Ethero

giovedì 25 giugno 2015

Battleborn

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:Gearbox Software

  • Data uscita:Inverno 2015

     

     

    Lo scorso anno 2K ha portato sul palco dell’Electronic Entertainment Expo Evolve, un titolo che ha avuto i suoi bei problemi a causa di politiche di DLC aggiuntivi abbastanza folli, ma che possedeva un gameplay tanto originale quanto riuscito. Nonostante le vendite siano state sotto le aspettative, il publisher non ha certamente perso la voglia di puntare su nuove IP e alla fiera Losangelina ha deciso di proporre questa volta Battleborn, gioco d’azione in prima persona ad opera di Gearbox, che arriverà questo inverno su PC, Playstation 4 e Xbox One. Lo abbiamo provato per voi e dubbi e incertezze ci hanno travolto come l’esplosione di una supernova non appena preso il pad in mano, vi spieghiamo il perché.

    L’universo è ormai collassato su sé stesso e solo una luminosissima stella è rimasta integra, con i pochi pianeti che le gravitano attorno. In questo scenario apocalittico i migliori combattenti esistenti si sono radunati per fronteggiare una minaccia che rischia altrimenti di sterminare qualsiasi forma di vita esistente, motivo comunque non sufficiente per seppellire del tutto le vecchie ruggini tra le fazioni coinvolte nella storia. Il background dell'opera non è certo particolarmente ricercato, ma è un motivo come un altro per giustificare il gran calderone di personaggi e missioni buttate a forza nel gioco.
    Come anticipato poche righe fa, Battleborn è un titolo in prima persona che mischia modalità online competitive e cooperative, e che fa del numero di protagonisti uno dei suoi punti di forza. Qui a Los Angeles ne avevamo a disposizione solo una quindicina, ma alla release Gearbox promette di portarne venticinque, divisi ovviamente in ruoli abbastanza canonici. Ci saranno energumeni con minigun per un volume di fuoco intenso, guerrieri agili armati di arco o pugnali, mech futuristici con capacità stealth o ancora curatori e maghi dotati di abilità sovrannaturali.
    Potendo fare riferimento ad un universo ormai sull’orlo del collasso i designer di Gearbox avrebbero potuto sbizzarrirsi in modi infiniti, ma quelli che ci troviamo davanti sono eroi visti in mille altri giochi, personaggi senza un briciolo di carisma, incastrati in un mondo tenuto insieme forzatamente e dalle abilità davvero poco innovative.
    Qui all’E3 2015, è stata portata una demo che ci vedeva costretti a unire le forze con altri quattro giocatori per portare a termine una missione cooperativa di scorta. Questa consisteva nell’eliminare i nemici che ci si paravano di fronte, raggiungere una sorta di ragno meccanico corazzato, riattivarlo e poi scortarlo fino all’area finale dove un boss gigantesco ci attendeva per lo scontro decisivo.
    Per questa prima partita abbiamo optato per Caldarius, una sorta di mecha ibrido caratterizzato dalla possibilità di usare una lama energetica montata sul braccio sinistro e al contempo di sparare con un fucile laser imbracciato con la destra. La nostra è stata una scelta fatta con criterio, perché volevamo testare assolutamente sia le fasi di shooting sia quelle corpo a corpo per evidenziarne eventuali pregi e difetti, difetti che purtroppo non hanno tardato ad arrivare.
    I problemi si palesano infatti dopo pochissimo, quando i primi colpi melee non vanno a segno a causa di una difficoltà marcata nel calcolare l’esatta profondità e la distanza dal nemico. Tutto diventa allora confusionario e la preferenza ad andare solo di fucile risulta essere l’unica scelta sensata per divertirsi almeno un po’.
    L’IA lascia a desiderare e più che correre incontro alla nostra squadra e farsi crivellare di colpi non riesce a fare, non imbastisce tattiche, non va in copertura e anche la fisica dei proiettili è praticamente inesistente, facendo sembrare il tutto un progetto sviluppato in maniera piuttosto frettolosa, Non si salva neanche la millantata varietà di nemici che non si accorgono di avere armamentari diversi gli uni dagli altri, adottando un modello di attacco identico e appiattendo il gameplay in maniera preoccupante. Arrivare alla fine del livello si è così rivelato essere un semplice esercizio di routine, sparando a caso ai nemici e vedendoli cadere come mosche quasi senza reagire.

    Se il grosso della produzione ha bisogno quindi ancora di essere rifinito e modellato, non tutto è da scartare e alcune buone idee sono emerse. La collaborazione tra i vari giocatori è amplificata dal livello di squadra, introdotto in Battleborn esattamente come abbiamo visto in Heroes of the Storm, con punti esperienza che vengono condivisi tra tutti i giocatori in maniera equa e con talenti predisposti su due rami, che costringono i payer a scegliere oculatamente quale abilità potenziare di volta in volta. Il titolo, esattamente come un MOBA resetterà il livello di esperienza del nostro personaggio ad ogni partita, scelta curiosa per una produzione che dovrebbe prendere il meglio da Borderlands, fasi di crescita del proprio alter ego inclusa. Esattamente come i Multiplayer Online Battle Arena anche il sistema di abilità è immutato, con tre abilità primarie e una ultimate c cooldown da scaricare quando la situazione diventa particolarmente pericolosa. L’uccisione dei nemici durante la missione non solo porta esperienza ma fa guadagnare ai giocatori anche monete virtuali che potevano essere utilizzate in questa missione il ragno meccanico di cui vi parlavamo sopra, fornendogli torrette mitragliatrici, uno scudo energetico o un impulso capace di curare tutto il gruppo, opzioni che possono essere comprate da qualunque membro del party indistintamente.
    Speriamo infine che anche il design dei nemici, così come la qualità di texture e numero di poligoni a schermo subiscano migliorie importanti, perché al momento il tutto lascia molto a desiderare. 

Star Wars Battlefront


  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:DICE

  • Data uscita:19 novembre 2015

     

     

    Star Wars Battlefront ha tutte le carte in regola per stupire. Le modalità sono semplici ma ben congegnate e il gunplay ricercato e molto diversificato rispetto gli shooter di casa EA. Tanto di cappello infine anche al comparto tecnico e alla fedeltà riposta nella creazione delle animazioni, certosina sotto ogni aspetto. Non ci resta che attendere una beta bella corposa o qualche futuro hands on, perché se è vero che non sono un grande appassionato di Star Wars è anche vero che i giochi mi piacciono parecchio e questo, da qualsiasi parte lo si guardi, sembra essere davvero un gran bel titolo.  Non sono un grandissimo appassionato di Star Wars. Apprezzo i film, ma per la fortuna del mio portafoglio non ho mai sentito quell’impulso sfrenato di comprare qualsiasi cosa appartenesse all’universo creato da George Lucas. Tutto ciò mi farà da scudo protettivo anche questo inverno, quando il mondo verrà invaso da spade laser, Millenium Falcon e Midiclorian in tutte le salse possibili. Girare nella South Hall dell’E3 2015 significava sentire la marcia imperiale ogni due secondi e vedersi arrivare in faccia dopo ogni curva qualcosa che richiamasse Guerre Stellari, da Disney Infinity a Electronic Arts i padiglioni erano completamente invasi, ma la qualità delle produzioni legate alla serie, proprio per venire incontro alle aspettative dei fan, si è rilevata sicuramente più alta dei soliti tie-in a cui siamo abituati. La parte del leone l’ha fatta ovviamente Star Wars Battlefront che non solo ha tenuto vivo il pubblico durante la conferenza EA, ma ha stupito tutti anche durante la presentazione di Sony.
    In questo articolo ci dedicheremo proprio a quella modalità cooperativa, visto che qui a Los Angeles ci è stata data la possibilità di giocarla al Booth di EA a porte chiuse, lontano da sguardi indiscreti e curiosi.
    Come ben tutti saprete Star Wars Battlefront non avrà alcuna campagna singleplayer, ma si appoggerà a missioni singole e a diverse modalità cooperative prima di gettarvi nel calderone online del multiplayer.
    Entrati in una saletta super riservata ci siamo seduti accanto a un nostro collega tedesco, e abbiamo iniziato a smanettare con le impostazioni prepartita.
    In questa specifica missione eravamo schierati dalla parte dei ribelli, ma se amate l’impero non dovete preoccuparvi perché il gioco metterà a disposizione entrambi gli schieramenti, con armamentari e obiettivi specifici da completare.
    Mandata giù la scelta degli sviluppatori di farci giocare dalla parte di Han solo e soci (il lato oscuro ha i biscotti, dovreste saperlo), ci è stato possibile scegliere la nostra arma tra una sufficiente varietà di pistole e fucili laser, ognuna con statistiche personalizzate in base al modello.
    Le stat erano piuttosto basilari e si andava dal classico rateo di fuoco al danno, senza ovviamente tralasciare la potenza di fuoco. Abbiamo optato per un’arma dalle statistiche medie mentre il nostro alleato ha preferito andare di pistola d’assalto, dal rateo sostenuto ma non eccessivamente efficace sulla lunga distanza.
    Oltre alla scelta dell’arma ci è stato possibile anche scegliere tre pezzi di equipaggiamento, tra cui spiccavano granate stordenti, cannoni orbitali e l’immancabile jetpack da utilizzare per spostarsi con rapidi movimenti sul campo di battaglia.
    Mentre granate e jetpack funzionano a cooldown, il cannone orbitale aveva solo cinque cariche e per rifornirlo siamo stati costretti a cercare rifornimenti vari sparsi per la mappa.
    La prima novità interessante da segnalare è che questa modalità supporta pienamente lo split screen offline anche se non sarà possibile con un amico fare squadra e buttarsi online, solo due giocatori potranno infatti prendere parte alla modalità Survival.

    Spalla a spalla con il nostro commilitone improvvisato siamo quindi atterrati su Tatooine e il colpo d’occhio è stato eccellente. Il cielo era invaso dagli Star Destroyer, uno dei quali era schiantato sulla superficie del pianeta esattamente come nel trailer del film, e le montagne rosse sembravano essere state estrapolate direttamente dalla pellicola. Mentre osservavamo sbalorditi la qualità grafica, i primi Troopers hanno iniziato ad atterrare e ad assaltarci sparando all’impazzata. In due gestire i nemici è abbastanza semplice e basta prestare attenzione a non venir circondati per creare un muro di fuoco sufficientemente potente da respingerli.
    Le prime ondate scorrono davvero veloci, ma alla terza hanno iniziato a fare la loro comparsa gli At-St e ci siamo dovuti ingegnare per trovare una strategia vincente. Il danno dei Walker era piuttosto elevato e inutile dire che ce la siamo cavata solo sfruttando granate e palleggiandoci le attenzioni del nemico per mitigare i danni. L’auto rigenerazione della vita poi ha fatto il resto, permettendoci di sopraffare il nemico senza perdere alcuna vita. Ogni missione infatti inizia con un numero di vite predefinito, finite le quali comparirà la schermata del game over. E’ possibile tuttavia ricorrere a speciali drop pod che compaiono in maniera casuale nella mappa per recuperare preziosi power up o armi extra e talvolta anche le suddette vite per prolungare la nostra sopravvivenza.
    Ogni successiva ondata complicava ovviamente le cose e oltre ai trooper hanno iniziato a fare la loro comparsa anche cecchini e fanteria pesante dotata di scudi energetici, ben più pericolosi dei soldati precedentemente affrontati. Non neghiamo che arrivare alla fine della sesta ondata, il termine della demo, non sia stato poi così semplice (era anche la prima volta che mettevamo mano al gioco), ma se pensiamo che ogni missione offrirà ben 15 livelli non ci dovrebbero essere problemi per quanto riguarda la sfida.
    Vogliamo spendere due parole anche sul comparto tecnico della produzione che senza ombra di dubbio merita un plauso. Il dettaglio dei soldati e dei movimenti è qualcosa di strabiliante e mai ci saremmo aspettati una tale qualità su un tie in. Inutile dire che siamo rimasti davvero impressionati dalla cura riposta nel progetto e ci sentiamo di rassicurare tutti i fan sulla qualità, almeno in queste fasi preliminari, dello stesso. 

Batman Arkhan Knight

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Azione

  • Sviluppatore:Rocksteady

  • Data uscita:23 giugno 2015

     

     

    In queste ore si sta scatenando un putiferio niente male attorno alla versione PC di Batman: Arkham Knight. C’è chi trova ingiustificabile l’aver affidato parte dello sviluppo del gioco a un team con così poca esperienza in ambito PC come Iron Galaxy Studios e il fatto che Rocksteady non abbia fatto tutto da sola. Altri inneggiano già al complotto, con Warner Bros e Rocksteady in combutta con Nvidia non tanto per le quattro esclusive grafiche Nvidia GameWorks, quanto più per minare ancora di più il gioco per chi ha una scheda grafica AMD. Altri ancora (moltissimi a quanto pare) stanno tempestando Steam con continue richieste di rimborsi, mentre il punteggio utenti di Metacritic, che va comunque preso con le pinze, veleggia al momento di scrivere attorno a un catastrofico 1.4. Pare insomma che questa conversione su PC di un gioco che su console non ha dato particolari problemi (anzi, tutt’altro) sia davvero un flop clamoroso, nonché un ritorno a quei disastrosi e recenti day one su PC che negli ultimi mesi avevamo iniziato un po’ a scrollarci di dosso tra gli ottimi esordi “pciisti” di GTA V e The Witcher 3: Wild Hunt.
    Non potevamo non provare con mano questo mezzo disastro e così, dopo aver scaricato i circa 37 GB del gioco da Steam, abbiamo sperimentato sulla nostra pelle come in effetti tutte queste lamentele piovute addosso alla versione PC non siano campate in aria. Che qualcosa non sia andato per il verso giusto lo si capisce già dal menu delle impostazioni grafiche, che per un gioco simile è a dir poco striminzito. V-Sync, Anti-aliasing (di che tipo non si sa), risoluzione texture, qualità ombre, Livello dettaglio e le quattro esclusive Nvidia GameWorks, ovvero Fumo/Nebbia interattivi, frammenti carta interattivi, pioggia migliorata e pozzi illuminazione migliorati. Di queste ultime quattro si può scegliere tra l’altro solo Sì o No senza poter impostare in alcun modo il valore di ogni singola voce. Un menu davvero triste e spartano, con in più un bel bug che ogni tanto pensa bene di reimpostare alcune impostazioni di default. I veri guai iniziano però una volta che si inizia a giocare. Il frame-rate è assurdamente bloccato a un massimo di 30 fps anche se agendo sul file BmSystemSettings.ini può essere sbloccato, ma quello che più stupisce in negativo è l’impressionante incostanza della fluidità. 
    Abbiamo provato il gioco con un Intel Core i7 970, 16 GB di RAM, SSD Samsung da 512 GB e una GeForce GTX 970 con 4 GB di RAM in ambito Windows 7 e con gli ultimissimi driver rilasciati proprio ieri da Nvidia (i 353.30), che in teoria avrebbero dovuto aiutare a far girare meglio il gioco. In Full HD con tutte le opzioni NvidiaWorks attivate, dettagli su Normale e anti-aliasing attivato, il gioco raggiunge anche i 40 fps (che comunque sono pochi), ma i cali a 15, 10 e addirittura 7 fps sono all’ordine del minuto, soprattutto quando si guida la Batmobile. Anche abbassando i dettagli al minimo e disattivando le opzioni Nvidia, la storia non cambia. Si raggiungono al massimo anche i 55 fps, ma questo stuttering continua a rendere l’esperienza di gioco a dir poco frustrante, oltreché incomprensibile. Batman: Arkham Knight è infatti un gioco che si appoggia ancora all’Unreal Engine 3 (un motore grafico di 10 anni fa) e visto che le opzioni Nvidia (comunque pesantucce) non sono risultate determinanti per eliminare lo stuttering, non ci spiega davvero una simile resa su una configurazione hardware che tra l’altro non ha battuto ciglio con GTA V e The Witcher 3: Wild Hunt in versione maxata. Con schede AMD la situazione pare essere ancora peggiore, ma già con la nostra GTX 970 non ci aspettavamo sinceramente un simile comportamento. 
    Il fatto che dà ancora più fastidio è che la resa grafica non giustifica affatto un frame rate così instabile e snervante. Molte texture appaiono slavatissime, le ruote delle auto a un’occhiata ravvicinata non sono nemmeno sferiche, il mantello di Batman sembra rimasto fermo ai tempi di Arkham: Asylum e il tutto ha un po’ un aspetto impastato che sinceramente non ci ricordavamo in Batman: Arkham Origins. L’anti-aliasing del gioco è quasi come se non ci fosse (basta vedere la carrozzeria della Batmobile per accorgersene) e anche le esclusive Nvida sono francamente lontane dalla resa che si era vista nei video dimostrativi delle scorse settimane. La pioggia ad esempio, diversamente da quella di The Witcher 3: Wild Hunt (lì forse quasi si esagera), a volte non lascia alcun residuo di bagnato sul costume di Batman o sui veicoli, e l’occlusione ambientale manca proprio del tutto, sebbene sia presente nelle versioni del gioco per PlayStation 4 e Xbox One. Certo, poi c’è anche del buono soprattutto a livello di illuminazione e nelle animazioni (sempre molto fluide) di Batman e dei vari scagnozzi nemici, senza dimenticare che l’atmosfera di questa Gotham City è sempre un piacere per gli occhi e per l’immersione nel gioco. L’impressione generale però, al netto di tutto il discorso sulla fluidità, è quella di una conversione su PC che sotto certi punti di vista (anche l’acqua burrascosa del mare ad esempio) è addirittura inferiore alla controparte console. C’è insomma bisogno quanto prima di una patch già annunciata da Rocksteady che sistemi parecchie cose e che migliori di molto l’ottimizzazione. Basti pensare che in certi punti durante la guida il consumo di RAM di sistema (non di VRAM) ha superato e non di poco i 6 GB, ma anche così i continui cali di frame-rate non si spiegano vista l’abbondanza di RAM installata sul nostro PC. Alcuni hanno già dato la colpa al sistema di protezione Denuvo DRM, lo stesso di FIFA 15, Dragon Age: Inquisition e Lords of the Fallen. Un sistema che se da un lato è estremamente efficace sul versante della pirateria (alcuni titoli con Denuvo devono ancora essere “bucati”), dall’altro ha già dato in passato parecchi grattacapi a livello di prestazioni, ma anche in questo caso ci pare ingeneroso addossare tutti i difetti su un unico colpevole. Insomma, quel 4. che vedete in alto rimarrà tale fino a quando una o più patch non miglioreranno la situazione e, visto il 9 con cui abbiamo premiato il gioco su PlayStation 4, la delusione (per non dire di peggio) è davvero tanta.

mercoledì 24 giugno 2015

Just Cause 3

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Azione

  • Sviluppatore:Avalanche Studios

  • Data uscita:1 dicembre 2015

     

     

    Non ci sembrava possibile che un gioco potesse oltrepassare i confini di ciò che comunemente viene considerato sopra le righe senza scendere nella volgarità. Eppure, film come Mad Max ci hanno dimostrato che è possibile offrire intrattenimento di qualità mantenendosi all’interno di un genere propenso all’esagerazione, quale l’action. Così, di fronte a Just Cause 3 all’E3 2015, abbiamo scoperto che un’operazione di questo tipo si può fare anche nel mondo dei videogiochi, e si può fare incredibilmente bene.
    La nostra avventura in Just Cause 3 si svolge sull’isola di Medici, situata in un arcipelago fittizio del mediterraneo e governata da un dittatore megalomane chiamato Di Ravello. Non è chiaro quale siano le radici culturali di quest’isola, ma i nomi, il motto dell’isola scritto in latino e la bandiera (un tricolore italiano a strisce verticali) ci lascia intendere che la repubblica di Medici sia una parodia delle dittature fasciste di Mussolini e Francisco Franco. Con ogni probabilità, dunque, ci troveremo in un luogo dove si parla italiano e in cui i soliti stereotipi della pizza e del mandolino sono stati sostituiti da una dittatura militare intenta a conquistare il mondo.
    Rico Rodriguez, ormai fuori dall’Agenzia, è sull’isola determinato a fermare i piani di Di Ravello, mettendone fuori uso le comunicazioni e, probabilmente, mettendo fine alla sua esistenza e a quella dei suoi sottoposti.
    La struttura, come di consueto, è quella di un sandbox in cui il giocatore è libero di esplorare le oltre 400 miglia quadrate del luogo, una mappa grande quanto l’isola del secondo episodio ma più densamente popolata e ricca di edifici. I luoghi sono straordinariamente caratteristici, e siamo rimasti sorpresi nel constatare come il gioco sia in grado di offrire degli scorci credibili dei villaggi e delle città dell’isola. Medici sembra un’isola greca con architetture tipiche del sud Italia e una macchia mediterranea che punteggia i luoghi più selvaggi. Le grosse strutture industriali e militari sparse entro i confini della nazione aspettano solo il nostro intervento, e la popolazione sottomessa è solita convivere con un esercito alle porte di ciascun abitante.

    Un gioco esplosivo
    Per mettere i bastoni fra le ruote a Di Ravello siamo chiamati a distruggere numerosi luoghi-simbolo della dittatura, e a fare saltare le infrastrutture che dominano i luoghi dell’isola. Il punto è che, questa volta, gli sviluppatori hanno pensato di lasciarci la massima libertà nelle azioni che portano alla demolizione di statue, ponti, fabbriche e palazzi governativi, con risultati che ci hanno fatto sussultare sulla sedia in quanto a varietà.
    Nello specifico, durante la demo all’E3 abbiamo assistito a tre diversi modi per abbattere una statua del dittatore: oltre ai più convenzionali attacchi con l’artiglieria pesante, infatti, il giocatore ha la possibilità di abbattere la statua con un trattore, di sradicarla da terra con un veicolo aereo o, in alternativa, di legare un rampino retrattile al braccio teso del dittatore e un altro alla sua faccia, per poi retrarre il cavo e lasciare che la statua “si prenda a pugni in faccia” distruggendosi. Questo genere di modi ingegnosi per compiere le varie azioni di disturbo pervade ogni aspetto del gioco, e siamo certi che i giocatori troveranno dei metodi alquanto inusuali per portare a termine le proprie missioni. La presenza del rampino retrattile, capace di legarsi fino a un massimo di quattro punti di ancoraggio, rende il gioco una tela bianca su cui dipingere le nostre idee più folli, che spesso terminano con una violenta esplosione.
    Nei quindici minuti di demo abbiamo letteralmente perso il conto delle cose che sono esplose, e in generale Just Cause 3 è un titolo che punta molto sull’effetto di ogni azione di sabotaggio compiuta. Le armi presenti nel gioco - spesso molto pesanti - sono in grado di innescare delle reazioni a catena che, come in una perversa macchina di Rube Goldberg, possono trasformare un semplice attacco ad un pilone portante di un serbatoio in un vero e proprio inferno di fuoco capace di demolire un complesso industriale delle dimensioni di dieci campi da calcio.
    Tutto questo è reso possibile grazie a un motore fisico che ci ha fatto letteralmente sognare: il modo in cui i palazzi esplodono in Just Cause 3, scaraventando detriti a grappolo e colpendo altri elementi scenici, è uno dei migliori che abbiamo mai visto negli ultimi anni e siamo certi che i giocatori indietreggeranno spesso dopo avere innescato una reazione a catena per godersi il risultato pirotecnico delle proprie azioni. Allo stesso modo, la fisica si rivela fondamentale per determinare un esito realistico dell’utilizzo del proprio rampino, che può legare veicoli fra loro per farli collidere e costruire degli incidenti incredibilmente spettacolari in cui, inutile dirlo, tutto termina in una palla di fuoco.
    A spasso tra i girasoli
    Il motore fisico di Just Cause 3 è stato utilizzato per creare una vegetazione realistica, che si comprime sotto il peso dei nostri veicoli quando decidiamo di sfrecciare per un campo di girasoli o tra i cespugli di lavanda. Le tracce lasciate dagli pneumatici in questi luoghi sono incredibilmente realistiche: dimenticatevi gli off-road di Forza Horizon, qui i campi di grano verranno maciullati dopo il nostro passaggio.
    I veicoli aerei, terrestri e marini non sono l’unico modo per spostarsi in Just Cause 3. Grazie a una meravigliosa triade costituita da rampino, tuta alare e paracadute possiamo volare come un Batman mediterraneo, recuperando terreno e muovendoci a pochi metri dal suolo a una velocità impressionante, per poi aprire il paracadute all’ultimo istante e mettere con dolcezza i piedi a terra. Siamo rimasti incantati dalla velocità e dall’emozione suscitata da queste fasi, e crediamo che la tuta alare saprà offrire dei momenti incredibilmente spettacolari ai giocatori, e diventerà presumibilmente protagonista di molte clip di gameplay su Youtube.
    In generale, Just Cause 3 è un gioco spettacolare anche dal punto di vista dello spettatore, e siamo piuttosto convinti che avrà un grande seguito anche sui servizi di video streaming: grazie alla struttura sandbox, qualche giocatore potrebbe mostrarci cose semplicemente impensabili in diretta.
    Restano da verificare alcuni elementi molto importanti, tra cui il combattimento: per ora abbiamo visto una enorme varietà di armi e un sistema di shooting non dissimile da quello visto nel secondo capitolo. Questo è un gioco in cui l’approccio alle differenti sfide è totalmente in mano al giocatore, e siamo abbastanza fiduciosi che il sistema di combattimento sarà all’altezza. D’altro canto, in un gioco in cui si possono sparare missili e demolire un viadotto mentre si sta planando con un paracadute, che cosa potrebbe mai andare storto?

Mad Max

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Azione

  • Sviluppatore:Avalanche Software

  • Data uscita:4 settembre 2015

     

     

    Mad Max è stato senza ombra di dubbio uno dei migliori film di questo inizio 2015, grazie alla sua incredibile potenza visiva e il concentrato folle di azione. Il primo settembre 2015, a distanza di pochi mesi dall’uscita al cinema, l’omonimo titolo sviluppato da Avalanche Studios è pronto a sbarcare su console. In occasione dell’E3 2015 abbiamo avuto modo di mettere le mani sul gioco per la prima volta, curiosi di scoprire se saprà soddisfare le aspettative legate al nome importante che si porta sulle spalle o sarà l’ennesimo prodotto su licenza dimenticabile.
    La demo su cui abbiamo potuto mettere le mani era incentrata sul gameplay, senza fornirci ulteriori dettagli sulla trama oltre a quelli già rivelati, con Max impegnato in un viaggio attraverso le Wastelands per recuperare la sua amata Interceptor rubata da un gruppo di predatori capitanati da Scrotus (coi nomi ci siamo) e aiutato da Chumbucket, meccanico deforme e nostro alleato per il corso dell'avventura. Protagonisti del gioco sono però anche i mezzi, esagerati e fuori di testa, alcuni ripresi dai vecchi film e altri completamente nuovi. Il nostro veicolo sarà potenziabile in ogni sua parte, ritoccabile quindi dai freni alle gomme, migliorando così anche le statistiche del mezzo. Per trovare i pezzi necessari a potenziare la nostra auto dovremo esplorare a fondo tutta la mappa, che definire immensa è dire poco, tutta liberamente esplorabile, divisa in varie zone sotto il controllo di alcune bande e ricca di avamposti da conquistare proprio come accade anche in Shadow of Mordor. 

    Purtroppo non abbiamo potuto approfondire a fondo il discorso sulla mappa di gioco, restando con qualche dubbio sulla effettiva pienezza e sulla ripetitività degli ambienti. Per esplorare e recuperare i vari pezzi potremo scendere dall’auto e viaggiare con le nostre gambe. In caso di combattimento il sistema sembrerebbe essere abbastanza semplice, ricordando moltissimo quel free flow system reso famoso dalla serie di Batman. Oltre ai nostri pugni avremo però a disposizione anche delle armi, nonostante sia sempre meglio fare economia di proiettili per non rimanere a secco nel momento del bisogno a causa delle esigue quantità di munizioni trovabili in giro.

    La nostra auto è però il centro di tutto, visto che passeremo a bordo quasi la totalità del tempo, sia per esplorare liberamente il mondo di gioco e sia per combattere. Lo diciamo subito, i combattimenti non sono ovviamente all’altezza di quelli presenti nel film. Il nostro compito era quello di intercettare e distrugge un convoglio largamente difeso da un gruppo di predatori. All’interno del nostro veicolo potremo contare sull’aiuto di Chumbucket che, oltre a fare da meccanico per sistemare il mezzo in caso di danni troppo elevati, avrà il compito di sparare utilizzando una delle armi disponibili. Avremo a disposizione un arsenale abbastanza vario, potendo utilizzare sia la nostra arma primaria, sia le lance esplosive viste nel film, sia un lanciafiamme ad alto costo di benzina, bene prezioso che dovremo preoccuparci di recuperare così come l’acqua, utile per rigenerare la nostra salute. L’arma più interessante è però l’arpione, utilizzabile in vari modi, principalmente per smontare pezzo dopo pezzo i veicoli nemici, togliendo corazze protettive e ruote per rendere il mezzo inoffensivo, e in secondo luogo per eliminare direttamente i nemici all’interno delle loro auto. Volendo è possibile scambiarsi con il nostro alleato per maneggiare un fucile da cecchino e cercando di eliminare i nemici dalla lunga distanza. 
    Passando alla guida, le auto reagiscono abbastanza bene a seconda del terreno su cui si trovano, con effetti diversi in caso di guida sulla sabbia piuttosto che sulla terra. Ovviamente non si tratta un modello di guida simulativo, ma questi particolari fanno sempre piacere. L’unico neo può essere trovato nella difficoltà di coordinazione tra il guidare e il prendere bene la mira, con la nostra prova che si è conclusa con molti incidenti contro delle rocce. Nulla di impossibile da risolvere e, a nostro parere, potrebbero semplicemente volerci un tot di ore di apprendimento. Una volta distrutti tutti i membri del convoglio siamo stati ricompensati con un oggetto unico da utilizzare sul nostro veicolo, un modo per farsi riconoscere sempre nelle vastità delle Wastelands. È proprio sulla vastità dell’area di gioco che si riscontrano i principali dubbi: una mappa così grande rischia di essere dispersiva, con il giocatore impegnato a vagare per molto tempo prima di arrivare a dei centri abitati.

mercoledì 17 giugno 2015

Destiny Il re dei corrotti

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Sviluppatore:Bungie

  • Data uscita:09 settembre 2015

     

     

    Destiny ha ricevuto valutazioni altalenanti: c’è chi lo definisce un capolavoro, chi lo ritiene lacunoso sotto molti aspetti e chi invece, a prescindere da questi elementi, si trova invischiato in un continuo loop delle medesime missioni, alla ricerca del loot perfetto per avere un personaggio equipaggiato al meglio.
    Al netto di tutto la nuova IP targata Activision è riuscita a replicare in uno shooter le stesse meccaniche classiche degli MMO, intrappolando nella sua rete milioni di giocatori. Esattamente come un gioco massivo, tuttavia, il titolo ha bisogno a questo punto di espandersi sotto molteplici aspetti, di perfezionarsi e di continuare a offrire motivi validi ai giocatori per continuare ad affollare i server, e i DLC, in questo caso, sembrano proprio fare al caso suo.
    Nonostante le recensioni non proprio lusinghiere degli ultimi contenuti scaricabili, Bungie continua quindi a perseguire a testa bassa il suo obiettivo e questo settembre, sulle nostre console, approderà un nuovo contenuto scaricabile, decisamente più massiccio dei precedenti, chiamato Il Re dei Corrotti. Qui a Los Angeles abbiamo provato in anteprima la prima missione della campagna e dato un fugace sguardo alle sottoclassi: ecco quello che ci aspetta.
    C’erano un tank, un warlock e un cacciatore
    Partiamo quindi dal background della nuova campagna che vede la comparsa su Phoebes del Re dei Corrotti, deciso a reclamare vendetta dopo l’avvenuta uccisione dell’adorato figlio Crota.
    Inutile dire che l’avanguardia spedirà il giocatore a investigare sugli accadimenti e, pronto o meno, dovrà confrontarsi con alcuni dei nemici più temibili visti fino ad ora sul titolo Bungie. Al suo arrivo sul satellite, tuttavia, la situazione risulterà ben peggiore del previsto e la base dei Cabal in lontananza sarà già diventata una zona di guerra. L’ambientazione colpisce da subito con la regia di Bungie a fare il grosso del lavoro. Phoebes non mostra nulla di particolarmente esaltante dal punto di vista strutturale, ma la zona di guerra riesce tranquillamente a distogliere l’attenzione. Navi che si alzano in volo all’improvviso, esplosioni continue e Cabal morenti che richiedono soccorso spingono il giocatore a superare velocemente la prima zona per raggiungere il cuore della missione, dove il velo sugli accadimenti inizierà a sollevarsi.
    Come fossero risorti dalle proprie ceneri i nemici che ci attendono in questa prima fase dell’avventura non sono nulla di particolarmente ostile o impossibile da superare e anche se spesso ricalcano i modelli visti nelle missioni passate, il loro corpo arde di luce oscura, mutandone tra le altre cose comportamento e abilità.
    Mentre ci addentravamo nella base dei Cabal, una buona varietà di nemici ha provato a metterci i bastoni tra le ruote: c’erano tank in grado di sparare colpi energetici direttamente dai loro scudi o altri nemici più rapidi pronti ad aggirarci e arrivare direttamente in corpo a corpo per sferrare colpi mortali.
    La prima missione si è svolta come sempre in una struttura spaziale piuttosto lineare e guidata, e il fatto di trovarsi praticamente sempre al chiuso ha fatto si che gli scontri si risolvessero velocemente nei corridoi della base, senza la varietà tattica che distingue invece le sezioni ad ampio respiro.
    Come dicevamo in apertura, Bungie ha la necessità di mantenere i giocatori incollati al titolo ma i loot, come hanno dimostrato i due pacchetti precedenti, non hanno saputo tamponare la falla a lungo.
    Ecco allora che le tre nuove sottoclassi in arrivo possono fare la differenza in questo campo, dando motivo a tutti i player attivi di tornare nelle vecchie zone, iniziare ad accumulare exp e arrivare a poter sbloccare così le nuove abilità studiate appositamente per questa espansione.

    Noi, vista la nostra passione innata per gli archi, abbiamo ovviamente iniziato con la classe del cacciatore, che ne Il Re dei Corrotti riceverà la specializzazione denominata Predatore della Notte che vi doterà di una ultimate capace di infliggere enormi danni a un singolo bersaglio e di incatenare alla freccia tutti i nemici circostanti, indebolendoli per un periodo limitato di tempo. In questo lasso tutti i giocatori che colpiranno i bersagli causeranno danno extra, trasformando il cacciatore in un vero e proprio supporto. Al titano invece viene dato un bonus al danno grazie alla possibilità di evocare un martello infuocato e picchiare brutalmente in corpo a corpo gli avversari per un danno esagerato, ma estremamente limitato nel tempo. Il drawback di questa abilità è rappresentato comunque dalla necessità di andare corpo a corpo con gli avversari, cosa che potrebbe lasciare sguarnite le vostre difese sin troppo assiduamente. Allo stregone invece si aggiungerà una scarica frontale ad arco per friggere contemporaneamente un gran numero di nemici.
    Abbiamo trovato le nuove sottoclassi divertenti da utilizzare, un elemento capace di inserirsi egregiamente tra le meccaniche già rodate del gioco per un risultato complessivo più che stupefacente.
    Anche il PvP non è stato messo da parte, con ben due modalità nuove di pacca pronte ad approdare sul mercato. Una delle cose che ci ha lasciato sempre perplessi dal punto di vista del gioco competitivo era però uno sbilanciamento netto delle classi, soprattutto a super attivata, e pandemonio sembra voler spingere al massimo questo problema. In questa specifica modalità del crogiolo infatti i giocatori avranno super praticamente sempre attive, portando la confusione su schermo a livelli indicibili e aumentando le morti in maniera esponenziale. Per dare pane ai giocatori competitivi arriva tuttavia la versione “Bungiesca” del capture the flag. Con Frattura i giocatori dovranno portare in salvo una sfera energetica e fare punto nella base avversaria, potendo fare mosse speciali e acrobazie per aumentare il punteggio al momento del goal.
    E’ solo un piccolo assaggio quello che abbiamo avuto della seconda vita di Destiny, un titolo che sembra finalmente pronto a evolversi e a diventare qualcosa di più di quanto abbiamo visto fino ad ora. Per averne la certezza dovremo comunque attendere il prossimo 15 settembre, data di lancio di questa attesa espansione. 

Pro Evolution Soccer 2016

  • Piattaforme:PC, PS3, PS4, Xbox 360, Xbox One

  • Genere:Sportivo

  • Sviluppatore:Konami

  • Data uscita:17 settembre 2015

     

     

    Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da una lunga serie di notizie negative provenienti da Konami. Oltre ai problemi con Kojima, erano giunte voci di una società pronta a dedicarsi quasi completamente ai giochi mobile, portando le sue serie più famose su questi dispositivi per raggiungere un numero più elevato di persone. Il futuro di Pro Evolution Soccer era stato messo in dubbio, partendo da voci che volevano la perdita delle licenze di Champions ed Europa League fino ad arrivare alla cancellazione completa della serie, dopo un capitolo che era finalmente tornato a convincere pubblico e stampa. Voci però infondate: PES è vivo e pronto a fare un ulteriore passo in avanti nell'anno in cui la serie festeggia il suo 20º anniversario.

    Protagonista assoluto della presentazione tenuta da Adam Bhatti è stato il gameplay, ulteriormente migliorato rispetto alla già ottima base dell'ultimo capitolo. I movimenti sono stati resi ancora più fluidi, donando maggiori libertà agli attaccanti, ora in grado di mettere in difficoltà i difensori avversari cambiando rapidamente direzione o muovendosi con più facilità nello stretto grazie alle numerose nuove animazioni introdotte in questo capitolo. Il lavoro del team di sviluppo è stato impressionante, con ben tre volte il numero di animazioni rispetto al capitolo precedente e i giocatori che, per la prima volta nella serie, reagiscono dopo un’occasione sbagliata, dopo aver subito un duro fallo e molto altro ancora.
    Novità anche per i difensori, con i contrasti che subiscono gli effetti positivi del nuovo sistema di collisioni,  e le scivolate completamente rifatte che permettono ora, se effettuate con il giusto tempismo, di recuperare direttamente il pallone e ripartire in contropiede. I duelli aerei sono però l’elemento che più ci ha lasciato a bocca aperta: proprio come nella realtà infatti i giocatori lottano per prendere posizione, si appoggiano all’avversario per saltare più in alto, con il rischio di essere visti dall’arbitro e commettere fallo, tutte situazioni introdotte per la prima volta quest’anno. Netti miglioramenti anche per l’IA dei propri compagni di squadra, ora non più passivi in campo ma in grado di leggere bene ogni situazione di gioco, uscendo da soli dal fuorigioco e buttandosi negli spazi lasciati liberi dai difensori per creare superiorità numerica. Il risultato è una manovra più fluida e credibile, senza dover perdere tempo nel settare istruzioni specifiche ad ogni giocatore.
    Migliorati anche i portieri, ora più fedeli alle controparti reali, con alcuni più abili nei rinvii e altri nelle uscite alte. Assoluta novità per la serie è la presenza delle celebrations dopo aver realizzato un gol, con la possibilità di scegliere sia l’esultanza predefinita del giocatore, come il caso del selfie per Totti, sia una esultanza a scelta tra quelle disponibili all’interno del gioco. Non è tutto completamente positivo però, con punizioni abbastanza semplici da segnare, calci d’angolo difficili da indirizzare con precisione e soprattutto una fragilità difensiva nei terzini. Questo punto è quello che più ci ha preoccupato, vista l’estrema facilità di segnare sui ribaltamenti di gioco, con gli esterni che non eseguono mai la diagonale difensiva, rendendo quasi più conveniente giocare con tre difensori centrali, in modo da non dover soffrire troppo in fase di non possesso.
    Poche le novità rivelate per le varie modalità di gioco, con gli sviluppatori che non hanno voluto sbottonarsi più di tanto. Ogni modalità è stata oggetto di interventi, basati spesso sui feedback ricevuti dalle community sparse in giro per il mondo. Nella Master League troveremo menù completamente nuovi e diversi a seconda del campionato in cui ci troveremo ad allenare. Promesse migliorie anche nella sezione dedicata al calciomercato, anche se per un riscontro dovremo aspettare il gioco completo. MyClub è invece la modalità su cui puntano maggiormente gli sviluppatori per strappare utenti delusi dall’Ultimate Team della concorrenza. Così come su Fifa, ogni settimana, verranno introdotti nuovi giocatori, in modo da garantire contenuti sempre nuovi basati sui risultati dei campionati veri. Meritevoli di particolare attenzione sono i miglioramenti al sistema di crescita del giocatore che, secondo le parole del producer del gioco, dovrebbe permettere a tutti di possedere un team con giocatori di alto livello, senza il bisogno di avere fortuna con gli agenti. Chiudiamo con una la funzione di image porting, esclusiva per la versione PS4 del titolo, introdotta per rispondere agli utilizzatori dei file opzioni. Attraverso questa nuova aggiunta, ispirata ai tool degli sviluppatori, sarà possibile importare magliette e loghi delle squadre senza licenza, novità che farà certamente piacere ai fan ma che scontenta i possessori Xbox One, snobbati in maniera abbastanza clamorosa.
    Novità anche per il comparto tecnico, a partire dall’introduzione di un nuovo tipo di telecamera, ora leggermente più bassa e con meno zoom per inquadrare una porzione più grossa di campo, il tutto per visualizzare meglio i movimenti dei giocatori senza palla. Notevoli i miglioramenti per l’illuminazione, ora decisamente più realistica, e per il manto erboso, con le zolle del prato che si sollevano dopo aver calciato. Meno evidenti sono invece i ritocchi dati ai modelli dei giocatori, già di qualità elevatissima lo scorso anno e ora ulteriormente ritoccati, con risultati impressionanti per i giocatori più rappresentativi ma con qualche sbavatura nei giocatori di secondo piano. La novità più importante resta però l’arrivo del meteo dinamico, richiesto a gran voce dagli appassionati e ora finalmente disponibile con effetti importanti sulla partita. In caso di pioggia potremmo infatti notare la formazione di piccole pozzanghere, in grado di influenzare direttamente il match in corso limitando la velocità del pallone.

martedì 16 giugno 2015

Raimbow Six Siege

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore: Ubisoft

  • Data uscita:13 ottobre 2015

     

     

    Rainbow Six era un gioco tattico, realistico, di certosina pianificazione, dove impartire un ordine sbagliato al momento errato poteva voler dire mandare a gambe all’aria l’intera missione, e per quello mi piaceva da matti. Online poi, in cooperativa con gli amici, era davvero un titolo che ti rapiva e ti appiccicava addosso una tensione ai tempi impareggiabile.
    Poi però il mercato si è evoluto, i giochi hanno iniziato a divenire più facili, più accessibili e più immediati, e tutte le serie hanno virato verso scelte che accogliessero più giocatori possibili, dimenticandosi forse un po’ chi il mercato lo aveva costruito dalle basi.
    Ecco allora che con l’annuncio di un titolo come Rainbow Six Siege la scintilla si è riaccesa nuovamente e in poco tempo è rinato un amore che pensavo ormai sopito. La nostra precedente anteprima aveva messo in luce le reali potenzialità del gioco e quanto Rainbow sia ancora capace di divertire ed esaltare. Con questa nuova prova in esclusiva italiana qui all’E3 di Los Angeles abbiamo voluto scavare ancora più a fondo e torniamo oggi da voi con una nuova modalità e una mappa inedita, ovviamente tutte testate in prima persona.
    Rainbow Six Siege, dovreste ormai saperlo, è un gioco che baserà tutta la sua essenza sul multiplayer e anche la nuova modalità non poteva certo esimersi. Ecco allora che Terrorhunt metterà fino a cinque giocatori spalla a spalla nel tentativo di abbattere un team di terroristi in una delle numerose sfide a disposizione.
    Ubisoft abbandona quindi in via definitiva la campagna singleplayer, per offrire al pubblico una modalità che possa fare da semi tutorial a quello che poi lo aspetterà online.
    Iniziamo con il precisare che il team di sviluppo alle spalle di Rainbow ha puntato su un progetto che potesse garantire al titolo una grandissima rigiocabilità e la modalità appena annunciata ne fa un po’ da portabandiera. Il sistema genera casualmente una serie di obiettivi in una delle undici location a nostra disposizione, sparse in tutto il globo, ai quali viene aggiunto poi il posizionamento dei soldati controllati dall’IA, sempre in maniera randomica. In questo modo Ubisoft tenta di garantire il fattore sorpresa ad ogni match e, avendolo provato con mano, possiamo dire che il sistema funziona più che egregiamente.
    Abbiamo giocato un totale di quattro partite nella nuova mappa ambientata in un consolato in Costa D’Avorio, iniziando ogni match da un punto di infiltrazione differente, cambiandone radicalmente l’approccio.
    La location notturna mostrava una moltitudine sconfinata di vie d’accesso: ogni singola porta o finestra può essere fatta saltare in aria, ponendo l’elemento sorpresa sempre in primo piano. Potevamo quindi decidere se utilizzare un approccio diretto ed entrare dalla porta principale ad armi spianate, passare dagli scantinati, dal garage o addirittura avvicinarci silenziosamente alle pareti e lanciare il rampino sul tetto, così da poterlo scalare agevolmente e poi entrare da una finestra al secondo piano del consolato, o addirittura calarci direttamente dai lucernai.
    Abbiamo optato inizialmente per una scelta il più tranquilla possibile, utilizzando un basso profilo e addentrandoci silenziosamente attraverso un passaggio secondario posto nel retro dell’edificio. Da qui il team si è mosso compatto, con uno degli sviluppatori a guidare i nostri movimenti.
    Spostarsi da soli o allontanarsi dalla squadra spesso significa essere presi di sorpresa e mettere a rischio la missione, motivo sufficiente per attaccarsi ad un Montagne, uno degli specialisti più corazzati, e coprirgli le spalle mentre questo avanza.
    I movimenti devono essere rapidi ed eseguiti con precisione anche quando si gioca contro l’intelligenza artificiale, perché questa tende ad asserragliarsi dietro le barricate e scaricare muri di proiettili contro qualsiasi cosa si muova. Durante la prova gli scontri a fuoco non sono certo mancati, anche se dobbiamo ammettere che, almeno in modalità normale, l’IA mostra più volte il fianco, spesso utilizzando un atteggiamento poco ragionato e kamikaze.
    L’impressione che abbiamo avuto è che i nostri avversari fossero davvero troppo aggressivi in alcune circostanze e che dopo aver individuato il loro bersaglio e sparato i primi colpi da dietro muri o ripari si lanciassero a testa bassa per accorciare le distanze, cosa che ne ha spesso sancito velocemente la morte.
    Dopo il secondo round abbiamo deciso quindi di alzare il livello di difficoltà ad hard e qui le cose si sono fatte leggermente più impegnative. Le tattiche di ingaggio nemiche sono lievemente migliorate, così come è aumentato radicalmente il danno causato dei proiettili, costringendoci ad un gioco ancor più ragionato. La modalità Terrorhunt prevede che il team in attacco, individui e disinneschi una serie di ordigni e che difenda la postazione mentre un cronometro scorre lentamente, né più né meno come una qualsiasi modalità orda vista di recente.Nonostante l’IA non ci abbia convinto al 100%, il gioco è ancora parecchio indietro anche dal punto di vista dei bug e dei difetti grafici, il gameplay è qualcosa di straordinario. Certo, come dicevamo nell’incipit è andata a perdersi tutta la pianificazione pre partita e una mappa tattica anche durante i match co-op sarebbe stata utile e azzeccata per pianificare al meglio i piani di assalto, ma la strategia e la coordinazione la fanno ancora da padrone. Calarsi da un tetto in quattro, sfondare le finestre in sincronia e fare piazza pulita di qualsiasi ostile si trovi nella stanza è una delle tantissime azioni esaltanti che possono essere messe in piedi, senza dimenticare la quantità di gadget tecnologici a disposizione delle forze speciali.
    Abbiamo visto in azione mini droidi teleguidati dotati di telecamera, granate emp e scudi antisommossa estendibili, tutti oggetti atti ad ampliare il ventaglio di opzioni a disposizione. Anche i loadout delle varie classi è parzialmente modificabile e in linea generale il feedback delle bocche da fuoco è decisamente ottimo, con un rinculo poderoso e un feeling durante l’esplosione dei colpi davvero eccellente.
    Al netto dei problemi grafici rilevati il comparto tecnico si difende più che egregiamente, ottima la distruttibilità e grazie alle breach charge è possibile praticamente aprirsi un’infinità di strade per colpire gli avversari alle spalle o semplicemente creare buchi nei muri dai quali scaricare piombo senza essere scoperti. Mancavano forse opzioni di attacco silenziose, unico neo nella gestione della squadra che verrà sicuramente colmato con l’arrivo di nuovi specialisti (in totale dovrebbero essere circa una ventina). 

Fifa 16

  • Piattaforme:PC, PS3, PS4, Xbox 360, Xbox One

  • Genere:Sportivo

  • Data uscita:22 settembre 2015

     

     

    Giugno, campionato di calcio ormai concluso con i tifosi delle varie squadre che possono andare in vacanza sognando nuovi acquisti durante il calciomercato. Giugno è anche il mese in cui si scoprono le prime news del capitolo annuale della serie FIFA, chiamato mai come quest'anno ad un pronto riscatto dopo alcuni di appannamento in concomitanza con l'approdo della serie sulle console di nuova generazione. Settimana scorsa siamo stati ospiti di EA a Milano per mettere le mani per la prima volta su FIFA 16 e vedere tutte le novità proposte dal team canadese in questo nuovo capitolo, per scoprire se la serie è pronta al rilancio.
    La presentazione di Sebastian Enrique, producer del gioco, è stata divisi in tre grosse fasi distinte, concentrandosi via via sui miglioramenti apportati ai vari reparti: difesa, centrocampo e attacco. Partiamo proprio dalla fase difensiva, particolarmente criticata dai giocatori nel capitolo precedente. I problemi principali riguardavano i movimenti dei difensori, incapaci di cambiare direzione velocemente e di seguire gli attaccanti avversari che avevano vita facile nel saltarli presentandosi da soli davanti al portiere. Tutto questo è stato finalmente risolto, con i difensori che ora dispongono della stessa libertà di movimento degli attaccanti avversari, donando all'utente una maggiore solidità difensiva, senza la paura di subire gol ad ogni azione. Completamente rinnovate anche le scivolate, con i difensori che ora hanno la possibilità di rialzarsi più velocemente dopo un intervento andato a vuoto per evitare di concedere troppi metri di vantaggio agli attaccanti. In generale l'intero reparto difensivo ci è sembrato più intelligente, con tutti i giocatori che coprono meglio gli spazi, chiudono con più efficacia gli attaccanti sugli 1-2 e seguono meglio l'azione di gioco, arretrando più velocemente per evitare il contropiede in caso il pallone venga recuperato dalla squadra avversaria. Qualche incertezza invece per i portieri, che ora sono sì più attenti a non parare dentro la porta come succedeva in Fifa 15, ma sono a volte troppo incerti nei tiri da lontano, mostrando qualche debolezza sui tiri ad incrociare, a volte davvero troppo semplici da segnare. Trattandosi soltanto di una versione alpha non vogliamo però bocciarli in partenza, sperando di riscontrare miglioramenti nei prossimi mesi.
    Passando al centrocampo, reparto di vitale importanza nel calcio reale e spesso snobbato nelle passate edizioni, abbiamo riscontrato, per la prima volta nella serie, notevoli miglioramenti, sia nella fase offensiva sia in quella di non possesso. I giocatori sono ora molto più aggressivi, attaccano il portatore di palla impedendogli di ragionare con tranquillità e cercano con insistenza l’anticipo, leggendo meglio le linee di passaggio per far ripartire velocemente la squadra in contropiede. Novità anche per la fase di possesso palla che vede l’introduzione di una nuova tipologia di passaggi, tesi e velocissimi, che richiedono però una precisione assoluta, ottenibili facilmente solo con i giocatori più tecnici come Pirlo e Iniesta. Siamo rimasti invece poco convinti dai cross dalle fasce che ci sono sembrati molto simili a quelli visti nella scorsa edizione, senza trovare riscontro nelle promesse di EA che parlavano di cross dinamici, con la possibilità di mettere in mezzo il pallone in modi diversi per anticipare, ad esempio, l’uscita del portiere. Per quanto riguarda la fase offensiva è stata data maggiore enfasi alla preparazione del tiro, rendendo fondamentale colpire bene il pallone per non spararlo direttamente in curva, obbligandoci a tirare sempre in equilibrio. Novità non troppo positive arrivano dal dribbling. Oltre all’introduzione di nuove skill, tra cui troviamo quella resa celebre da Yannick Bolasie in una partita di Premier League contro il Totthenam, abbiamo la possibilità di realizzare delle finte di corpo con il nostro giocatore, nel tentativo di sbilanciare l’avversario per superarlo facilmente. L’idea di base è sicuramente ottima, basti pensare ad un giocatore come Messi in grado di prendere in controtempo i difensori avversari soltanto con una finta, ma gli sviluppatori non sono riusciti ad implementarla correttamente, con il nostro giocatore che rallenta notevolmente il suo movimento rendendo la vita facile alla difesa che, nella nostra prova, non ha mai avuto difficoltà nel recuperare palla.

    La notizia che ha fatto più discutere nelle ultime settimane è stata l’introduzione delle nazionali femminili nel gioco. Queste squadre, che potranno disputare soltanto partite tra di loro evitando la possibilità di match uomini contro donne, potevano rappresentare una svolta interessante per la serie visto che, a causa delle differenze fisiche tra i generi, il gameplay sarebbe dovuto essere obbligatoriamente diverso, con un ritmo di gioco più lento e ragionato. Questa possibilità è stata, almeno per quanto potuto provare, completamente sprecata, senza nessun intervento al gameplay delle partite. L’unica differenza riguarda i modelli delle giocatrici, creati completamente da zero con una particolare attenzione data ai capelli, dotati di una loro fisica che permette loro di muoversi durante la corsa.
    Gli sviluppatori sono poi al lavoro su una nuova tipologia di tutorial per far avvicinare nuovi giocatori alla saga. Molte persone sono infatti spaventate dal gran numero di comandi a disposizione e, proprio per venire incontro a questi giocatori, è stato introdotto il Fifa Trainer, attivabile con la semplice pressione di un tasto. Attraverso questa funzione potremo vedere i vari comandi a disposizione a seconda delle situazioni di gioco, suggerendoci ad esempio quando andare al tiro e quando invece passare il pallone ad un compagno di squadra libero. Al momento la comparsa dei comandi a schermo limita però notevolmente la visibilità del pallone in certe zone del campo, con gli sviluppatori che stanno ancora studiando come migliorare il tutto.
    Per tutte le altre modalità dovremo invece aspettare notizie soltanto a Colonia, con l’unica news data dalla presenza esclusiva su console Microsoft, anche per questa edizione, delle leggende in Fifa Ultimate Team.
    Poche ma gradite novità per quanto riguarda il comparto tecnico, con una particolare attenzione data all’illuminazione, notevolmente migliorata e ora radicalmente diversa a seconda delle stagioni, delle condizioni meteo e dello stadio in cui viene disputata la partita. Notevole il passo avanti fatto nei volti dei giocatori, in particolare per quanto riguarda le tonalità della pelle, ora molto più credibili e senza più quel colorito pallido che caratterizzava un gran numero di calciatori.

Doom

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:ID Software

  • Data uscita:Primavera 2016

     

     

    Durante la scoppiettante conferenza di Bethesda è stato finalmente mostrato il tanto atteso Doom, titolo che vuole essere un rilancio completo della serie in chiave moderna. Dopo aver intravisto la versione "bocciata" qualche giorno prima dell'E3, durante lo show Bethesda ha davvero mostrato i muscoli, facendo chiaramente intendere quale sarà la nuova direzione intrapresa da id Software, che ha tra l'altro lavorato al motore proprietario su cui Doom gira già agevolmente. 
    La prima certezza assoluta è che Doom non sarà in alcun modo un gioco edulcorato. Si è già rivelato un vero e proprio tripudio di sangue, frattaglie e scene splatter assolutamente in linea con quello che è fondamentalmente lo spirito tipico della serie, a cui non è mai mancato il coraggio di mostrarsi per quello che è. Naturalmente Doom non è solo questo e non usa il gore per fare facile presa sui giocatori, ma è anzi un FPS classico che vuole unire il divertimento immediato alle meccaniche da sparatutto più solide e consolidate, senza dimenticare l'importanza di una buona varietà delle armi che possa fornire sempre qualcosa di fresco all'interno delle dinamiche di gioco. Durante il filmato di gameplay in tempo reale, infatti, la quantità di bocche da fuoco era già notevole, ed era possibile apprezzare i diversi effetti che gli spari avevano sui nemici e sull'ambiente di gioco, il quale ha mostrato un livello di interattività degno di nota, reso possibile dalle meraviglie del nuovo id Tech 6. Molto credibile la fisica delle esplosioni, degli oggetti e dei corpi martoriati dalle deflagrazioni; encomiabile è invece la sensazione di peso delle armi, autentici gingilli tecnologici dotati di una potenza di fuoco molto spesso spropositata. Oltre a fucili parecchio fantasiosi, che includono versioni con pallottole di grosso calibro e sfere laser, non è mancata la presenza della motosega, perfetta per gli scontri a breve distanza. Inutile sottolineare quanto sanguinolenti e spettacolari siano gli attacchi con quest'arma di distruzione, a dimostrazione del fatto che Doom non va certo per il sottile. Gli strumenti di offesa sono spesso reperibili proprio dai cadaveri che si incontrano lungo il cammino, e attraverso una "ruota di selezione" è possibile scegliere in qualunque momento quella più adatta alla situazione. In questi momenti l'azione rallenta parecchio e fa in modo che il protagonista non rimanga mai scoperto, e quando quest'ultimo si trova a stretto contatto coi demoni può anche esibirsi in delle finishing moves davvero esaltanti. Di quelle che danno una sensazione di onnipotenza semplicemente impareggiabile.
    Grande importanza anche al multiplayer, che verrà gestito come un vero e proprio shooter arena dai ritmi velocissimi, quasi convulsi. Si tratta del modo più logico di presentare gli scontri online, visto che Doom è un FPS dallo stampo classico che punta tutto sull'adrenalina. La vera novità che più ci ha colpito durante la conferenza è stata la presenza della cosiddetta "Doom Snapmap", una sorta di tool completissimo e molto profondo che permetterà agli utenti di personalizzare il gameplay, le arene, le modalità, e di condividere il tutto con la community. Non si tratta dunque solo di matchmaking personalizzati, ma di contenuti inediti che allungheranno potenzialmente la vita di un titolo che anche online potrebbe offrire una longevità fuori parametro. Colpiscono anche le ambientazioni, alcune delle quali hanno ricordato molto quelle già viste in Rage, solo che qui si tratta logicamente di versioni molto più oscure, con venature sci-fi. Ci riferiamo in particolare alla splendida location in cui si rincorrevano sconfinati canyon strutturati in gole e grotte naturali, con profonde depressioni dalle quali venivano fuori demoni pronti a farci la pelle in qualunque momento. Pure in single player i ritmi sono frenetici, e anche in questo senso Bethesda è stata molto chiara: "Doom ha delle caratteristiche ben precise da parecchi anni, e saranno mantenute tutte in questo nuovo capitolo". Ci sembra una decisione sensata, di grande rispetto verso ciò che Romero e Carmack fecero ormai parecchi anni fa, segnando per sempre e in modo indelebile la storia dei videogiochi. Anche tecnicamente Doom è certamente d'impatto grazie al nuovo id Tech 6, che ha mostrato ottime texture, una resa grafica all'avanguardia e una fluidità di gioco che già in questa versione preliminare non ha davvero nulla da invidiare ai prodotti già presenti sul mercato. Insomma, il nuovo Doom sembra veramente pazzesco, un FPS senza fronzoli che vuole puntare tutto sulle caratteristiche che hanno reso celebre questa serie.

giovedì 11 giugno 2015

Heroes Of The Storm


  • Piattaforme:PC

  • Genere:Strategico

  • Sviluppatore:Blizzard

  • Data uscita:2 giugno 2015

     

     

    Dopo il successo di League of Legends, e successivamente quello di DOTA 2, la quantità di MOBA approdata sul mercato è stata davvero eccessiva. Tra progetti cancellati prima della release ufficiale, titoli fallimentari che non hanno superato la fase di beta e giochi più recenti morti pochi mesi dal lancio, la situazione era piuttosto imbarazzante. La motivazione principale è da ricercarsi nella palese mancanza di idee dei suddetti progetti, spesso con eroi e personaggi estremamente anonimi e, soprattutto, da una piattezza nel gameplay desolante. Blizzard non è riuscita a sottrarsi a queste problematiche e prima di Heroes of the Storm ha tentato svariate strade, passando tra le altre cose da quel Blizzard All Stars che ben presto è stato dimenticato persino dai fan più sfegatati, segno che trovare un'alchimia perfetta capace di ritagliarsi una nuova nicchia di mercato non fosse compito così semplice, nemmeno per un colosso come la casa Californiana.
    L'idea di base però c'era e il grosso del progetto iniziale, cioè il voler far scontrare su un unico campo di battaglia tutti i personaggi Blizzard più noti, ha continuato ad essere l'elemento cardine della produzione, elemento indispensabile per lanciare Heroes of The Storm sul mercato con gran facilità e trascinare verso il nuovo MOBA gli amanti del genere.

    Heroes of the Storm è un MOBA e in linea generale mantiene la classica struttura del genere. Due squadre composte da cinque giocatori ciascuna si dovranno scontrare su una mappa simmetrica, combattere nelle diverse corsie, distruggere le strutture difensive e arrivare dritti al cuore della base nemica sfruttando ondate continue di minion per vincere la partita.
    Questa è però solo l'infarinatura generale perché Blizzard, per poter sfondare, aveva bisogno di qualcosa di completamente diverso e così ha lavorato duramente sulle meccaniche, arrivando a proporre al pubblico qualcosa di fresco e originale.
    La prima, grossissima, novità è la presenza di una moltitudine di mappe differenti, non solo dal punto di vista estetico come spesso propone la concorrenza, ma con design e compiti da completare estremamente differenziati.
    Sono sette per l'esattezza le mappe di gioco al momento presenti sul titolo ma nel prossimo futuro ne arriveranno sicuramente molte di più, tanto che quella dedicata all'universo di Diablo è già stata rivelata e approderà sui server proprio il prossimo 30 giugno. La peculiarità di questi battleground è la necessità di agire di squadra per conquistare i punti caldi e riuscire a sopraffare gli avversari. Alle volte bisognerà combattere per catturare un tempio in grado di sparare raggi laser, altre lottare per ottenere tributi per indebolire unità e torri nemiche e altre ancora girare per la mappa, uccidere campi di mercenari e raccogliere dobloni che questi lasciano cadere così da garantirsi cannonate pirata da sparare al team opposto.
    Sono tutti obiettivi da fare forzatamente in squadra e il gioco in solitario non solo è sconsigliato, ma risulta praticamente ininfluente ai fini della vittoria. Quello su cui Blizzard ha puntato è infatti un sistema di gioco che tenta di rimuovere dal genere tutte quegli elementi dannosi per la community e che spesso danno adito in chat a flame e discussioni insensate. Ecco allora che le uccisioni vengono conteggiate a tutti gli eroi che si trovano nelle vicinanze, il first blood è stato reso molto meno influente per l'andamento del match e ogni singolo punto esperienza guadagnato dai giocatori viene messo in un pool comune che va a delineare il livello della squadra.
    Esatto, in Heroes of the Storm non sarà più possibile distanziare gli altri compagni di squadra giocando meglio ma tutti gli elementi del team saliranno insieme dando un senso di coesione mai visto prima in un titolo del genere.
    Soffrire in lane contro un avversario molto più forte non vuol dire far perdere matematicamente la propria squadra e viste le tantissime cose da fare e le occasioni di scontro sulla mappa poter ribaltare una partita è quasi sempre possibile. È vero altresì il discorso opposto però, che non vi permetterà più di diventare un deus ex machina e trascinare la vostra squadra solo grazie alla fase preliminare di exp in early game: se vorrete essere dei trascinatori non vi resterà che trasformarvi in leader e guidare il gruppo sin dai primi passi.

    Heroes of the storm non cambia solo il punto di vista sui continui movimenti di squadra, influenzati anche dalla possibilità di catturare campi di mercenari da sfruttare per spingere ulteriormente sulle lane, ma modifica sostanzialmente anche l'essenza del farming e della necessità di accumulare oro per comprare oggetti nei negozi. I giocatori non dovranno più badare a nulla di tutto ciò visto che l'elemento valuta è stato rimosso completamente dal titolo. Niente più last hit o denial da fare: per guadagnare exp, esattamente come per le uccisioni degli eroi avversari, basterà trovarsi nei pressi dei minion morenti. Potrete così prestare molta più attenzione alla fase attiva del gioco, senza ritrovarvi ogni due minuti a dover teletrasportarvi in base e perdere tempo a frugare tra sconfinate build. La personalizzazione del proprio personaggio è comunque presente, seppur snellita notevolmente, grazie alla presenza di tutta una serie di talenti ottenibili ogni tre livelli.
    Questi vanno dal potenziamento delle tre abilità a disposizione degli eroi fino alla scelta dell'ultimate (ottenibile a livello 10 e relativo potenziamento al ventesimo) più tutta un'altra serie di talenti passivi e attivi capaci di modificare sostanzialmente l'utilità del nostro eroe. Heroes of the storm presenta quattro macro categorie: Assassino, Guerriero, Supporto e Specialista nelle quali sono racchiuse tutti gli eroi presenti al momento. Ad ogni modo all'interno di queste categorie, gli eroi si ritagliano compiti ben precisi. Jaina, ad esempio, è un assassino dalla distanza, così come Kael' Thas e Valla mentre Illidan, sempre negli assassini, sfrutta il corpo a corpo. Anche i guerrieri, solitamente i tank del gruppo, trovano una gran sfumatura di eroi al loro interno da quelli più coriacei e in grado di restare sotto i colpi nemici più a lungo fino a d arrivare a guerrieri votati più alla mobilità e al crowd control. Una varietà insomma che funziona e che rende ogni eroe unico. Certo, l'innovazione non è così marcata quando si osservano nello specifico le abilità di ciascun eroe ma nel suo complesso Blizzard ha fatto un buon lavoro, dando il meglio di sé nella categoria degli specialisti. Qui finalmente troviamo davvero qualcosa di nuovo e unico, mai visto in nessun altro MOBA .Ci sono eroi, come ad esempio Abathur, in grado di impossessarsi di altre unità, campioni dediti alla distruzione delle strutture come Sgt Hammer e Sparachiodi e addirittura personaggi multipli da utilizzare contemporaneamente come i Lost Vikings. Dustin Browder e i suoi da questo punto di vista hanno fatto un lavoro davvero eccellente e possiamo assolutamente ritenerci soddisfatti. Anche l'invisibilità degli eroi arriva in una veste nuova dato ed è gestita in maniera intelligente, dando un vantaggio ai personaggi in stealth ma lasciandoli comunque visibili agli occhi più esperti, grazie a una resa grafica dell'invisibilità che ricorda da vicino il cloack sistem di predator, da cui Zeratul tra le altre cose prende spunto per una delle sue skin.

    Da vero free to play, Heroes of the Storm non poteva arrivare sprovvisto di uno shop dedicato alle personalizzazioni estetiche e alla vendita in euro degli eroi. Da questo punto di vista il titolo Blizzard mostra il fianco, mettendo sul banco un modello economico non proprio accessibile. Ogni nuovo eroe introdotto viene venduto a circa 10 euro o, alternativamente può essere acquistato con quindicimila gold, l'equivalente di qualcosa come cinquecento partite vinte.
    Per cercare di velocizzare i tempi ci sono poi missione giornaliere che partono da 200 e arrivano fino agli 800 gold e ogni volta che un eroe raggiungerà il livello 5 vi verranno concessi ulteriori cinquecento gold. Diciamo che giocando circa 3-4 partite al giorno un nuovo eroe al mese, di quelli top tier è ottenibile, ma è comunque richiesta un'assiduità davvero elevata. Discorso diverso per le skin, acquistabili unicamente con moneta sonante e che variano dai 5 euro, quando in saldo, fino a raggiungere e superare il valore di alcuni campioni per quelle più rare con animazioni e doppiaggio personalizzato. Non spaventatevi subito, però, perché HotS fornisce diversi tier di prezzo per gli eroi e quelli base possono costare anche duemila gold, pur restando competitivi, un costo davvero accessibile per iniziare ad ampliare la vostra collezione.
    La spinta a giocare non viene data solo dalla necessità di continuare ad accumulare gold. Ogni partita completata fornirà un bonus di punti esperienza che andranno a stabilire il vostro livello personale e una volta raggiunto il trentesimo potrete cimentarvi nelle partite classificate. Altra nota dolente è purtroppo l'attuale sistema di matchmaking, non ancora tarato a dovere, e la mancanza completa di ban. Lo sbilanciamento degli eroi o le problematiche che emergono con le patch sono all'ordine del giorno in qualsiasi MOBA, ma Hots mancando completamente del suddetto sistema rischia di sentire più dei suoi concorrenti eventuali problemi e visti i mezzi disastri fatti con le ultime patch e la discreta lentezza nell'apportare fix, l'ambito competitivo potrebbe risentirne. Esattamente come il vostro account, infine, anche ogni singolo eroe avrà un livello specifico che vi garantirà nuove colorazioni, ritratti per il profilo da sfoggiare e anche la possibilità di acquistare la master skin al costo di diecimila gold, unico elemento estetico non venduto non acquistabile con i contanti.

    Blizzard ha fatto un grandissimo lavoro di design per gli eroi se pensiamo a come i diversi universi in gioco si riescano a integrare alla perfezione gli uni con gli altri. Vedere Diablo che combatte spalla a spalla con Raynor o Arthas duellare all'arma bianca contro Johanna riempie il cuore dei fan di gioia regalando uno spettacolo visivo di prim'ordine. Tutto in Heroes of the storm trasuda spirito Blizzard, dai colori alle animazioni dei personaggi fino alle loro abilità, che ricalcano alla perfezione quelle che abbiamo imparato a conoscere e amare negli anni. Peccato solo per una ottimizzazione non ancora perfetta, che spesso fa arrancare il gioco sui pc non proprio recentissimi. Adoriamo le texture e la modellazione poligonale dei protagonisti e ci piace anche l'idea di vedere i nostri personaggi preferiti riadattati con versioni futuristiche o medievali. Non riusciamo invece a digerire le skin più goliardiche e demenziali che, seppur curate, rompono un po' l'aura epica propria degli eroi Blizzard. 

The Masterplan

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Strategico

     

     

    Dopo ben 9 mesi trascorsi a essere rifinito e migliorato in ogni suo aspetto, The Masterplan ha finalmente fatto il grande passo dallo stato di Accesso Anticipato alla pubblicazione vera e propria su Steam in versione definitiva. Insomma, il team finlandese di Shark Punch ce ne ha messo di tempo, ma da pochi giorni questo simulatore di rapine con visuale dall’alto si può acquistare a 14,99 euro e, sebbene il 9 di media su Steam ci paia francamente esagerato, siamo di fronte a un titolo davvero interessante, soprattutto per chi ha sempre voluto assistere all’azione e alle dinamiche di Payday 2 da un altro punto di vista. Non che The Masterplan assomigli al FPS di Overkill Software o tantomeno alle “Heist” di GTA V, ma visto che di rapine si tratta con tutto quello che ne consegue (preparazione, ostaggi, fuga finale), qualche vicinanza c’è comunque. 
    The Masterplan cerca però di trovare la sua via originale al genere scegliendo innanzitutto gli anni ’70 come cornice storica, scenografica e musicale (davvero valida la colonna sonora) e, come seconda felice intuizione, una visuale dall’alto e una cura grafica inaspettata per una produzione di questo livello. Certo, nulla di travolgente, ma ogni location è realizzata con grande cura dei particolari e tanti piccoli dettagli dimostrano una grande attenzione degli sviluppatori nel ricreare un’atmosfera a suo modo unica. Ecco perché il primo impatto con The Masterplan convince pienamente, nonostante un tutorial un po’ troppo avaro di informazioni che di fatto ci ha costretti a imparare diversi aspetti del gioco con il passare dei livelli. Come dicevamo prima, The Masterplan ruota attorno alle rapine, o meglio a qualsiasi tipo di rapine (negozi, banche, sale giochi, ristoranti ecc.). La prima cosa da fare è scegliere il colpo da eseguire mentre siamo rintanati nella nostra base sporca e puzzolente. In questa fase di gioco dobbiamo anche “acquistare” dei complici, ognuno dei quali è portato a una certa abilità, oltre ad armi e munizioni che si sbloccano nel corso del gioco. Si inizia quindi con pochissimo arsenale e con ancor meno uomini (comincerete con soli due personaggi), ma visto che i complici, una volta morti, lo rimangono per sempre, il cambio di alleati è una costante del gioco e spinge a fare in modo di non sacrificare troppo i nostri uomini nel corso delle rapine. La questione dei soldi è infatti fondamentale in The Masterplan. Acquistare armi, munizioni e complici costa, così come rimediare ai casini fatti se nel corso di un colpo uccidiamo una o più persone. Ecco perché, invece di entrare in una banca e massacrare tutti attirando così immediatamente le forze dell’ordine, conviene molto di più tentare un approccio stealth o comunque non sanguinoso.
    È questo in fondo il bello di The Masterplan, non tanto per quanto riguarda la preparazione del colpo, che infatti non è affatto dettagliata come ci si aspetterebbe, quanto più per le dinamiche di gioco che portano a fare tutto di nascosto e a usare i PNG come alleati involontari. Nei colpi meno complessi basta infatti una pistola giocattolo o una scarica di pugni per spaventare i civili e costringerli a consegnarci chiavi, a farci passare in determinate location e a facilitarci comunque il compito. Meglio poi se facciamo tutto questo lontano dallo sguardo di altri PNG per non farli insospettire, ma riuscire a terminare il colpo con successo senza colpo ferire non è affatto semplice e questo sia per meriti, sia per alcuni difetti del gioco. I meriti sono essenzialmente quelli di un’intelligenza nemica sufficientemente sviluppata e di un sistema che, per convincere i PNG a ubbidirci, si affida a un cono di luce prodotto dalla nostra arma che deve sempre circondare la persona che stiamo minacciando. Non appena questa esce dal cono luminoso, inizia a scappare o a raggiungere un telefono per chiamare soccorsi, costringendoci spesso a ucciderla con tutte le conseguenze negative che ne conseguono. Questo sistema crea sempre una certa tensione e costringe sempre a stare attenti al nostro posizionamento e a quello dell’ostaggio. 
    Da segnalare poi l’ampia libertà lascia al giocatore nell’affrontare i colpi, che nonostante alcuni obiettivi di massima, possono essere portati a termine nei più svariati modi, soprattutto quando dobbiamo controllare diversi membri del gruppo ognuno con un suo incarico preciso. Volendo è poi possibili premere la barra spaziatrice e rallentare notevolmente il gioco mettendolo quasi in pausa. Non che The Masterplan sia un titolo dal ritmo furibondo e scatenato, ma questa opzione viene utile spesso, soprattutto quando bisogna organizzare una via di fuga o quando suona all’improvviso un allarme che ci coglie del tutto impreparati. Fosse solo per questi aspetti, il gioco meriterebbe un bel 8 pieno, ma Shark Punch non ha posto altrettanta attenzione su altri elementi importanti, soprattutto nel sistema di controllo. Aprire e gestire l’inventario dei personaggi con quella odiosa rotella non è proprio il massimo della vita e anche il sistema di selezione multipla, che funziona bene o male come quello di un classico RTS, è piuttosto impreciso, per non parlare della difficoltà nel riconoscere un personaggio invece di un altro se non per la capigliatura, e a volte nemmeno da quella. Anche l’assenza di una vera e propria pianificazione del colpo, come invece accade in Payday 2 ad esempio, si fa sentire e ad andarci di mezzo è un po’ tutto l’aspetto tattico. Insomma, i difetti, seppur non gravissimi, ci sono e a lungo andare smorzano un po’ l’entusiasmo iniziale per un titolo che rimane comunque caldamente consigliato a chi cerca uno strategico un po’ diverso dal solito e con un suo stile ben definito, originale e personale.        

martedì 9 giugno 2015

Massive Chalice

  • Piattaforme:PC, Xbox One

  • Genere:Strategico

  • Sviluppatore:Double Fine

  • Data uscita:1 giugno 2015

     

     

    È incredibile come i Double Fine e Tim Schafer siano riusciti in pochi anni a passare dall'amore incondizionato dei videogiocatori a un misto di odio e sospetto. Le motivazioni vanno cercate nella gestione non proprio brillantissima delle finanze da parte dello studio, specialmente grave se si considera che quasi tutti i loro progetti più recenti arrivano dal crowdfunding e, di conseguenza, direttamente dal supporto del loro pubblico. Il caso Broken Age, spezzato a metà nonostante un finanziamento nettamente superiore a quanto richiesto, fece già infuriare molti utenti, ma il culmine dell'odio lo si è visto dopo lo stop dei lavori su Spacebase DF-9. Quest'ultima opera, uscita praticamente incompleta a causa della solita incapacità della casa di gestire il denaro, ha letteralmente dato il colpo di grazia all'immagine di questi sviluppatori e li ha portati ad essere accolti con sfottò piuttosto cattivi su parecchi forum. 
    In mezzo a tutto sto casino c'è il buon Brad Muir. Game designer di indubbio talento, Brad tempo fa aveva conquistato tutti con un video molto divertente in cui proponeva ai giocatori di supportare lo sviluppo di Massive Chalice, un srpg con meccaniche innovative e legate alla progenie degli eroi utilizzati. Le basi erano semplici: un sovrano immortale, una minaccia incombente, e la necessità di proteggere il proprio regno creando casate di eroi di cui gestire invecchiamento, eventuali reliquie lasciate ai discendenti, e sviluppo di battaglia in battaglia. Aggiungete una visuale isometrica e un gameplay a turni molto tattico e avrete ottenuto la formula perfetta per convincere un bel po' di nostalgici del genere e di amanti dell'inesplorato.
    Dopo numerosi diari di sviluppo il gioco è finalmente giunto tra noi, e lo abbiamo testato a fondo approfittando anche della sua presenza gratuita su Xbox Live Gold. Il risultato? Vediamo.
    La trama di massive Chalice è scarna ma efficace. Voi siete, appunto, un sovrano immortale legato indissolubilmente a un calice magico. Il vostro compito è liberare il regno dalla Cadence, un misterioso e mostruoso nemico che avanza come un'infezione e ha già consumato gran parte del mondo. Il calice magico, peraltro, non è un bicchierino alla Santo Graal, bensì un oggetto enorme e dotato di due personalità in grado di comunicare direttamente con voi, oltre ad avere la capacità di eliminare il temibile pericolo che vi perseguita cancellandolo dalla faccia della terra. C'è solo un piccolissimissimo problema: ci vogliono secoli perché il calice carichi abbastanza potere magico da eliminare la Cadence in toto, e nel frattempo i mostri non se ne staranno buoni a guardarvi. Sta a voi quindi trovare eroi in sintonia con la mistica coppa e farli procreare, per assicurare al regno una longeva stirpe di difensori. Facile no?
    Ecco, in realtà la gestione degli elementi del gioco Double Fine è realmente meno complicata del previsto. Muir e compagnia bella hanno puntato sull'intuitività, sfornando un titolo che parte con solo tre classi base, e offre inizialmente un numero limitato di edifici costruibili. Partirete con un bel gruppetto di condottieri, e a quel punto avrete a disposizione la possibilità di creare un crogiolo per allenarli, delle fortezze in cui sposarli e vederli figliare, e una gilda dei saggi dove mandarli in pensione per far diminuire i tempi di ogni ricerca e costruzione. Proprio il tempo è la cosa più importante in Massive Chalice, poiché gli scontri con la Cadence non si svolgono ad ogni passaggio di settimana, ma dopo anni e anni, e questo porta la propria squadra di personaggi a invecchiare molto rapidamente. 
    Se volete farvi un'idea precisa, un eroe sedicenne potrebbe partecipare sì e no a tre/quattro battaglie prima di crepare in pace nel suo letto a 72 anni per cause naturali, e di norma, se fortunato, salire di una manciata di livelli. Pochini per sviluppare a dovere uno skillset, eppure nel gioco di Double Fine le classi speciali non mancano, anche perché legate agli accoppiamenti decisi nelle varie fortezze costruite. 
    Per aggirare il problema dell'invecchiamento fin troppo spedito degli eroi, il titolo usa degli interessanti espedienti: i combattenti più forti possono venir inseriti nei succitati crogioli, dove il loro esempio porterà i nuovi arrivi ottenuti dalle famiglie, dall'adozione o dal semplice reclutamento a guadagnare esperienza di anno in anno anche senza combattere. I guerrieri più poderosi, inoltre, sono in grado di lasciare dei cimeli di famiglia ai membri della stessa famiglia, cimeli che ne potenziano nettamente le capacità. Il sistema, non bastasse, è molto più intuitivo della norma, perché tutto avviene con qualche scelta di consorte furba in base alla fertilità dei personaggi, e l'avanzamento ben si sposa all'esperienza ottenuta in battaglia, mentre le complessità sono tutte nascoste nelle caratteristiche passive degli eroi, che li portano a ottenere bonus o malus in battaglia e ad essere più o meno indicati per certe posizioni (eroi ricchi di malus sono utili nella gilda dei saggi più che a battagliare, mentre guerrieri freschi e pieni di pregi sono macchine da figli da sfruttare il più possibile).
    Interessante, però non tutto risulta positivo e ben riuscito. L'attaccamento ai propri eroi, in effetti, per via di questo sistema non è particolarmente elevato, poiché quasi ogni pedina è sacrificabile e sono pochi i paladini in grado di divenire davvero indispensabili in battaglia. La casualità delle morti poi non aiuta, poiché potreste miracolosamente far arrivare a livello 10 un abilissimo alchimista poco prima dei 40 anni, e poi vederlo morire allo scoccare dei 42 senza un perché (ci sono dei malus passivi che portano certi eroi a morire prima, ma vi sono anche morti precoci a random). Tutto si riduce insomma a un tentativo costante di avere un nutrito gruppo di eroi a disposizione, evitando di farli crepare malamente in battaglia e cercando al contempo di assicurarsi che tutti i nuovi arrivi crescano a gran velocità con il supporto di armi, oggetti e armature potenziate ricercabili nel tempo. A livello gestionale non è molto di cui preoccuparsi, indipendentemente dal fatto che la jella può spesso mettere il giocatore in situazioni parecchio spiacevoli.
    La struttura della campagna dal canto suo non migliora di molto la situazione. Sta tutto nella gestione del regno sopra descritta, con qualche battaglia a spezzare le decisioni del regnante. Le battaglie arrivano peraltro sempre a gruppi di due o più, e quelle non affrontate portano la contaminazione della Cadence ad aumentare, con l'obiettivo finale di raggiungere la carica massima del calice prima che il proprio regno venga del tutto consumato dal nemico.
    Qualche evento inaspettato durante il rapido passaggio degli anni che divide gli scontri aggiunge varietà, ma non si tratta certo di trovate eccezionali o capaci di rimescolare la formula. Gli avvenimenti più interessanti, di solito, sono gli attacchi diretti alle fortezze, che vi vedranno combattere in compagnia dei reggenti un numero persino più elevato di mostri del solito.
    Se perciò la formula adottata non sorprende, dovrebbe esser la battaglia a innalzare il prodotto, ma Massive Chalice ha qualche debolezza anche qui. 
    Il campo di battaglia è chiaro, con punti azione precisi a disposizione degli eroi, che variano anche in base alle caratteristiche e all'età, e una certa probabilità di colpire gli avversari legata alla loro precisione. Ad ogni turno si hanno a disposizione un'azione di movimento e una di attacco/uso oggetti, a patto di spostarsi entro un'area limitata e di non utilizzare il movimento massimo. Il posizionamento dei nemici e la composizione delle loro armate pare essere casuale, e con il passare degli anni questi si fanno sempre più pericolosi e agguerriti. La diversificazione degli antagonisti è notevole, e si va dai semi, scagnozzi scarsamente pericolosi, ai fastidiosissimi Errori, che attaccano dalla distanza facendo perdere punti esperienza, fino ai tremendi Twitcher, capaci di uccidere con una mazzata sola gli eroi più delicati, alle culle e ai fastidiosissimi Avvizzitori, che invecchiano gli eroi a ogni colpo. 
    Per affrontare tutte le bestiacce di cui la Cadence dispone bisogna sfruttare al meglio tattiche pensate attorno ai loro comportamenti e alle mappe procedurali di ogni zona, e non mancano i combattimenti esaltanti, tuttavia l'IA non proprio brillantissima, unita all'utilità fin troppo esagerata di certe abilità, rende il gameplay meno affinato strategicamente di quanto dovuto. In particolare, abbiamo notato che lo stealth di cacciatori e derivati è eccessivamente utile durante se si ottengono specifiche armature che nascondono i movimenti, e alcune classi, come i Paratronchi, vengono rapidamente surclassate dalle abilità dei loro ibridi o degli alchimisti nella prima metà del gioco, ben più flessibili ed efficaci a tutte le distanze. Siamo comunque davanti a un livello ottimo di varietà in battaglia e di skill legate alle varie classi disponibili, ma un po' di bilanciamento e solidità in più li avremmo sinceramente apprezzati, anche perché le idee alla base del gioco sono davvero ricchissime di potenziale. 
    Non molto da dire infine per quanto riguarda il comparto tecnico. Volutamente minimal e piuttosto ispirato, non ci ha creato problemi di alcun tipo né ci ha stupito particolarmente. Ottime invece musiche e doppiaggio del calice, con quest'ultimo che funge da narratore “doppio” durante le vostre avventure. 
    Difficile invece valutare la longevità del gioco. La campagna principale non dura moltissimo, ma la presenza di difficoltà maggiori piuttosto impegnative e di tante possibili variazioni dovute alla vostra gestione del regno e degli eroi, potrebbe portarvi a giocare a Massive Chalice molto a lungo.