Ethero

giovedì 30 giugno 2016

Overpower

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Azione

     

     

    Si tratta di un combat arena interamente multiplayer, ambientato in epoca medievale: non vi è né alcuna modalità in single player né una storia, anche se è comunque possibile giocare contro dei bot dall’intelligenza, purtroppo, non eccelsa; i server disponibili riescono a supportare un massimo di 16 giocatori, per potenziali battaglie a squadre in 8 vs 8. La prima cosa che balza all'occhio è lo stile grafico, cartoonesco e dai colori vivaci, che ricorda molto Team Fortress 2; il livello di dettagli non sarà eccezionale, ma il design riesce a catturare immediatamente l’attenzione e fa il suo lavoro egregiamente. Nella versione early access che abbiamo provato sono disponibili cinque modalità di gioco: Deathmatch, un classico, divertente e allo stesso tempo caotico, tutti contro tutti; Team Deathmatch, una semplice battaglia a squadre; Critters Capture, una variante del “Cattura la bandiera” vista in altri giochi, in cui l’obiettivo è rubare alcuni animaletti dalla base del nemico; Last Team Standing, dove la morte è permanente e vince la squadra che riesce a sopravvivere, come in Counter-Strike; infine Capture Points, dove per vincere bisogna conquistare diverse zone della mappa e riuscire a difenderle per molto tempo.
    Abbiamo a disposizione quattro personaggi tra cui scegliere, tutti molto diversi tra di loro: il Guerriero, lento ma pericolosissimo nel combattimento ravvicinato; il Mago, abile nel prendere tempo grazie alle sue magie difensive; l’Assassino, veloce e in grado di mimetizzarsi per cogliere di sorpresa i nemici con attacchi letali; e per ultimo l’Arciere, temibile grazie ai suoi attacchi a distanza. Possiamo personalizzare il nostro combattente cambiandogli l'arma equipaggiata (che modificherà semplicemente l'abilità passiva) e le sue skill: è importante scegliere quelle che si adattano di più al nostro stile di gioco. Avrete notato che non esiste una classe che possa curare i punti vita, un “medico” o “sacerdote” per intenderci: si tratta di una scelta voluta e ponderata dagli sviluppatori, che rende il gioco più immediato tramite un'abilità equipaggiabile che permette a tutti di curarsi. La semplificazione dell’equipaggiamento e i pochi personaggi disponibili permettono a qualsiasi giocatore di buttarsi nella mischia e imparare più o meno in fretta le basi del gioco; purtroppo, ciò non basta per attirare i giocatori più esperti.


    Pochi... ma buoni?
    Le classi del gioco ci sono sembrate molto sbilanciate: l’assassino, per esempio, è in grado di uccidere chiunque con un colpo solo, una volta capite le basi e messa in funzione una determinata combo di abilità. I problemi del titolo non riguardano soltanto il bilanciamento: il tempo di respawn è troppo generoso, in quanto basteranno due secondi per ritornare in partita; inoltre, una volta morti, possiamo osservare i nostri nemici in azione, perfino nelle modalità più competitive. Questa è una disattenzione, a nostro parere, grave: in particolar modo nella modalità Last Team Standing, dove il respawn non ha effetto e basta usare un programma di chat vocale, come TeamSpeak, per segnalare ai nostri amici la posizione degli avversari; abbiamo anche riscontrato un certo numero di bug, ma, trattandosi di un gioco ancora in accesso anticipato, è comprensibile. I personaggi avranno di default un costume di colore marrone, sia che voi siate nel team blu che nel team rosso, un aspetto del gioco che crea sicuramente confusione: l'unico modo di capire se un giocatore è dalla nostra parte è vedere se il suo nickname è rosso (per i nemici) o bianco (per gli alleati); questo ci costringe a porre continuamente il nostro sguardo leggermente in alto, rallentando il ritmo in maniera considerevole. Vi sono molte altre skin (che consistono in colori diversi dal marrone standard, come rosso e blu), che, tuttavia, sono a pagamento; considerando che il prezzo del gioco è già abbastanza alto (parliamo di circa 15€), far pagare anche le skin, a determinate cifre, ci sembra eccessivo (un pacchetto con tutte le skin di colore nero arriva a costare 17.79€, più del gioco stesso!). Pensiamo che il gioco si sarebbe sposato meglio con la formula del Free-to-Play perché, per la cifra richiesta attualmente, non riusciamo a trovare contenuti superiori a quelli di altri giochi disponibili gratuitamente; inoltre, ciò avrebbe incentivato gli utenti realmente interessati al gioco a poter spendere soldi per skin e contenuti aggiuntivi.

     

lunedì 27 giugno 2016

Sniper Elite 4

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:Rebellion

  • Data uscita:14 febbraio 2017

     

     

    Rebellion, software house famosa soprattutto per essere la genitrice di Sniper Elite, ci ha chiamato nella sua meeting room per farci toccare con mano tramite una prova di circa mezz’ora il quarto capitolo di questa serie. Partiamo subito con l’aneddoto che accompagna mediamente ogni incontro della fiera losangelina: stavolta la premessa è l’ambientazione geografica del gioco che purtroppo o per fortuna coincide con la nostra beneamata patria. La Pr della software house infatti, trovandosi di fronte un giornalista italiano, una volta chiestole pareri interni sul gioco, ha iniziato a decantare le lodi del Bel Paese, della pizza e della pasta; nulla da obiettare certo, ma se dovevamo farci dei pareri sulla pizza e sulla pasta di certo non li avremmo chiesti a lei. Assolutamente divertiti e di buon umore per la situazione appena vissuta, abbiamo iniziato la nostra prova a base di fucili di precisione, azioni stealth e tanti bug.
    Per chi si fosse addormentato in una stanza criogenica e non sapesse in cosa consista il gioco, possiamo dire che si tratta di uno sparatutto in terza persona il cui obiettivo principale risiede nell’utilizzo delle nostre abilità di tiro per eliminare obiettivi sensibili o quelle stealth per infiltrarci negli edifici e recuperare l’intelligence richiesta. L’ambientazione di questo capitolo, come già anticipato sopra, è l’Italia della Seconda Guerra Mondiale e anche stavolta indosseremo i panni del solito Karl Fairburne, ormai immancabile protagonista dei vari Sniper Elite
    Nella demo mostrata siamo stati letteralmente inseriti nella mappa, senza alcun tipo di aiuto se non i cinque punti che indicavano le coordinate degli obiettivi della missione principale e di quelle opzionali, accompagnate da una brevissima descrizione. Dato il poco tempo a disposizione abbiamo deciso di inoltrarci senza esitazione in direzione dell’obiettivo primario, con l’intenzione di dedicarci alle side-quest solo qualora si fossero trovate sul nostro cammino. Il problema iniziale è stato che tra noi e il ponte da abbattere per fermare il cannone mobile c’era uno strapiombo che ne impediva il raggiungimento. Abbiamo dato a questa considerazione troppo poco peso e poco più tardi, dopo aver eseguito tre uccisioni con il fucile da cecchino da distanza siderale e aver confezionato una killcam degna di nota, siamo stati accerchiati dai soldati nemici giunti in forze. La resistenza a suon di sventagliate di mitragliatore, granate e trappole esplosive è stata comunque molto breve a causa del numero di avversari e della salute rigenerabile solo tramite medikit. Come al solito in Sniper Elite la scelta dell’approccio più aggressivo è limitata a pochi e isolati casi; gli sviluppatori infatti puntano molto sulla riproposizione dell’esperienza da cecchino che in questa maniera risulta l’unica veramente appetibile.
    Con il binocolo è possibile marcare i nemici visibili e osservarne le caratteristiche; possiamo quindi decidere l’ordine di esecuzione e cambiare l’atteggiamento dei gruppi di soldati qualora si vada a eliminarne prima l’ufficiale capo o un semplice fante. Tutto questo può essere sfruttato a proprio piacere, rendendo alcune situazioni davvero semplici o al contrario quasi ingestibili. Una volta compiuta un’uccisione con un colpo a una particolare parte del corpo, esattamente come negli altri capitoli della serie, si avrà la possibilità di assistere a una truculenta killcam in slow-motion: il passaggio alla visuale anatomica delle interiora del corpo riesce ancora a regalare in maniera efficace il senso di esaltazione mista a orrore a cui i Rebellion ci hanno fin qui abituati. Se ciò non dovesse bastare, ora la killcam si attiva anche nel momento in cui uccidiamo qualcuno tramite l’esplosione di un ordigno: potremmo così rivedere se una trappola sistemata in precedenza abbia funzionato a dovere o meno.
    Divenuto consapevole della necessità di fare il giro largo, ho iniziato in maniera discreta a proseguire per il sentiero battuto cercando di rimanere al di fuori del campo visivo dei soldati tedeschi. Effettivamente solo grazie a questo tour panoramico ho avuto modo di rendermi conto quanto ampia fosse la mappa: i punti all’apparenza vicini sulla cartina erano in realtà distanti centinaia di metri fra loro. La realizzazione dell’ambiente tra l’altro ha colto l’occasione della location montana per aggiungere verticalità alla struttura dei livelli, che con l’avanzare della serie, sono sempre più vasti e strutturati.
    Contro ogni prospettiva, proseguendo con la massima concentrazione e utilizzando le trappole disponibili nell’arsenale, siamo riusciti a superare senza problemi il primo manipolo di soldati. È bastato addentrarsi nelle frasche per diventare completamente invisibili, e velocizzare il passo per evitare che fosse sicuro di averci visto e continuare l’avanzata. In men che non si dica, senza sparare un colpo siamo giunti al punto cruciale della demo, dove per passare avremmo dovuto neutralizzare un veicolo corazzato ai bordi della strada, ma purtroppo il tempo era già scaduto e abbiamo quindi lasciato il posto a chi seguiva.
    Pur avendo assistito poco alla distribuzione dei soldati e all’effettiva capacità dell’intelligenza artificiale di pattugliare l’area nei pressi degli obiettivi secondari, è stato evidente come molto lavoro sia ancora da fare sotto questo aspetto. Numerosi soldati non si sono nemmeno girati quando gli siamo passati a pochi metri di distanza, rimanendo semplicemente abbassati e nemmeno nascosti dalle frasche. I ragazzi lì presenti hanno attribuito questo strano atteggiamento a un bug ancora presente nella demo mostrata: ci speriamo davvero perché il gioco in questa situazione è a tratti poco credibile. A suffragio di questa teoria c’è il fatto che, una volta sparato e quindi mostrata la nostra posizione, la cosa è cambiata radicalmente con i pattern dei nemici sulle nostre tracce finalmente credibili ed efficaci.
    Il risultato tecnico è buono nonostante un’altalenante qualità delle texture, probabilmente per tenere la build a un framerate stabile, considerato l’ancora prematuro lavoro di ottimizzazione della memoria. Valutando l’insieme però, il colpo d’occhio è tutto sommato buono, anche per merito dell’interessante location montana in cui il gioco è ambientato.

lunedì 20 giugno 2016

Lego Star Wars Il Risvelio della forza

  • Piattaforme:3DS, PC, PS3, PS4, PS Vita, Wii U, Xbox 360, Xbox One

  • Genere:Action-Adventure

  • Sviluppatore:Travellers Tales

  • Data uscita:28 giugno 2016

     

     

    A partire dal 2005, con cadenza più o meno annuale, Traveller’s Tales ci ha abituati ai suoi titoli LEGO realizzati su licenza: da Indiana Jones ad Harry Potter, dai supereroi Marvel e DC a Jurassic Park, la lista di titoli legati a questo marchio si è allungata senza soluzione di continuità di anno in anno.
    Tutto è partito nel lontano 2005 dal primo LEGO Star Wars; a undici anni di distanza, i Traveller’s Tales tornano sul franchise che ha dato inizio alla fortunata serie di titoli LEGO su licenza con un gioco dedicato all’ultimo film della saga di Star Wars, uscito a dicembre nelle sale nostrane. Riuscirà LEGO Star Wars: Il Risveglio della Forza a dare nuova linfa vitale ai colorati mattoncini?
    Come da abitudine, il titolo ripercorre in modo approssimativo la storia del film da cui è stato tratto. Se avete visto Star Wars VII al cinema, dunque, sapete cosa aspettarvi: la trama viene percorsa con il solito tratto umoristico tipico dei giochi LEGO, risultando quindi una via di mezzo tra un condensato e giocosa parodia della pellicola originale.
    Una piccola novità è costituita dal fatto che non ci sarà solamente materiale tratto dal film all’interno del gioco: dei diciotto livelli presenti nel titolo, undici ripercorreranno gli eventi del film, ma altri sette saranno pezzi di storia originali scritti dai ragazzi di Traveller’s Tales con il benestare di Lucasfilm. Si parla di eventi (che ovviamente non saranno canonici) che andranno ad occupare lo spazio tra il sesto ed il settimo episodio della saga cinematografica. Un’aggiunta piccola, ma che potrebbe far felici i fan della serie.
    Dal punto di vista tecnico il gioco si presenta in forma discreta: nonostante visivamente non faccia gridare al miracolo, sembrano essere svaniti i fastidiosi rallentamenti che affliggevano gli ultimi titoli della serie. Il gioco scorre fluido anche nelle situazioni più concitate, il che sarebbe un ottimo passo avanti se venisse confermato nella versione completa.
    Per quanto riguarda il comparto audio, le musiche e gli effetti sonori sono perlopiù ripresi dai film della serie, come da tradizione della serie Lego. Con la colonna sonora di John Williams, insomma, si va decisamente sul sicuro per quanto concerne la qualità delle musiche.
    Novità invece sul doppiaggio: a differenza della maggior parte dei titoli precedenti, interamente muti, il gioco è stato doppiato anche in italiano. Si tratta tutto sommato di un lavoro di buona fattura, nonostante alcune voci risultino meno convincenti di altre. Scopriremo solo nella versione completa se l’aggiunta di dialoghi contribuirà in modo positivo all’umorismo tipico della serie.
    Ormai tutti conoscono il gameplay della serie LEGO: si tratta di platform in 3D dove l’enfasi viene posta sul distruggere ed assemblare i mattoncini disposti lungo il gioco, con molti collezionabili da raccogliere e nemici da abbattere nel frattempo; in questo senso, LEGO Star Wars: Il Risveglio della Forza non si distacca dal passato della serie. Chiunque abbia provato almeno uno dei passati titoli LEGO non avrà alcuna difficoltà a ritrovarsi in questo capitolo, visto che quasi tutto, dalla disposizione dei comandi alle azioni disponibili, è identico al passato. Considerando che questo è il fulcro del gioco, possiamo dire fin da ora che il titolo si rivolge principalmente a chi ha già apprezzato i passati titoli della serie: chi, per un motivo o per un altro, non abbia apprezzato i capitoli precedenti, difficilmente riuscirà ad esserne attratto. Fermo restando che gli affezionati di Star Wars e i più curiosi potranno sicuramente dargli una chance. Per coloro che non sbadigliano alla prospettiva di altri mattoncini da rompere e costruire, i Traveller’s Tales hanno deciso di inserire alcune novità per donare maggiore varietà al gameplay.
    Innanzitutto, troviamo le multi-costruzioni: a differenza dei titoli passati, quando ci troveremo di fronte ad un mucchio di mattoncini in attesa di essere assemblato potremo scegliere cosa costruire. Nella demo provata, questo ha significato doversi ingegnare (ma non troppo) per capire cosa era necessario costruire prima e cosa dopo per andare avanti, ma quanto dichiarato dagli sviluppatori fa intendere che ci saranno situazioni in cui le multi-costruzioni permetteranno modi diversi di progredire nella storia.
    Saranno presenti anche sezioni di gameplay che esulano dalla colonna portante platform del titolo, a partire dalle battaglie blaster: in alcune situazioni, il gioco abbandona la classica visuale isometrica per passare a una visuale in seconda persona, diventando simile ad un TPS sulla scia di Gears of War. A differenza del titolo di Epic Games, però, qui il giocatore non si può muovere liberamente: può solamente spostarsi in orizzontale, muovendosi da una copertura all’altra, per poi sporgersi e sparare contro i nemici.
    Sebbene non si tratti di niente di innovativo, queste sezioni risultano abbastanza divertenti, aiutando inoltre a spezzare il ritmo piuttosto rilassato del resto dell’avventura con qualcosa di più frenetico.
    Tornano dagli episodi precedenti sezioni di shooting su binari a bordo delle astronavi (nella demo testata eravamo a bordo dello storico Millennium Falcon): niente da dire su queste sezioni, altro alternativa piacevole all’avventura principale. 
    Nuove sono invece delle sezioni a bordo di astronavi in cui saremo liberi di muovere il nostro mezzo in livelli in tre dimensioni. Nella demo provata si trattava solamente di un breve excursus, ma gli sviluppatori hanno confermato che questa modalità sarà presente in più livelli durante il gioco completo. Servirà una prova più approfondita per giudicare la bontà di queste sezioni, che potrebbero essere un’idea vincente per dare una rinfrescata al titolo. 
    La difficoltà, come tra tradizione della serie, è rivolta verso il basso per permettere un’esperienza adatta a tutta la famiglia. Chi cerca una maggiore sfida dovrà cercarla nella raccolta dei collezionabili, che permetteranno di sbloccare personaggi aggiuntivi, costumi alternativi e altro ancora. Come in passato, l'avventura è interamente affrontabile in cooperativa con un secondo giocatore, ma solamente in locale: sembra che dovremo ancora attendere per vedere nei titoli LEGO la possibilità di giocare online con un amico.

F1 2016

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Simulazione guida

  • Sviluppatore:Codemasters

  • Data uscita:19 agosto 2016

     

     

    F1 2015 è stato l’episodio di approccio alla next-gen per il famoso brand Codemasters. Come spesso accade in questi casi, vennero commessi alcuni errori di gioventù e le elevate aspettative della community furono inizialmente deluse. Il supporto degli sviluppatori ha permesso, nei mesi successivi, di migliorare sensibilmente il gameplay e correggere i bug e i difetti da noi segnalati in fase di recensione, arrivando ad un risultato finale soddisfacente. Nonostante ciò, è rimasto un titolo “incompleto” per via della mancanza di una modalità single-player cruciale come la Carriera. Proprio dal colmare questo buco F1 2016 vuole ripartire, e promette di farlo in grande stile.
    Al momento dell’annuncio di qualche settimana fa Lee Mather, Principal Game Designer di Codemasters, ha dichiarato che il nuovo episodio avrebbe offerto, testuali parole, la più immersiva modalità Carriera mai vista all’interno del franchise. Effettivamente, per quanto si è visto fino ad oggi, la carne al fuoco è davvero tanta.
    La nostra avventura nel platinato mondo della classe automobilistica regina inizierà creando un avatar e associandogli un numero che, seguendo le nuove regole imposte dalla FIA, ci accompagnerà per tutto l’arco della Carriera (della durata massima di dieci anni). La scelta del team per cui correre sarà libera, ma la decisione dovrà essere ponderata: guidare per la Mercedes implicherà aspettative ed obiettivi molto più difficili da raggiungere di quelli richiesti da scuderie come la Haas o la Toro Rosso, mettendoci sotto pressione fin dalle prime gare.
    Fortunatamente non saremo soli nel farci strada in questo arduo ambiente. Gli ingegneri programmeranno, così come accade nella realtà, una serie di test per provare le novità introdotte dal settore ricerca e sviluppo, nonché saranno attenti al miglioramento dell’affidabilità e alla risoluzione dei problemi che si manifesteranno in pista durante la stagione.
    Grande importanza avrà anche il Paddock. Per la prima volta l’area Hospitality rivestirà un ruolo cruciale nel nostro percorso di crescita, tanto che dovremo instaurare rapporti con alcune figure chiave che si aggireranno nella zona; tra questi non mancheranno agenti pronti ad offrirci, se saremo meritevoli, contratti per le scuderie più importanti.
    F1 2016, insomma, farà della modalità Carriera la sua ragion d’essere, tanto da proporre al lancio l’ormai immancabile versione limitata contenente il DLC “potenziamento”; quali vantaggi questo contenuto aggiuntivo offrirà non ci è dato ancora saperlo, ma è un ulteriore segno degli sforzi profusi da Codemasters nel tentativo di lasciarsi indietro le lacune del passato.

     

For Honor

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Azione

  • Sviluppatore:Ubisoft Montreal

  • Data uscita:14 febbraio 2017

     

     

    Se pensiamo a uno scontro fra i combattenti più forti del mondo ambientato in un imprecisato universo medioevale, è difficile che venga in mente quanto fatto da Ubisoft con For Honor, dato che mai avremmo immaginato di vedere vichinghi scontrarsi contro samurai e cavalieri e viceversa. Fatto sta che se consideriamo la definizione appena data, non possiamo che concordare che essa si sposi alla perfezione con quella che è la natura del gioco. 
    All'E3 dell'anno scorso gli sviluppatori avevano portato una build basata sul multiplayer che aveva messo in mostra l'insolita struttura del combat-system estremamente strategico concentrato prevalentemente sugli scontri 1 contro 1. Cercare di proporre in maniera coinvolgente ed efficace un gameplay che potesse essere al contempo intuitivo e profondo era forse la sfida più grande di questo gioco. Si scelse così di puntare sul tempismo con cui si dovevano alternare fendenti e parate e col senno di poi ci si è resi conto che la scelta fatta fu vincente almeno abbastanza da convincere la stragrande maggioranza della stampa.
    A un anno di distanza, tornati alla fiera losangelina, è stato presentato il single player di For Honor, che a detta degli sviluppatori non vuole essere un semplice contorno alla modalità principale, quella multi, ma una componente altrettanto importante nel quadro generale del gioco. In questo senso sono state descritte durante la conferenza Ubisoft le premesse narrative, che, non essendo più di tanto approfondite, ci sono sembrate un mero pretesto per giustificare gli scontri che dovremo affrontare durante il corso dell'avventura. In poche parole forze sovrannaturali hanno stravolto lo spaziotempo al punto che le tre fazioni prima citate andranno a scontrarsi per la supremazia sul mondo senza grossi intoppi geografici. 
    Abbiamo dunque avuto modo di giocare due sezioni di gioco differenti, la prima che funzionerà da tutorial e l'altra, invece di cui abbiamo il capture esclusivo, che è la versione completa della demo mostrata in conferenza.
    Andando con ordine, la prima è un tutorial utile a introdurci alle varie meccaniche di gioco, in cui prenderemo il ruolo di un mercenario arruolato tra le fila di un signore per difendere il proprio castello dall'invasione dei nemici. Qui non ci saranno differenze di fazioni dato che a fronteggiarsi saranno da una parte e dall'altra i cavalieri e ciò sembra dovuto anche al bilanciamento fra forza e velocità proprio di questo gruppo che si è rivelato ottimo in questa prima fase di apprendimento. Prima di tuffaci nella  partita abbiamo potuto selezionare uno dei due personaggi disponibili, il primo uomo e l'altro donna. Per curiosità abbiamo scelto la combattente dalla fluente treccia bionda e abbiamo così iniziato la nostra avventura. Sebbene di più piccola statura, la forza e la tenacia ci sono sembrate assolutamente equiparabili alla controparte maschile e non ci siamo mai pentiti della scelta fatta.
    Tra un suggerimento e l'altro siamo corsi per la mappa per difendere il castello dai continui assalti alle mura e impedire ai nemici di varcare il perimetro del forte attraverso le brecce create dalle macchine d'assedio. Nei vari spostamenti non ci siamo mai trovati con le mani in mano e non abbiamo smesso di combattere i vari nemici. Questi ultimi si dividono in grosso modo in due tipologie, i primi in maggior numero ma eliminabili con un sol colpo e gli altri più resistenti da affrontare singolarmente. Per accettare e entrare nel duello è necessario attivare la modalità focus tenendo premuto il dorsale sinistro, la scena a questo punto si concentra sui due contendenti fra loro in singolar tenzone: da lì in poi il tempismo di parate e risposte opportunamente direzionate è la chiave per vincere ogni scontro.
    A seconda che gli attacchi provengano dall'alto, da sinistra o da destra è infatti necessario spostarsi da quella parte per riuscire a parare il colpo. Ogni volta che un attacco o una parata va a riempirsi parte della barra revenge che, una volta piena, permette di entrare nell'omonima modalità. A questo punto le statistiche di attacco, difesa e velocità temporaneamente aumentate ci hanno permesso di sconfiggere agilmente anche i nemici più resistenti. Sparsi in giro per la mappa abbiamo trovato delle abilità consumabili che possono essere assegnate al tasto destro o sinistro di quelli direzionali; nella nostra run abbiamo potuto usare la cura e il buff di attacco e velocità. 
    Passiamo invece alla seconda parte della prova in cui abbiamo avuto il piacere di testare la versione completa del capitolo visto durante la conferenza Ubisoft. In questo caso a scontrarsi sono stati vichinghi e samurai con i primi nella parte degli assaltatori e i secondi in quella degli assediati;  qui si è percepita una difficoltà decisamente superiore a quella del tutorial precedente, dovuta sia al maggior numero di nemici da affrontare contemporaneamente sia alla maggiore velocità del gioco che ha richiesto tempi di reazione decisamente migliori; è proprio qui che mostra la sua forza il gameplay di For Honor che prende sempre di più all'aumentare del fattore velocità.
    Dal punto di vista della narrativa si può dire ancora poco, ma nelle sezioni provate un narratore esterno onnisciente ci ha descritto ogni passo del giocatore, esattamente come in un racconto. La frattura nello spazio ha scatenato una corsa al predominio sul nuovo mondo; questa però non sarà l'unica linea guida della trama all'interno della campagna perché proseguendo nel suo sviluppo probabilmente s'inserirà un nemico comune alle tre fazioni. Ciò che però segna indelebilmente ogni elemento narrativo della produzione è l'onore comune a tutta l'ambientazione senza alcuna distinzione geografica.
    Tecnicamente il gioco non ha mostrato problemi di sorta, mantenendo la qualità grafica ai livelli delle demo mostrate l'anno scorso; le ambientazioni difatti si sono rivelate molto curate e l'illuminazione dinamica ha reso alla perfezione il grigiore tipico di una giornata piovosa.

Ghost Recon Wildlands

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:Ubisoft Paris

  • Data uscita:7 marzo 2017

     

     

    Ghost Recon rappresenta uno dei brand storici per Ubisoft, con la casa francese capace di sfornare una decina di titoli ispirati alla saga di romanzi scritti da Tom Clancy. L'ultimo capitolo, Ghost Recon: Wildlands, era stato annunciato a sorpresa al termine della conferenza Ubisoft all'E3 2015, catturando subito l'attenzione per la portata del progetto, con gli sviluppatori impegnati a riprodurre un intero stato in cui ambientare le vicende della squadra Ghost. Il gioco è tornato a mostrarsi in occasione del consueto appuntamento con la kermesse losangelina, mostrando finalmente il suo gameplay al grande pubblico. Dopo la conferenza siamo stati ospiti di Ubisoft per provare con mano uno dei giochi più attesi del 2017.
    La demo che abbiamo potuto giocare è servita per mettere in mostra tutte le caratteristiche principali del titolo. Insieme ad altri tre compagni umani dovevamo andare alla ricerca di informazioni su un pericoloso alleato dei narcotrafficanti che controllano il paese all'interno del quale si sviluppano le vicende. Subito abbiamo potuto quindi apprezzare il più grande punto di forza del titolo, ossia la possibilità di affrontare tutte le missioni in compagnia di altri tre amici online, grazie ai quali potremo decidere, di volta in volta, come affrontare le diverse missioni. Ghost Recon: Wildlands non è però un titolo esclusivamente online come The Division. Nel caso fossimo dei lupi solitari, diffidenti delle capacità degli altri giocatori, potremo essere protagonisti dell'intera vicenda insieme ad altri Ghost controllati dall'IA. Questi personaggi sono controllabili tramite una serie di azioni predefinite, selezionabili attraverso la classica ruota delle opzioni. Potremo quindi ordinare ai nostri compagni quale direzione prendere, quale nemico ingaggiare e molto altro ancora. Purtroppo, data la natura di eventi come l'E3, non è stato possibile testare una missione in solitaria, con il giudizio che deve essere quindi per forza rimandato. 
    Secondo enorme punto di forza del titolo è la varietà di approccio alle missioni. Non esiste un modo giusto e uno sbagliato per portare a termine un obiettivo; con la giusta squadra è infatti possibile decidere qualsiasi tipo di approccio a seconda del nostro stile di gioco preferito, con giocatori che punteranno su un approccio stealth e altri che invece si affideranno alla potenza di fuoco delle proprie armi. Nella demo da noi provata, articolata in due diverse sottomissioni, siamo riusciti a tentare entrambi gli approcci. Se nella prima parte, in cui dovevano interrogare un informatore, ci siamo coordinati con il nostro team per colpire a distanza e in simultanea i nemici presenti nell'area, facendo affidamento sul nostro fidato fucile da cecchino che ci ha permesso di agire senza essere visti dalle vedette sparse a protezione del nostro bersaglio, nel secondo caso, con una missione che prevedeva il recupero di importanti informazioni contenute all'interno di un PC, le cose non sono andate come avevamo previsto. 
    Dopo aver scansionato l'area a bassa quota grazie all'utilizzo di un drone - uno degli strumenti in dotazione ad ogni membro della squadra e aver taggato ogni nemico visibile - abbiamo deciso di dividerci in due due gruppetti, in modo da penetrare nella base e convergere sull'obiettivo da due direzioni diverse. Io e il caposquadra abbiamo quindi liberato una torre di guardia per controllare la zona dall'alto, coprendo i nostri compagni tramite l'utilizzo di un fucile di precisione. In seguito ad un mio errore però, con un bersaglio mancato a causa di un movimento improvviso, tutto il piano di infiltrazione è andato a rotoli, con l'intera base in stato di allerta e in perlustrazione per cercare i responsabili. A questo punto è stato necessario ricorrere al piano B: all'interno della base, rinchiusi in delle gabbie a cielo aperto, erano tenuti prigionieri alcuni membri della resistenza. Liberarli ha scatenato il caos, con i miliziani del cartello della droga che si sono trovati sotto il fuoco incrociato del team Ghost e dei ribelli. Grazie a questo caos è stato facile infiltrarsi nel luogo in cui erano tenuti i documenti da recuperare e scappare indisturbati grazie a delle moto precedentemente nascoste dietro una piccola altura, lontana dal campo visivo delle sentinelle. Proprio i veicoli possono essere sfruttati per aiutarci nelle nostre missioni: oltre alle classiche moto e macchine potremo metterci alla guida di fuoristrada, barche ed elicotteri, utili sia per spostarsi velocemente nell'immensa mappa di gioco e sia per creare utili diversivi. La missione poteva essere infatti approcciata in ulteriori modi, dallo sfondare il cancello principale con un fuoristrada prendendo di sorpresa i nemici, al paracadutarsi direttamente sul tetto della casa in cui erano contenuti i documenti da recuperare. L'unico limite è dunque la fantasia dei giocatori, con i più bravi che potrebbero arrivare a completare alcune missioni senza neppure sparare un colpo, aggirando i nemici e muovendosi nell'ombra. Una particolarità del gameplay che lascia abbastanza spiazzati all'inizio è il passaggio dalla terza persona alla prima al momento della mira. Questa scelta, sicuramente inusuale, contribuisce però a dare una chiara identità al titolo. Ghost Recon: Wildlands non puó infatti essere affrontato con un classico TPS, con il movimento continuo per entrare in copertura e poi sporgersi per sparare, ma più come un FPS.
    La mappa di Ghost Recon: Wildlands è la più grande mai creata prima in un franchise di Ubisoft, molto più vasta quindi della New York di The Division e del Kyrat visto in Far Cry 4 quindi. Creare un mondo di gioco così vasto è sempre pericoloso però: il rischio è quello di ritrovarsi una location vastissima ma vuoto, incapace di trasmettere una sensazione di fedeltà alla realtà. Per quanto abbiamo avuto modo di vedere, Ubisoft sembra però aver fatto centro. Durante le nostre missioni abbiamo potuto incontrare diversi civili, con le loro vite che verranno influenzate dalle nostre decisioni. Un colpo andato a segno contro un esponente di spicco dell'organizzazione criminale potrebbe portare a delle repressioni dure sulla popolazione e durante la demo abbiamo potuto assistere a scene abbastanza macabre, come il ritrovamento di un cadavere di un uomo orribilmente mutilato e poi lasciato morire su un'altura, esposto agli animali e agli agenti atmosferici. Notevoli anche i diversi ambienti che potremo incontrare nell'esplorazione del mondo di gioco. Si passa infatti da città vive e popolate a deserti in cui non è possibile incontrare anima viva, da sterminate pianure a immensi canyon, da enormi foreste a zone lacustri. Per quanto riguarda il comparto grafico Ubisoft sembra aver imparato la lezione: la demo mostrata al pubblico è vicina alla qualità che troveremo al momento della release del titolo. Il rischio di urlare per l'ennesima volta al downgrade è quindi scongiurato, con gli ultimi mesi di sviluppo che serviranno agli sviluppatori per migliorare alcune texture che non fanno certo gridare al miracolo.

mercoledì 15 giugno 2016

Quake Champions

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:ID Software

  • Data uscita:TBA

     

     

    La conferenza E3 di Bethesda non si è aperta con uno dei volti noti del publisher, ovvero Pete Hines, ma bensì con Tim Willits, lo studio director di id Software. Il messaggio, insomma, è stato chiaro fin dall’inizio: a 20 anni dall’uscita del primo capitolo, Quake è pronto per tornare con una nuova, rinnovata versione. Vediamo di ricapitolare, allora, i dettagli emersi finora sul prossimo Quake Champions.

    Durante la breve presentazione del titolo, Willits ha segnalato alcuni punti che, difatti, riescono a dare i primi indizi riguardanti l’esperienza di gioco che verrà proposta in Quake Champions. Per prima cosa, il lato tecnico: il titolo verrà proposto esclusivamente su PC, e renderà partecipe il giocatore di partite estremamente rapide e fluide. Tutto ciò sarà reso possibile dal framerate totalmente sbloccato, e dal supporto ai 120 Hz; chi possiede le giuste soluzioni hardware, insomma, potrà godere di una fluidità che si renderà necessaria se si pensa anche al secondo punto cardine evidenziato da Willits, ovvero la natura competitiva del gioco. Il titolo, difatti, sembra essere pensato proprio per l’e-sport; non importa che si tratti delle più importanti competizioni a livello internazionale, o di semplici tornei: l’obiettivo di Quake Champions sembra essere proprio quello di proporre un ambiente online basato su arene dal carattere classico, e su combattimenti tra eroi di nuova generazione. È evidente come questa impostazione rimandi chiaramente al QuakeCon come evento principale relativo a campionati e tornei ufficiali; difatti, a questo proposito, già da agosto ne sarà possibile sapere di più, in occasione proprio del consueto evento targato id Software che si terrà in quel di Dallas. Il focus, dunque, sembra andare tutto sul multiplayer: una scelta che potrà non incontrare il favore di molti, ma che difatti segue il trend di altri prodotti di questo genere.
    È interessante sottolineare come Willits, poi, abbia tenuto a precisare come questo prossimo Quake Champions sarà titolo capace di soddisfare giocatori dotati di differenti livelli di abilità; il gioco, nelle intenzioni di id Software, sarà allora in grado di accontentare i novizi della serie, così come i giocatori che hanno speso gli ultimi 20 anni a fraggare come se non ci fosse un domani. Se questa presunta accessibilità possa essere un pregio o un difetto, difatti, lo scopriremo solo nei prossimi mesi.

    Una delle domande che ci si può porre dopo aver visto il primo trailer di gioco riguarda la natura del gameplay. L’aspetto che finora ha catturato di più l’attenzione riguarda proprio la presenza di vari eroi, tutti dotati di capacità e skill differenti. Durante il breve trailer, ad esempio, è stato possibile vedere come un personaggio abbia sfruttato una sorta di visione termica per individuare un nemico, per poi colpirlo dalla distanza; un’altra combattente, invece, ha eluso gli attacchi avversari con degli spostamenti veloci. In giorni in cui l’internet è ancora alle prese con l’arrivo di titoli come Overwatch, è facile pensare a come Bethesda e id Software vogliano tentare di sfruttare questo filone di FPS basati su personaggi così caratterizzati. Dalla visione del trailer sembrerebbe trapelare una certa differenza negli stili di combattimento, ma è anche giusto dire che è veramente presto per sbilanciarsi in previsioni. In questo senso, dunque, bisognerà verificare se e quanto questa nuova struttura andrà a snaturare il cuore dell’esperienza tradizionale proposta dai precedenti Quake; per rispondere a queste domande, in ogni caso, non si potrà fare altro che aspettare i prossimi eventi ed annunci relativi al gioco.

Fifa 2017


  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Sportivo

  • Sviluppatore:EA Sports

  • Data uscita:29 settembre 2016

     

     

    Ogni anno l'annuncio del nuovo capitolo di Fifa è in grado di dividere il pubblico, tra gli appassionati del gioco pronti a scoprire le novità del capitolo che li terrà impegnati da lì a molti mesi e i detrattori, incapaci di trovare valide motivazioni nell'acquisto di un titolo calcistico ad ogni ennesima iterazione. Lo sbarco sulle console di nuova generazione non ha portato grossi benefici al franchise Fifa, con gli sviluppatori canadesi incapaci di produrre titoli completamente convincenti; nonostante un parziale cambio di rotta con lo scorso capitolo, è innegabile il fatto che gli appassionati si aspettino un deciso passo avanti da Fifa 17, chiamato a correggere tutti gli errori del passato. Nella splendida cornice dello Stamford Bridge di Londra, siamo stati ospiti di Electronic Arts per scoprire se la serie Fifa è finalmente pronta a tornare grande.
    In presenza dei producer del gioco siamo stati introdotti subito alla novità principale del titolo: Fifa 17 abbandona Ignite, causa principale dei problemi degli scorsi capitoli, e abbraccia Frostbite, motore grafico capace di mostrare i muscoli negli altri franchise EA. Il passaggio al nuovo engine, che ha richiesto oltre due anni di lavoro, ha permesso agli sviluppatori di dare nuova vita ai giocatori, con modelli finalmente più fedeli alla controparte reale. Estrema attenzione è stata posta sui volti e sulle animazioni facciali, con i giocatori che reagiscono in modo diverso a seconda delle diverse situazioni in campo. Potremo vederne alcuni disperarsi dopo un gol subito o esultare per una vittoria all'ultimo secondo. I calciatori della Premier League sono praticamente perfetti, riconoscibili anche da bordo campo. Qualche incertezza ancora per i volti delle squadre di Serie A, con Juventus e Inter, le due squadre presenti nella demo da noi provata, che alternano visi ben riprodotti ad altri meno dettagliati. Non ci sentiamo però di dare già un giudizio definitivo: spesso nella prima build mostrata non sono presenti tutti i nuovi volti che saranno poi disponibili al lancio.

    Assieme al nuovo motore grafico gli sviluppatori hanno dato una ritoccata anche gli stadi, già di buon livello nelle passate edizioni e ora arricchiti di nuovi dettagli, con la presenza degli spogliatoi, dei tunnel prima di entrare in campo e molto altro ancora. La scelta di realizzare anche zone non strettamente legate al campo di gioco è figlia dell'altra grande novità di Fifa 17.
    Dopo anni di attesa e di richieste da parte dei fan, su Fifa esordisce finalmente la nuova carriera giocatore, chiamata per l'occasione The Journey. Nei panni di Alex Hunter, giovane promessa inglese discendente da una famiglia di celebri calciatori, dovremo scalare le gerarchie della nostra squadra, partendo da riserve fino a combattere per la vittoria della Premier League. 
    Nel corso degli ultimi mesi gli sviluppatori canadesi hanno scannerizzato i volti e catturato le voci dei giocatori più importanti e, soprattutto, di tutti gli allenatori. Vedremo quindi i vari Mourinho, Guardiola, Conte aggirarsi a bordo campo a darci indicazioni durante le partite. Per creare una storia verosimile, i ragazzi di EA hanno coinvolto nomi di spessore, partendo da Bioware fino ad arrivare ai giornalisti sportivi, il tutto per avvicinare gli utenti alle dinamiche reali del mondo del pallone. Con l'obiettivo di creare una carriera unica e diversa per ogni utente, gli sviluppatori hanno deciso di inserire scelte multiple all'interno delle scene di intermezzo, con le nostre decisioni che cambieranno radicalmente la nostra avventura: potremo decidere, a seconda delle situazioni, di appoggiare le decisioni dell'allenatore o di lamentarci con la stampa a fine partita, rischiando però di venir messi fuori rosa e mandati in prestito o venduti ad un'altra squadra. Prima di ogni nostro ingresso in campo, con la possibilità in questa edizione di subentrare anche dalla panchina, ci verranno assegnati tre obiettivi da portare a compimento per aumentare la fiducia del nostro allenatore nei nostri confronti: a seconda della partita ci verrà chiesto di segnare il gol vittoria, di difendere il nostro vantaggio e altro ancora. Queste azioni però, a differenza di quanto accadeva in passato, non serviranno più per migliorare le caratteristiche del nostro giocatore, su cui potremo intervenire solo attraverso la modalità allenamento in maniera simile a quanto già visto in UFC 2. A seconda di come vorremo sviluppare il nostro alter ego, potremo decidere di concentrarci su determinate caratteristiche: siamo il classico mediano che deve recuperare palloni su palloni? Ci alleneremo sulla difesa e sul fisico. Siamo un attaccante da area di rigore? Cercheremo di sviluppare al massimo gli attributi legati al tiro. Ci vorranno ovviamente diverse stagioni per riuscire ad arrivare al livello dei migliori giocatori al mondo, un modo per aumentare a dismisura la longevità della modalità. La demo da noi provata conteneva solo un piccolo assaggio di The Journey, con gli sviluppatori che hanno promesso ulteriori novità nel corso dei prossimi mesi (nei menù abbiamo intravisto una sezione dedicata agli sponsor e al numero di fan): non vediamo quindi l'ora di avere a disposizione il gioco completo per scoprire la reale profondità di una modalità che potrebbe regalare ore e ore di gioco agli appassionati.
    Le novità di questo Fifa 17 non si fermano al nuovo motore grafico e a un'inedita modalità storia. L'intento degli sviluppatori è quello di creare il miglior gioco calcistico di tutti i tempi e proprio per questo anche il gameplay ha subito importanti modifiche, con due novità in particolare che saltano subito all'occhio: un nuovo motore fisico e un miglioramento dell'IA dei compagni di squadra. Iniziamo dal primo che rappresenta, a detta dei ragazzi di EA, l'investimento più importante della casa canadese negli ultimi anni. Se fino a Fifa 16 i giocatori, durante i contrasti, venivano visti come un'unica entità, a partire da questa edizione saranno finalmente indipendenti e reagiranno in maniera diversa ai contatti fisici. Pad alla mano si ha subito la sensazione di un gioco più fisico, con i giocatori che usano molto di più il corpo per creare spazi e proteggere il pallone dall'intervento del difensore, con la possibilità ora di metterlo a terra in seguito a un rinvio lungo del portiere.
    Per quanto riguarda l'IA dei compagni di squadra, gli sviluppatori hanno lavorato per risolvere uno dei più grossi problemi della serie: l'impossibilità di combattere ad armi pari contro la CPU ai livelli di difficoltà più elevati. I nostri compagni di squadra riescono a leggere meglio il posizionamento in campo degli avversari, attaccando gli spazi per muovere le difese e offrendo sempre una linea di passaggio sicura. Nel caso decidessimo di schierare un attacco a due punte, uno dei due attaccanti verrà incontro al pallone mentre l'altro si butterà nello spazio lasciato libero, originando una situazione potenzialmente pericolosa. Oltre a tutto questo, i giocatori rallenteranno la propria corsa per evitare di finire in fuorigioco, effettueranno finte prima di lanciarsi in profondità, correranno negli spazi in diagonale e molto altro ancora. Per aiutarci con la manovra offensiva, in Fifa 17 troveremo una nuova tipologia di passaggi filtranti, più veloci e con molto più effetto, i tiri rasoterra e i colpi di testa schiacciati a terra, particolarmente utili per prendere in controtempo il portiere. Proprio gli estremi difensori ci sono sembrati l'elemento più debole della produzione, senza particolari miglioramenti rispetto alla scorsa edizione. L'unico aspetto su cui sono stati fatti dei passi in avanti sono le uscite alte, con portieri che ora escono con maggiore sicurezza su cross e corner, con la possibilità di subire falli da parte degli attaccanti avversari.
    Chiudiamo con calci d'angolo, rigori e punizioni. Sui corner, gli sviluppatori hanno inserito un mirino per direzionare con precisione il pallone, un modo per dare maggior controllo ai giocatori e non affidarsi al caso per trovare il giocatore libero in area. Per quanto riguarda invece calci di punizione e rigori, è possibile variare il tipo di rincorsa, allungandola oppure riducendola al minimo: feature richiesta a gran voce dalla community. Le punizioni poi godono di una nuova telecamera, fissa alle spalle del calciatore anche dopo aver colpito il pallone che permette di vedere meglio la traiettoria del tiro.

domenica 12 giugno 2016

Heart of Iron IV

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Strategico

  • Sviluppatore:Paradox Interactive

  • Data uscita:6 giugno 2016

     

     

    Il 6 giugno 1944 iniziava lo sbarco in Normandia, forse il momento decisivo della Seconda Guerra Mondiale che diede il via alla riconquista del fronte occidentale da parte delle forze alleate: Paradox Interactive non poteva quindi scegliere una ricorrenza migliore del D-Day per far sbarcare sul mercato Hearts of Iron IV. Dopo aver esplorato lo spazio con l’ottimo Stellaris, la software house svedese ci riporta con i piedi a terra e lo fa riavvolgendo le lancette dell’orologio fino ai drammatici giorni che hanno preceduto il conflitto che ha travolto i principali stati in tutti i continenti. Annunciato nel 2014, prima atteso ad inizio 2015, poi alla fine del medesimo anno e per ultimo rimandato alla data definitiva di giugno 2016, Hearts of Iron IV aveva il difficile compito di confermare gli alti standard qualitativi degli altri strategici Paradox - Europa Universalis IV, Crusader Kings II ed ora anche Stellaris - e soprattutto quello di correggere i tanti piccoli difetti imputati al terzo capitolo, giudicato da molti come un mezzo passo falso per via di una IA non sempre all’altezza e di una curva di apprendimento ritenuta fin troppo ripida anche per gli amanti del genere. 
    I termini sono importanti ed affibbiare ad Hearts of Iron IV l’etichetta di grand strategy sarebbe un'imprecisione, dato che, come hanno precisato gli stessi sviluppatori, ci troviamo innanzitutto davanti un wargame. Anzi, senza troppi giri di parole, forse il miglior wargame ambientato nella Seconda Guerra Mondiale. Gli anni di esperienza e la profonda conoscenza del setting storico hanno fatto sì che Paradox ricreasse nei minimi dettagli ogni singolo aspetto bellico, non limitandosi esclusivamente ad approfondire quello che avviene lungo il fronte: andando a ritroso, il team di sviluppo ha così collegato ogni anello della catena, più o meno lunga a seconda che si selezioni come anno di inizio il 1936 oppure il 1939. Proprio come un manifesto futuristico, Hearts of Iron IV esalta in prima istanza l'importanza delle industrie civili e belliche, da costruire nelle varie regioni in cui è stata divisa la mappa di gioco che, almeno nella sua componente terrestre, riprende da molto vicino quanto visto negli altri giochi della software house svedese. Accanto a questi edifici, trovano il loro spazio altre infrastrutture, indispensabili per avere uno stato moderno, autosufficiente, tecnologicamente avanzato ed in grado di difendersi quando la guerra inizierà: fortificazioni costiere, basi anti-aeree e ferrovie, ma anche raffinerie e cantieri navali sono, assieme alle industrie, il primo gradino della scala, senza il quale è impensabile sostenere uno sforzo bellico decennale. Fin dalle prime battute, Hearts of Iron IV si presenta come uno fra gli strategici più punitivi, e non aver un preciso piano strategico in mente, tralasciare la produzione di una determinata risorsa o non aver sufficienti materiali per garantirsi gli equipaggiamenti significa avere uno stato con ben poche speranze di sopravvivenza. E un ritardo accumulato, solitamente, è molto difficile da colmare.
    Oltre ad essere la base per la produzione di qualsiasi mezzo, le varie strutture sono anche uno dei principali obiettivi strategici durante le offensive, poiché abbattere ad esempio una raffineria e causare una penuria di greggio è un buon metodo per mettere fuori gioco le truppe motorizzate nemiche. Ad inizio analisi abbiamo utilizzato la metafora della catena per far capire tutti i passaggi che portano dalle città al fronte, ma forse avremmo dovuto parlare di una rete che tiene uniti tutti i punti di Hearts of Iron IV, un intreccio che in un primo momento può spiazzare e frastornare il giocatore per la sua complessità, ma che con un po' di pratica si svela in tutta la sua coerenza, come nel caso del logico collegamento che vi è fra le industrie e la produzione di tutto ciò di cui un esercito abbisogna nel momento dello scontro: non stiamo parlando esclusivamente di nuovi sommergibili, di carri armati più moderni o di pezzi di artiglieria più efficaci, ma anche dell'equipaggiamento base della fanteria, fucili inclusi. Come ci ha insegnato la storia, uno stato autarchico è però pura follia e molto spesso l’unico modo per assicurarsi la quantità sufficiente di risorse per mantenere attive le catene di montaggio è fare ricorso agli scambi con le altre fazioni. In ogni caso, il commercio in Hearts of Iron IV non è uno fra gli elementi più complicati e, pur rimanendo cruciale, è privo di qualsiasi forma di contrattazione; l’unico fattore da tenere in considerazione è la presenza di una rotta commerciale plausibile fra i due poli. Se il mercato è stato semplificato nelle sue meccaniche, proprio come gli edifici, esso assume però un ruolo centrale nei piani di battaglia, poiché le rotte fra i paesi possono essere interrotte assicurandosi il predominio dei tratti di mare, evitando così che una forza a noi nemica si procuri le materie prime ad essa necessarie. Colmati gli arsenali, non resta quindi che reclutare e disporre le divisioni sul territorio.
    Attraverso il menù chiamato “Recruit & Deploy”, Paradox Interactive non si è però limitata a introdurre un meccanismo con cui accumulare unità su unità da inviare oltre confine verso i territori da invadere - come accade ad esempio in Europa Universalis IV - ma ha ideato un sistema molto più raffinato, all'interno del quale le divisioni possono essere personalizzate liberamente ed integrate ad esempio con truppe motorizzate, con ospedali da campo, con l’artiglieria anti-aerea o, ancora, con dei tank leggeri o pesanti. Ovviamente, per garantirsi delle divisioni più preparate e con una forza d’urto maggiore, è necessario accumulare e spendere dei punti militari, oltre che sbloccare la tecnologia corrispondente alla nuova batteria di razzi con la quale si vuole migliorare il proprio battaglione. La personalizzazione delle divisioni si spinge oltre, ed anche l’armamentario della fanteria va sempre aggiornato con pezzi più moderni: affrontare una battaglia con dei fucili del 1918, mentre le forze avversarie dispongono dei nuovi M42 non è mai una buona idea. Ancora prima che si arrivi sul fronte, Hearts of Iron IV ha già sommerso il giocatore con numeri, cifre, statistiche e modificatori, ed il rischio di perdere di vista lo stato effettivo della propria fazione è dunque quanto mai probabile. Fortunatamente, le interfacce ed i menù di gioco sono stati creati con estrema cura da Paradox Interactive e sono state impreziosite dal lavoro di Mats Virtanen, game artist che ha realizzato le raffinate icone 2D e che ha apportato non poche migliorie rispetto a quanto proposto nel precedente Hearts of Iron III, dove i pannelli erano, oltre che molto asettici, spesso poco chiari ed estremamente invasivi. 
    La strategia militare della Seconda Guerra Mondiale si differenzia sensibilmente da quella medioevale, rinascimentale o moderna ricreata virtualmente in Europa Universalis o Crusader Kings. Riproporre i medesimi schemi visti in questi ultimi due titoli sarebbe stato un grave errore per Paradox Interactive, che quindi ha sviluppato un differente modo di fare la guerra per i vari Hearts of Iron, il quale non ha però mai convinto a pieno la schiera dei fan. Gli sviluppatori sono quindi partiti da quanto di buono era stato fatto nelle precedenti versioni, hanno tappato le varie falle ed in tal modo sono riusciti a creare uno fra i più raffinati battle system nel panorama degli strategici, difficile da padroneggiare sulle prime ma che, se appreso e metabolizzato fino in fondo, garantisce al giocatore una infinità di tattiche e strategie, soprattutto grazie alla perfetta integrazione e complementarietà che vi è fra combattimenti terrestri, aerei e marittimi che, proprio come nella Seconda Guerra Mondiale, ritrovano il loro spazio in Hearts of Iron IV. Per pianificare una invasione, le divisioni non vengono più semplicemente ammassate e spedite oltre i confini per ingaggiare le forze avversarie, bensì messe agli ordini dei generali e comandanti - ovviamente ripresi fedelmente dal periodo 1936-1948 - diventando le “cellule” delle armate, con le quali mettere in atto complessi ed articolati piani attraverso il menù chiamato “Battle plan”. Con questo nuovo sistema, i fronti lungo i quali sono disposte le divisioni, le direttrici delle invasioni, le linee dietro cui ritirarsi, come i fiumi o le catene montuose, e gli sbarchi lungo le coste possono essere letteralmente disegnati sulla mappa ed attivati di volta in volta, dando al giocatore l'idea di vestire realmente i panni di un generale. Le molte provincie nelle quali è suddivisa la mappa contribuiscono ad alimentare inoltre la tatticità di Hearts of Iron IV e permettono un’estrema elasticità alle strategie, dando la possibilità al giocatore di compiere manovre di accerchiamento, di tagliare le linee di rifornimento per i mezzi nemici e di lanciare oltre il fronte avversario un attacco con le unità di paracadutisti. 
    Riuscire ad imbastire un buon piano d’attacco o di difesa, soprattutto nelle prime fasi del gioco non è però un’operazione sempre immediata: anche a causa di un tutorial non del tutto esaustivo, non sono rari i casi in cui, per un errata lettura delle disposizioni delle divisioni o per un attacco troppo profondo, ci si imbatta in pesanti sconfitte. Inoltre, soprattutto quando si ha a che fare con fronti molto estesi e con numerose divisioni, capita spesso che le armate si accavallino, creando non poca confusione lungo i confini e costringendo così il giocatore ad apporre continui rimedi al proprio piano di battaglia, aumentando il senso di micro-gestione. Passando dalla terra ai cieli, il primo cambiamento riguarda la mappa, che è stata suddivisa in macro aree più estese delle singole regioni, nelle quali si svolgono i duelli per la supremazia dei cieli e da dove parte il fuoco di supporto all’invasione, nonché i bombardamenti per radere al suolo le infrastrutture terrestri e marittime. Infine, se da un lato le battaglie fra le navi ed i sommergibili presentano all’apparenza molte somiglianze con quelle di Europa Universalis IV, le imbarcazioni possono essere in realtà utilizzate per molteplici scopi, come trasportare le truppe terrestri, affondare i convogli mercantili o, più semplicemente, ingaggiare battaglia con le navi nemiche.
    La logistica è un ulteriore elemento che rende ancora più intricato l’ingrediente bellico e mette al centro dell’attenzione le linee di rifornimento. Nonostante la presenza dei molti aiuti che mettono in guardia da un fronte sguarnito, da aerei dimenticati nelle basi o da un piano d’attacco sventurato, affermare che Hearts of Iron IV sia un gioco alla portata di tutti, anche dei neofiti che non hanno voglia di cimentarsi in qualcosa di difficile da apprendere, sarebbe una mezza bugia, perché con ogni probabilità, il titolo in esame rappresenta il prodotto più complesso nell'offerta recente della software house svedese: in particolar modo, utilizzando una delle fazioni dell’Asse, lasciarsi sfuggire la situazione di mano nel late-game non è affatto un’evenienza remota e la pausa tattica diviene così il più prezioso degli alleati. A differenza di Europa Universalis e di Crusader Kings, Hearts of Iron IV non lascia infatti un momento di respiro, i ritmi sono molto più incalzanti e i mesi in cui non ci si trova nel bel mezzo di una guerra si contano praticamente sulle dita di una mano.
      Nonostante Hearts of Iron IV sia prima di tutto un wargame, non mancano gli stilemi tipici dei grand strategy made in Paradox Interative, come la ricerca, la politica, la diplomazia e l’albero delle idee. Tutti questi elementi hanno però come unico fine il perfezionamento della macchina bellica statale, e soprattutto permettono al giocatore di plasmare a proprio piacimento i punti di forza e di debolezza della propria fazione, in modo più dettagliato nel caso delle potenze principali: Germania, Gran Bretagna, Francia, URSS, Italia, Giappone e Stati Uniti. Per questi stati, Paradox ha infatti previsto un Focus Tree - l’albero delle idee - e un sistema di ricerca unici, mentre le tecnologie, i mezzi e le navi sbloccabili, come anche alcune scelte diplomatiche da intraprendere, ricalcano in modo molto fedele quelle dei singoli stati durante la Seconda Guerra Mondiale. Ad esempio, guidando l’Italia, viene posta la questione se stingere un’alleanza ancora più stretta con il Terzo Reich, se intraprendere la strada dell’autonomia, se focalizzare lo sforzo bellico nella campagna africana, se sostenere o meno la Spagna franchista o, ancora, che rapporti avere con i paesi balcanici. Inoltre, la medesima accuratezza storica la si ritrova anche nei nomi delle imbarcazioni e dei velivoli, (quasi) tutti ripresi dai mezzi realmente coinvolti nel terribile scontro bellico. Gli stati di seconda fascia hanno purtroppo ricevuto meno attenzioni e così le loro tecnologie, le loro truppe e il loro Focus Tree sono generici e del tutto equivalenti fra di essi e la ricostruzione storica appare più approssimativa. La componente politica in Hearts of Iron IV si presenta invece come un elemento spesso secondario e, salvo i rari casi in cui le lotte fra i partiti portano alla guerra civile, il tutto si riduce a spendere determinati punti per assicurarsi i migliori consiglieri e le migliori industrie - come la Fiat, la CRDA o la Beretta - utili a garantirsi decisivi bonus bellici e civili. 
    Nonostante gli schieramenti siano praticamente già decisi ad inizio partita, la diplomazia ricopre invece un ruolo fondamentale e soprattutto rappresenta un’arma a cui ricorrere laddove la sola forza militare non riesce ad arrivare: alle volte si è infatti rivelato più efficace istigare una rivoluzione in un paese nemico per poi alimentarla inviando truppe ed equipaggiamenti piuttosto che dichiararle guerra direttamente. Gli accordi di pace sono invece stati completamente rivisti e sono stati sviluppati cercando di simulare al meglio le reali conferenze che si sono tenute dopo la Seconda Guerra Mondiale: una volta avvenuta la capitolazione di un paese, la conferenza prende il via e, turno dopo turno, le potenze vincitrici decidono come spartirsi la propria preda, annettendone direttamente le provincie oppure instaurando un governo fantoccio. 
    Per quel che riguarda l'aspetto grafico, ancora una volta Paradox Interactive ha fatto affidamento sul Clausewitz Engine, in gran spolvero in Hearts of Iron IV, dove abbondano i modelli 3D dei velivoli, delle città e delle divisioni, ma è soprattutto la colonna sonora del gioco a lasciare il segno. Andreas “Jazzhole” Waldetoft, music composer di Paradox Interactive, si è infatti avvalso niente poco di meno che della Brandenburg State Orchestra - la stessa di Europa Universalis IV - guidata dal maestro Bernt Ruf: grazie all’uso di archi e ottoni, il risultato è una serie di composizioni fra le più ispirate del panorama videoludico, un vero e proprio spettacolo da ascoltare e riascoltare. Infine, un ultimo appunto sulla localizzazione dei testi, dove ancora una volta non è presente la lingua italiana.

sabato 4 giugno 2016

Hard Reset Redux


  • Piattaforme:PC

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:Flying Wild Hog

  • Data uscita:Agosto 2016

     

     

    Lo sviluppatore Flying Wild Hog ha di certo mostrato una particolare cura nei confronti di uno dei suoi prodotti di punta, ovvero Hard Reset; uscito originariamente nel 2011, questo sparatutto in prima persona ha visto poi nel 2012 l’arrivo di una versione Extended, e ora di una scintillante edizione rivista e ampliata. Scopriamo allora se Hard Reset Redux riesce nella duplice impresa di far riappassionare i fan della prima ora, nonché di intrigare nuovi utenti.

    Hard Reset Redux comprende tutti i contenuti rilasciati dal 2011 ad oggi: ciò significa che, accanto ai sette livelli che compongono la campagna originaria, trovano posto anche le cinque ambientazioni incluse nella versione Extended, nonché la modalità survival, anch’essa introdotta nel 2012.
    Il fulcro della narrativa, dunque, è sempre il maggiore Fletcher, che verrà invischiato in una storia fatta di una città oramai in balia delle macchine, di corporazioni senza scrupoli, e di personaggi che non riveleranno immediatamente la loro vera natura. Dal punto di vista della narrazione vera e propria, come prevedibile, Hard Reset Redux non propone alcun cambiamento di sorta: il compito di illustrare la vicenda, infatti, è affidato alle ormai familiari cutscene statiche, e presentate a mo’ di fumetto. Consci di questo, abbiamo iniziato la campagna principale memori della nostra esperienza precedente col titolo; la prima immagine che ci è venuta alla mente, ripensando alla nostra prima run di Hard Reset, includeva proprio un quadro pieno di esplosioni, ferraglia assortita, e livelli pieni di elementi da distruggere e far esplodere. Il primo impatto con Hard Reset Redux, in effetti, è stato proprio così, anche se di tanto in tanto ci siamo sentiti un po’ disorientati; la disposizione dei nemici, ora, appare leggermente differente dal passato, mentre non hanno subito variazioni gli obiettivi da raggiungere. Difatti, per la maggior parte del tempo il giocatore sarà chiamato ad attivare interruttori che, una volta innescati, garantiranno l’accesso a nuove aree pullulanti di nemici da abbattere. Il fulcro dell’esperienza di gioco, ovvero la possibilità di sparare all’impazzata e di far saltare in aria praticamente ogni cosa presente su schermo, è ancora ben radicata, e in effetti ci ha ricordato con quanta soddisfazione abbiamo affrontato, nel 2011, la nostra run originaria. Vero è però che, dal punto di vista del gameplay, il gioco non mostra numerose differenze sostanziali; anche in Hard Reset Redux, infatti, partiremo con due armi di base, corrispondenti a un fucile d’assalto e ad un fucile al plasma. Le consuete cabine sparse per i livelli, poi, consentiranno di effettuare l’upgrade dell’equipaggiamento e delle armi; ciò permetterà di contare su dei veri e propri arsenali mobili comprendenti attacchi pesanti e a corto raggio, ma anche soluzioni capaci di immobilizzare i nemici per breve tempo.


    Le aggiunte più evidenti di questo Hard Reset Redux, in ogni caso, coinvolgono i combattimenti. Durante uno dei primi livelli di gioco, infatti, incontreremo una nuova tipologia di nemico, quella dei zombie cyborg. Di per sé, questa minaccia non presenta particolari pericoli, visto che i non morti si limiteranno esclusivamente a camminare verso di noi. La loro presenza, però, oltre ad essere assai indicata in alcuni livelli (pensiamo allo stage ambientato nell’ospedale), rappresenta il complemento alla nuova arma inserita nel gioco. Durante la parte centrale del quarto livello, infatti, entreremo in possesso della cyber katana: una nuova, goduriosa opzione per gli attacchi corpo a corpo. C’è da dire che utilizzare indiscriminatamente quest’arma contro qualsiasi tipo di nemico, in effetti, vorrà dire andare incontro a morte certa, considerato che alcune delle macchine ribelli che ci daranno addosso sono pensate proprio per esplodere nelle nostre vicinanze. Se ci si lancia con la propria katana contro avversari di questo tipo, dunque, il risultato non può essere che la propria dipartita.
    Al contrario, la katana brilla proprio negli scontri contro i nuovi zombie cyborg, ma anche – insospettabilmente – contro i robot lenti e di maggiori dimensioni, a causa anche di una nuova aggiunta al gameplay, ovvero lo scatto rapido. Questa nuova mossa, in sostanza, rappresenta uno spint iniziale di maggiore portata rispetto allo scatto tradizionale, che si rivela di grande utilità proprio negli scontri in cui il nostro avversario cerca di correre velocemente verso di noi, oppure sta sventagliandoci contro missili e proiettili vari. La mossa in questione è talmente utile che, paradossalmente, rende a volte più semplici gli scontri più concitati, difatti mitigando il livello di difficoltà che, comunque, rimane sempre intenso, specie ai livelli più alti. Per quanto riguarda il sistema di controllo, va constatato un migliore feedback del gioco rispetto ai comandi impartiti via pad; in ogni caso, vale la pena sottolineare comunque come l’opzione regina, sotto questo punto di vista, sia ovviamente rappresentata dall’accoppiata mouse e tastiera.

    Sotto il profilo grafico, i ritocchi maggiori hanno riguardato il sistema di illuminazione, che in alcune situazioni propone un aspetto piuttosto differente rispetto alla versione del 2011. Non sembra si possa dire lo stesso delle texture, che per gli standard attuali sembrano mancare, talvolta, di una buona definizione. Difatti, questo Hard Reset Redux non propone, dal punto di vista grafico, un feeling complessivo così differente dall’originale: da questa angolazione, probabilmente, si poteva fare di più. In ogni caso, sono soprattutto i livelli ambientati all’aperto, inseriti con il DLC del 2012, quelli che beneficiano del rinnovato sistema di illuminazione, proponendo scorci di una certa qualità.Quello che si presentava come un gioco tutto sommato leggero nel 2011, poi, ha mantenuto tale vocazione anche in questa nuova versione aggiornata; Hard Reset Redux è difatti un gioco leggero dal punto di vista hardware, e che presenta dei caricamenti realmente più rapidi rispetto alla controparte originale. Il solo caricamento iniziale, ad esempio, ora richiede circa la metà del tempo impiegato dalla versione di cinque anni fa. La leggerezza appena citata fa il paio, poi, con una consistente scalabilità: un fattore, questo, che consente di intervenire con precisione su differenti aspetti relativi a filtri e componenti grafiche avanzate.
    Ottimo, infine, il comparto audio, che propone accompagnamenti sonori in linea con l’ambientazione cyberpunk, e un doppiaggio in inglese (con sottotitoli in inglese) senza particolari sussulti.