Ethero

sabato 30 marzo 2013

Metal Gear Solid V



  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:Konami

Con il suo solito carisma, Kojima ha svelato che il suo prossimo titolo sarà il primo Metal Gear Solid open world, ma non mancherà di fasi lineari. Ground Zeroes sarà la parte inizale del gioco, mentre The Phantom Pain sarà ambientato 9 anni dopo quegli eventi, con un Big Boss protagonista debole e malandato dopo un interminabile coma. The Phantom Pain fungerà anche da tutorial tuttavia, in un prologo che vedrà Snake (codename di big Boss all’epoca) risvegliarsi in compagnia di un misterioso personaggio bendato di nome Ishmael, con cui dovrà scappare da un ospedale sotto attacco riacquistando gradualmente le forze. 
A quel punto il game designer ha preso il pad in mano, e ha deciso di mostrare ai giornalisti in sala i primi minuti del suo lavoro. 
Chiaramente scriptata, la fase inziale nell’ospedale vede Snake arrancare lentamente verso l’uscita, minacciato da forze ignote e da visioni soprannaturali. Non mancano le “kojimate” tipiche dei Metal Gear, e la scelta di Ishmael delle scale al posto dell’ascensore, con uno Snake al seguito a malapena in grado di avanzare strisciando, ha scatenato più di una risata in sala (così come ha fatto un volantino con scritto Kojima Productions, sul pavimento verso la fine della demo). 
Chiaramente la sezione vista non ha svelato quasi nulla del gameplay, ma è bastata per farsi un’idea delle potenzialità del nuovo Fox Engine. La grafica è dettagliata e scorre senza sbalzi, gli effetti sono estremamente ben fatti, e notevole è il realismo dei modelli e delle animazioni. La prova era su PC, ma il titolo dovrebbe arrivare anche sulle console di questa generazione. Stiamo ancora cercando di capire come faranno gli sviluppatori a traslare un motore del genere sulle piattaforme attuali.
Il trailer rivelato dopo conteneva sicuramente più informazioni: la distruzione della base operativa di Peacewalker (vista da alcuni come una sorta di schiaffo in faccia al Metal Gear per PsP, e da altri come un sintomo di continuazione diretta della storia), l’apparizione di un personaggio fin troppo simile a Revolver Ocelot, Un ragazzino fluttuante che potrebbe essere Psycho Mantis (ma la cui presenza non torna del tutto a livello di trama), sezioni di gioco action con Snake a cavallo in preda alle allucinazioni, e un misterioso conflitto FOX contro XOF.
Nella parte finale uno Snake invecchiato a bordo di una moto, con un braccio artificiale piuttosto familiare, dice “Diamond Dogs, la nostra nuova casa”, quasi a indicare l’inizio di quel “vero” Big Boss che tutti i fan della saga conoscono.
Difficile dire come verrà gestita la storia, di certo c’è che sarà complessa, come da tradizione Kojima, e che completerà il cerchio conclusosi con Metal Gear Solid 4, salvo sorprese dell’ultimo secondo. E’ logico pensare che, non dovendo sbrogliare una matassa come quella del secondo Metal Gear, questa volta il gioco vanterà fasi di gameplay più ricche e variegate, e meno filmati esplicativi. 
Il resto della presentazione era dedicato al Fox Engine e alle sue potenzialità. Notevoli potenzialità, peraltro.
Il motore è indubbiamente capace di offrire modelli dal realismo impressionante, tanto che, per dimostrarlo, gli sviluppatori in sala hanno mostrato un rendering della sala conferenze di Kojima Productions quasi indistinguibile dalle fotografie reali. Impressionante la validità delle texture e la capacità del Fox Engine di gestire gli indumenti, che facilita di molto il lavoro degli artisti della software house nella creazione di tessuti realistici e modelli di alta qualità. Notevole anche la gestione di effetti atmosferici e luci, sottolineata dal trailer di Ground Zeroes mostrato in passato, riproposto però durante una chiara giornata di sole. Tutto è parso funzionare senza problemi o cali qualitativi di sorta. 
Il fotorealismo sembra essere l’obiettivo primario dei Kojima Productions, è lecito aspettarsi grandi cose dalla prossima generazione. 
Ultima novità, spiacevole per molti fan appassionati, è l’assenza di David Hayter dal gioco. Lo storico doppiatore di Snake è stato sostituito, anche se non è ancora chiaro da chi. Pare che sia il noto attore Kiefer Sutherland la nuova voce, ma il suo ruolo potrebbe essere quello di Ishmael e non del protagonista.

Infinite Crisis

  • Genere:Strategico

  • Sviluppatore:Turbine Inc.

Infinite Crisis ci viene presentato come il punto d'arrivo di un percorso che ha visto i suoi ultimi passaggi nel mondo degli MMORPG. Come sappiamo, infatti, i ragazzi di Turbine sono stati recentemente impegnati su The Lord Of The Rings Online, mondo persistente dedicato alla Terra di Mezzo, che ha saputo raccogliere le attenzioni di un discreto numero di giocatori anche prima del passaggio al modello free to play. Gli sviluppatori, però, sembra vogliano tratteggiare una linea di confine tra quel passato ed un presente a base di azione rapida e ritmi concitati, del resto le lunghe cavalcate da un questgiver all'altro sembrano lontane ora che ci si azzuffa in arene raccolte. 
Per chi non avesse familiarità con genere, infatti, nei MOBA si controlla un singolo personaggio con le sue abilità speciali e lo si guida, in compagnia di altri giocatori, attraverso delle partite competitive che vedono una squadra prevalere sull'altra anche grazie all'aiuto di unità controllate dal computer. La modalità che abbiamo provato a San Francisco ci chiedeva di mantenere il controllo di alcuni punti specifici di una mappa simmetrica, ovviamente a discapito della squadra avversaria, nell'intento di arrivare allo scadere del tempo con il maggior numero di crediti possibile. Per farlo, semplicemente, viene richiesto ai giocatori di posizionarsi sui punti di controllo per il tempo necessario alla cattura, posto che ovviamente gli avversari cercheranno di fare lo stesso. 
Le premesse narrative di Infinite Crisis non sono particolarmente articolate: c'è un cataclisma capace di distruggere ogni universo all'orizzonte e bisogna prevenirlo, tutto qui, anche perché ci è stato detto chiaramente che si tratta più che altro di una scusa per vedere tutti gli eroi DC Comics darsele di santa ragione. I più attenti di voi potrebbero avere apprezzato la complessa storyline dietro ai fumetti dedicati agli universi paralleli, ma possiamo già annunciare ora che non verrà seguita, proprio per mantenere gli eventi il più semplice possibile.
Quello che rimane, comunque, è lo sfruttamento delle possibilità offerte dalla presenza di universi paralleli, il che si traduce nelle versioni alternative di tutti i grandi personaggi DC Comics (al momento annunciati i primi dodici da tre universi). Non solo Batman dunque, ma anche la sua versione vampirizzata e quella steampunk, e lo stesso vale per ogni supereroe o supercattivo. Le differenze, ovviamente, non si limiteranno a riguardare l'aspetto estetico dei personaggi però, visto che a seconda dell'universo di provenienza avremo diversi gameplay: Nightmare Batman sarà un assassino, dall'alto potenziale offensivo, ma poco resistente, mentre Gaslight Batman avrà il focus delle sue capacità nell'interazione con i gadget tipici del suo universo steampunk. 
Una delle caratteristiche sulle quali viene posto l'accento dai Turbine è la possibilità di distruggere le ambientazioni modificandone la struttura. Certo, i sentieri tipici del genere la faranno ancora da padrone, ma la possibilità di crearne di nuovi offre interessanti spunti almeno sulla carta. Sarà possibile, poi, utilizzare degli elementi delle mappe come vere e proprie armi: immaginiamo un personaggio forte come Superman poter sollevare una macchina per lanciarla contro gli avversari, ma sappiamo già che questa capacità potrà essere assegnata anche ad altri eroi a patto di spendere i punti necessari al suo sblocco.
Dal punto di vista tecnico non possiamo dirci completamente soddisfatti da quanto visto a San Francisco, il titolo, previsto al momento solo per PC, non si lascia andare a particolari guizzi qualitativi, restituendo immagini poco dettagliate e, soprattutto, dal tono diverso rispetto a quanto visto nel materiale promozionale. Il clima piacevolmente gotico e cupo delle immagini di Nightmare Batman, per esempio, non si traduce in altrettanta goticità nel gioco, soprattutto a causa di colori molto saturanti. Va detto, però, che siamo appena all'annuncio del titolo ed è lecito aspettarsi non pochi miglioramenti da qui alla data d'uscita fissata per la fine dell'anno.

Call Of Duty:Black Ops 2


  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:Treyarch

     Nel corso degli ultimi anni Activision ha impresso a fuoco il nome Call of Duty sulle mani dei videogiocatori. Alternando annualmente la serie di Modern Warfare con quella di Black Ops le vendite di ogni singola iterazione hanno superato regolarmente le aspettative, infrangendo qualsiasi tipo di record ed entrando di diritto nell'olimpo dei videogame.
    La community tuttavia è spaccata in due fazioni distinte, tra chi idolatra uno degli FPS più venduti nella storia e chi invece non è contento del successo della serie, rea, secondo loro, di proporre regolarmente prodotti dalle caratteristiche sin troppo similari tra loro e scarsamente godibili nelle modalità per giocatore singolo.
    Quest'anno tuttavia il colosso statunitense sembra aver recepito forte e chiaro il messaggio e pensando quindi in prima battuta ai videogiocatori porta sugli scaffali dei negozi un titolo rivisto sotto molti aspetti e, senza tanti giri di parole, davvero completo.
    Tornano così i ragazzi di Treyarch con Black ops II, seguito diretto del primo capitolo, con un prodotto voglioso di uscire dai canoni del genere per proporre nuove idee, virare con piglio deciso al multiplayer competitivo ed accontentare anche chi da COD cerca il solito feeling frenetico di sempre. Un'impresa veramente ardua, riusciranno tutti questi elementi ad incastrarsi tra loro?



    La trama di Black Ops II si sviluppa in due tronconi ben distinti. A fare da miccia al tutto non poteva che essere ovviamente il buon Mason. Non stiamo però parlando di Alex ma di David figlio del protagonista del primo capitolo alle calcagna di Raul Menendez, neo dittatore e capo dell'organizzazione Cordis Dies deciso a riportare l'intero pianeta ad una sorta di equità monetaria, passando ovviamente dalla mera forza bruta per ribaltare gli attuali governi e portare sofferenza nel cuore di tutti coloro hanno segnato la sua vita da giovane, fatta di perdite dolorose e rinunce. La trama, da uno spunto banale come questo riesce a scendere tuttavia in profondità grazie a flashback riusciti, chiari nella narrazione ma in grado , attraverso le azioni del giocatore di modificare in maniera rilevante la storia.
    Il gradito e inaspettato ritorno di Woods servirà come pretesto per farci rivivere alcuni retroscena interessanti e permetterà al contempo al gioco di variare velocemente ed in maniera serrata ambientazione. Sono infatti le parole del veterano, attraverso i ricordi vissuti in prima persona dal giocatore, a narrare gli accadimenti avvenuti negli anni 80 quando lui e Mason combattevano ancora spalla a spalla tra fuoco e piombo. Un dualismo fortissimo già vissuto nel primo capitolo, acuito in questo nuovo episodio dalla sensazione che le menti dei due guerrieri si sostenessero a vicenda per non crollare davanti alle terribili scene di morte costrette a vivere giornalmente.
    Tematiche più profonde e più mature, se lette con cura, rispetto a molti altri FPS sul mercato, in grado di convincerci e rapirci completamente.
    Treyarch ha infatti deciso quest'anno di curare la parte per giocatore singolo in maniera certosina ed oltre alla narrazione curata, la possibilità di saltare da un campo di battaglia all'altro, partendo dalla guerra in Angola a bordo di imbarcazioni, per poi passare a combattere in sella a un cavallo in Afghanistan ed arrivare nel bel mezzo di scontri a fuoco in Nicaragua permette di non annoiare mai il giocatore, rapito da una storia che riuscirà ad amalgamare in maniera molto piacevole i momenti lenti dedicati agli sviluppi narrativi con le azioni di guerriglia serrate. Proprio quando le cose sembrano prendere la solita piega ed il giocatore si sta abituando al susseguirsi degli accadimenti Black Ops II ci fionderà nel futuro, tra palazzi e droidi blindati, dotati di armi in grado di penetrare muri e visori a ricerca di calore, mischiando ancora una volta le carte in tavola ma senza mai far perdere la visione generale delle cose.
    Una varietà che non poteva che far bene alla serie ma inutile da sola a risollevarla da quell'alone di già visto e già fatto che troppo spesso ci ha accompagnato nelle ultime occasioni. A dare manforte in questo senso arrivano le Strike Force: missioni strategiche piazzate a intervalli regolari durante la campagna. In questo ambito potremo controllare tramite una comoda mappa tattica le unità messeci a disposizione e con queste compiere obiettivi differenti, siano questi di difesa di postazioni o di assalto puro. Con pochi semplici click potremo quindi muovere le truppe sulla mappa o entrare nei panni delle stesse, siano essi soldati droni o torrette, per comandarle in prima persona e falcidiare gli avversari.
    Lasciate agire da sole le unità non rispondono sempre a dovere ma se controllate direttamente riusciranno a regalare diverse soddisfazioni. Una gradita aggiunta quindi che tuttavia, a causa appunto di un'IA non sempre certosina, avrebbe meritato più cura per riuscire ad emergere come elemento peculiare della campagna invece che comparire come semplice diversivo.
    La parte del leone va quindi ai finali molteplici che la storyline ci saprà regalare. Questi andranno via via a plasmarsi attraverso decine di scelte che il giocatore dovrà compiere durante l'evolversi della vicenda. Salvare qualcuno da un rapimento per esempio, piuttosto che lasciarlo al suo destino potrebbe variare molto poco la narrazione e non per forza influire direttamente sul finale, laddove magari una situazione meno significativa potrebbe incidere maggiormente sull'intera trama.
    Le scelte non saranno sempre palesate di fronte al giocatore e mentre alcune volte si potrà decidere cosa far accadere semplicemente premendo un determinato tasto, in altre la libera interpretazione sull'azione da compiere diverrà il vero fulcro della decisione.
    Treyarch ha quindi buttato nel calderone un ottimo mix di ambientazioni, decisioni determinanti durante la narrazione, missioni strategiche e diversi finali ottenendo un miscuglio davvero esplosivo che saprà appagare davvero tutti gli amanti degli FPS.
    Dal punto di vista del gameplay non sono state fatte modifiche in grado di stravolgerlo ma nonostante ciò anche in questo contesto si vedono nuove idee. Sono state abbandonate finalmente le sessioni in slow motion dopo l'abbattimento delle porte, ora sostituite spesso e volentieri da cut scene realizzate con il motore di gioco in grado di esaltare ancor di più, e allargate in modo sensibile le mappe di gioco, mettendo da parte finalmente gli annosi corridoi infiniti classici della serie favorendo contemporaneamente azioni ad ampio respiro. I punti di ingaggio così diventano molteplici e le vie percorribili differenti, in senso pratico tutto ciò si traduce nella possibilità di completare le missioni seguendo percorsi diversi, molto spesso cambiando completamente lo stile di approccio alle stesse. Alcune per esempio richiederanno movimenti più "stealth" mentre si potrà sempre optare per l'assalto frontale a mitra spianato, così da cercare di accontentare un numero ancor maggiore di utenti per un risultato finale più che soddisfacente.
    Una volta giunti alla fine della campagna si sbloccherà poi la possibilità di effettuare un rewind delle missioni già completate, modificando scelte fatte in precedenza e rivivendo la storia in modo completamente diverso allungando di molto la longevità della modalità singleplayer che va ad attestarsi a modalità difficile attorno alle sette ore abbondanti.


Quando un gioco vende oltre venti milioni di copie all'anno scegliere di modificarne un elemento in maniera radicale potrebbe significare perdere gran parte dell'utenza affezionata. Treyarch ha quindi deciso di mantenere il solito e ormai ben delineato gameplay per la parte multiplayer evolvendolo tuttavia in maniera sostanziale verso un gioco di squadra migliorato, alla ricerca di quella collaborazione che nei precedenti capitoli veniva messa da parte in favore di una affannosa ricerca dell'uccisione più veloce.
Il metodo migliore per raggiungere questo obiettivo è stato dunque quello di eliminare completamente le killstreak in favore di punti bonus ottenuti non solo per le uccisioni ma anche per gli assist ed il completamento di obiettivi principali e secondari contestuali alla modalità scelta. Catturare una bandiera, piazzare una bomba od evitarne la detonazione garantiscono ora un quantitativo di punti sostanzioso che, sommato a quello ottenuto per le kill, vi permetterà di sbloccare i vari bonus. Questi vanno ovviamente dal classico UAV per spottare gli avversari, al disturbo radar o a casse contenenti bonus casuali, fino ad arrivare a poter controllare devastanti torrette automatiche, elicotteri, Vtol ed anche i temutissimi cani K9. I bonus per gli score streak sono in grado realmente di ribaltare le sorti di una partita ed il loro utilizzo risulta più o meno utile a seconda della modalità a cui state partecipando, garantendo così un ampio ventaglio di scelte nella costruzione della propria build e costringendo i giocatori a tenere aperte sempre due o tre possibilità per potersi adattare al meglio ad ogni evenienza. Tutto ciò è possibile grazie alla nuova struttura senza classi del multiplayer. Ora ogni giocatore avrà a disposizione dieci slot di equipaggiamento, da riempire come meglio crede.
Ad esempio sarà possibile selezionare l'arma primaria e rimuovere completamente quella secondaria, liberando così uno slot per aggiungere un ulteriore attachment al fucile, o ancora rimuovere le granate per poter equipaggiare perk aggiuntivi tramite le apposite wild card.
I perk, divisi in tre rami, racchiudono più o meno tutti i bonus già visti in passato, senza particolari novità in grado di stravolgere le opzioni di gioco.
Tutta questa libertà si riflette anche nel comparto armamenti, laddove ora ogni singolo fucile ha la propria barra di esperienza, con i relativi livelli, e sblocca con questa ulteriori gadget e migliorie tra mirini ottici silenziatori o caricatori supplementari. Si potrà ora quindi raggiungere il prestigio anche con le armi per sbloccare ottiche sempre più potenti, in maniera del tutto separata rispetto ai progressi fatti con il proprio account.
Tutta una serie di feature quindi che se sommate tra loro danno l'idea di quanta malleabilità ci sia nel sistema di gioco e quanta libertà di personalizzazione sia stata lasciata al giocatore, che potrà passare decine e decine di ore sul titolo solo per poter trovare la combinazione a lui più congeniale.
Le modalità disponibili richiamano fortemente quelle del primo Black Ops, con l'aggiunta di alcune opzioni viste in Modern Warfare 3 come ad esempio la riuscitissima Kill Confirmed, a nostro modo di vedere una delle migliori aggiunte dell'intero pacchetto. Non mancano ovviamente i vari Dominio o cattura la bandiera, deathmach a squadre o assalto e difesa per una completezza senza precedenti. A questo si aggiungono modalità particolari come Gun Game o Uno in canna.
Sebbene le mappe non raggiungano le dimensioni di Battlefield 3, gli sviluppatori hanno optato quest'anno per regalare ai player zone di guerra più vaste, con punti da difendere sempre con almeno tre punti di accesso e sviluppate sia in larghezza che in verticale. Non sono stati rimossi ovviamente gli scontri nei corridoi o le sparatorie a corto raggio ma ora gli amanti degli appostamenti saranno in grado di trovare diversi spot interessanti in quasi tutte le mappe di gioco.
Per tutti gli amanti delle sfide competitive, Activision ha poi messo in piedi un sistema di ranking internazionale attraverso partite classificate online, da poter sfruttare sia in solitaria sia con un team precostituito di amici e siamo sicuri che gli eventuali sviluppi del sistema, con il giusto supporto da parte della società potrebbero dare nuova visibilità a COD nelle competizioni di alto livello.

giovedì 28 marzo 2013

Assassin's Creed 3

 
  • Genere:Action-Adventure

  • Sviluppatore:Ubisoft

Forte dell'esperienza maturata con i numerosi capitoli della serie rilasciati su PC, Playstation 3 e Xbox 360, la software house francese chiama a raccolta i propri ingegneri e mette a punto un nuovo motore di gioco, denominato AnvilNext, al fine di provare a dare vita al miglior Assassin's Creed di sempre, almeno sotto il profilo tecnico.
Già su console questa volontà si può facilmente riscontrare guardando la cura riposta dal team di sviluppo nella realizzazione degli scenari di gioco, nei modelli poligonali e dalla quasi totale assenza di aliasing sia su personaggi sia su elementi secondari. Tutta questa ricchezza di dettagli, però, rende difficile alle console attuali il mantenimento di un frame rate costante, e la mancanza di un cap massimo per quest'ultimo porta al verificarsi di scene in cui il numero di fotogrammi per secondo raggiunge addirittura i 45-50, abituando ad una determinata fluidità nello svolgimento della scena, per poi crollare a minimi di 15-20 soprattutto nelle zone più affollate. Inutile dire come la differenza tra queste due situazioni sia tangibile, e sebbene non compaiano episodi significativi di tearing non si può di certo avere un'esperienza di gioco ottimale.


Passando su PC, però, le cose cambiano radicalmente. Utilizzando soprattutto le ultime schede video di ultima generazione, grazie soprattutto al supporto alle DirectX 11 e al Tessellation, la qualità complessiva e l'intera esperienza di gioco ne risentono molto positivamente. Aprendo il menu impostazioni è infatti possibile recarsi nelle opzioni video dalle quali impostare la qualità complessiva dell'ambiente, delle texture, delle ombre e il diverso grado di antialiasing. In quest'ultimo caso il titolo permette di impostare il semplice FXAA o, se proprio si vuole un'eccellente resa grafica, puntare verso il TXAA. Quest'ultima variante, esclusiva delle schede NVIDIA Kepler serie 600, permette all'utente di beneficiare di un antialiasing molto più efficace dell'FXAA o dell'MSAA senza però dover richiedere un eccessivo sforzo alla GPU. Non che Assassin's Creed III ne abbia dopotutto bisogno, visto che il lavoro realizzato da Ubisoft risulta pressoché esente da qualsiasi tipo di scalettature su personaggi - primari e non - o edifici. 

A svolgere un lavoro ancora più grandioso è invece il supporto alle librerie DirectX 11, che, unito a quello della Tessellation, offre all'utente delle texture complessivamente ottime, degli scenari davvero mozzafiato e una realizzazione di acqua e neve a dir poco eccellente. Chiunque abbia già provato Assassin's Creed III può infatti notare l'ottima fattura di questi ultimi due elementi. Prendere parte a battaglie navali con il mare in tempesta riesce a far scorrere dei brividi lungo la schiena tanto la scena risulti verosimile, e la bontà nella resa della neve può portarvi a sguazzarvici per diversi minuti, strabiliati dall'estremo realismo apportato anche da un sonoro all'altezza, che riporta fedelmente il rumore dei fiocchi calpestati e compressi dai passi.
Non mancano purtroppo alcune problematiche minori. Più volte si sono verificati infatti episodi di fastidiose e talvolta esilaranti compenetrazioni poligonali, che hanno visto alcuni NPC incastrarsi in muri a gambe all'aria, complice forse un ragdoll non totalmente eccellente. Sporadici anche alcuni episodi di pop up, con oggetti dello scenario che comparivano improvvisamente in lontananza, o di improvvisa scomparsa di alcuni nemici - ancora prima che cadessero a terra - subito dopo averli aggrediti con un colpo mortale.


Nonostante tutto, però, queste piccole imperfezioni non compromettono assolutamente l'intera esperienza di gioco, dato che  questa versione riesce a mantenere un frame rate nel complesso solido e stabile, eccetto nella zona di Boston in cui molti giocatori hanno verificato una significativa ma non grave diminuzione della frequenza di fotogrammi. Un episodio comunque più che giustificabile, considerato l'estensione della cittadina e del numero di dettagli che compaiono a schermo.
Buono il doppiaggio, anche se, come sottolineato in sede di recensione Playstation 3 e Xbox 360, non convince totalmente sul lato emotivo. Piuttosto deludente invece la qualità dei sottotitoli localizzati in italiano, con alcuni errori di battitura e qualche cantonata presa durante la fase di traduzione davvero grossolana.

Crysis 3

 
  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:Crytek

Riuscire a creare un titolo capace di spremere a fondo tutte le piattaforme a propria disposizione non è cosa da poco. La diverse architetture e le caratteristiche peculiari di ognuna spesso comportano un lavoro notevole agli sviluppatori, i quali devono progettare al meglio il proprio prodotto e cercare di garantire un comparto tecnico all'altezza, permettendo comunque un'esperienza di gioco fluida e non inficiata dai limiti della macchina in questione. Su PC il problema si mostra solo in parte, in quanto questo tipo di piattaforma assiste a un'evoluzione pari quasi a un passaggio di generazione in tempi brevissimi, mentre su console è molto più frequente, sia all'inizio quando bisogna approcciarsi alla nuova soluzione hardware, sia alla fine, quando, appunto, si hanno tante idee per creare un prodotto titanico ma bisogna studiare al meglio le proprie possibilità e, a volte, saper rinunciare a qualcosa.
Crytek è una software house che, nel corso del tempo, è riuscita a sfornare prodotti di altissima qualità, riuscendo a bilanciare al meglio giocabilità e spettacolarità. Basti infatti pensare al primissimo Crysis rilasciato nel lontano 2007 come esclusiva PC - e ora disponibile anche in digital delivery su Playstation Network e Xbox Live - che lasciò strabiliati moltissimi utenti per la grafica mozzafiato, tutt'oggi ancora invidiata da moltissime produzioni. A questa prima iterazione ne seguì una seconda, anch'essa valida, fino ad arrivare al terzo capitolo, Crysis 3, disponibile da meno di una settimana in tutti i negozi italiani.


Next-gen anyone?
L'ultima produzione Crytek lascia, come previsto, ampia libertà di scelta agli utenti PC. Il motore di gioco presente, il CryEngine 3, è totalmente scalabile e consente a qualsiasi utente di provare sulla propria macchina il titolo con un frame rate più che accettabile. Le opzioni regolabili sono una miriade, ed è possibile impostare un preset definito dagli sviluppatori oppure modificare a proprio piacimento ombre, post processing, filtro anisotropico, qualità texture e riflessi, oltre ovviamente al blur e ai settaggi secondari.
Durante la nostra prova abbiamo giocato su una configurazione di fascia media, che comprendeva un processore Intel Core i5-3750K overcloccato a una frequenza di 4,2 GHz e una scheda video MSI GeForce GTX560Ti, e lasciando le impostazioni su "Elevato" siamo riusciti a provare con un frame rate che oscillava tra i 40 e i 50 frame per secondo a una risoluzione di 1920x1080 pixel, senza drop di sorta che rendessero impossibile giocare e con sporadici picchi di 60 FPS. La variazione della frequenza, comunque, non si rivela un grandissimo problema, in quanto a differenza di molti altri titoli Crysis 3 non presenta in maniera accentuata il tanto odiato fenomeno del tearing (e va da sé che non si verifica affatto se si gioca il titolo su una configurazione di fascia alta e se si attiva il V-Sync, meglio se adattivo).
Il lavoro di ottimizzazione si rivela dunque più che buono, anche se va mossa una critica per quanto riguarda la fisica di gioco nel primo livello. Come segnalato da MaLDo, noto e abile modder dei titoli della serie Crytek, nella prima ambientazione il movimento delle corde presenti sul soffitto provoca un calo di frame rate, inspiegabile e non indifferente, anche nelle configurazioni più performanti. Un problema che, con buone probabilità, verrà celermente corretto grazie al rilascio di una patch futura. Per i restanti livelli, tuttavia, non si sono rivelati particolari problemi.

Senza essere di parte, si può oggettivamente ritenere che la versione PC sia la migliore tra le tre presenti. Se su Playstation 3 e Xbox 360 eravamo rimasti a dir poco esaltati dalle ambientazioni, qui l'effetto è stato ancora più impressionante: la maggiore caratterizzazione dei paesaggi, le texture in alta definizione senza alcun ritardo nei caricamenti, l'illuminazione dinamica capace di farvi muovere la telecamera a vuoto negli spazi aperti per diversi attimi data la sua bontà, e la totale assenza di aliasing - favorita peraltro da un ampio ventaglio di impostazioni - sono tutti elementi che rendono Crysis 3 una vera e propria opera d'arte videoludica da giocare almeno una volta. 
Una cura certosina nella realizzazione del setting potrebbe far pensare a una scarsa resa e modellazione poligonale dei comprimari. Niente di più sbagliato: in Crysis 3 i volti dei personaggi - primo su tutti quello di Psycho, il nostro compagno - paiono quasi reali, e spesso sembra di vedere un film realizzato in CGI tanto il comparto tecnico si rivela di eccelsa fattura. 
Passando al comparto sonoro, il doppiaggio in italiano non si rivela particolarmente brillante, specialmente nelle prime fasi di gioco, e se ne avete la possibilità il nostro consiglio è quello di optare per le voci in lingua inglese che rendono molto più apprezzabile il titolo. Nulla da eccepire, invece, per quanto riguarda gli effetti audio, come esplosioni o sparatorie, godibili sicuramente con una buona dotazione hardware, e le musiche di sottofondo, alcune delle quali davvero ben realizzate e all'altezza del prodotto a cui fanno da contorno.

mercoledì 27 marzo 2013

Starcraft 2:Heart of The Swarm

  • Genere:Strategico

  • Sviluppatore:Blizzard

     

    Heart of the Swarm parte poco dopo la conclusione di Wings of Liberty. Dopo un’odissea galattica che l’ha portato a vincere dozzine di battaglie apparentemente impossibili, Jim Raynor è riuscito a riabbracciare Sarah Kerrigan e a eliminare quasi completamente le influenze Zerg che la dominavano. L’ex regina delle lame, tuttavia, non ha dimenticato il responsabile di tutte le sofferenze patite: Arcturus Mengsk, imperatore dei Terran. Rinchiusa temporaneamente per precauzione dal figlio del suo nemico mortale in un laboratorio di ricerca, Sarah si trova coinvolta in un attacco del dominio proprio durante l’ultimo giorno di test. E’ l’inizio di una lunga strada verso la vendetta che la porterà di nuovo ad assumere il controllo dello sciame.
    La narrativa della “seconda parte” di Starcraft II ha un tono molto più dark rispetto a quanto visto in Wings of Liberty, e come nel predecessore è sorretta quasi totalmente dai personaggi coinvolti, Kerrigan in primis. La regina delle lame è indubbiamente una delle protagoniste femminili più carismatiche, riconoscibili e forti in circolazione, ma i suoi tormenti e i dilemmi morali che si trova ad affrontare non bastano a sollevare una trama piuttosto blanda. Gli sceneggiatori di Blizzard non hanno voluto addentrarsi eccessivamente nell’oscurità della protagonista, e sono andati sul sicuro con un intreccio abbastanza prevedibile. Tutto scorre comunque con piacere, grazie anche all’ottimo lavoro dei doppiatori e all’azzeccato cast, eppure fino alla fine rimane l’impressione che si sarebbe potuto fare di meglio. La campagna inoltre non presenta i bivi visti in Wings of Liberty, e gli eventi vissuti mutano solo marginalmente a seconda delle scelte fatte nella precedente avventura. E’ chiaro come il team di sviluppo abbia optato per una singola linea temporale, così da introdurre più facilmente gli eventi di Legacy of the Void, il futuro capitolo conclusivo della saga. 


    Il cambiamento è forza
    A livello di gameplay fondamentale nulla è cambiato in Heart of the Swarm, ma nella struttura della campagna i mutamenti sono stati enormi. Wings of Liberty proponeva numerose missioni dalla struttura classica, intervallate da fasi nelle quali si controllavano vari eroi e da battaglie miste. In Heart si è voluto invece concentrare tutto proprio sugli eroi, inserendo un personaggio eroico praticamente in ogni singola missione principale. Miss Kerrigan sarà chiaramente il fulcro delle vicende, e le sue abilità vi accompagneranno per il 90% della campagna. Per questo motivo di missione in missione sarà possibile evolvere le abilità dell’eroina in un comodo menu di sviluppo, che permette di selezionare a piacere svariati poteri attivi e passivi utilizzabili in combattimento. Si va da semplici attacchi diretti a evocazioni di mostri enormi, e salendo di livello Kerrigan non ci mette molto a divenire una forza della natura.  
    La presenza costante della protagonista dà a Heart una struttura parzialmente accomunabile a quella di Warcraft 3: senza creep neutrali e livelli che salgono durante i compiti, ma con il giocatore che viene spinto a muovere il grosso della sua armata sempre in compagnia di un personaggio eroico, in modo da avere un costante vantaggio nelle battaglie. 
    Le missioni congegnate da Blizzard sono di prima categoria, vantano una varietà superlativa e ravvivano continuamente l’esperienza offrendo con costanza nuove situazioni, obiettivi extra e qualche eroe alternativo dotato di abilità uniche. La difficoltà in normal è, purtroppo, eccessivamente bassa, anche per via di consigli fin troppo precisi che indicano sempre al giocatore come agire. Ad ogni modo in Hard e Brutale la sfida cresce sensibilmente, al punto da poter divertire persino i giocatori più esperti. 
    Non è solo Kerrigan a evolversi durante la campagna, gli Zerg sono infatti una razza che fa del continuo adattamento la sua forza, e in Heart of the Swarm gli sviluppatori hanno pensato bene di dimostrarlo introducendo la fossa evolutiva, una zona del gigantesco Leviatano che fa da quartier generale alla protagonista e ai suoi comprimari ove è possibile modificare le unità a disposizione degli xenomorfi. La fossa funziona in modo simile all’armeria vista in Wings of Liberty, e permette di selezionare uno tra più potenziamenti per ogni creatura, una volta sbloccata. Non finisce però qui, sono infatti disponibili anche delle missioni evolutive, atte a introdurre delle speciali mutazioni mutualmente esclusive delle unità primarie, e a farle testare al giocatore prima di scegliere quale utilizzare.
    L’idea è interessante, ma non perfettamente riuscita, poiché le missioni evolutive sono in realtà semplici assalti lineari la cui unica reale funzione è quella di essere una breve dimostrazione delle capacità degli xenomorfi evoluti. Si potevano congegnare situazioni più curiose per sbizzarrirsi con le nuove evoluzioni Zerg. 


    Into the multiplayer void
    Contrariamente alla campagna singleplayer, che offre dozzine di nuove mutazioni e unità, il multiplayer ci va molto più piano con le new entry. La motivazione è tanto semplice quanto importante: Starcraft 2 ha fatto del bilanciamento uno dei suoi principali punti di forza, arrivando a raggiungere una percentuale di vittorie quasi equamente divisa tra le tre razze utilizzabili dai giocatori, e una finezza tattica irraggiungibile per ogni altro sfidante tra gli rts. Un tale equilibrio è ammirevole, ma come ogni cosa finemente levigata e delicata può cadere in pezzi con un tocco, anche il bilanciamento del gioco può disintegrarsi con l’introduzione di un paio di nuove unità, o con la modifica di alcuni valori. Per evitare stravolgimenti eccessivi, Blizzard ha lavorato a stretto contatto con la community competitiva, analizzando nel dettaglio i dati della beta per inserire al meglio le truppe aggiuntive, ed è arrivata al punto di eliminare in toto alcune novità eccessivamente potenti (come i Warhound per i Terran) o modificare alcune abilità troppo utili. I sopravvissuti di questo processo selettivo sono due unità extra per Terran e Zerg, e tre novità per i Protoss. Potrà sembrare poco, ma in realtà vi assicuriamo che queste truppe fresche hanno mutato completamente il metagame, portando i giocatori esperti a congegnare quasi istantaneamente nuove strategie. I Terran hanno acquisito le Widow Mine, fastidiosissime mine dal raggio limitato che attaccano con proiettili esplosivi dopo essersi sotterrate e sono diventate la base di molte nuove tattiche, e gli Hellbat, fanteria dotata di lanciafiamme che può trasformarsi partendo dagli Hellion e risulta incredibilmente efficace contro le unità leggere. I Protoss hanno invece acquisito nuovi velivoli con il Tempest, caccia a lungo raggio inizialmente concepito come sostituto della Carrier, l’Oracle, utile unità rivelatrice particolarmente efficiente nel fare harass, e il Mothership Core, una nave madre incompleta dotata di abilità validissime, che può venir upgradata nella sua forma finale a partita inoltrata. 
    Gli Zerg, contrariamente alle aspettative, escono dall’espansione con solo una coppia di nuove unità di spicco, il Viper, un caster volante che può accecare le unità nemiche impedendogli di sparare o attirarle a se, e lo Swarm Host, un pericoloso xenomorfo in grado di generare continuamente locuste. 
    Con le aggiunte da tenere in considerazione, la software house ha messo mano a molti dei potenziamenti e delle unità preesistenti, stravolgendo il gameplay quanto basta da distinguere Heart da Wings of Liberty tanto quanto Brood War si distingueva dal primo Starcraft. Si iniziano già ora a levare le solite voci che ritengono troppo efficaci i postbruciatori piazzati sui Medivac Terran, eccessivo il danno degli Oracle, o esagerata la velocità d’espansione Zerg, ma è ordinaria amministrazione. Siamo davanti a un gioco che riesce ad essere fin dall’uscita estremamente ben bilanciato e che sarà ritoccato di continuo in base alle scoperte dei giocatori. I pro possono stare tranquilli. 
    I ragazzi di Blizzard non si sono poi limitati a un perfezionamento del gameplay pensato esclusivamente per i giocatori di alto livello. Heart of the Swarm contiene molteplici trovate per favorire l’apprendimento delle meccaniche ai neofiti. Oltre alla campagna, che funziona discretamente bene da introduzione alle basi, Sono state inserite opzioni di addestramento divise in fasi nel menu multigiocatore. Queste introducono i novellini alle build order, consigliando come e quando produrre le unità e le strutture fondamentali. Ottima mossa, che unita ai cambiamenti apportati ai ranking (ora si entra più facilmente nella lega argento) rende meno traumatico il primo impatto con il multiplayer. 
    Se invece proprio non doveste riuscire a trovare un posto nel duro mondo delle competizioni online, per voi c’è sempre l’Arcade, un magico luogo di fuga ove Starcraft si trasforma in una miriade di giochi diversi. La comunità Blizzard è pur sempre una delle più nutrite e attive in assoluto, pertanto non stupisce che, dopo qualche anno di attività, abbia sfornato dozzine e dozzine di ottime mod amatoriali e non. Bazzicando in Arcade si ha a che fare con sottogiochi spesso geniali, tra cui vi sono addirittura giochi di carte, dota-like modificati e un simil mmo. L’online competitivo proprio non vi piace? Potrete tranquillamente perdere ore e ore qui, o dedicarvi al complesso editor del gioco e creare la vostra mappa personalizzata.
    Tornando momentaneamente alle funzioni dedicate alle sfide in rete, Blizzard ha pensato bene di ampliare notevolmente gli aspetti social di Battle.net in game con l’introduzione dei club. In pratica, tramite una comoda finestrella, potrete visionare in qualunque momento i club più influenti, e dividerli in base alla lingua. A quel punto potrete unirvi a uno qualunque di questi gruppi di giocatori a seconda dei vostri interessi, e utilizzarli come hub sociali per organizzare partite e quant’altro.  Nel gioco sono presenti anche i clan, gruppi più minuti che attualmente hanno funzioni simili ai club, ma guadagneranno numerose chicche con il passare del tempo. 
    Ultime, ma non per importanza, novità introdotte sono il global play e i replay interattivi. Sì, avete capito bene, nel caso abbiate sempre sognato di venir massacrati dai migliori giocatori coreani, americani e cinesi ora potrete buttarvi nel tritacarne senza problematiche di sorta. I replay dal canto loro hanno subito una modifica minore, ma comunque molto gustosa per i giocatori veterani. Sarà infatti possibile vederli con un amico e interromperli in qualsiasi momento prendendo il controllo dei giocatori coinvolti. Un utile modo per affrontare le situazioni in cui si sono venuti a trovare i professionisti più noti durante i tornei (ovviamente ogni interruzione dovrà essere contro un altro giocatore umano, l’I.A. non prenderà il controllo dell’avversario).
    E’ una bella serie di modifiche, che amplia ulteriormente il già notevole spettro di Starcraft II online, tuttavia troviamo ancora piuttosto limitante il non poter visionare in tempo reale una lista delle partite in corso o l’assenza di un sistema che raccoglie i replay di alto livello interno al gioco. Vero che i siti dedicati ai replay del titolo non mancano, ma dopo aver visto l’impressionante Spectator Mode di Dota 2 ci aspettavamo cambiamenti più rivoluzionari da questo punto di vista.


Sniper:Ghost Warrior 2


  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore: City Interactive

    Il genere degli sparatutto è probabilmente quello che è prosperato maggiormente durante l’ultima generazione di console. Ogni anno vengono rilasciati numerosi fps e, se da una parte alcuni brand possono contare su un pubblico fortemente fidelizzato che non aspetta altro che il nuovo capitolo annuale della sua serie preferita, altri sviluppatori hanno deciso di guardare altrove, offrendo esperienze diverse dallo sparatutto veloce e adrenalinico giocato prevalentemente online. È questo il caso della serie Sniper: Ghost Warrior, che con il suo focus particolare sulla figura del cecchino si rivolge a quella nicchia di utenza amante degli appostamenti e degli headshot da lunga distanza. Dopo quasi tre anni dall’uscita del primo capitolo, City Interactive ci riporta nel pieno dell’azione con Sniper: Ghost Warrior 2. Il primo capitolo si era rivelato un buco nell’acqua, vediamo insieme se gli sviluppatori hanno saputo sfruttare a dovere questa seconda chance.


    La campagna single player prende il via nelle Filippine, dove impersonando il capitano Cole Anderson siamo sulle tracce di un gruppo di terroristi controllato da un pericoloso trafficante d’armi. In un assalto a un laboratorio chimico dislocato in Siberia, i malviventi sono entrati in possesso di una pericolosa arma biologica, con l’intento di venderla sul mercato nero al miglior offerente. Il nostro compito è ovviamente quello di impedire che avvenga tale scambio, recuperare la refurtiva e, nel caso, eliminare il capo dell’organizzazione. Il pretesto dell’arma rubata non è certo uno dei più originali, ma ha il pregio di portarci in giro per il mondo, permettendo di ambientare i tre atti di cui è composta la campagna in tre differenti location ognuna con caratteristiche uniche.
    Come detto si parte dalle foreste e dalle grotte umide e selvagge delle Isole Filippine, per poi arrivare in una Sarajevo distrutta dal conflitto balcanico dei primi anni novanta e concludere con una sessione ambientata tra i pendii e i santuari buddhisti del Tibet. Nonostante l’incursione nel 1993, il gioco è ambientato ai giorni nostri, ma il flashback nei Balcani avrà il suo peso nella narrazione dei fatti odierni. Peso che tuttavia è ben lungi dall’essere accettabile. La campagna infatti è lunga sei ore scarse e la trama non è altro che un blando collante tra le dieci missioni da cui sono costituiti i vari atti. I personaggi di entrambi gli schieramenti sono poco caratterizzati e la storia manca completamente di ritmo e mordente, risultando piatta, poco ispirata e con un finale decisamente frettoloso e sbrigativo.
    Essendo doppiato in inglese e sottotitolato in italiano, follow me sarà una delle frasi che sentirete maggiormente durante le vostre sessioni di gioco. Il problema principale del titolo, infatti, consiste nella presenza costante al nostro fianco di un collega. Avere un partner controllato dall’intelligenza artificiale nella maggior parte dei casi ha portato i giocatori a lamentarsi della scarsità della stessa, ma in questo caso gli sviluppatori polacchi hanno deciso di invertire le parti, facendo impersonare a noi il ruolo di spalla a supporto delle azioni del compagno. Qui nasce il problema: per la quasi totalità del gioco ci troviamo a prendere ordini da un leader, privati di qualsiasi libertà di azione. Se a questo aggiungiamo scene scriptate e un level design ripetitivo fatto da un susseguirsi di lunghi corridoi e spazi più ampi, si capisce subito perché Sniper: Ghost Warrior 2 sia riuscito particolarmente bene. Ribaltare sul giocatore il ruolo di spalla snatura completamente il titolo, togliendogli l’approccio tattico e strategico necessario per rendere profondo e appetibile un prodotto di questo genere. Avere una figura che indica di continuo l’ordine in cui uccidere i nemici, quando camminare, quando fermarsi e dove appostarsi rende inutile l’utilizzo dei vari binocoli, visore notturno e visore termico che invece avrebbero dovuto essere messi a disposizione del giocatore per pianificare in autonomia la migliore strategia offensiva.
    Una volta che ci si trova appostati con il fucile in mano non si può negare l’ottima realizzazione delle fasi shooting: la balistica è realizzata a dovere e la kill cam dà le sue soddisfazioni. Nelle sparatorie dalla media distanza invece dobbiamo assicurarci di agire in fretta per evitare gli scontri ravvicinati, in quanto bastano uno o due proiettili per ridurci in fin di vita. Altra nota dolente è l’intelligenza artificiale dei nemici, che spesso non si accorgono di un collega ucciso nelle vicinanze o dei rumori provocati dai nostri spostamenti.
    Oltre alla campagna in singolo è presente il multiplayer, che offre la possibilità di giocare partite in team deathmatch con un massimo di dodici giocatori. Vista la scarsa longevità del singleplayer ci aspettavamo qualcosa in più sotto questo profilo, soprattutto per la presenza di due sole mappe. Inoltre, vista la quasi costante presenza di un compagno di supporto durante l'avventura, una modalità cooperativa non sarebbe stata una cattiva idea.


    Dal punto di vista tecnico, Sniper: Ghost Warrior 2 non brilla per la sua realizzazione. Sebbene venga impiegato il CryEngine 3 che abbiamo visto magistralmente all’opera in Crysis 3, il risultato ottenuto dagli sviluppatori è piuttosto altalenante. A livello grafico alcune location sono risultate di sicuro impatto e anche l’effetto dell’acqua ci ha sorpreso. Dall’altra però i City Interactive hanno dimostrato che un potente engine non basta se non lo si sa programmare a dovere. Le differenze tra questo titolo e il già citato prodotto di Crytek sono abissali, in primo luogo nelle cut scene di qualità bassissima. I volti dei personaggi e le mimiche facciali durante i dialoghi sono da rivedere e anche gli effetti particellari non sono all’altezza delle potenzialità del motore a disposizione. Inoltre abbiamo riscontrato anche dei fastidiosi problemi di pop-up di texture e oggetti nello scenario.
    La cosa che più di tutti ha sofferto è stata la vegetazione, fondamentale in un titolo stealth come questo in cui muoversi furtivi da un cespuglio all’altro è l’unico modo per guadagnare la migliore posizione per un appostamento senza farsi scoprire anzitempo. Piante e cespugli hanno texture poco curate, e rami in continuo movimento rendono difficile capire se si è effettivamente al riparo dallo sguardo dei mercenari in zona. Per quanto riguarda il frame rate non abbiamo incontrato problemi, ma dobbiamo specificare che abbiamo giocato la versione PC del gioco con una configurazione medio-alta, probabilmente la migliore presente sul mercato. Infatti come spesso capita in questi periodi a cavallo tra due differenti generazioni di console, sempre più titoli vedono nella controparte PC quella con la migliore realizzazione tecnica e non siamo in grado di esprimere giudizi grafici sulle versioni per console.
    Il comparto audio non spicca per qualità e porta con sé un costante problema di regolazione dei volumi. Gli effetti ambientali sono troppo bassi quando si parla di esplosioni o crolli, mentre sono troppo pronunciati i rumori provenienti dalla vegetazione: gli stagni e gli acquitrini filippini sono pieni di insetti tediosi il cui ronzio troverete velocemente insopportabile.

Transistor

  • Sviluppatore:Supergiant Games

  • Data uscita:TBA 2014

Se l'impostazione stilistica di Bastion stava sospesa a metà tra un coloratissimo gioco di ruolo fantasy e una fiaba d'infanzia raccontata su spesse pagine di cartoncino, quella di Transistor vira chiaramente verso lidi diametralmente opposti. E' infatti sufficiente una rapida occhiata al trailer di debutto per intuire che con Transistor i ragazzi di Supergiant hanno deciso di seguire il filone sci-fi, proponendo un setting chiaramente futuristico composto da enormi grattacieli fatti di luci al neon e ombre che si rifrangono sulle strade della città di Cloudbank. Il mondo di Transistor appare chiaramente affascinante, ma è altrettanto palese che a ribollire sotto la superficie della metropoli c'è qualcosa di molto oscuro, qualcosa che sta cercando di mettere a tacere “le voci più influenti della città” una dopo l'altra. Questo, almeno, è quanto traspare dal primo filmato che abbiamo avuto modo di visionare.
In un quadro che appare ancora piuttosto caotico e misterioso si colloca la storia di Red, la protagonista femminile dai capelli rossi e occhi azzurri di cui vestiremo i panni nel gioco. La linea narrativa di Transistor vedrà Red impossessarsi (probabilmente in fase di incipit) di un'arma potentissima presa a un gruppo di loschi assalitori che stavano tentando di ucciderla con la stessa. Questa spada dotata di poteri straordinari accompagnerà la nostra protagonista dall'inizio alla fine della sua avventura, atta a dissipare le fitte nebbie che aleggiano attorno alla città di Cloudbank e all'arma medesima.
E' necessario sottolineare che Transistor non utilizzerà la narrazione dinamica vista in Bastion, sebbene avremo comunque modo di sentire nuovamente la voce profonda di Logan Cunningham (Rucks) nel nuovo titolo.



Se dal punto di vista narrativo Transistor sembra volersi allontanare parecchio da quanto visto nel suo predecessore spirituale, non si può dire esattamente la stessa cosa del gameplay. Il titolo è stato classificato dagli stessi sviluppatori come un action-RPG e, grazie al materiale rilasciato finora, appare chiaro che il giocatore avrà modo di controllare Red osservandola da una visuale isometrica costantemente incollata agli spostamenti del personaggio.
La rossa protagonista del titolo potrà utilizzare la sua arma per scatenare attacchi ravvicinati e dalla distanza, cosa che le tornerà molto utile visto che i nemici spazieranno come sempre da quelli più grossi e lenti a quelli piccoli ma molto veloci. E a proposito di velocità, Supergiant Games ha già fatto capire che il gameplay di Transistor vanterà un ritmo molto più spedito di quello cui ci aveva abituato in passato. Anche qui abbiamo visto come Red sarà in grado di muoversi nelle svariate stanze, a volte anche teletrasportandosi direttamente da un punto all'altro, per eseguire attacchi ranged e melee che si concludono veramente in un baleno. La protagonista porta la spada al fianco reggendola con entrambe le braccia, per cui si ha l'impressione che a malapena riesca a sollevare quella lama enorme. Poi all'improvviso, quando si tratta di far fuori gli umanoidi nemici, Red ci mette un attimo a far volteggiare la sua lama nell'aria, piantarla nel pavimento sotto i suoi piedi e lanciare raggi colorati verdi e blu in direzione dei nemici.
Resta da capire come sarà strutturato l'incedere del gioco: se sarà presente un hub da cui accedere alle varie aree del mondo come per Bastion, o se invece qui si avrà un andamento lineare senza interruzioni di sorta. Speriamo comunque che Transistor troverà qualche variazione sul tema nella sua formula, così da ovviare a uno dei pochissimi problemi del primo titolo di Supergiant: quella leggera ripetitività che si avvertiva quasi alla fine del gioco dopo un andirivieni forse eccessivo dai bastioni. Punti di domanda anche per quanto riguarda la crescita del personaggio (e immaginiamo dell'arma), anche se in questo frangente non ci dispiacerebbe affatto rivedere la struttura semplice ma ben ponderata di Bastion.



Il lato artistico e tecnico di Transistor non sembra aver intenzione alcuna di tradire le aspettative dei fan e il buon nome dei membri di Supergiant Games. Il lavoro messo su da Jen Zee e Camilo Venegas lascia piacevolmente impressionati già dal trailer, con una grande attenzione ai dettagli nei disegni delle stanze e soprattutto negli stessi lineamenti della protagonista, per non parlare di un mix di colori che trasmette già da solo l'idea di sci-fi grazie a sfumature che spaziano dal verde acqua delle finestre dei grattacieli al giallo paglierino dei riflettori della città.
Anche sul fronte audio c'è da dormire sonni tranquilli. Il responsabile di “Build that Wall (Zia’s Theme)”, quel brano che ha assicurato a Supergiant Games il premio per la "Miglior Canzone in un Gioco" ai Video Game Awards di due anni fa, è ancora a bordo della nave e pronto a tornare con ritmi futuristici ancora tutti da scoprire. Un ottimo assaggio, però, potete già gustarvelo drizzando le orecchie al suono del primo trailer rilasciato e quindi anche alla voce della splendida Ashley Barrett.

Metro:Last Light


  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:4A Games

      Lo sfaldamento di THQ ha sparso sul mercato tutte le sue proprietà intellettuali. Si tratta di un portfolio puntellato di prodotti interessanti che, rapidamente, è stato preso d'assalto dalle aziende più intraprendenti. La tedesca Koch Media, tra le altre, ha saputo muoversi con maestria investendo in alcuni titoli tra i più apprezzati del fu publisher statunitense, titoli tra i quali ricopre un ruolo di primo piano Metro: Last Light, opera dei ragazzi ucraini di 4A Games seguito di quel Metro 2033 che ha saputo conquistare molti estimatori. Durante un recente evento organizzato nella capitale britannica, abbiamo potuto sederci davanti ad un PC e passare una buona oretta in compagnia di Metro: Last Light, per poi scambiare le nostre impressioni con gli sviluppatori e con Dmitry Glukhovsky, la mente dietro agli eventi raccontati nel titolo. 


    Questione d'atmosfera 
    Prima di sederci alla postazione di gioco sapevamo di poterci aspettare un titolo di un certo livello, sia dal punto di vista tecnico, che da quello narrativo e di gameplay. Le primissime immagini a schermo, infatti, hanno saputo tenere testa alle nostre aspettative regalandoci un primo impatto veramente di spessore. La produzione 4A Games si propone come una delle più curate a livello grafico, grazie ad una minuziosa cura del dettaglio e ad un motore capace di gestire un gran numero di strutture poligonali ed effetti. Sarà il gioco più spettacolare sul mercato? Sarà meglio di Crysis 3? Difficile rispondere prima di un' approfondita analisi, quello che è certo è che, alla richiesta di delucidazioni in merito ad un'eventuale versione per console nex-gen, gli sviluppatori hanno risposto con un orgoglioso: "La versione next-gen è già qui, è quella PC"
    Oltre alla potenza bruta che è stata sfoggiata, va detto, grazie ad un computer che aveva tutta l'aria di essere appena arrivato da una galassia lontana, è soprattutto la direzione artistica a convincere: le ambientazioni sono apparse varie, ricche di atmosfera, credibili e arricchite da una planimetria curata. L'evolversi della storia, poi, grazie ad alcuni eventi scriptati riesce senza problemi nel suo intento di accalappiare il giocatore ed immergerlo in un'avventura coinvolgente fin dalle prime battute.

    Il gameplay di Metro: Last Light è un ibrido tra diversi generi e, soprattutto, permette al giocatore di scegliere l'approccio preferito alle situazioni. Durante la nostra prova abbiamo potuto sperimentare dei frangenti nei quali il nostro sangue freddo veniva messo a dura prova dalle atmosfere quasi horror, ma anche momenti nei quali un approccio stealth più tradizionale si rivelava vincente, o addirittura era possibile correre per i livelli come in un fps di stampo più action. I cambi d'atmosfera sono in parte dovuti alle ambientazioni, e ci mancherebbe, ma anche le diverse tipologie di nemici giocano un ruolo fondamentale nel dettare il ritmo del gameplay: dei fulminei quadrupedi a metà tra lupi e topi spingono il giocatore a rapidi movimenti attraverso scontri nei quali sono obbligatori riflessi attenti, mentre i nemici umani hanno scoperto il fianco ad un approccio più tattico. Le fasi stealth si sono rivelate particolarmente divertenti grazie alla possibilità di muoversi silenziosi da un'ombra all'altra, volendo senza neanche esplodere un colpo, anche se qualche appunto all'intelligenza artificiale dei nemici andrebbe fatto. I nostri avversari, a livello di difficoltà normale, sono parsi affetti da gravissime perdite della memoria a breve termine, visto che un semplice cambio di stanza era capace di far dimenticare la nostra presenza. Ad una nostra precisa domanda sull'IA gli sviluppatori hanno dato una mezza risposta, lasciando intendere come anche ai livelli maggiori questa non si evolva particolarmente in questa direzione, limitandosi a diventare più coriacea e precisa nel tiro. Attenzione però, non si pensi che questo si traduca in un'ingiocabilità delle fasi stealth, anzi, tutto funziona bene, solo che ci sono dei frangenti nei quali ci si ritrova a sfruttare queste mancanze a livello di routine comportamentali, e non è mai il massimo vincere grazie a dei vuoti del software. 
    Da ultimo segnaliamo la possibilità di adottare uno stile molto più aggressivo. Certo, esporsi nel bel mezzo di uno stanzone pieno di nemici porterà a una tanto rapida quanto meritata morte, ma ci sono dei frangenti nei quali si può anche correre con una certa spavalderia, ripulendo stanza per stanza senza curarsi troppo di coperture e tattiche complesse.

Tiger Woods Pga Tour 14


Lo studio di sviluppo EA Tiburon ha annunciato che la modalità Country Clubs nel titolo Tiger Woods PGA Tour 14 aumenterà il numero limite dei membri da 25 a 100 iscritti: è stata inoltre aggiunta una funzione basata su premi per la fedeltà che offrirà delle ricompense maggiori ai membri che giocheranno più partite in giorni consecutivi.

Il Country Club Tour consentirà ai club di competere con altri gruppi di dimensioni e abilità quasi uguali nelle sfide settimanali. Le statistiche dei Club saranno trasmesse in streaming direttamente in-game, visualizzabili sui banner che appariranno tra una buca e l'altra ogni volta che si sarà connessi.

L'All Connected Tournament gestirà le statistiche e le classifiche dei Club. La Club Chat consentirà invece agli utenti di comunicare tra di loro in qualsiasi momento, mentre la Tournament Chat si concentrerà sulla sola partecipazione dei giocatori ai tornei.

Nei tornei personalizzati, saremo in grado di osservare i tiri giocati dagli altri membri mentre nella modalità spettatore sarà possibile guardare direttamente quello che si vorrà.
Data di uscita: 28 Marzo 2013

Battlefield 4

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore: DICE

Siamo dentro una macchina, sott'acqua, e il nostro caposquadra mutilato ci chiede di lasciarlo indietro e salvare almeno noi la pelle: "Un lupo è capace di mangiare la sua stessa zampa per liberarsi da una trappola". Il lupo è la nostra squadra, la zampa è lui, una zampa senziente che ci ordina di abbandonarla per il bene superiore. Neanche il tempo di scoprire le prossime mosse e siamo catapultati nel passato, un passato vecchio di soli quattordici minuti e che rappresenta il percorso del giocatore fino a quei drammatici momenti intrappolati tra i flutti. 
La spettacolarità dell'azione sembra uno dei punti forti di Battlefield 4, tutta la missione che segue, infatti, è impreziosita da diversi momenti mozzafiato capaci di smuovere anche il giocatore più impassibile. Se tutta la campagna sarà come il livello visto, possiamo aspettarci una vera montagna russa di emozioni.
La montagna russa, in effetti, è una metafora quasi abusata nella rappresentazione del ritmo di un videogioco, si tratta di creare una sequenza sensata di momenti calmi e momenti concitati così da tenere alta l'attenzione del giocatore, senza annoiarlo, ma anche senza sopraffarlo con eccessive sollecitazioni. Per quanto visto durante la presentazione pare che gli sviluppatori svedesi abbiano colto in pieno questa necessità, alternando fasi quasi tranquille a scossoni emotivi, per un risultato finale di grande impatto. 


La missione che abbiamo visto giocare metteva il protagonista in più situazioni: fasi quasi stealth, fasi d'azione viva, momenti scriptati dal grande impatto visivo, sessioni di guida, e, un po' ad unire i vari frangenti, una spiccata attenzione ai legami umani tra i membri della squadra. Come minimo comun denominatore troviamo proprio il livello emotivo dell'esperienza ludica, da un lato il rapporto tra npc e giocatore, e dall'altro l'immedesimazione di quest'ultimo nel suo personaggio. Anche dopo pochi minuti di gioco sono evidenti le meccaniche relazionali alla base della squadra d'assalto di cui si fa parte, e l'interattività forzata di alcune scene (dover amputare la gamba di un compagno, per esempio) riesce nel suo intento di dare un'energica spinta alla partecipazione emotiva del giocatore. Parallelamente abbiamo una rappresentazione credibile del contesto bellico nel quale si opera, ogni sguardo rivolto al mondo virtuale restituisce sensazioni plausibili grazie ad una cura del dettaglio che appare già di altissimo livello, partendo dalle animazioni per arrivare fino ad elementi di secondo piano che però riescono nel creare un universo fittizio, ma possibile.
E' così che eseguire una stealth kill appropriandosi della dog-tag del nemico ha un valore quasi tribale, e abbattere un elicottero con un lanciagranate si rivela essere più soddisfacente di quanto ci si possa aspettare, il tutto grazie a una realizzazione tecnica capace di cogliere in contropiede anche l'occhio più esperto.


Battlefield 4 è mosso da un motore grafico inedito, la terza versione del Frostbite Engine, una versione che sembra in grado di regalare vedute splendide e, gioite, distruzioni spettacolari. Per pronunciarci definitivamente sul livello di distruttibilità delle coperture dobbiamo per forza di cose rimandare l'appuntamento ad una prova del titolo, ma per quanto visto l'impressione è che queste possano essere polverizzate dai colpi d'arma da fuoco e, soprattutto, che gli edifici vivano una sorte analoga. Fossero solo le distruzioni, poi, a colpire i nostri occhi assetati di spettacolarità: le capacità del Frostbite 3 vengono esaltate a tutto tondo. Luci e ombre (vero segnale di next-gen) si sprecano, e sono generate con una credibilità ai limiti del fotorealismo, così come gli effetti particellari riempiono lo schermo dando vita anche alla stanza più immobile. All'interno di un solo livello abbiamo potuto apprezzare una grande diversità di ambientazioni, dagli edifici al bosco, passando per strutture industriali e spiagge, ognuna ottimamente caratterizzata e dotata di una personalità convincente. Chiaramente sospettiamo che quanto visto fosse rappresentativo della versione PC del titolo ma possiamo immaginare che la versione next-gen non si discosti più di tanto da tanta beltà.

BioShock Infinite



  • Genere: Sparatutto

    Sviluppatore: Irrational Games

Bioshock Infinite inizia con il protagonista, Booker DeWitt, a bordo di una barca in compagnia di due misteriosi individui. Il mare è in tempesta e all’orizzonte si vede solo un lugubre faro, che nasconde un passaggio diretto per la città volante di Columbia, un’utopica patria dei cieli creata dall'enigmatico profeta Comstock. 
La missione di Booker è semplice, “portaci la ragazza e cancella il debito”. Non si sa chi sia il mandante dell’ordine, solo che è riferito a una donzella di nome Elizabeth e che il protagonista sembra disposto a tutto pur di liberarsi dai suoi problemi. Quali pericoli potrà mai celare una città volante, dopotutto?
Che gli Irrational ci sapessero fare con la narrativa lo aveva già dimostrato alla grande il primo Bioshock, tuttavia Ken Levine ha voluto davvero mettersi alla prova, sfidando a viso aperto alcuni degli argomenti più ardui da affrontare in assoluto quando si tratta di sceneggiature. Trame che hanno a che fare con dimensioni alternative e teorie relativistiche sono spesso taboo per gli scrittori, poiché è fin troppo facile inciampare nei paradossi o in macchinazioni astruse. Eppure, incredibilmente, la situazione in Infinite si mantiene coerente persino nei momenti di massima confusione. Levine ha reso la sua opera un trattato su come approcciare la narrativa nei videogame, costruendola sì attorno ai personaggi e alle loro azioni, ma infilando elementi necessari per comprendere il complicatissimo intreccio narrativo anche nei luoghi visitati, tramite registrazioni ed estratti che completano la trama e il background come pezzi di un enorme puzzle. Le trovate inserite nella storia per soffocare l’intuito del giocatore e mantenerlo sempre in preda al dubbio sono notevoli e superano a tratti quelle viste nello storico predecessore, andando a formare uno scheletro concettuale complicatissimo applicabile solo al media videogioco e capace di confondere e stuzzicare anche coloro che saranno abbastanza attenti da cogliere i colpi di scena prima del loro arrivo. Indubbiamente un lavoro brillante, che forse non sarà apprezzato all’unanimità e non manca di punti analizzabili più nel profondo, ma dimostra un coraggio e un’immaginazione che pochi nell’industria possiedono.

Le novità primarie legate al gameplay non sono però né le armi ottimizzate né i tonici. A stupirci sono stati infatti principalmente la nostra compagna, Elizabeth, e il gancio da braccio ottenuto a inizio gioco, con cui Booker può vagare bellamente per Columbia usando delle rotaie sospese. Partiamo da Elizabeth: gli Irrational l’hanno inserita nel titolo con la consapevolezza che doversi curare di un partner guidato dall’I.A. può essere estremamente tedioso, dunque hanno scelto la “strada di Alyx Vance”. La giovane donna infatti sa badare a se stessa, non ha bisogno di essere protetta né salvata, e rappresenta semplicemente un aiuto costante capace di offrire numerose opzioni tattiche aggiuntive. Elizabeth può cambiare completamente volto a una battaglia aprendo degli strappi dimensionali, chiaramente visibili, per dare a Booker coperture aggiuntive, una posizione sopraelevata di vantaggio, torrette robotiche amichevoli o oggetti vari, a seconda della zona. Non bastasse, la ragazza si prodiga attivamente nella ricerca di risorse e capita spesso che raccolga medikit, bottiglie di sali, o monete nel momento del bisogno. Sono meccaniche che già da sole basterebbero a svecchiare l’andazzo delle sparatorie, ma sono accompagnate da una mobilità degli scontri vista raramente, grazie all’uso delle succitate rotaie. Con l’ausilio del suo gancio DeWitt può spostarsi a gran velocità per i cieli di Columbia, raggiungendo zone normalmente inarrivabili ed eseguendo esecuzioni in salto di grande effetto. Le fasi del gioco nelle quali ci si trova a dover usare le strade celesti di Columbia sono indubbiamente le più esaltanti, e aggiungono una dimensione in più alla strategia d’attacco.
Alla lodevolissima varietà d’azione si accompagna una più che buona varietà dei nemici, che costringe a utilizzare oculatamente le proprie risorse. La difficoltà generale non è particolarmente elevata, anche per via delle scarse penalità dopo ogni morte (ci si limita a ripartire da un checkpoint nelle vicinanze con qualche soldo in meno e l’energia dimezzata) e di uno scudo energetico rigenerante molto efficace. Ad ogni modo gli avversari diventano gradualmente più ostici e resistenti, e avanzando i loro gruppi contengono sempre più antagonisti dotati di poteri, soldati corazzati o pericolosi uomini di latta armati fino ai denti. Gli avversari più temibili sono indubbiamente gli Handyman, bestioni meccanici agilissimi capaci persino di elettrizzare le rotaie sospese. La modalità 1999, sbloccabile una volta finito il gioco, viene incontro ai desideri degli amanti delle sfide, non permette di tornare in vita una volta finiti i soldi e costringe a combattere contro nemici più aggressivi e pericolosi.
Chiudiamo con gli elementi gdr di Infinite, peraltro piuttosto limitati. Booker può potenziare i tonici e le armi spendendo denaro sonante in comodi distributori automatici. I potenziamenti sono molti ma i loro effetti si limitano di solito a un semplice aumento di potenza e precisione, dunque non influiscono tremendamente sull’esperienza. Ben più efficienti invece alcune boccette di liquido nascoste per le mappe, in grado di aumentare permanentemente la salute, lo scudo o i sali del protagonista, e vestiti equipaggiabili dotati di bonus passivi alquanto convenienti.
In generale il lavoro di Irrational offre una giocabilità all’altezza delle aspettative e innovativa, che ha permesso agli sviluppatori di creare una campagna dal ritmo ben calcolato. Si passa da fasi lente ed esplorative a scontri all’ultimo sangue in modo naturale, con pochissimi momenti morti. Un paio di sezioni sono meno ispirate della media, ma siamo comunque davanti a un’avventura con i fiocchi.

martedì 26 marzo 2013

Saint Row IV

  • Genere: Azione

  • Sviluppatore: Volition Inc.

La caratteristica più rilevante per la serie di Saints Row è senza dubbio il suo clima fortemente e decisamente sopra le righe, una caratteristica coscientemente esaltata dagli sviluppatori anche in questo Saints Row 4. Questa volta le cose sono veramente oltre ogni limite precedentemente toccato dagli scorsi capitoli, basti pensare che il nostro protagonista è diventato niente meno che il Presidente degli Stati Uniti d'America, e va in giro conciato come il più tamarro degli Zio Sam possibili.
Si tratta di una scelta strategica, oltre che di stile, visto che l'arrivo sul mercato non troppo distante dall'uscita di GTA V (il titolo Deep Silver è previsto per fine agosto su PlayStation 3, Xbox 360 e PC) costringe a differenziare il proprio prodotto in maniera da intercettare le preferenze dei giocatori che volessero un'esperienza dichiaratamente folle. 
Interessante, poi, è anche una breve disamina del percorso formativo di questo Saints Row 4, un percorso che trova origine in due differenti produzioni. Sappiamo infatti che, ancora sotto l'ala di THQ, era in programma il contemporaneo sviluppo di un DLC per Saints Row 3 e di un gioco completo. A sviluppo avviato di entrambi i progetti, i ragazzi di Volition si sono resi conto di avere una grande quantità di materiale da mettere nel DLC, talmente tanto che sarebbe stato troppo per un semplice contenuto scaricabile. Ecco che allora la soluzione è quella più intuitiva, unire le due produzioni per crearne una sola, ma ricca di contenuti. 
I combattimenti ricoprono una parte importante per Saints Row 4, e per renderli ancora più interessanti rispetto a quanto visto nei precedenti capitoli, gli sviluppatori hanno pensato bene di dotare il protagonista di alcuni arnesi di distruzione al limite dell'inverosimile. Pensiamo per esempio all'esilarante dubstep-gun, che costringe i nostri avversari a ballare fino alla morte, oppure all'inflator-ray, capace di gonfiare oltre il limite del possibile i nemici, ognuna con la possibilità di essere personalizzata dal giocatore. Oltre agli utensili dedicati, il nostro antieroe sarà equipaggiato con un buon numero di superpoteri quali soffio congelante, volo, super velocità, telecinesi... Ora, amici, un attimo di raccoglimento per rendersi conto di cosa sarà possibile fare combinando poteri ed armi in un mondo così fuori di testa come quello di Saints Row 4
Una delle nostre paure, però, è subito stata legata alla presenza delle abilità speciali, una presenza che potrebbe far passare in secondo piano il combattimento più tradizionale. A precisa domanda, gli sviluppatori ci hanno assicurato che si stanno adoperando molto per garantire il bilanciamento tra le due componenti, ma per darvi una garanzia dovremo aspettare di provare il titolo. 
In ogni caso, chi volesse lasciarsi andare ad una buona scazzottata vecchio stile potrà farlo grazie a delle nuove mosse per il corpo a corpo, mosse che spaziano dalle prese da wrestler ad altre più irriverenti come l'energica presa all'inguine che abbiamo visto adoperare a spese di un malcapitato passante. 



Moto GP 13


  • Genere: Simulazione guida

  • Sviluppatore: Milestone

     

    Jerez – Proprio quando la MotoGP, quella vera, sta per entrare nel vivo, con un Valentino Rossi che fa segnare il giro più veloce nella giornata domenicale di test a Jerez, Milestone decide di presentare per la prima volta alla stampa specializzata il nuovo capitolo della serie motociclistica per eccellenza strappandola letteralmente dalle mani dei Monumental Games, incapaci in questi anni di riuscire a regalare ai fan un prodotto in linea con le loro aspettative.Il ruolo di Milestone quindi è chiaro: radere al suolo quanto fatto fin'ora e ricostruire tassello su tassello un prodotto incline alle esigenze degli appassionati, solido nella fisica, tecnicamente soddisfacente e, cosa sempre importantissima, ricco di contenuti.Siamo volati quindi a Jerez per vedere come proseguono i lavori, eccovi quanto emerso dalla nostra lunga sessione giornaliera.


     

    Ready, set, go!
    Reboot, una parola che ormai ricorre sin troppo spesso nel mondo videoludico, è così che Michele Caletti, Game Director in Milestone, definisce MotoGP 13. Il motivo? È presto detto.
    Nulla di quanto fatto da Capcom e Monumental è stato mantenuto, ci troveremo per le mani quindi un titolo rivisto e rinnovato sotto ogni singolo aspetto: una nuova base di partenza per tutti i capitoli futuri.
    Lo sviluppo ovviamente è avvenuto esclusivamente nell'ultimo anno e, come in moto Gp 07/08 (sempre di Milestone) il focus della produzione rimane quel mix di divertimento e simulazione che ha sempre appassionato e fatto innamorare migliaia di fan. Il concept vira in questo senso verso i piloti, portando il giocatore a sentirsi davvero come Rossi o Dovizioso, trascinandolo di forza dentro al casco e rimuovendo tutti quegli elementi di contorno che nella realtà non vengono gestiti direttamente dai corridori. Assumere nuovi meccanici, per esempio, od occuparsi degli sponsor non sarà più di nostra mansione, nemmeno nella modalità carriera. Noi avremo esclusivamente il compito di scendere in pista e dare l'anima gara dopo gara, passando dalla moto 3 alla moto 2 per poi approdare finalmente in MotoGP.
    L'evoluzione della carriera lascerà altresì spazio alle scelte del giocatore, permettendogli di declinare inviti dei top team e restare magari un altro anno nella propria scuderia tentando di portarla, con i pochi mezzi a disposizione, al top.
    Non mancheranno ovviamente tutta una serie di funzionalità per decidere insieme ai nostri meccanici il setting della moto prima di ogni gara e altre feature dedicate ai piloti, quali la gestione dei rapporti con la stampa e con i propri fan.
    Per poter dare un maggior senso di realismo al tutto sono state riprodotte in maniera certosina inquadrature e riprese televisive, ma questo, ovviamente, solo nel pre e post gara, lasciando così la simulazione intatta. Da pilota infatti non sentiremo commenti televisivi o altro, ma piuttosto solo le saltuarie comunicazioni dei box che ci ragguagliano su distacco e posizione.
    Durante la carriera inoltre non ci saranno indicazioni a schermo che segnaleranno il nostro valore come pilota, da ricercare invece facendo attenzione alla nostra notorietà sulle pagine dei giornali e alla quantità di interazioni sui vari social network.



    Si sale in sella!
    Solo due le modalità disponibili in questa prima prova: il classico Grand Prix Championship e una serie di gare della MotoGP 2012. Tra le altre, non ancora attive, spuntavano competizioni per la moto 2, moto 3 e la modalità multiplayer alle quali si va ad aggiungere il sempre graditissimo split screen in locale per due giocatori.
    E' il moto dome a darci il benvenuto sull'asfalto, una rapida consultazione con i meccanici, due ritocchi al setting della moto ed eravamo già pronti in griglia. Le opzioni pre gara ci permetteranno come sempre di scegliere il numero di giri da completare, partendo da un minimo di tre fino ad arrivare alla simulazione completa della competizione, ma anche i valori di intelligenza artificiale, condizioni meteo e ovviamente la possibilità di attivare o disattivare una lunga serie di aiuti alla guida.
    Si potrà optare anche per dei comodi preset, laddove in amateur avremo aiuti alla frenata, urti meno influenti sulla stabilità della moto, una sorta di auto traiettoria che ci farà imboccare al meglio le curve e un controllo maggiore sulla potenza del motore in uscita. Sono fattori che possono essere disabilitati completamente a nostro piacimento, arrivando, in modalità pro a dover padroneggiare un vero mostro a due ruote, impresa che solo i giocatori più abili riusciranno ad ottenere.
    Un modello di guida quindi adattabile ad un grandissimo numero di giocatori, scalabile in termini di difficoltà per evitare di doversi basare solo sui profili pre caricati da Milestone e in grado di regalare sensazioni davvero ottime.
    Già perché in pista l'IA non darà tregue, sarà sempre pronta ad approfittare di ogni nostro più piccolo errore, anche stringendoci in entrata se questo dovesse significare mantenere la prima posizione. E' una risposta più che soddisfacente, sebbene, e ci teniamo sempre a sottolinearlo in questi casi, la versione di test da noi provata fosse ancora acerba. Nonostante il lavoro da svolgere sia molto, con tempi peraltro piuttosto stretti, le basi ci sono tutte per avere finalmente un gioco di corse con tutti i crismi del caso. Un grandissimo lavoro è stato svolto anche nel comparto tecnico, con un buon impatto visivo dei tracciati e animazioni finalmente eccellenti, appoggiate ad un motore fisico rifatto completamente da zero.
    Al termine di ogni gara nella modalità single player verremo poi ricompensati con punti esperienza legati al nostro profilo, grazie ai quali andare a sbloccare successivamente ulteriori piloti, immagini e video speciali. Milestone ha voluto unificare le esperienze di gioco single e multi mantenendo un unico profilo, così da dare esattamente l'idea di quanto tempo un giocatore abbia speso sul titolo, a prescindere dalle modalità eseguite.
    Maggiori dettagli arriveranno sicuramente in futuro, con feature non ancora rivelate ma che potrebbero aggiungere ulteriore valore ad un prodotto già sull'ottima strada.

     

Hearthstone: Heroes of Warcraft


  • Genere: Gioco di ruolo

    Sviluppatore: Blizzard

    Che i videogiochi basati su giochi di carte collezionabili si stiano cominciando a diffondere a macchia d'olio non è affatto una cosa sorprendente. I temi fantasy che spesso e volentieri questi trattano, d'altronde, vanno a braccetto con i gusti di una larga fetta di videogiocatori appassionati di MMO e RPG cui non dispiace mai la visione di un elfo dei boschi, un troll o un golem sullo schermo del proprio PC o della propria console. Ma anche al di fuori del lato puramente stilistico, in un'epoca come questa in cui il casual domina la scena videoludica, la sfida intellettuale che un buon trading card game è capace di offrire può risultare un vero e proprio toccasana. Considerazioni di questo genere ci conducono quindi all'annuncio tenuto da Blizzard Entertainment in occasione del recente PAX East, annuncio che ha svelato l'avvento di Hearthstone: Heroes of Warcraft, un nuovo gioco di carte fantasy free-to-play in arrivo su PC.

     

    Come è consuetudine in ogni buon gioco di carte collezionabili, prima di iniziare la partita vera e propria occorre scegliere quale mazzo (o deck) si intende utilizzare in-game. In molti di voi avranno già intuito che i personaggi raffigurati sulle carte di in Hearthstone sono appunto tratti dalla mitologia di Warcraft e, in particolare, ogni set di carte sarà incentrato attorno alla figura di un particolare personaggio dell'immenso franchise in questione. In tutto saranno presenti nove eroi, per cui ad esempio scegliendo Garrosh Hellscream si avrà a disposizione un mazzo essenzialmente tamarro perché indirizzato alla classe del Guerriero, mentre alla naturalezza di Malfuriom Stormrage corrisponderà la classe del Druido. Qui possiamo già intravedere una piccola similitudine rispetto al competitor digitale targato Wizards of the Coast dal momento che, allo stesso modo di Duels of the Planeswalkers, in Hearthstone sarà possibile aggiungere alle build già presenti un mucchio di carte differenti vinte tramite incontri online o acquistate sull'apposito store previsto. Resta da vedere quanto sarà grande il pool delle carte disponibili in totale (si parla di oltre 300 per cominciare) e quante saranno le combinazioni effettivamente sensate da poter mettere insieme. Dal momento che il gioco è stato dichiaratamente pensato per essere casual, immediato e facile da padroneggiare, non vorremmo che la cosa si traducesse in un'impossibilità di creare strategie complesse o particolarmente profonde. La cosa potrebbe risultare piuttosto limitante.
    Fa invece piacere la presenza della solita divisione fra carte comuni, rare, epiche e leggendarie, diventata ormai universale e indispensabile in ogni TCG che si rispetti.