetitività di fondo e l’assenza di una vera e propria Campagna con un epilogo degno di questo nome ci avevano fatto propendere per un comunque positivo 7.5. Da pochi giorni il team svedese ha portato Helldivers su Steam (lo trovate qui a 19,99 euro), aggiungendo di fatto solo i DLC Masters Of The Galaxy e Turning Up The Heat e qualche sparuta opzione grafica, tra cui l’FXAA come filtro antialiasing, la qualità delle ombre, la risoluzione e poco altro. Va subito detto che Helldivers non è un titolo graficamente magnifico (tutt’altro), ma in Full HD (basta anche un PC di livello medio basso) fa la sua figura, soprattutto su certi pianeti dai colori sgargianti che restituiscono un quadro visivo molto piacevole.  
    Giocare a Helldivers è un po’ come affrontare qualsiasi twin stick shooter con visuale avolo d’uccello. Lo stick sinistro per muovere il nostro super soldato e quello destro per mirare. Ci sono poi il comando per la corsa, quello per le granate (più si tiene premuto, più il lancio è lungo), il cambio arma, la ricarica delle munizioni (non è infatti automatica) e il comando per ottenere i cosiddetti stratagemmi. Si tratta di aiuti che possono essere recapitati sul terreno di gioco componendo una serie di combinazioni complesse da effettuare tramite il dpad. Si va dalle semplici munizioni fino a torrette difensive, passando anche per mezzi e veicoli e per lanciamissili, anche se questi e altri armamentari più potenti ed efficaci non saranno disponibili da subito. Gli stratagemmi hanno un doppio motivo di interesse, che si inserisce in quell’approccio “hardcore” accennato in precedenza. Tanto per cominciare, mentre componiamo la sequenza con il dpad, il nostro alter ego non si può muovere. Inoltre, una volta eseguita la sequenza, bisogna lanciare il segnalatore a terra e aspettare un tot di secondi fino a quando non ci viene recapitato l’oggetto richiesto. Nel frattempo possiamo essere tempestati dai nemici e bisogna anche stare attenti che il carico lanciato dall’altro non ci capiti sopra la testa, pena una morte istantanea. Un altro fattore che tende a innalzare la difficoltà, oltre ai continui sciami di creature aliene di ogni genere (sarete sempre in netta inferiorità numerica), è la presenza del fuoco amico. Non solo nei momenti più concitati vi troverete circondati da ragni giganti, robot, droidi e creature schifose, ma dovrete guardarvi anche dai colpi dei vostri amici che prima o poi (sarà inevitabile visto il casino generale) vi cadranno tra capo e collo. 
    Aspettatevi quindi di morire molto spesso (potrete comunque essere “resuscitati” dagli amici), soprattutto se deciderete di affrontare Helldivers in perfetta solitudine. Cosa che comunque vi sconsigliamo, non tanto perché così il gioco è brutto, ma perché il tipo di gameplay è fatto apposta per essere goduto in cooperativa e perché in single player, dopo qualche pianeta e una decisa di missioni, il tutto tende a diventare piuttosto ripetitivo e noioso. Certo, ci sono i potenziamenti delle armi, i rank, si sbloccano nuovi stratagemmi, i pianeti sono creati proceduralmente e di fatto la longevità è elevatissima sebbene il rank-cap massimo sia fermo a 50 dopo la recente espansione Democracy Strike Back. I contenuti insomma non mancano, ma limitarsi al gioco in singolo non ha molto senso in uno shooter come questo, che tra l’altro sfoggia anche un retrogusto narrativo assolutamente godibile in stile Starship Troopers, con divertenti filmati di propaganda e con questa guerra contro gli alieni che non può non richiamare il celebre romanzo di Robert A. Heinlein (e naturalmente anche il film di Paul Verhoeven). L’atmosfera insomma è quella giusta e spiace solo che la Campagna Galattica non abbia una vera e propria conclusione, visto che il gioco è un continuo ribaltamento di fronti tra le nostre conquiste (e sconfitte) e quelle aliene che cambiano continuamente i confini della galassia. Non dubitiamo tra l’altro che le oltre 100 ore promesse da Arrowhead siano solo una trovata pubblicitaria. Helldivers potrebbe in effetti durare ancora di più… il problema se mai è non stancarsi prima.   

mercoledì 16 dicembre 2015

Tom Clacy 's End War


  • Piattaforme:PC

  • Genere:Strategico

  • Sviluppatore:Ubisoft Shanghai

  • Data uscita:Open Beta 3 dicembre 2015

     

     

    Tom Clancy’s Endwar si proponeva come uno strategico in tempo reale con una particolarità: la possibilità, cioè, di comandare tutte le varie operazioni attraverso la propria voce, con un sistema che obbligava il giocatore a identificare quale unità doveva compiere una determinata azione. Il sistema funzionava bene, e tutto sommato proponeva un’esperienza divertente, senza far passare in secondo piano il gameplay da strategico in tempo in reale. L’evoluzione avuta da questo progetto iniziale ha portato al titolo oggetto di questa anteprima, ovvero Tom Clancy’s Endwar Online, attualmente in fase beta. Vediamo di cosa si tratta.
    L’arrivo della versione 1.0.0 di Tom Clancy’s Endwar Online apre la fase di beta pubblica grazie alla quale è possibile provare nel concreto il progetto Ubisoft in questione. La prima particolarità del progetto è che, difatti, il titolo è fruibile sia scaricando il client apposito, ma anche direttamente dal proprio browser. Parleremo meglio delle due esperienze utente che scaturiscono da questa scelta, ma per ora rimane in ogni caso il fatto che l’intero impianto di gioco è disponibile anche su browser, in versione completa, e senza problematiche eclatanti.
    Partiamo allora dalla contestualizzazione: la storia che fa da sfondo al tutto ha i consueti toni dei titoli ispirati alle opere del compianto Tom Clancy, e inizia nel 2016, con una crisi petrolifera che porterà, nei due anni seguenti, alla creazione di schieramenti opposti e pronti a combattere tra loro. Russia, Europa e Stati Uniti daranno vita, nel 2020, alla Terza Guerra Mondiale, che continuerà fino al 2029, anno in cui la distruzione più totale darà vita a uno stop ufficioso alle battaglie. E’ in questo contesto che il giocatore dovrà decidere con quale fazione iniziare la propria partita, scegliendo dunque tra le armate europee, statunitensi o russe. In qualsiasi caso, il primo obiettivo sarà quello di ricostruire le strutture militari più importanti, che daranno poi modo di generare le unità necessarie alle battaglie.
    La open beta disponibile attualmente presenta due grandi modalità di gioco, ovvero il single player e il comparto online. La prima scelta consente di giocare una campagna composta da otto capitoli, divisi al loro interno da un certo numero di battaglie da affrontare. La modalità multiplayer, invece, consente di lanciarsi in tre sfide differenti; la prima, chiamata Fortress, propone un’esperienza PvP asimmetrica, in cui cioè sarà possibile affrontare le armate degli altri giocatori controllate, però, dalla IA.  La seconda modalità, chiamata Wargame, consiste in una serie di scontri PvP che termineranno nel momento in cui i giocatori registreranno nove vittorie o tre sconfitte. Una volta che l’utente avrà raggiunto il livello 25, infine, verrà sbloccata la modalità Skirmish, che consente di lanciarsi in scontri singoli contro altri giocatori.

    Dal punto di vista del gameplay, Tom Clancy’s Endwar Online sembra proporre una esperienza da strategico in tempo reale tutto sommato intelligente; diciamo questo perché, considerata l’impostazione da browser game data al gioco, è evidente come si sia scelto di schematizzare alcuni elementi delle battaglie, velocizzando alcuni aspetti e approfondendone altri, invece, assai adatti a delle dinamiche da possibile pay- to-win. Andiamo con ordine: le diverse schermaglie a cui si prenderà parte presentano la classica struttura da RTS governate da uno schema del tipo “sasso-carta-forbice”. I tank, allora, saranno molto efficaci contro le unità antiaeree, che a loro volta avranno la meglio sugli elicotteri da battaglia, che a loro volta sbaraglieranno i tank. A questo meccanismo di base si aggiungono altre unità come l’artiglieria pesante, i droni, e la fanteria: questa ultima unità, ad esempio, sarà necessaria per prendere possesso di alcuni centri capaci di potenziare il tempo reale le altre unità impegnate in battaglia. La schematizzazione di cui parlavamo in precedenza riguarda il fatto che le varie unità di gioco schierabili si muoveranno lungo tre, quattro direttrici per livello, e solo in una direzione. Una volta che si schiererà un tank sul campo di battaglia, in altre parole, l’unità in questione si limiterà ad andare verso la base nemica, fermandosi solo per distruggere le unità nemiche presenti sulla stessa direttrice. Non è possibile, dunque, controllare direttamente le unità una volta schierate, considerato che queste intraprenderanno solo una direzione che non può essere cambiata. Il numero di opzioni offensive che è possibile schierare, poi, è determinato dai punti comando in proprio possesso, che peraltro si rigenerano durante la battaglia; questi stessi punti, peraltro, possono essere utilizzati per sfruttare le abilità tipiche delle varie unità, come ad esempio la scarica di missili delle unità antiaeree.
    Tutto ciò ci permette brevemente di parlare dell’altra attività principale di Tom Clancy’s Endwar Online, ovvero la gestione del proprio esercito. Al di fuori della battaglia, infatti, sarà necessario per prima cosa ricostruire le varie strutture militari: questo può essere fatto spendendo energia, valuta acquisibile grazie alle vittorie sul campo. Ogni edificio dà poi la possibilità di reclutare i comandanti, i quali consentono di sfruttare sul campo le varie unità illustrate in precedenza (tank, artiglieria, ecc. ecc.), determinandone peraltro le abilità speciali. Per poter reclutare i comandanti sono necessarie altre due valute, ovvero la fama e l’oro, ottenibili grazie alle vittorie nella modalità in singolo e in multiplayer. Sia le strutture militari che i comandanti, poi, possono salire di livello, ed essere potenziati in vari modi. Non entriamo nello specifico di questi aspetti, ma è comunque possibile dire che ogni unità può beneficiare non solo di un avanzamento nei vari livelli di esperienza, che garantisce un’efficienza maggiore, ma anche di equipaggiamento specifico, acquistabile grazie alle varie valute. La presenza di questi meccanismi da gioco di ruolo, e soprattutto delle varie valute, ha dato la possibilità a Ubisoft di introdurre microtransazioni varie, grazie alle quali è possibile acquisire risorse in minor tempo dietro esborso di moneta sonante.

Lego Marvel Avengers

  • Piattaforme:PC, PS4, PS Vita, Xbox One

  • Genere:Azione

  • Data uscita:29 gennaio 2016

     

     

    La diffusione del brand LEGO non cenna ad arrestarsi e ormai abbiamo davvero perso il conto di quanti titoli sono giunti sul mercato. Il Signore degli Anelli, Jurassic World e Lego Movie sono solo gli ultimi di una lunga serie, serie che ha fatto approdare in passato sulle nostre console anche tonnellate di supereroi. La location scelta per la presentazione odierna - la suggestiva cornice dello Spazio WoW museo del fumetto qui a Milano - era dunque perfetto per accogliere alla grande la nuova unione tra mattoncini e eroi dei fumetti.

    Oggi parliamo infatti di Lego Marvel Avengers, in arrivo per sfruttare ovviamente la scia pubblicitaria del film. LEGO Avengers è essenzialmente un seguito di LEGO Marvel e porta sullo schermo tutte le caratteristiche a cui siamo ormai abituati, ingrandendole a dismisura. Avremo quindi un mondo di gioco più grande, nuove abilità, nuovi poteri e, ovviamente, una storyline da scoprire collegata direttamente alle pellicole.
    Oltre ad Avengers ci saranno anche infatti Age of Ultron e altri livelli presi di Iron Man e Capitan America tanto per citare i due più noti. L’HUB principale di gioco, che potremo sorvolare con il nostro piccolo Iron Man, o qualsiasi altro degli oltre 150 personaggi presenti quest'anno è New York, con il suo central park e tutti i landmark più famosi. La mappa di gioco propone una quantità di elementi collezionabili e missioni secondarie davvero enorme e cercare di leggere in maniera corretta il mini radar, con tutti i punti di interesse che lampeggiano in continuazione, è quasi impossibile vista la quantità presente.
    La città è inoltre viva e avvenimenti casuali possono accadere in qualsiasi momento, proponendo talvolta furti da sventare o inseguimenti tra auto, per una longevità complessiva che non sembra proprio essere un problema per questo capitolo. La dimensione della mappa,inoltre, è stata ingrandita proprio per sfruttare la possibilità di movimento rapido di molti dei personaggi inclusi: Thor potrà ad esempio sfrecciare in cielo attaccato al suo martello, ma non mancano soluzioni più originali come i mega salti di Hulk.

    C’è anche qualche novità più succosa, partendo proprio dal sistema di combattimento, rinnovato per l’occasione. La presentazione odierna ha mostrato l’immancabile Iron Man correre in soccorso di Capitan America e Daredevil e qui abbiamo visto i primi colpi combinati entrare in azione. Iron Man può ad esempio sparare raggi laser sullo scudo di Cap così da reindirizzarli e colpire più nemici contemporaneamente, in una sorta di combattimento/collaborazione piuttosto interessante. Lego Marvel resta comunque un gioco strutturato e pensato per un pubblico decisamente giovane ed è quindi impossibile pensare di proporre un sistema più complesso, nonostante ci siano meccaniche di combo e moltiplicatori che tentano di rendere le cose più interessanti.
    Se avete già giocato un titolo precedente, e secondo noi l’avete fatto, sapete già grossomodo cosa aspettarvi, laddove la componente di divertimento viene messa prima di qualsiasi profondità nel gameplay,
    Il cuore del gioco resta quindi la raccolta e la scoperta di tutti i supereroi e dei loro poteri, con relative versioni, da collezionare.
    Miss fantastic, che ci è stata mostrata per la prima volta in questa occasione, è qualcosa di inedito per la serie, le animazioni sono stupende ,soprattutto quelle elastiche ed è stato riprodotta in maniera egregia anche la possibilità di allungarsi e crescere a piacimento. Abilità propria anche di Fing Fang Foom un enorme drago cinese che può letteralmente dominare la città mentre sorvola imperioso i grattacieli.
    La struttura delle missioni resta molto simile al passato, con la necessità di raccogliere mattoncini per ottenere nuovi personaggi, o una delle numerose armature di Iron Man, e superare zone precedentemente inaccessibili. Nella casa di Tony Stark è possibile prenderne una qualsiasi, dalla Mark V fino ad arrivare all'enorme Hulk Buster, ognuna animata singolarmente e con i propri poteri. La cura per i dettagli sembra insomma decisamente buona, con movimenti eccellenti per tutte le minifigure, senza distinzione alcuna.
    Il colpo d’occhio, nonostante una profondità che ci è parsa maggiore non sembra aver ricevuto tuttavia miglioramenti enormi, sensato se pensiamo che l’obiettivo di questa nuova produzione era quella di allargare ulteriormente i contenuti, addirittura dando la possibilità ai giocatori di volare in giro per l’intero globo e visitare decine di location simbolo dei supereroi Marvel.
    Un titolo insomma che farà del puro fanservice il fulcro della produzione, con tanto di comparsata di Stan Lee, e dotato di tutti quei punti di forza e debolezze che hanno ormai segnato la generazione dei giochi LEGO. 

Sebastian Loeb Rally Evo


  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Simulazione guida

  • Sviluppatore:Milestone

  • Data uscita:29 gennaio 2016





Milestone è diventata ormai una realtà indipendente davvero enorme, potendo contare all’attivo oltre centosessanta dipendenti nei suoi nuovissimi uffici di Milano. Una crescita dell’azienda che la porterà nel 2016, in previsione, a fatturare oltre 40 milioni di euro e che la vede attualmente impegnata sullo sviluppo di quattro titoli in contemporanea, di cui qualcuno non ancora annunciato.

Dopo l’abbandono della licenza WRC servivano nuove idee per proporre ai fan un nuovo titolo rally che potesse tenere testa all’agguerrita concorrenza. Il primo passo da fare era ovviamente quello di migliorare la grafica, e il secondo continuare a perfezionare il sistema di guida e la fisica delle vetture. Le idee principali vengono dai fan, ma anche da chi critica i titoli Milestone ed è proprio da qui che i dev sono partiti per creare un gioco che potesse soddisfare davvero tutti.
Si volevano strade più strette, un maggior realismo e una cura certosina sui dettagli: così nasce Sebastien Loeb Rally EVO, un titolo che farà di tutti questi elementi i punti cardine per sfondare sul mercato.
Ad aiutare Milestone nell’impresa uno dei migliori piloti di rally degli ultimi anni, nonostante il ritiro dalla WRC, un Sebastian Loeb entusiasta di entrare in un progetto che lo vedesse davvero protagonista. L’esclusione della licenza di WRC permette così a Milestone, per la prima volta, di spaziare nella vera storia del rally, con alcune icone imprescindibili che vanno oltre alla semplice stagione in corso. Lancia Stratos Alpine, Deltoni, ecco quello che la gente vuole: guidare con auto attuali, certamente, ma anche rivivere la storia e la passione nata con le quattro ruote leggendarie e i loro piloti: Sebastien Loeb Rally EVO sarà tutto questo.

L’espansione dei contenuti è quindi la prima cosa su cui si è lavorato con ben 300 kilometri di strada percorribili e un numero di tappe speciali nettamente migliorato rispetto al passato.
L’azione successiva era quella di riportare su un titolo di rally gare e tracciati non solo realistici ma realmente esistenti, ecco allora che in questa nuova produzione verranno introdotte strade reali, create in collaborazione con Garmin, grazie a tecnologie GPS e di recording del percorso.
Anche il dettaglio del bordo pista non è stato dimenticato, con tanto di alberi, case e larghezza della carreggiata riprodotte nei minimi dettagli.
In termini di veicoli troveremo invece alcuni dei mezzi più interessanti nel mondo dei rally, con circa sessanta auto da pilotare.
Abbiamo le macchine contemporanee, come le Evo Rally, abbiamo le classi A8 come le Celica, le classi B per i mostri da strada, le classi 4 con la lancia Stratos, come dicevamo, e persino vetture anni ’70 e Highclimb. Una varietà mai vista in un gioco di rally di questa portata. Persino i costruttori sono arrivati in modo massiccio, con Abarth, Audi, BMW, Citroen, Subaru, Renault e moltissime altre.
Per quanto concerne le piste invece sono stati mescolati diversi manti stradali e condizioni atmosferiche, con il fondo nevoso e ghiacciato di Montecarlo, la Svezia con le sue stradine strettissime e molto veloci, l’assolato Messico sterrato. Torna San remo con i suoi panorami magnifici, la Finlandia, l’Australia, il Galles e l’Alsazia, un rally piovoso pronto a mettervi a durissima prova. Una mole di contenuti insomma davvero eccellente e che lascia presagire grandissime cose per questo nuovo titolo.
 

Farà piacere ai fan sapere che ora le auto saranno completamente modificabili esteticamente con livree e colorazioni uniche, nessuna possibilità di intervenire tuttavia su performance o meccaniche, disponibili solo nel pre gara.
Quattro le modalità che ci troveremo ad affrontare: Rally, Rallycross, Pikes Peak e Prova Cronometrata.
Il ventaglio di queste opzioni è stato possibile proprio grazie al distaccamento dalla licenza ufficiale e ha permesso l’arrivo della modalità Rallycross, che sembra essere una disciplina arcade estremamente divertente, con la possibilità di andare Online e lanciarsi sportellate con gli avversari. Cinque i tracciati disponibili, percorribili con qualsiasi auto presente nel gioco.
Il Pikes Peak sarà asfaltato con l’opzione sterrata inclusa come bonus preorder per il gioco. Per chi non conoscesse di cosa si tratta, stiamo parlando di gare in salita da affrontare con le Highclimb che cambiano profondamente lo stile di guida, non più fatto di traversi e freno a mano ma di traiettorie pulite e gomme slick, tentando di correre ovviamente il più veloce possibile.
Tutto ciò di cui vi abbiamo parlato è ovviamente fruibile singolarmente, ma è il cuore di quello che potrete trovare nella carriera. Ancora una volta novità in questo campo, perché non si dovrà partire da zero come al solito ma la struttura sarà molto più ampia con la possibilità di scegliere gare e categorie dove correre e tentare di raccogliere il maggior numero di successi. La scelta libera, lasciata al giocatore, favorisce una funzione diversa della Carriera modellandola per i gusti dell’utente finale, una scelta che apprezziamo e che potrebbe rivelarsi un’ottima mossa per spingere ulteriormente questo Loeb Rally Evo. La collaborazione con Loeb non poteva che portare ad una modalità a lui dedicata inoltre, che ci farà rivivere la sua carriera, inclusa tutta una serie di eventi ignoti ai più, partendo dai primi anni 90 fino ad arrivare agli ultimi eventi più recenti.
Non mancheranno i dietro le quinte, i timori e le difficoltà del pilota, una sorta di documentario videoludico dedicato agli appassionati. Un prodotto che pare al momento particolarmente curato e completo e che fa di un modello di guida realistico e particolarmente ostico il fulcro del sistema di gioco.

Indivisible

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Action-Adventure

  • Sviluppatore:Lab Zero Games

  • Data uscita:2016

     

     

    Se siete fans di vecchia data di Skullgirls (probabilmente, il più riuscito picchiaduro indipendente realizzato negli ultimi anni, se non in assoluto), saprete che la software house originale dietro al titolo è stata in qualche modo disassemblata dall'interno. Reverge Labs ha infatti licenziato essenzialmente l'intero team dietro al gioco, che prontamente si è riunito sotto al nome di Lab Zero Games. Lo studio non è certo nuovo alla fanbase del picchiaduro, essendosi occupato di tutti i contenuti post-release del titolo, dalle patch al porting su pc. Quel che forse non tutti sanno è che da allora il team non è rimasto con le mani in mano, dedicandosi - oltre al supporto di Skullgirls- all'ideazione di un nuovo gioco recentemente approdato su Indiegogo.
    Indivisible è un RPG particolarmente atipico. Ambientato in un mondo pensato sulla base di influenze mitologiche e culturali anche profondamente differenti, il titolo ci metterà nei panni di Ajna, ribelle guerriera dotata di un dono sorprendente. Oltre a conoscere le arti marziali, infatti, la protagonista è in grado di assorbire determinate entità (denominate "Incarnazioni"), evocandole - quando necessario - durante il corso delle battaglie. Al momento è prevista quasi una trentina di Incarnazioni, ciascuna caratterizzata da una personale storia e personalità: incontrandone sempre di più, la forza di Ajna crescerà di conseguenza ed avremo conseguentemente modo di accedere a nuove missioni secondarie. Alcuni personaggi combatteranno al fianco della protagonista, mentre altre le conferiranno l'uso di particolari armi ed abilità utili all'esplorazione degli ambienti.
    Sebbene il cuore dell'avventura risieda in un'ambientazione tipicamente Sud-est asiatica, il titolo si impegna a regalare scorci fantasy (rigorosamente "dipinti" a mano) dalle più svariate influenze, dall'antico Egitto alle ziqqurat del Centroamerica, da strutture babilonesi a fumose fabbriche meccaniche, da saturissime grotte sotterranee a suggestivi tramonti su isole fluttuanti violacee. Il tutto sarà esplorabile liberamente tramite un approccio simile a quello dei metroidvania (un side-scrolling platform), con livelli 2.5D che uniscono elementi ed una struttura bidimensionale ad un'impianto intelligentemente pensato in 3D.
    Ajna scoprirà inoltre di essere in grado (meditando) di entrare in una sorta di dimensione alternativa interiore; all'inizio banale territorio roccioso, l'ambientazione muterà con lo scorrere del tempo tramutandosi in una celestiale base segreta, dimora delle Incarnazioni. Il regno interiore di Ajina diverrà dunque HUB centrale del gioco, in cui salvare, upgradarsi e trovare la maggior parte delle quest ottenibili. Essendo eterea, la dimensione non necessiterà di fastidioso backtracking per essere raggiunta: la semplice pressione di un tasto permetterà infatti di accedere all'HUB.
    Le possibilità d'azione e di movimento cresceranno via via in base alle abilità del nostro alter ego: un'ascia reperibile all'inizio del gioco ci permetterà di annientare nemici (senza ingaggiare battaglia), distruggere ostacoli e scalare muri (piantandola sulle pareti, saltando in alto e ripetendo); una lancia permetterà di creare piattaforme su cui saltare; un rampino consentirà di raggiungere posizioni sopraelevate, un arco di attivare leve a distanza e via dicendo. Oltre a ciò, sarà utilizzabile fin da subito il tipico wall jump (in stile Prince of Persia).
    Pur vantando di un sistema di esperienza a punti, Indivisible punta a non richidere mai vero e proprio grinding per procedere nell'avventura: giocando non si diventerà solo più forti, bensì più abili ed interattivi nei confronti dell'ambiente circostante. Il titolo basa il focus della progressione proprio su ciò, evitando di annoiare il giocatore.
    Il combat system è però probabilmente la parte più iconica della produzione: ripropone infatti il concept dietro a quello di Valkyrie Profile, titolo non troppo celebre per Ps1 portato alla fama grazie al porting rilasciato qualche anno dopo su PSP. Essenzialmente, sarà possibile attaccare i nemici anche durante le fasi più platform del gioco, ma venendo attaccati si darà il via ad una struttura che all'apparenza può ricordare quella dell'RPG a turni. Niente di più sbagliato: a differenza del titolo giapponese, infatti, le battaglie saranno dinamiche e parzialmente in tempo reale. Niente turni; stando fermi ad aspettare, i nemici ci attaccheranno senza pensarci due volte fino ad annientare uno o più membri del nostro team, facendo concludere inesorabilmente lo scontro. 
    Ricordate le "Incarnazioni" menzionate prima? Beh, gli iconici personaggi entreranno a far parte del gruppo di Ajna, venendo evocati per combattere fianco a fianco come una singola entità organica. Ogni personaggio (quattro al massimo) verrà abbinato ad un tasto sul controller (X, Y, A e B su quello Microsoft, per intenderci), che premuto corrisponderà ad un attacco specifico: poteri psichici, frecce, fruste o armi di vario genere si alterneranno in scontri man mano sempre più complessi e densi d'azione. Le Incarnazioni disporranno di tre mosse offensive ciascuna, ottenibili combinando il tasto assegnato al personaggio con la direzione dell'attacco; oltre a quello standard, saranno eseguibili colpi dal basso o dall'alto (in grado di colpire più nemici in contemporanea).
    Le incarnazioni risultano singolarmente abbinate ad una barra dell'energia e della vita autonome; lasciandole "a riposo" (rendendosi dunque vulnerabili all'offensiva nemica), la barra dell'energia si ricaricherà permettendo di attaccare nuovamente. È inoltre necessario difendere singolarmente ogni personaggio dai colpi specifici degli avversari, ma sarà anche possibile far parare l'intero gruppo in contemporanea -al costo di molta più energia. Procedendo con l'avventura ogni Incarnazione guadagnerà abilità ed attacchi, arrivando a poter partire per l'offensiva anche quattro volte consecutive; sarà dunque necessario incatenare attacchi di gruppo dal tempismo ben calcolato per non soccombere sotto i colpi nemici, specie se particolarmente potenti. In breve gli scontri si faranno sempre più articolati ed intensi nonché impossibili da superare indenni senza la giusta dose di attenzione e reattività, contrapponendosi marcatamente ai classici ritmi dei giochi di ruolo a turni.
    Realizzando combo incrementeremo l'indicatore del cosiddetto "Iddhi", potere utile a difendersi dagli attacchi nemici, utilizzare magie tra le azioni di gioco ed eseguire super attacchi. Ogni Incarnazione mostrerà visivamente l'effetto dell'Iddhi sulla propria pelle, cambiando il proprio aspetto in una sorta di power up demoniaco (su modello mitologico giapponese); anche Ajina potrà fare altrettanto, tramutandosi nella divina forma denominata "Heruka".
    Longevità, distribuzione e soundtrack
    Ispirandosi a classici del calibro di Chrono Trigger, il team punta a far durare il gioco intorno alle 20-30 ore, escludendo le sidequest. La priorità è infatti quella di regalare una serie di contenuti solidi e divertenti piuttosto che riempire il titolo al solo scopo di allungare il brodo (quindi, al costo di straziante ripetitività): ad assicurare una maggior longevità al titolo vengono infatti in soccorso le missioni secondarie e la spiccata rigiocabilità del titolo. Almeno, sulla carta.
    Apparentemente, gli sviluppatori pianificano di portare la demo del gioco (distribuita al momento sul sito ufficiale) su Steam dedicandoci un particolare supporto: stando alla descrizione di Indiegogo, il prototipo verrà aggiornato periodicamente con nuove regioni, dungeon, abilità e mostri, raccogliendo nel mentre il feedback della community.
    Indivisible riprenderà l'engine proprietario di Skullgirls, apparentemente compatibile con ampi scenari almeno quanto con le classiche arene picchiaduro. Anche il metodo utilizzato per realizzare le animazioni (seppur differenti come design e stile) pare essere lo stesso del fighting game indipendente. Il team punta a tenere particolarmente bassi i requisiti minimi su PC; come hanno annunciato, "Skullgirls girava praticamente su qualunque tostapane. Indivisible non dovrebbe essere molto differente".
    Infine, la soundtrack è composta con la collaborazione del celebre Hiroki Kikuta, famoso per le colonne sonore di Secret of Mana, Seiken Densetsu III, Soukaigi e Soul Calibur V.

lunedì 7 dicembre 2015

Far Cry Primal

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:Ubisoft

  • Data uscita:23 febbraio 2016 - Marzo 2016 (PC)

     

     

    È passato circa un anno da quando quel folle dittatore di Pagan Min ci ha dato la caccia. Dodici mesi che hanno affievolito il ricordo di un Kyrat rivelatosi, ai tempi, molto più selvaggio del previsto, ma che ancora oggi riesce a strapparci un sorriso soddisfatto quando ripensiamo alle mirabolanti avventure trascorse nelle sue immense vallate. Far Cry 4 ha saputo divertirci in buona misura e l'idea di buttarci nuovamente a capofitto in azione non ci dispiaceva affatto. Con nostra grande fortuna, al prossimo appuntamento con la serie, non manca poi molto e proprio in questi giorni abbiamo potuto dare un primo sguardo a quello che ci attenderà su Primal.

    Far Cry Primal vuole tentare di lasciarsi alle spalle tutti quegli elementi che porterebbero il titolo a risultare solo un grosso deja vu, partendo proprio dall'ambientazione. Con un colpo di spugna il presente viene cancellato per gettare il giocatore nell'età della pietra, in un'Europa assediata dai ghiacci all'estremo nord, resa viva da una fauna particolarmente pericolosa e da tribù selvagge che conoscono solo l'arte della caccia e della guerra.
    Niente armi da fuoco per difendersi o mezzi di trasporto per gli spostamenti sicuri: Primal è un ritorno alle origini violento che spoglierà letteralmente il giocatore lasciando che sia il suo istinto di sopravvivenza la chiave per superare questa nuova avventura.
    Della trama si sa ancora poco, ma non mancano alcuni dettagli importanti che lasciano presagire qualcosa di buono. Takkar, il nostro protagonista, è un Beastmaster, un esperto conoscitore di flora e fauna ed è dotato di capacità uniche e mistiche che gli consentono di effettuare legami spirituali con gli animali che lo circondano.
    La storia alle sue spalle è ancora particolarmente nebulosa ma il suo scopo cristallino: riunificare la tribù e respingere gli Udam, gli acerrimi rivali, dalla regione. Per completare l'impresa verranno in suo aiuto moltissimi personaggi secondari, alcuni dei quali gli garantiranno nuove abilità, la possibilità di equipaggiare nuovi armamentari e, soprattutto, che aumenteranno il ventaglio di oggetti creabili grazie alle risorse recuperate nel mondo.
    Far Cry Primal si trasforma così in un titolo molto diverso come concezione dal solito, in un'avventura che elimina quasi del tutto la spettacolarità e le classiche scene d'azione esagerate con esplosioni e proiettili che piovono da tutte le parti, favorendo invece un approccio più stealth e ragionato ai combattimenti.
    La vastissima mappa di gioco propone ancora le medesime e forse ormai abusate meccaniche, con tanto di accampamenti da liberare per attivare il fast travel e i consueti allarmi da disattivare onde evitare che arrivino rinforzi.
    La strategia di attacco rimane quindi uguale, potendo esplorare con tutta calma l'area, trovare il punto di ingresso più favorevole e poi sterminare gli accampamenti Udam con kill silenziose e colpi da lontano.
    Nella build da noi provata spiccavano due tipologie d'arco, con lo stesso feeling già assaporato in Far Cry 4, e due nuovissime armi corpo a corpo: una mazza creata con ossa di animali e una lancia per colpire mantenendosi sulla giusta distanza.
    Qui i primi dubbi sulla nuova produzione, che potrebbe aver semplificato eccessivamente il sistema di combattimento, togliendo tantissime opzioni di ingaggio. La nostra paura è che i giocatori rischino di trovare le cose da fare ripetitive e piatte in maniera eccessiva, e le attività offerte dalla mappa al momento non ci sono sembrate poi così varie. Un pericolo già vissuto in Far Cry 4, ma scongiurato allora grazie alle numerose opportunità offerte dagli sviluppatori.

    Ciò che potrebbe scacciare tutte queste paure è la nuovissima meccanica di addomesticamento delle fiere selvagge presenti nella regione. Takkar è capace infatti di attirare i predatori più grossi e cattivi attraverso esche di carne (una metodologia usata in Far Cry 4 per spingere le belve ad attaccare i nemici ma che qui ci permetterà di conquistarli con qualche carezza ed un lauto pasto). Una volta ottenuta la loro fiducia, forse in maniera troppo semplice dato che basterà tenere premuto il tasto dedicato per qualche secondo per completare l'operazione, l'animale verrà aggiunto al menù e da qui sarà possibile richiamarlo in qualsiasi momento per averlo al nostro fianco. Come accadeva nelle missioni dello Shangri-La ecco allora che potremo accucciarci per camminare silenziosamente o indicare al nostro compagno animale quali bersagli attaccare o dove dirigersi per creare diversivi. L'IA è aggressiva e risponde velocemente agli ordini, anche se i comandi sul pad non ci sono sembrati poi così immediati vista la numerosa quantità di elementi e menù che è possibile esplorare in gioco .Oltre alla mappa, che ci è parsa di buone dimensioni, torna anche la classica ruota delle armi, che ora includerà anche un sistema di crafting rapido, e ovviamente l'elenco di tutte le bestie catturate. Una ventina quelle disponibili nella demo da noi provata, con una scelta che andava dai piccoli lupi, passando da giaguari e leopardi, fino ad arrivare a colossali tigri dai denti a sciabola, ognuna con caratteristiche specifiche di forza, velocità e resistenza. Con il progredire della storia sarà poi possibile cacciare e ammaestrare anche mammuth e rinoceronti, così come cavalcarli e compiere scorribande con interi branchi.
    Purtroppo non siamo riusciti ancora a provare questa meccanica, ma gli sviluppatori ci hanno assicurato che sarà uno degli elementi cardine della nuova produzione. Oltre ai fidi quadrupedi, Takkar è accompagnato anche da un gufo, un animale che lo segue dal principio e con il quale ha un fortissimo legame, tanto da permettergli di vedere con i suoi occhi e di impartire comandi direttamente con il solo pensiero. Una volta liberato il nostro enorme gufo (tenete presente che potrà addirittura cacciare cerci e cerbiatti al posto nostro) sarà possibile rilevare con una sorta di visione speciale i punti di interesse nell'area, gli animali e le risorse da raccogliere, un sistema pratico e di impatto per facilitare l'orientamento nella zona di gioco.
    Il gufo non ci è sembrato utilizzabile in combattimento, elemento che vi confermeremo appena avremo occasione di mettere le mani su una build ancora più completa.
    Le basi per fare bene dunque ci sono, anche se tecnicamente il titolo è ancora da ripulire. Gli effetti del pelo e le animazioni delle bestie non ci sono sembrati particolarmente curati al momento, se pensiamo che queste sono il vero cuore del gioco, e speriamo che nella versione completa le attività da fare e la storia siano sufficientemente importanti da definire un confine netto con il passato. Le ambientazioni d'altro canto sembrano potersi diversificare decisamente bene con zone molto eterogenee ed un ciclo giorno/notte che ha messo in mostra panorami d'eccezione. Interessante inoltre la meccanica del congelamento nelle zone innevate al nord che vi richiederà di costruire pellicce e abiti per superare le gelide vallate o, in alternativa, di fare numerosi pit stop ai focolai per accumulare calore. Un enorme lavoro è stato fatto anche sull'impianto audio, eccezionale al momento, soprattutto se pensiamo che le tribù e i personaggi comunicheranno tra loro con linguaggi incomprensibili, basati su ricostruzioni storiche delle vocalizzazioni del tempo, sottotitolate ovviamente per farci comprendere al meglio la storia. Ultimo elemento che merita di qualche miglioria, ma che ha buone basi per essere sviluppato a dovere è il fuoco, che si propaga in maniera realistica e che può essere usato per radere al suolo interi villaggi nemici, o addirittura come elemento per causare danni aggiuntivi se applicato alla punta delle nostre armi. 

Total War Warhammer

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Strategico

  • Sviluppatore:Creative Assembly

  • Data uscita:28 aprile 2016

     

     

    Torniamo a parlare nuovamente di Total War Warhammer, questa volta grazie a un evento tenutosi direttamente negli uffici di Koch Media di Milano, durante il quale abbiamo avuto modo di scoprire interessanti dettagli sulla mappa, saggiarne la grandezza e portare alla luce qualche nuova chicca per gli amanti dell’universo targato Games Workshop.
    Nulla di nuovo, purtroppo, sul fronte del gameplay, elemento lasciato da parte in questa occasione e che, siamo sicuri, ritornerà a cannone solo con l’avvicinarsi della release.

    Come detto la presentazione era incentrata sulla mappa di gioco e su quello che vedremo nella versione finale del titolo, una porzione del Vecchio Mondo, ben nota agli amanti di Warhammer. Avete letto bene, in Total War verrà riportata solo una piccola parte di quello che è il mondo conosciuto, con estremi che vanno a includere le città dell’impero e Bretonnia con tanto di Karak Eight Peaks e le Badlands ai margini opposti.
    Al nord ovviamente le distese del Chaos, con i guerrieri del chaos però disponibili come DLC e non presenti nel pacchetto base.
    Questa è stata una delle prime questioni che abbiamo sollevato con gli sviluppatori, e la loro risposta non ci ha poi sorpreso più di tanto. Sanno benissimo che molti giocatori si lamenteranno per le razze incluse nel pacchetto iniziale, e ovviamente per le parti escluse dal mondo (Lustria ad esempio non è mai stata menzionata), ma questo Total War Warhammer porta con sé un lavoro e una sfida enorme per Creative Assembly, più grande di qualsiasi altra mai affrontata con la serie.
    Nonostante questo titolo sia puramente un Reskin di Total War, identico quindi in molti suoi aspetti al predecessore, la quantità di modelli e la mole di lavoro per realizzarli al meglio è aumentata esponenzialmente. Pensate solo che gli eserciti in Rome, ad esempio, erano strutturati con animazioni simili e su modelli umanoidi tutti uguali, mentre questa volta ci troveremo ad avere a che fare con goblin, orchi, nani, non morti e cavalieri imperiali. Ognuno di questi singoli eserciti è composto da decine di unità diverse al loro interno, che hanno richiesto altre ore di lavoro per il loro completamento.
    La prospettiva è quella di riportare in vita il maggior numero possibile di unità, anche se non saranno completi al 100% gli eserciti, ma aspettatevi comunque di ritrovare tutti i personaggi caratteristici e la spina dorsale di ogni armata.
    I goblin ad esempio avranno aracknarock, cavalcaragni e giganti dalla loro, ma potrebbero mancare gli snotling o squig mangler che non si sono ancora visti in trailer o presentazioni.

    La campagna sarà strutturata esattamente come quella dei precedenti Total War, quindi non su una storyline specifica e missioni a tema, ma con una mappa completamente esplorabile che lascia grande libertà al giocatore, ponendogli solo degli obiettivi finali. Prendiamo sempre come esempio gli orchi, che potranno così assediare nani e imperiali nel tentativo di spostarsi dalle badlands per saccheggiare nuove terre, generando Waagh e oro dalle razzie per incrementare la forza del proprio esercito. Sulla mappa inoltre compariranno quest e missioni che approfondiscono il lore dei singoli personaggi e che riprendono accadimenti visti nella storia del Vecchio Mondo, un dettaglio che farà sicuramente felici i giocatori.
    Persino lo sviluppo degli eroi avviene a rami di talenti precostruiti, con la possibilità però di investire risorse per acquistare nuove armi o addirittura permetterci di avere nuove cavalcature da governare. Azhag il Massacratore potrà prendere le redini della sua Viverna, spostarsi più rapidamente per la mappa e trascinarla persino in battaglia, con risvolti pratici sul combattimento.
    Sparisce in questo senso la casualità dei dadi delle partite del gioco da tavolo, sostituite questa volta da percentuali e statistiche decisamente più affidabili, anche in virtù di una gestione di assedi e assalti alle città che deve per forza di cose essere regolamentata in maniera più stretta. La qualità delle animazioni è eccellente e abbiamo apprezzato moltissimo la dinamicità della mappa, che cambia colorazioni e texture in base alla razza che detiene il controllo di una regione, facendo comparire castelli e fortezze nel caso dell’impero, miniere e roccaforti per i nani, o bruciando il terreno e sfoltendo gli alberi quando i conti vampiro iniziano a dominare le regioni. Non mancheranno poi ovviamente luoghi di culto per potenziare i nostri maghi e stregoni, per un insieme di elementi che sembra rendere questo gioco imperdibile sia per gli appassionati di Warhammer che per i fan di Total War che hanno voglia di staccarsi dai soliti eventi storici realistici a cui sono abituati. 

giovedì 3 dicembre 2015

Just Cause 3


  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Azione

  • Sviluppatore:Avalanche Studios

  • Data uscita:1 dicembre 2015

     

     

    Rico Rodriguez è tornato a casa. Ed è piuttosto incazzato. Perché quando la propria patria è stata soggiogata da un dittatore sanguinario con la passione per la cucina mediterranea e gli omicidi di stato, la rabbia inizia a salire e la rivoluzione diventa un bisogno fisiologico, come bere e mangiare.
    Just Cause 3, dunque, è il capitolo più passionale della serie, quello in cui Rico sembra davvero motivato a portare a termine le proprie missioni; ma, allo stesso tempo, è il capitolo che spinge oltre il limite della credibilità qualunque azione compiuta in gioco. Sia gli sviluppatori che i giocatori, infatti, sanno bene che Just Cause è un gioco in cui l’esagerazione è uno dei pilastri fondanti dell’esperienza, e per questo terzo capitolo non si sono fatti mancare nulla. Così, nel giro di qualche ora di gioco, ci siamo ritrovati a sparare con un lanciamissili dalle ali di un aereo, a lanciarci da una montagna con una tuta alare, a fare esplodere ponti e persino a cavalcare un missile. Just Cause è tornato per dimostrarci quanto sia divertente fare un gran casino, e noi siamo bene disposti a preparare i nostri esplosivi.
    La vicenda di Just Cause 3, come detto, si svolge sul suolo natio di Rico Rodriguez, l’arcipelago di Medici. Un’isola mediterranea che ricorda i paesaggi tipici del centro Italia ma che, allo stesso tempo, non disdegna di citare in maniera più o meno esplicita le isole greche del Dodecaneso e alcuni scorci tipicamente maltesi.
    Come prevedibile, il nemico principale - tal generale Di Ravello - è un uomo la cui fisionomia e le cui idee mescolano il non plus ultra dei dittatori: vi ritroviamo Stalin, Francisco Franco, Gheddafi e, naturalmente, Mussolini, in una sorta di concentrato del male puro che mette in scacco la popolazione con azioni ultraviolente e un meticoloso controllo della propaganda. Non occorrono che pochi minuti per comprendere la missione di Rico e, in generale, il gioco è rapidissimo nel presentarci l’antefatto, metterci in mano un RPG e farci distruggere tutto quello che incontriamo.
    Da questo punto di vista, dunque, la trama senza troppi pensieri di Just Cause 3 funziona bene, complici anche i comprimari di Rico che spaziano dal logorroico e pasticcione Mario Frigo, per la pazza dottoressa che ci fornisce i gadget. E, naturalmente, non mancano le classiche figure come il macho scontroso, la belloccia che prima o poi si concederà a noi e, naturalmente, il vecchio Tom Sheldon, mentore e manager di Rico più interessato ai soldi che alla libertà di Medici, il cui ruolo - questa volta - assume un certo grado di ambiguità in alcune parti del gioco.
    In generale, però, l’alchimia fra i personaggi funziona bene, e alcune scene ci hanno davvero fatto ridacchiare. Sfortunatamente, il doppiaggio italiano si porta via buona parte della caratterizzazione dei personaggi e, in particolare, si sacrifica per ovvie ragioni il marcato accento italiano di Mario Frigo, che risulta infinitamente meno divertente nella versione localizzata nella nostra lingua. Gli sviluppatori, in ogni caso, hanno saputo creare un melting pot di culture mediterranee piuttosto credibile, in cui gli stereotipi sono verosimili e in cui finiamo per riconoscerci almeno in parte. In breve, si può notare la presenza di alcuni italiani nel team di sviluppo del gioco che hanno reso i personaggi principali molto più credibili di quanto sperassimo. Infine, non possiamo che applaudire la scelta di utilizzare la lingua artificiale Interlingua come idioma di Medici, un’idea geniale che ha consentito di dare una propria caratterizzazione alla toponomastica, ai manifesti e ai cartelli di questo luogo.
    Sfortunatamente, l’arcipelago di Medici non sembra offrire scorci particolarmente univoci e riconoscibili. Gli ambienti sono piuttosto anonimi, le cittadine e gli avamposti si somigliano fra loro e non si è praticamente mai invogliati ad esplorare un luogo. Just Cause 3, infatti, ha pochissimi segreti e anche i luoghi potenzialmente interessanti - come le rovine di un tempio o uno strano edificio in mezzo al nulla - in realtà finiscono per avere un mero valore estetico. Dopo alcune ore si comprende la relativa inutilità dell’esplorazione, e il giocatore è meccanicamente spinto a dirigersi verso le missioni successive, non curandosi dei luoghi che lo circondano.
    Quando passiamo al gameplay, Just Cause 3 mostra dopo poche ore le sue due facce. In primo luogo, questo è un gioco straordinariamente divertente, che deve buona parte della sua riuscita all’enorme libertà concessa al giocatore. In secondo luogo, Just Cause 3 è un titolo fortemente ripetitivo che obbliga il giocatore a reiterare le stesse azioni per poter proseguire.
    Il divertimento, come detto, risiede nella struttura sandbox dell’esperienza: nel gioco possiamo esplorare liberamente l’enorme mappa e approcciarci al nemico nella maniera più consona alle nostre capacità. Possiamo, ad esempio, optare per un attacco da terra armati delle sole nostre armi e dell’affidabile rampino, che in Just Cause 3 può legare fra loro diversi oggetti e farli collidere grazie a un sistema di riavvolgimento remoto. Questa meccanica consente di mettere in atto parecchie azioni spettacolari, e ci permette di fare schiantare un elicottero legandolo a una montagna, di abbattere torri o statue e di creare complesse e divertentissime reazioni a catena.
    In alternativa, possiamo optare per un approccio dall’alto, a bordo di un aereo o di un elicottero corazzato, e fare piovere dal cielo la nostra potenza di fuoco seminando morte e terrore fra i soldati del generale Di Ravello. I velivoli sono inoltre uno dei metodi più rapidi per spostarsi nell’arcipelago, sebbene quest’anno le cose siano profondamente cambiate grazie all’arrivo della “triplice alleanza” tra rampino, paracadute e tuta alare. Quest’ultima, in particolare, consente di sfrecciare a pochi metri dal suolo mantenendo un controllo piuttosto buono della propria direzione: con un po’ di pratica, l’uso della tuta alare abbinata al rampino per riacquistare quota si trasforma in una delle meccaniche meglio riuscite del gioco e, indubbiamente, fra le più spettacolari.
    Vi è poi da segnalare la presenza di innumerevoli veicoli, che spaziano dalla versione medicea di una Vespa 50 fino a carri armati futuristici. Vi sono poi barche, motoscafi, ogni genere di veicolo corazzato, dune buggy e auto da corsa, e ogni veicolo può essere pilotato, rubato e aggiunto al nostro garage.
    Come avrete certamente capito, Just Cause 3 è un gioco enorme, una sorta di tela bianca in mano al giocatore che può divertirsi a dipingere a suon di demolizioni e azioni completamente fuori di testa. Il problema è che, a lungo andare, tutto questo viene avvolto da un certo senso di ripetitività che non viene per niente aiutato dalla struttura delle missioni. Per poter procedere con la trama del gioco, infatti, è necessario conquistare i territori occupati dalle forze di Di Ravello attraverso l’acquisizione di villaggi e di avamposti. La liberazione dei territori nemici avviene sempre nello stesso modo, e ci richiede di abbattere alcune installazioni militari identificate dal colore rosso. Già dopo avere conquistato quattro o cinque territori ci si rende conto di quanto queste azioni siano pressoché identiche fra loro, e il giocatore si troverà ben presto invogliato a salire su di un elicottero e a fare esplodere tutto dall’alto per non perdere troppo tempo e proseguire con la storia. 
    Solo le missioni legate alla trama, infatti, presentano qualche elemento di originalità rispetto alle azioni comuni compiute nel free roaming, sebbene in molti casi si limitino a un mero “entra nel complesso militare e fallo saltare in aria”. Anche se non mancano le missioni che si discostano dal mucchio offrendo alcuni momenti diversi dal solito, in generale in Just Cause 3 si finisce per ritrovarsi a fare sempre le stesse cose. Un vero peccato, considerando che - alla fine dei conti - tutto quello che si fa nel gioco è accompagnato da quel divertimento caciarone tipico della serie. In altre parole, Just Cause 3 ci fa chiudere un occhio di fronte alla mancanza di varietà, poiché è il giocatore stesso a rendere varia l’esperienza attraverso l’uso creativo degli strumenti a sua disposizione. Allo stesso tempo, però, avremmo preferito qualche momento più efficace e qualche vera sorpresa nel corso dell’avventura, oltre ai già citati momenti di esagerazione estrema che farebbero crepare di invidia il Bruce Willis dei tempi d’oro.
    Un altro aspetto che caratterizza Just Cause 3 si riscontra nella presenza di un sistema che tiene il gioco costantemente connesso ai server di Square Enix. Lo chiariamo subito: Just Cause 3 non è un gioco always online e non è necessario essere connessi per giocare, ma la connessione è richiesta per mantenere vivo il sistema di classifiche che permette ai giocatori di confrontare in tempo reale le proprie statistiche. Vi sono classifiche per ogni genere di azione, dalla più lunga derapata in auto fino alle improbabili distanze compiute dal nostro personaggio in seguito a un’esplosione, ed è davvero divertente sfidare i propri amici in gare spesso prive di ogni logica.
    A monte di tutto questo, però, vi è un sistema di sfide classificate che si attiva dopo avere conquistato un villaggio o un avamposto nemico, e che consente di accedere a gare automobilistiche, nautiche, aeronautiche, a gare di distruzione, di volo con la tuta alare, eccetera. Ogni gara, se completata, fornisce al giocatore una serie di ingranaggi che possono essere utilizzati per acquisire i potenziamenti di Rico. Il giocatore, dunque, è chiamato a completare queste sfide per ottenere bonus al rampino, agli esplosivi o modifiche utili ai veicoli o alla tuta alare, e in generale permette di modificare il proprio personaggio nella maniera più opportuna. Poiché non tutte le modifiche possono essere attivate allo stesso tempo, infatti, il giocatore è talvolta invogliato ad effettuare il respec del personaggio per ottenere un bonus particolarmente utile in una missione, un’idea che ci spinge a cercare di sbloccare il massimo numero possibile di modifiche per avere la massima versatilità in ogni occasione.
    Anche in questo caso, però, ci troviamo di fronte a un sistema piuttosto ripetitivo che ci obbliga a portare a termine sfide molto simili tra loro per poter proseguire in maniera efficace nell’avventura. In questo caso, il problema è sensibilmente ridotto dalla varietà dei percorsi di gara, degli eventuali veicoli e dalla presenza imperante delle classifiche online, ma non si può fare a meno di notare  la poca varietà nelle meccaniche delle sfide.
    Un ultimo aspetto che non ci ha pienamente convinti in Just Cause 3 si identifica nella grafica. Abbiamo già parlato di una generale monotonia negli ambienti che, per quanto molto belli, tendono a ripetersi per tutta Medici. Vi è poi una scarsissima presenza di interni, fatta eccezione per alcuni complessi sotterranei o sottomarini che ci hanno sorpreso. 
    La grafica, in ogni caso, non è certo di livelli straordinari - in particolare per quanto concerne le texture e l’ottimizzazione generale su PC. Anche su di una GTX 980 abbiamo faticato a mantenere i 60fps costanti per tutta l’esperienza, in particolare quando abbiamo avuto a che fare con le sezioni a bordo di navi con esplosioni e fumo.