Ethero

giovedì 26 dicembre 2013

BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO VI AUGURIAMO BUONE FESTE E BUON DOWNLOAD A TUTTI LO STAFF SONOSOLOGAME 

The Last Express Gold Edition


  • Genere:Avventura grafica

  • Sviluppatore:Smoking Car Productions

  • Data uscita:24 Dicembre 

     

    Se ci si ferma un attimo a voltarsi indietro, pur rimanendo nel solo ambito videoludico, il 1997 sembra essere passato da un secolo: parole ed espressioni come Steam, DLC, microtransazioni, always online, season pass e compagnia bella non solo erano sconosciute, ma lontane dall’essere implementate sul mercato; in questo periodo, la scena era dominata da titoli come FIFA: Road to World Cup 98 e Oddworld: Abe's Oddysee, ma anche da quella che ancora oggi viene ritenuta una delle avventure grafiche più importanti di sempre: parliamo di The Last Express, che grazie a Dot Emu (già curatrice della versione per iOS) ritorna ora su Steam con una Gold Edition al prezzo di € 5,99 e qualche feature aggiuntiva. Andiamo allora ad analizzare il gioco e a parlare proprio di questi nuovi elementi.

    L’Europa del 1914 viveva una stagione decisamente complicata: nel giugno di quell’anno, infatti, l’uccisione dell'arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo segnava l’inizio delle tensioni che portarono alla prima guerra mondiale.
    La narrazione di The Last Express parte proprio da una delle città simbolo del vecchio continente, Parigi, e proprio nel 1914: sull’Orient Express diretto a Costantinopoli Tyler Whitney aspetta il suo amico Robert Cath; questo, personaggio principale del gioco, è un dottore americano dal passato burrascoso, braccato dalla polizia francese. Una volta salito a bordo del treno, Cath scoprirà che la situazione è molto più complicata di come l'invito di Whitney ricevuto precedentemente lasciasse presagire.
    Sviluppata da Jordan Mechner, creatore della serie di Prince of Persia, The Last Express è un’avventura grafica bidimensionale che, è bene metterlo subito in chiaro, eccelle in numerosi campi, anche se tra tutti l’aspetto più meritevole sembra essere quello narrativo. Sono pochi i titoli che riescono così bene a trasmettere l’atmosfera del periodo storico in cui sono ambientati: in questo, il gioco a suo tempo sviluppato da Smoking Car Production riesce in pieno, capace com’è di restituire molte di quelle suggestioni che accompagnano le vicende di inizio secolo scorso. Tutto ciò è possibile anche grazie agli ottimi personaggi secondari presenti nel titolo: nella peregrinazione per i vagoni del treno (che costituiranno sostanzialmente larga parte dell’ambientazione esplorabile), Cath incontrerà personaggi capaci di stamparsi nella memoria; sebbene non sia possibile dilungarsi molto su questi particolari senza spoilerare, meritano una citazione miss Wolff, l’affascinante violinista austriaca, o herr Schmidt, sfuggente mercante d’armi tedesco. Anche i comprimari, in questa avventura, hanno il loro valore: il poter agire in un ambiente così ristretto farà sì che si possano apprezzare anche i personaggi all’apparenza meno importanti.
    Insomma, ci si ritroverà a vivere una vicenda fatta di figure misteriose e interessi contrastanti, il tutto ben collegato alla realtà storica del tempo; tralasciando il gameplay, che pur influenza fortemente lo svolgimento del titolo, The Last Express offre una storia interessante che riesce ad adattarsi non solo all’ambientazione, ma anche alle dinamiche tipiche dei lunghi viaggi in treno: a ogni fermata del viaggio, dunque, il titolo proporrà qualcosa di nuovo e, se non si starà attenti, la storia potrebbe finire sul più bello, visto che il gioco propone tanti finali quante sono le possibilità di avanzare. Spiegando meglio il tutto, dobbiamo dire che se il giocatore non riuscirà in tempo a svolgere una determinata attività, il viaggio potrebbe terminare anzitempo, e la spiegazione di quanto avvenuto sarà affidata alle pagine del diario di una delle viaggiatrici del treno. Una trovata, questa, che ancora oggi risulta essere raffinata e sorprendentemente efficace, capace com'è di restituire al tutto ancora più eleganza e spessore narrativo.

    Il gameplay di The Last Express è estremamente peculiare: l’azione, infatti, si svolgerà sul treno, e ciò farà sì che le attività in cui si verrà impegnati saranno per la maggior parte l’interazione con i viaggiatori e con vari oggetti. Una delle particolarità, conseguenza anch’essa del lungo viaggio raccontato dal titolo, è il ruolo cruciale del fattore tempo: ogni minuto passato nel gioco, infatti, corrisponde a sei minuti reali, e se si considera che a ogni stazione il titolo proporrà situazioni sempre nuove e differenti, si comprende come anche il solo semplice stare fermi per un certo tempo potrebbe far sì che la storia non vada nella direzione sperata.
    Sarà necessario, dunque, compiere determinate azioni al momento giusto, pena la possibile interruzione prematura della vicenda.
    Non sono state tantissime, dopo The Last Express, le avventure che hanno tentato l’impresa di implementare il tempo come fattore critico del gameplay: ci ha provato una decina di anni dopo Benoit Sokal, con Sinking Island, in cui i minuti e le ore passavano inesorabilmente mentre si cercava di far luce su un delitto, ma se nell’avventura del creatore di Syberia una volta scaduto il tempo si poteva fare ben poco (a meno di non scegliere la modalità di gioco classica, senza limiti), in The Last Express il flusso di minuti e ore potrà essere manovrato a proprio piacimento.
    Ogni volta che si compie una determinata azione, infatti, il gioco registrerà le mosse del giocatore e creerà dei checkpoint dai quali, una volta finita anzitempo la propria esperienza per via di qualche errore, si potrà riprendere l’avventura. Ciò significa ad esempio che sì, prima di arrivare a ogni stazione bisognerà compiere determinate azioni, ma che anche nel caso in cui non si riesca nell’impresa le lancette dell’orologio potranno sempre essere spostare indietro per riprendere dal punto più vicino.
    Un altro elemento interessantissimo di The Last Express, inoltre, è legato al fatto che l’azione del giocatore sarà molto libera: privo di paletti e percorsi predefiniti, il giocatore potrà compiere le azioni richieste in ordine vario e in differenti orari, purché si arrivi in determinati momenti narrativi avendo completato tutto quello che si deve fare. Anche qui, però, la particolarità del titolo è che spesso bisognerà ragionare per bene prima di agire: in questo senso si può apprezzare il primo cambiamento di questa Gold Edition rispetto alla versione precedente dell'avventura; laddove nell’originale il giocatore veniva tutto sommato lasciato solo con le proprie intuizioni, infatti, in questa nuova edizione (così come in quella per iPad) si è provveduto a inserire un sistema di aiuti che dirà cosa fare e con chi andare a parlare. I puristi potrebbero storcere il naso, ma tutto sommato si tratta di una feature sensata e che potrebbe aiutare a fruire del prodotto in modo migliore; va interpretato in questo senso anche la rivisitazione dell’interfaccia di gioco e dell’inventario, ora più intuitivo e ordinato.
    L’azione di gioco, dunque, è incentrata sull’agire di Cath a contatto con gli altri personaggi: sarà ascoltando le loro conversazioni, origliando le proprie reazioni alle nostre azioni, pensando a cosa sia più sensato fare, che i giocatori di The Last Express riusciranno ad arrivare alla fine delle circa venti ore di cui si compone l’avventura con un certo senso di soddisfazione, come quando si finisce di leggere un bel libro.

    Accanto a un comparto narrativo di prim’ordine, e a un gameplay originale e che ben si adatta alla storia proposta, ai suoi tempi The Last Express ha saputo regalare anche spunti di riflessione in ambito tecnico. La grafica del titolo, bidimensionale, può pregiarsi della presenza di personaggi realizzati in rotostcope; degli attori in carne e ossa, in buona sostanza, hanno cioè recitato le varie scene del gioco, e dopo ciò una selezione di frame colta da queste performance è stata ulteriormente lavorata e sviluppata di modo da ottenere la grafica che offre il titolo. Tutto ciò ha permesso di ottenere movimenti volutamente a volte molto fluidi, e in altri tratti poveri di dinamicità. La scelta si scontrava con le limitazioni del tempo, ma a suo modo riesce a dare al titolo un aspetto sempre attuale, grazie anche alla cura elevata nello stile di personaggi e ambientazioni. In questa nuova versione proposta su Steam, per la verità, in un primo tempo questa fluidità si era persa a causa di problematiche tecniche: nel momento in cui scriviamo, però, un'importante patch risolutrice ha eliminato queste problematiche, e la resa visiva del titolo propone la stessa qualità dell’originale.
    C’è da parlare poi di un altro grande punto a favore del titolo, ovvero il doppiaggio: la già citata atmosfera europea, oltre che dai modi e dagli abiti dei personaggi, viene data anche e soprattutto dalla recitazione dei vari personaggi. In un gioco in cui si scontrano culture e linguaggi differenti, la scelta degli sviluppatori originali è stata quella di far parlare i personaggi sostanzialmente in due lingue: i dialoghi meno importanti, o comunque quelli in cui non si viene coinvolti in prima persona, sono dunque recitati nell'idioma proprio di ogni protagonista (si potrà dunque sentire parlare, tra le altre, in tedesco, francese, serbo e via di questo passo), mentre quelli più importanti saranno nella lingua principale scelta a inizio partita (è presente, così come nella versione originale, la localizzazione italiana).
    Questa scelta se si vuole sensata ha però una conseguenza un po’ negativa, che purtroppo in questa nuova edizione non viene rivista: i dialoghi che si svolgeranno nella lingua principale, infatti, non sono corredati da sottotitoli, al contrario della maggioranza di quelli doppiati in lingue più “esotiche”. La conseguenza di ciò è che chi volesse godere dell’avventura in inglese, ma magari non comprende benissimo la lingua di Albione, vedrà gli spezzoni parlati in questo idioma privi di sottotitoli, mentre tutti gli altri, in cui si parla francese o tedesco, avranno il conforto della traduzione via testo.
    Merita una citazione, completando l’analisi del comparto audio, la recitazione di tutti i vari attori, che riescono a risultare credibili anche nella versione italiana, oltre che nei dialoghi nelle varie lingue straniere che si incontreranno durante il gioco. Non si può non sottolineare poi la colonna sonora, interamente originale e riproposta integralmente, che riesce sempre a fornire il giusto supporto.
    Concludiamo questa lunga recensione, infine, con qualche appunto sul versante tecnico: il titolo consente di giocare a risoluzioni più “moderne” di quelle proposte nella versione originale, sebbene alcuni utenti abbiano segnalato problemi di visualizzazioni con le combinazioni widescreen (non è stato il nostro caso). Alcuni bug segnalati nella prima versione del titolo, infine, sembrano siano stati risolti per la maggioranza dei casi con l’update di cui abbiamo parlato in precedenza. 

giovedì 19 dicembre 2013

The Walking Dead:Season Two

  • Genere:Avventura grafica

  • Sviluppatore:Telltale Games

  • Data uscita:17 dicembre 2013

     

    Lo scorso anno Telltale Games è riuscita a regalare al popolo videoludico una perla narrativa di rara bellezza, un gioco capace di suscitare forti emozioni e di trascinare il giocatore in una storia capace di ancorarsi saldamente alla memoria.
    Lee, la piccola Clementine, Duck e tutta una serie di personaggi secondari sono entrati in scena e scomparsi altrettanto velocemente, ma ognuno di loro è stato capace di lasciare qualcosa di davvero unico nella storia di The Walking Dead, donando alla trama una quantità di sfaccettature ed emozioni davvero impareggiabile.
    A poco meno di due settimane dal Natale, ecco arrivare sui principali store digitali il primo capitolo della seconda stagione di The Walking Dead, con l'arduo compito di confermare le ottime sensazioni avute con i precedenti episodi. Come cantava Caparezza "il secondo album è sempre il più difficile”, e noi ci siamo gettati in una tesissima sessione di gioco tra gli zombie per scoprire se Telltale è davvero riuscita a ripetersi.

    Vi vogliamo subito tranquillizzare, questa nostra recensione, al contrario del Play Night dell'altra sera, non conterrà alcuno spoiler di sorta, ma si limiterà ad analizzare nel dettaglio quanto il gioco è riuscito a proporci, senza ovviamente andare a toccare i punti chiave della trama.
    Partiamo quindi dal principio, o meglio dal passato, visto che questo primo capitolo è il seguito diretto delle avventure di Lee e Clementine vissute lo scorso anno sui nostri monitor.
    Dagli accadimenti della prima stagione sono passati ormai più di sedici mesi, e tra una disavventura e l'altra la piccola Clem si trova a dover vagare per il paese, senza una meta precisa, e con il peso di un'apocalisse zombie che sembra non volerle proprio dare tregua.
    A differenza della scorsa stagione, la mancanza di una presenza protettrice per la piccola mette sotto una luce completamente diversa la storia e ovviamente influisce anche sul nostro modo di approcciare l'avventura.
    Non sarà infatti semplice comportarsi in maniera sgarbata o da veri egoisti una volta immedesimati nel personaggio. Tutti coloro che hanno vissuto l'esperienza della prima stagione sanno quello che Clem ha passato e ora che possiamo influenzare in maniera diretta le sue azioni, tramite le consuete scelte multiple durante i dialoghi, optare per quelle più aride di sentimenti, almeno inizialmente, risulterà praticamente impossibile.
    È bastato poco a Telltale ad ogni modo per farci cambiare prospettiva, giusto una manciata di minuti nei quali succede davvero di tutto e la storia ci trascina nuovamente nell'universo crudo, violento e senza scrupoli di The Walking Dead.
    È la stessa Clem, con i suoi sguardi più carichi di rabbia che di paura, a farci capire che non è più la bambina impaurita che avevamo amato, ma che ora è cresciuta, forse in modo sbagliato e troppo velocemente per la sua età. Ci troviamo per le mani un personaggio giovane, nel senso stretto del termine, ma che come esperienze di vita non ha nulla da invidiare agli "adulti" che si incontreranno nel gioco. Clementine ne ha subite veramente di ogni e ha perso affetti, persone care, è stata tradita e usata, eppure è ancora qui in piedi a lottare per la sua sopravvivenza.
    Se con Lee incontrare uno zombie singolo si traduceva spesso in uno scontro di forza, utilizzando Clem non avremo ovviamente le stesse capacità offensive ed ecco allora che l'agilità, la fuga e più in generale l'ingegno saranno essenziali per riuscire a sfuggire dai lenti camminatori.
    In questo primo capitolo i momenti in cui ci troveremo messi alle strette o dovremo affrontare gli zombie non scarseggeranno minimamente e Clem dimostrerà ancora una volta di aver imparato a fronteggiare la minaccia solo grazie alle capacità maturate negli ultimi mesi, mettendola definitivamente sotto un punto di vista completamente nuovo per il giocatore.
    All That Remains parte fortissimo, con buoni colpi di scena e una trama che sembra poter reggere il confronto con la prima, epica, stagione. L'ottimo feeling e le buone sensazioni ispirate da una scena iniziale davvero incredibile perdono però purtroppo di spessore mano a mano che la narrazione avanza. La fase centrale è piuttosto lenta e si trascina tra colpi di scena prevedibili e incontri piuttosto scontati. Clem verrà in contatto con tanti nuovi personaggi e, sebbene le personalità non siano state approfondite a dovere in questo primo capitolo, una bruttissima sensazione di "già visto" e di prevedibilità, sfortunatamente ci ha colpito.
    Ad eccezione di qualche colpo di coda, tutta la parte finale della storia ci ha dato l'impressione di appoggiarsi ai soliti forti cliché di The Walking Dead, con i nuovi comprimari che davvero non riescono ad uscire dai loro comportamenti egoistici a volte eccessivamente sopra le righe. Speriamo che nel prossimo appuntamento la situazione migliori e si evolva in maniera inaspettata, perdere lentamente uno alla volta i nostri nuovi compagni saprebbe davvero troppo di semplice remake della prima stagione e rischierebbe, a nostro modo di vedere, di appiattire eccessivamente la trama.
    Dal punto di vista ludico nulla è cambiato. Permangono le scene infarcite di QTE durante le quali sfuggire a mille pericoli, piccole fasi di esplorazione e semplici puzzle da risolvere che rallenteranno solo temporaneamente il nostro cammino.
    Rimangono piuttosto deludenti le animazioni dei diversi personaggi, soprattutto durante il controllo del giocatore, e il comparto tecnico leggermente migliorato, con effetti luce e texture più curate, non riesce a mascherare completamente le tante magagne grafiche che la produzione si trascina dietro dallo scorso anno.
    Ottimi invece i dialoghi e il doppiaggio, ed eccezionale la colonna sonora, curata ed emozionante come sempre.

martedì 17 dicembre 2013

Broken Sword:The Serpent's Curse

  • Genere:Avventura grafica

  • Sviluppatore:Revolution Software Inc.

  • Data uscita:4 Dicembre 2013 (PC) - Fine 2013 (iOS-Android)

     

    Agli appassionati di avventure grafiche, specie se di lunga data, alcuni nomi riescono subito a evocare ricordi piacevoli: quelli di George Stobbart e Nicole Collard, ad esempio, sono legati indissolubilmente alle avventure della saga di Broken Sword. Tra alti e bassi, e pause più o meno lunghe, la serie ha saputo rappresentare per molto tempo un esempio di avventura grafica di qualità e capace di rinnovarsi, pur rimanendo in qualche modo sempre fedele alle proprie tematiche narrative. Grazie a Kickstarter, ora gli avventurieri possono tornare a godere delle peripezie della coppia in questione attraverso il primo episodio dell'ultimo capitolo della saga, ovvero Broken Sword 5 – La maledizione del serpente, disponibile a € 22,99, e sviluppato dalla software house che da sempre ha affiancato il proprio nome a questa serie, ovvero Revolution. Vediamo se è l’attesa è stata ripagata da un titolo all’altezza.

    La campagna di crowdfunding relativa a Broken Sword 5 – La maledizione del serpente si è conclusa con una raccolta di poco vicina agli $ 800.000; la cifra in questione, in ogni caso, non sembra abbia permesso agli sviluppatori di rientrare nei limiti temporali (e forse qualitativi) previsti, tanto è vero che il titolo giunge sul mercato in ritardo rispetto al termine inizialmente calcolato e, soprattutto, diviso in due episodi: una scelta, questa, che potrebbe non trovare d’accordo più di qualche giocatore.
    In ogni caso, conviene procedere con criterio: dopo una cutscene iniziale ambientata negli anni ’30 in Spagna, buona per comprendere il pretesto che fa da sfondo all’intera narrazione, ci ritroveremo nella Parigi dei giorni nostri; sullo sfondo della Torre Eiffel, ritroveremo la coppia che da sempre ha recitato la parte da protagonista in Broken Sword, ovvero George e Nico. L’incipit della storia, in verità, sembra essere forse un po’ forzato: i due, infatti, si incontrano in una piccola galleria d’arte parigina per motivi di lavoro; l’americano guascone, da par suo, è l’assicuratore della mostra in corso, mentre la fascinosa giornalista francese è incaricata di seguire l’evento. La piccola galleria d’arte, dopo pochi secondi, diventerà però teatro del furto di un misterioso dipinto che rappresenterà il fulcro dell'intera vicenda. Partirà da qui la storia vera e propria di questo primo episodio che, tra intrighi internazionali e misteriosi riti eretici, farà sentire gli amanti dei primi capitoli della serie (e delle avventure grafiche in generale) subito a casa; dinamiche classiche ed enigmi piacevoli, infatti, saranno la struttura portante di questo primo episodio di Broken Sword 5 – La maledizione del serpente, che dal punto di vista narrativo propone una storia tutto sommato interessante. In merito al plot, dobbiamo dire che il ritmo della storia è, soprattutto durante la prima metà delle circa sei, sette ore di gioco, un po’ lento e compassato. La trama che si dipana attraverso l’indagine dei due personaggi acquista interesse soprattutto nelle ultimissime fasi di gioco, e forse la prima volta in cui ci si ritroverà a voler veramente sapere come va a finire il tutto la vicenda si interromperà sul più bello, non mancando però di regalare un discreto colpo di scena. Insomma, la scelta di voler tagliare in due il progetto porta inevitabilmente con sé delle conseguenze, spezzando il ritmo che si era finalmente venuto a creare. C’è da dire, però, che arrivati alla fine dell’episodio la volontà di vedere come continuerà la storia sarà di sicuro presente, e questo è un merito della produzione Revolution.
    Ci troviamo davanti, dunque, a una storia piacevole, narrata in modo semplice e con pochi fronzoli, con sole tre cutscene in circa sei ore di gioco, e un ritmo lento che tende ad aumentare nel finale; una delle cause principali di questa lentezza è da ricercare nella grande presenza di dialoghi, per fortuna skippabili grazie all’azione del mouse. Broken Sword 5 – La maledizione del serpente difatti è un titolo molto verboso, che però riuscirà a risultare sempre abbastanza gradevole grazie alla caratterizzazione di alcuni personaggi, sempre molto inquadrati in un preciso ruolo, e soprattutto grazie all’alchimia tra i due personaggi principali: saranno proprio le sequenze in cui George e Nico saranno presenti contemporaneamente, infatti, a regalare le soddisfazioni e i momenti migliori.
    Ritorno a casa
    Il primo aggettivo che salta in mente per poter descrivere il gameplay del titolo è: classico. Partendo dalle attività principali da svolgere, fino alla gestione dell’inventario, l’intero titolo trasuda di quelle dinamiche tradizionali che faranno sì che gli avventurieri più esperti si ritrovino nel loro ambiente più congeniale. La sfida proposta dal titolo Revolution, permettendo di controllare sia George che Nico, prevede la risoluzione di enigmi di stampo logico e ben calati nello sviluppo della trama, la raccolta di oggetti, l’interazione con personaggi secondari e l’esplorazione di differenti ambientazioni. Si tratta, dunque, di un gameplay punta e clicca eseguito con certezza e che non lascia spazio a sorprese: non crediamo di sbagliare, dunque, nel momento in cui affermiamo che Broken Sword 5 – La maledizione del serpente riesca riprendere il filo del discorso iniziato con i primi due capitoli bidimensionali della serie.
    Scendendo nel dettaglio c’è da dire che gli enigmi proposti, dal livello medio e spesso di stampo logico, richiederanno per la maggior parte delle volte un po’ di raziocinio: si tratterà di comprendere quale sia l’obiettivo e come raggiungerlo con gli oggetti a nostra disposizione e le informazioni ricevute dai personaggi con i quali abbiamo interagito. La sfida è complessivamente piacevole, sebbene alcune volte il ragionamento che si cela dietro alla risoluzione di alcuni puzzle sia un po’ fantasioso: questa evenienza, in ogni caso, non eccede mai limiti evidenti, e tutto sommato rappresenta uno dei quei tratti riscontrabili anche in altre avventure grafiche in circolazione.
    La fase di raccolta oggetti, presenti in numero discreto (e anche questi, a volte dalla natura fantasiosa e stravagante), ci consente poi di parlare dell’inventario, gestito anch’esso in modo molto semplice. Questo elemento, infatti, posto a mo' di barra sulla parte bassa dello schermo, riunisce le cianfrusaglie raccolte durante le nostre peregrinazioni. C’è da dire che il numero di elementi, saltuariamente combinabili tra di loro, sarà discretamente alto, e che più di una volta sarà la giusta interazione tra un oggetto e un determinato personaggio a far proseguire nell’avventura; tutto ciò è reso più intuitivo dal fatto che gli oggetti raccolti, una volta iniziata una discussione con un personaggio, compariranno tra le possibili opzioni di dialogo, generando a volte situazioni umoristiche (come l’andare in giro a offrire a chiunque biscottini per il te, gomitoli di lana o una scatola di fiammiferi con dentro uno scarafaggio).
    Per quanto riguarda la fase di esplorazione e raccolta oggetti, la variabile principale sembra essere quella legata alla numerosità delle ambientazioni, non proprio così altissima; soprattutto nella prima metà dell’avventura, infatti, si ritornerà spesse volte nelle stesse location, esplorabili anche grazie a una mappa che, comunque, non si rivelerà mai così indispensabile, visto che la linearità della storia suggerirà sempre il luogo corretto da scegliere. Sebbene questo numero esiguo sia tutto sommato giustificabile dallo sviluppo del plot, questa scelta farà sì che in alcune occasioni si saprà già, all’interno di una location, dove andare a cercare ciò che manca alla risoluzione di un enigma. Anche per questo, la fase di ricerca vera e propria presenta poche difficoltà di sorta, e tutto ciò farà sì che l’attenzione del giocatore sarà tutta rivolta a come utilizzare gli oggetti una volta trovati, e a come adoperare gli stessi con i personaggi con cui si verrà a contatto. Concludiamo la riflessione sul gameplay con qualche accenno al sistema di aiuti: abbiamo detto che Broken Sword 5 – La maledizione del serpente propone una sfida che risulterà piacevole agli amanti del genere, ma nel momento in cui ci si ritroverà bloccati da qualche enigma particolare il titolo verrà incontro al giocatore; gli aiuti non consistono nel classico tasto che va ad evidenziare gli hot spot presenti su schermo (un po’ come ci ha abituato, tra gli altri, Daedalic Entertainment), ma in un sistema di suggerimenti (per la verità abbastanza profondo) che andrà a suggerire cosa fare.
    La direzione artistica dello storico fondatore di Revolution, Charles Cecil, regala sotto il profilo grafico una rappresentazione bidimensionale decisamente positiva, forse più vicina alle avventure Pendulo che a quelle Daedalic, e certamente godibile e molto bella da guardare nella quasi totalità delle ambientazioni. Qualche appunto potrebbe essere mosso alla legnosità dei protagonisti, fatto questo che determina una lentezza di fondo negli spostamenti verso gli oggetti da raccogliere.
    Risulta gradita poi la possibilità di poter scegliere tra uno stile moderno e uno più classico relativamente all'aspetto dell’inventario e dei sottotitoli: a questo proposito, segnaliamo che durante le nostre prove siamo stati testimoni di alcuni crash dovuti, per quanto è stato possibile capire, a un problema proprio della versione “moderna” dell’inventario. Il problema, presentatosi proprio alla fine dell’avventura, è risolvibile al momento cambiando la lingua dei testi o, alternativamente, tornando proprio alla versione classica dell’inventario, meno gradevole esteticamente ma senza dubbio funzionale.
    Per quanto riguarda il comparto audio, l’impressione è che si sarebbe potuto fare qualcosa in più nella recitazione in inglese di alcuni personaggi: a questo proposito, c’è da segnalare che i dialoghi si svolgeranno sempre in modo abbastanza lento, con un distacco tra una battuta e l’altra a volte fastidioso e che spesso romperà il ritmo; questo, nel lungo tempo, potrebbe far sì che si inizi a skippare battute senza pietà appena letti i sottotitoli, ma in questo caso, è bene dirlo, le animazioni non seguiranno il salto delle battute, per cui bisognerà attendere che i personaggi finiscano di muoversi per poi poter proseguire.
    Al momento non è disponibile il doppiaggio italiano, ma sembra che lo sviluppatore abbia garantito che la localizzazione nella nostra lingua arriverà col secondo episodio dell’avventura; in attesa di riscontri, cogliamo l’occasione per concludere ricordando che con l’acquisto di questo primo episodio di Broken Sword 5 – La maledizione del serpente si otterrà il secondo capitolo sotto forma di aggiornamento gratuito. 

Reus


  • Genere:Gestionale

  • Data uscita:Disponibile

     

    Alcuni generi resistono strenuamente al passare del tempo, come montagne inamovibili e mai toccate dal vento e dalla pioggia. Altri, vengono spazzati via, o si trasformano in collinette rappresentate da pochissimi progetti, tenuti d’occhio da pochi appassionati speranzosi. Una di queste collinette sono i god game, in passato attesi con trepidazione dai giocatori e ora quasi dimenticati, relegati ai progetti indipendenti di alcuni noti sviluppatori e alle opere di team più piccoli.
    Abbey Games fa parte del gruppetto delle software house minute che ancora ci crede, a quanto pare, perché tempo fa i suoi ragazzi (tutti studenti universitari) hanno sfornato Reus, un curioso titolo dove al giocatore è dato ancora una volta il ruolo di una divinità. Sbagliereste però a ritenere il progetto di questa squadra un god game comune. Reus è un'opera dalle molte peculiarità, che riesce a distinguersi dalla massa anche in una tipologia di giochi sempre meno popolosa (o Populousa, ahahahah… ok mi sferro un ceffone da solo, ho capito nd. Pregianza). 
    In principio c’erano… i giganti
    Reus significa gigante, nome quanto mai azzeccato visto il gameplay dell’opera Abbey Games. Pur vestendo i panni di un dio, infatti, agirete sul mondo per mezzo di quattro giganti elementali, dotati di molteplici abilità. Contrariamente a quanto potreste pensare, il titolo sarà bidimensionale, e la superficie del mondo andrà ruotata manualmente, in modo da gestire al meglio il territorio. Questo perché l’azione combinata dei giganti darà modo all’utente di creare oceani, deserti, paludi e foreste, che potranno in seguito venir riempite di risorse variabili per supportare al meglio una colonia di esseri umani. 
    Fin qui potrebbe sembrare un sistema simile a quello di titoli del genere visti in passato come i Black and White, con una centralità maggiore dei giganti nella gestione delle meccaniche di gioco. Non è così. Reus è una sorta di puzzle game matematico più che un vero “simulatore di entità superiore”, dove è fondamentale capire al meglio come gestire le risorse, e utilizzare i poteri dei giganti in modo da far aumentare a dismisura queste ultime e il benessere dei villaggi nati negli ecosistemi creati. 
    Cerchiamo di spiegarci meglio: le abilità degli enormi bestioni mistici al vostro comando consistono principalmente nella creazione di piante, animali e/o minerali di qualche tipologia. A seconda del tipo di zona formato le risorse inserite varieranno, e offriranno quantitativi variabili di ricchezza, cibarie, o punti ricerca alle colonie umane vicine. Queste colonie nascono e prosperano peraltro proprio grazie alle risorse offerte, e si evolvono costruendo progetti randomici, che richiedono specifici quantitativi delle sopracitate risorse per essere completati. Lo scopo del gioco, prima della fine di un’era, è far prosperare un tot di villaggi in varie zone, e ottenere una serie di obiettivi legati agli insediamenti e alla loro crescita.
    Il tutto appare piuttosto semplice, spiegato così, ma man mano che i progetti si ampliano diventa sempre più arduo ottenere le risorse necessarie negli appezzamenti di terreno disponibili. Per farlo è necessario sfruttare le simbiosi delle varie piante, pietre o animali, caratteristiche che portano a una crescita esponenziale delle risorse ottenibili da ognuno di questi elementi, a patto di avere nelle vicinanze altre creazioni specifiche dei giganti. Per farvi un esempio più concreto, determinati minerali offriranno più punti ricchezza se vicini a una tana di animali, mentre certe erbe medicinali prospereranno maggiormente se a fianco di una pianta ricca di frutti, e così via. Questo porta a dover calcolare attentamente come muovere e utilizzare i giganti e le loro capacità magiche per evolvere al meglio un villaggio, cosa che può rapidamente farsi impegnativa.
    Lo scheletro portante del gioco, peraltro, non si limita certo a questo. I giganti saranno infatti inizialmente limitati, e dovranno sbloccare nuovi poteri raccogliendo “ambasciatori” dai villaggi, non appena completato un progetto. Raccogliete abbastanza di questi sciamani di sorta, e potrete modificare le vostre creazioni in tanti modi diversi, ottenendo una pletora di alberi, bestiole e minerali, ognuno con una sinergia unica. 
    Ci sarà infine anche da tenere d’occhio l’aggressività delle popolazioni, visto che i giganti non sono immortali, e i villaggi possono divenire facilmente guerreschi, costringendovi a dimostrazioni di forza per proteggere popolazioni vicine, o pacificare un gruppo di individui particolarmente inalberato.
    Complicato, non c’è che dire, ma appagante e funzionale, anche in virtù di una comoda pausa dell’azione con cui è possibile dare comandi ai titani senza perdere tempo. L’unico problema sta nella ripetitività della formula dopo un po’, visto che il gioco offre inizialmente solo una modalità libera (senza avanzamento e obiettivi) e un’era principale della durata di mezz’ora, nella quale si dovranno completare più obiettivi possibile. Sbloccate abbastanza di questi traguardi, e otterrete ere allungate, che vi permetteranno di riempire il pianeta di villaggi e di gestire intere civiltà. 
    Tecnicamente il titolo è molto semplice, ma ha uno stile molto particolare e azzeccato, oltre che un gameplay ben studiato. Da una parte gli amanti dei god game classici potrebbero venir alienati dalla struttura del gioco di Abbey Games, ma gli amanti del gameplay ponderato verranno di certo almeno in parte catturati dalle idee di questa talentuosa software house.
    Siamo rimasti curiosamente colpiti dall’interfaccia di gioco, che ben si sposa con i comandi da tastiera, ma sembra inizialmente congegnata per un dispositivo mobile. Di certo, comunque, Reus sembra prestarsi bene ai dispositivi portatili dotati di touchscreen, e quanto a prezzo siamo già a quei livelli, visto che nei negozi digitali si può trovare il titolo a costi davvero ridicoli.

venerdì 13 dicembre 2013

Yaiba Ninja Gaiden Z


  • Genere:Azione

  • Sviluppatore:Team Ninja

  • Data uscita:28 febbraio 2014

     

    Dimenticando per un attimo il pessimismo cosmico che distingue certi individui (ogni riferimento a cose e persone note col nome di Pregianza è puramente casuale), noi giornalisti videoludici tendiamo ad essere positivi in fase di preview. E' naturale, dopotutto, aspettarsi una netta evoluzione da un prodotto provato quando ancora è incompleto, specialmente quando si ha modo di dare feedback diretto agli sviluppatori. 
    A volte però le critiche vengono bellamente ignorate, e il prodotto finale mostra tutte le problematiche analizzate nella prova parziale, cosa che, oltre a crearci un certo sconforto, ci porta ad andarci giù pesante in sede di review per via delle aspettative infrante.
    Ecco, fatta questa doverosa premessa, vogliamo precisare che il gioco da noi osservato stavolta, Yaiba: Ninja Gaiden Z, è davvero promettente, ma che si tratta anche di un prodotto che necessita di limature pesantissime e di una revisione notevole del comparto tecnico per convincerci del tutto. Non lo sottolineiamo in modo così diretto per esser cattivi o altro, ma solo perché questo strambo titolo nato da una collaborazione tra i Comcept, il Team Ninja, e gli Spark, ci ha sorpreso molto più di quanto ci saremmo aspettati, e vedere tutto buttato a mare ci dispiacerebbe parecchio. 
    Grazie a una gita nella sede milanese di Halifax abbiamo potuto provare i primi tre livelli del gioco e, udite udite, intervistare Hayashi e Inafune in persona. Ora vi racconteremo cosa abbiamo scoperto, e perché desideriamo ardentemente di veder spuntar fuori un buon action game completo da questo grezzo codice preview.
    Un ninja cattivissimo
    Se avete seguito lo sviluppo di Yaiba, sapete già come si connette alla serie Ninja Gaiden. Il nostro eroe è un ninja di quelli con pochi scrupoli, che non ha grandi problemi a massacrare innocenti e lavora principalmente per soldi e alcool. Uno stile di vita che lo porta a cozzare con il super ninja Ryu Hayabusa in uno spettacolare filmato introduttivo. Solo un piccolo problema, Hayabusa non è definito “super ninja” per caso, e alla fine di una dura battaglia Yaiba si ritrova... morto, con un braccio e un bel pezzo di cranio mozzati.
    A riportarlo tra i viventi ci pensa un misterioso benefattore, che comunica inizialmente con il ninja tramite una sexy segretaria chiamata Miss Monday. Trasformato in un cyborg, ma sempre strafottente come non mai, Kamikaze (sì, il nome di Yaiba è davvero Kamikaze...) si ritrova in Russia a dover combattere contro delle orde di zombie spuntate non si sa bene da dove. La cosa migliore? Hayabusa è da quelle parti! Due piccioni con una fava assassina insomma. 
    La premessa, come prevedibile, è assurda, ma ben si sposa con lo stile over the top del Team Ninja. Considerando che la casa nipponica non ha mai sfornato una trama decente in tutta la sua esistenza, abbandonare qualunque velleità seriosa e puntare tutto sulla demenzialità delle vicende e sull'umorismo nerissimo e rozzo del protagonista è forse la cosa migliore. Allo sviluppo, comunque, ci sono principalmente gli Spark, un team tutt'altro che superlativo, ma forse dotato di scrittori migliori di quelli a disposizione di Hayashi e compagnia. 
    Poco importa tuttavia della trama, il punto forte del gioco è il gameplay, ed è forte per davvero. Il sistema di Yaiba si rifà in parte a quello dell'ultimo Ninja Gaiden, ma elimina del tutto l'inerzia dei colpi, puntando su scontri velocissimi e meccaniche classiche ma solide. In pratica Kamikaze ha a disposizione tre tipi di attacchi, che possono venir fusi in combinazioni variabili. Le combo non sono messe lì solo per fare numero, hanno realmente effetti diversificati, anche perché gli attacchi di Yaiba non sono semplici colpi leggeri e potenti, bensì armi a parte: usando il pugno bionico si sferrano colpi potenti e capaci di spezzare la guardia nemica, la catena permetterà di utilizzare attacchi ad area utili per sfoltire le masse di zombie, e la spada invece sarà indicata per fare danni su avversari singoli con gran velocità. Vi troverete a unire tali colpi in serie molteplici, che aumenteranno peraltro con il potenziarsi del vostro ninja a forza di uccisioni. Le meccaniche offensive ci sono parse calcolate in modo ottimo, in virtù del gran numero di nemici e della necessità di diversificare gli attacchi in base alla loro tipologia. Potrete abusare della catena solo fino a un certo punto, perché porterà all'aumento di torsi striscianti sul campo di battaglia (varianti fastidiose degli zombie che vi si incolleranno addosso e andranno scrollati a forza di pugni e schivate), il pugno bionico sarà utile contro bestioni corazzati, ma la sua lentezza vi lascerà leggermente scoperti, mentre usare solo la spada porterà i nemici a sfoltirsi troppo lentamente. Già nei primi livelli abbiamo notato una mescolanza di zombie tale da costringerci a utilizzare buona parte dei nostri mezzi offensivi, e ciò è cosa buona e giusta. Aggiungete a tutto quanto una parata che interrompe all'istante qualunque mossa, una buona schivata senza tempi di recupero, un livello di difficoltà superiore alla media, e persino delle contromosse istantanee, e otterrete un ottimo sistema di combattimento, che ci ha divertito da matti nel breve tempo concessoci.
    Non mancano nemmeno le unicità, poi. Ammazzati abbastanza zombie, sarà infatti possibile attivare una modalità furia, che renderà Yaiba in grado di fare a pezzi senza pietà tutti i nemici circostanti in pochi secondi. Le parti di zombie eliminati, inoltre, potranno essere usate a mò di armi improvvisate, quindi un non morto catturato con la catena diventerà facilmente una sorta di mazza, mentre pezzi di nemici speciali, come una sposa zombie elettrizzata vista nel secondo stage, fungeranno da armi elementali con effetti aggiuntivi. Difficile dire quanta varietà queste trovate aggiungeranno alla campagna, ma è un buon inizio. Meno bene le fasi platform, sezioni lineari e facilotte che richiedono di usare un'alternanza di balzi e catena. Sono brevi, ma non offrono nulla di rilevante all'interno del sistema di gioco.
    Ora, arrivati qui potreste iniziare ad essere esaltati per il gioco, e fareste pure bene, perché il combat system effettivamente può fare meraviglie se inserito in una campagna capace di valorizzarlo. Non è ad ogni modo tutto rose e fiori, perché la versione da noi provata era tecnicamente ATROCE. Premesso e concesso che si trattava di una alpha molto arretrata, cosa confermata dagli sviluppatori, il titolo che ci siamo trovati davanti era completamente privo di anti aliasing, sgranato come poche cose al mondo, presentava cali di frame rate, e vantava bug grandi come un dirigibile. Abbiamo visto poligoni deformarsi come melma, nemici sparire e riapparire all'improvviso seppur privi di teletrasporto, zombie infilarsi nei muri come se fossero portali per un'altra dimensione, e tante altre chicche orribili. C'è davvero tanto da fare per coprire tali bruttezze e affinare il prodotto, ma se si valuta che Spark di solito le debolezze le dimostra sul gameplay, e stavolta pare averci visto giusto, è probabile che la maggior parte di queste magagne verrà risolta nel prodotto finito. 
    Durante la presentazione è stata pure svelata una curiosa modalità "retro", ispirata ai vecchi titoli per NES e con tanto di traduzione in Engrish alla Zero Wing. Un extra divertente con telecamera modificata, che potrebbe offrire qualche ora di svago in più.
    Dimenticate le brutture tecniche, e ancora stuzzicati dalla giocabilità promettente, ci siamo messi a fare domande ad Hayashi e Inafune, stanchetti per il viaggio ma ben disposti. Nonostante le barriere linguistiche legate alla traduzione, siamo riusciti a tirargli fuori qualche informazione extra. 

martedì 3 dicembre 2013

Diablo III:Reaper Of Souls

  • Genere:Gioco di ruolo

  • Sviluppatore:Blizzard

  • Data uscita:Febbraio 2014


    Grandi errori sono stati fatti da Blizzard con Diablo III e nonostante il titolo fosse piacevolissimo da giocare e di buona qualità è innegabile che alcune feature come l'auction house, l'always online o il pvp promesso e mai arrivato, abbiano di fatto segnato duramente la community, che da subito ha iniziato a criticare pesantemente l'operato di Jay Wilson.
    Ammettendo le proprie colpe, Wilson ha poi scoperto le carte, confermando di aver compiuto valutazioni errate sull'asta in game, ed è proprio partendo da questo punto che il nuovo team di sviluppo capitanato da Josh Mosqueira ha deciso di rivedere completamente l'intero sistema di gioco, andando a ritoccare davvero tantissimi parametri.
    Iniziamo quindi da quello più scontato, ovvero la completa rimozione della casa d'aste, sia per quanto riguarda quella con valuta reale sia quella con moneta virtuale. Avere la possibilità di comprare oggetti senza faticare ad uccidere demoni e mostri aveva completamente stravolto il concept originale di Diablo, mettendo sotto i riflettori la necessità di fare soldi piuttosto che la volontà di mettersi alla prova per uccidere il primo maligno. Con Reaper of Souls il focus sarà ripristinato e sconfiggere la nuova minaccia che incombe su Sanctuary tornerà ad essere la preoccupazione principale dei giocatori, anche se ad attendervi questa volta non ci sarà più Diablo ma il tristo mietitore. Non vogliamo rivelarvi troppo del background del nuovo antagonista principale, ma sappiate comunque che lui e i suoi alleati vi daranno davvero del filo da torcere.
    Abbiamo giocato una manciata di ore alla nuova espansione e l'impressione generale che abbiamo avuto è che la resistenza dei nemici si sia amplificata notevolmente, questo molto probabilmente anche in virtù del nuovo sistema di loot che ora dovrebbe permettervi di avere personaggi decisamente più in forma di prima.
    Il loot 2.0 serve a tamponare la mancanza dell'action house dove recuperare i pezzi di equip mancanti e soprattutto va a sistemare un'altra grossa lacuna di Diablo III, proprio quel sistema di distribuzione oggetti completamente randomico che portava i giocatori a dover farmare ore su ore per ottenere un misero oggetto utile. Ora i nemici, a partire dal più piccolo scheletro fino ad arrivare ai boss di fine atto, lasceranno cadere come ricompensa item sensibilmente migliori e con statistiche adatte alla classe che si sta utilizzando in quel preciso istante. State girando con un barbaro sventrando qualsiasi cosa si muova? Bene, otterrete oggetti ed armature con forza, vitalità o critico. Ci possiamo quindi dimenticare intere run atte ad arricchire i vendor, ora ogni drop potrebbe tornare utile e buttare un occhio sugli unici raccolti diventerà una piacevolissima abitudine. Anche il crafting è stato revisionato e oltre a offrire un sacco di recipe aggiuntive vede l'arrivo di un nuovo mercante, che potrà riplasmare le statistiche degli oggetti ottenuti per permettervi di avere il PG esattamente come lo volete, anche esteticamente grazie alla trasmogrificazione, skill che permette di portare le statistiche di un oggetto su un altro per avere un look davvero cattivo a prescindere dell'equip indossato.
    Reaper of Souls insomma si sta muovendo nella direzione che tutti volevamo, oggetti interessanti ottenibili più facilmente, l'aumento della difficoltà e una personalizzazione del personaggio aumentata rispetto al passato.
    A rimarcare quest'ultimo dettaglio ci si mettono i Paragon, i livelli di esperienza speciali che vi verranno assegnati una volta raggiunto il cap, ora spostato al 70.
    I Paragon sono ora infiniti e ad ogni livello i giocatori potranno distribuire punteggi extra per le statistiche, andando a rifinire così le caratteristiche principali, i bonus di combattimento o le resistenze. Attualmente il respec è assolutamente gratuito e illimitato, e speriamo fortemente che questo resti anche nella release finale per una personalizzazione mutevole e completa esattamente come accade con le abilità.
    Quasi tutte le classi sono state rimaneggiate, con nuove abilità in arrivo per i dieci livelli extra che ci attendono e un rework parziale delle vecchie spell di combattimento. Il mago è quello che più di tutti dovrà adattarsi alla nuova espansione, visto che le magie che lo rendevano prima un tank davvero eccellente sono state modificate e molte altre ne sono state aggiunte per farlo virare verso il ruolo di damage dealer puro originario. Potrete sempre armarvi di scudo, corazze di vario tipo e teletrasporto, ma l'idea che ci siamo fatti in questa prima prova è che Blizzard abbia tentato di riportare la classe a damage dealer per eccellenza, con tanto di arconte praticamente illimitato, build che anche in Reaper of Souls sembra poter funzionare alla grandissima, affiancata dalla nuova spell Blackhole e da passive capaci di aumentare l'output di danno. La più grossa novità comunque consiste nel Crusader la nuova classe in arrivo con la nuova espansione.
    Il Crociato è chiaramente strutturato per divenire il tank di riferimento, con danni aumentati dall'armatura dello scudo, capacità di caricare i nemici e di causare danni aumentati ad ogni blocco effettuato con successo e ovviamente l'immancabile taunt, utile per rigenerare parte della Wrath consumata con l'utilizzo delle abilità speciali.
    La rabbia del crociato si ricarica esattamente come la furia del Barbaro, restando in combat, parando e sferrando colpi, sistema che permette alla nuova classe di prendere anche una piega da damage dealer con arma a due mani. Non sono poche infatti le abilità che permettono di sferrare potenti sferzate ad area, acquisite peraltro già nei primi livelli, e il loro output di danni ci è sembrato davvero esagerato. Il crociato è sicuramente una classe forte al momento, probabilmente la più solida, e non dubitiamo che qualche ritocchino prima delle release venga fatto per ribilanciarlo correttamente.
    La nuova classe dovrà essere ovviamente livellata da zero, dovrà superare i quattro atti classici e raggiungere il nuovo atto per poter affrontare Malthael. L'impresa, assicurano gli sviluppatori Blizzard, non sarà affatto semplice e per gettare ulteriore carne al fuoco arriverà l'Adventure Mode, che aprirà le porte alla rigiocabilità totale grazie a una nuova serie di quest, di missioni e ovviamente di drop, così da ampliare a trecentossessanta gradi l'esperienza offerta da Diablo III.

giovedì 28 novembre 2013

Suggerimenti Importanti

  CIAO A TUTTI PER UNA CORRETTA VISUALIZZAZIONE DEL SITO VI CONSIGLIO DI USARE IL MOTORE DI RICERCA FIREFOX OTTIMO IN QUANTO DI VELOCITA' E PRESTAZIONE.
UNA VOLTA INSTALLATO AGGIUNGETE  ''L'ESTENSIONE ''  ANONYMOX BASTA APRIRE MOZILLA,IN ALTO NELLA BARRA CLICCARE SU ''STRUMENTI'' ''COMPONENTI AGGIUNTIVI'' DOPODICHE CERCARE ''ANONYMOX'' E INSTALLATELO E' PIU SEMPLICE FARLO CHE DIRLO, VI SERVIRA' PER EFFETTUARE I DOWNLOAD SENZA ALCUN PROBLEMA IN MODO DEL TUTTO ANONIMO !!!  SEMPLICE E INDOLORE :-) SE NON INSTALLERETE QUESTA ESTENSIONE  I DOWNLOAD NON PARTIRANNO QUINDI E' IMPORTANTISSIMO!!!
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                                                                 SONOSOLOGAME 

lunedì 18 novembre 2013

World Of Warplanes


  • Genere:Simulazione volo

  • Sviluppatore:Wargaming

  • Data uscita:12 novembre 2013

     

    Con 4,5 milioni di download già in fase beta, World of Warplanes esordisce nella sua versione finale, e non abbiamo mancato di metterci alla guida degli aerei sviluppati da Wargaming.net per provare, finalmente, l'emozione delle dogfights secondo il team bielorusso.

    Quelli di Wargaming.net ci avevano già abituato con World of Tanks: mouse in una mano, un paio di lettere della tastiera sotto le dita, tutto pronto per abbattere qualsiasi nemico. Con World of Warplanes mettersi alla guida di potenti aerei da guerra è altrettanto semplice immediato. Lo è persino più di quanto non fosse con i più celebri shooter aerei arcade, eppure la sensazione non è quella di star giocando con un titolo da sala giochi. Pur essendo lontano da meccaniche simulative, WoW (perdonate l'acronimo di blizzardiana memoria, ma è bene trovare un abbreviativo) riesce a fondere l'immediatezza con una certa credibilità dei mezzi, e lo fa al mescolando sapientemente limitazioni fisiche imposte agli aerei - non manca la possibilità di andare in stallo o surriscaldare i motori - ad un sistema di controllo estremamente agevole da padroneggiare. Le meccaniche imparate in altri giochi del medesimo genere possono essere quasi del tutto dimenticate: poco importa se siete abituati ad immaginare di tirare una cloche verso di voi per salire di quota, o al contrario se preferite salire spingendo un analogico o premendo un tasto verso l'alto, cercare acrobazie alla Top Gun con combinazioni di tasti o mantenere uno stile di volo più lineare. In WoW la guida avviene semplicemente puntando il mirino posto al centro dello schermo dove si vuole andare, accelerando e decelerando a piacimento. Qualsiasi altra evoluzione o virtuosismo sono lasciati alla CPU, che automaticamente esegue l'animazione più indicata a dare senso estetico alla manovra. E ci riesce bene. Qualora aveste un mouse dotato di più di due tasti, cosi da consentire Throttle e decelerazione sul mouse stesso, potreste giocare agevolmente con una mano sola sorseggiando del caffè con l'altra, godendo di acrobazie a 360 gradi generate unicamente dal motore di gioco. Anche considerando la necessità di usare pochi altri tasti per le funzioni secondarie come flaps, bombe o l'attivazione dei bonus consumabili da acquistare nell'Hangar, il controllo resta semplice ed intuitivo ai massimi livelli.
    Nonostante l'apparente estrema semplicità, le dinamiche fisiche credibili e gli avversari “umani” (perché questo vi aspetta, stiamo parlando di un MMO a tutti gli effetti), rendono ogni partita incredibilmente avvincente e ricca di tensione. La sola modalità presente, fatto salvo per quelle d'allenamento, mette il giocatore all'interno di una squadra di compagni, contro un equo numero di avversari per un totale di trenta aerei pronti a tutto per portare a casa la vittoria, in mappe di gioco nelle quali lo scopo è, semplicemente, quello di risultare la squadra sopravvissuta. Morte significa fine partita, nessun respawn consente di tornare in battaglia, elemento che aumenta la tensione e fa sì che sia il gioco di squadra a consentire esiti sempre migliori. Se mettere una sfida 1 contro 1 sul piano dell'abilità può dare soddisfazioni e forti momenti di divertimento, è infatti il teamwork a farla da padrone. Più volte nella nostra prova siamo riusciti a sopravvivere a scontri con alcuni inseguitori ostinati nell'abbatterci in solitudine, mentre noi, furbescamente, ci facevamo inseguire sino a giungere nei pressi dei nostri compagni.
    D'altra parte, non è un segreto che Wargaming.net punti all'e-sport con WoW più di quanto non abbia tentato di fare con l'edizione dedicata ai Tanks, e il risultato, mouse e tastiera alla mano, si sente, sia nel bilanciamento della sfida, sia nel buon mix tra combattimento istintivo e ragionato. Come gli sport virtuali insegnano, non basta mettere in un'arena un po' di nemici per creare una contesa equilibrata e sufficientemente varia. Così fosse ogni sfida si tradurrebbe nello spararsi addosso per la sopravvivenza. Per assolvere a questa necessità, sparsi sui terreni di gioco, in maniera speculare, sono presenti navi e unità di contraerea comandati da intelligenza artificiale, capaci di colpire i velivoli troppo vicini alla loro linea di tiro. Una scelta che, oltre a giustificare la categoria dei bombardieri, altrimenti lenti e goffi, che diventano utili per pulire l'area di sfida da elementi di disturbo, introduce l'elemento tattico legato alla necessità di avere in squadra mezzi in grado di distruggere rapidamente tali pericoli, oppure il sapersi spostare intelligentemente in aree che diano vantaggio alla propria squadra piuttosto che agli avversari.
    La struttura del gioco stessa suggerisce l'acquisto di più di un aereo in modo che, una volta sconfitti in una partita, si possa uscire anche senza attendere il finale, e si possa iniziare un altro scontro con un velivolo differente, nell'attesa che il match precedente volga al termine. I velivoli disponibili, divisi per nazionalità ma, ancor più determinante, in dieci classi con numerazione romana, vanno dalla I che rappresenta i mezzi meno prestanti e lontani nel tempo, parliamo del 1925 in poi con buone riproduzioni di aerei entrati nella storia, salendo verso la classe X rappresentata da quelli più recenti e tecnicamente avanzati, con un crescendo, quindi, che mette nelle mani del giocatore macchine da guerra sempre più raffinate, sebbene manchino aerei moderni. L'accurato matchmaking farà sempre in modo di farvi affrontare solo classi di aerei simili a quella da voi posseduta, pertanto quantomeno il rischio di trovasi in coda mostri alati veloci il doppio o tre volte meglio armati è sventato. Grazie alla meccanica di matchmaking per classi, e a gruppi di aerei divisi conseguentemente in ere di produzione, il risultato è la sensazione di avanzare, man mano che si gioca, non solo con l'esperienza in-game, ma anche nel tempo, avendo contro avversari con aerei sempre più progrediti. Le differenti tecnologie, armamenti e meccaniche scoperte e prodotte nel tempo, fanno sì che anche il gameplay parta più lento e semplice nelle prime fasi, diventando più rapido e furioso man mano che si accumulano esperienza e soldi adeguati a comprare mezzi più aggiornati, il che rende le prime ore spese su World of Warplanes un grande tutorial, sino al culmine rappresentato, appunto, da sfide con gioielli alati che sapranno emozionare anche i giocatori avvezzi alle dogfights aeree ad alto impatto di spettacolarità.
    Ogni areo ha a disposizione potenziamenti di vario genere, che vanno dal rendere più potente e prestante il motore, sino all'implementazione di nuove armi, quali bombe per attacchi a terra o mitragliatori di supporto. L'acquisto di questi miglioramenti forza ovviamente a spendere i soldi duramente guadagnati, ma non solo. E' richiesto infatti anche l'utilizzo di punti esperienza specifici per ogni velivolo, ottenuti durante l'arco delle partite, che, se non presenti nel numero richiesto, vengono a loro volta coperti da ulteriori punti esperienza generali dall'account del giocatore, eventualmente riaccreditabili con micro-transazioni o giocando poche partite, giacché il loro ottenimento è pari al 10% dell'esperienza ottenuta dall'aereo stesso dopo ogni sfida. Seguendo un albero delle evoluzioni presente per ogni nazione in conflitto, diventa piuttosto semplice non solo capire quali potenziamenti siano a disposizione di ogni aereo, ma anche quale velivolo rappresenti il “successore evolutivo” del modello in uso, consentendo al giocatore di passare di categoria in maniera consapevole.  Sta proprio nel buon bilanciamento tra “a pagamento” e “gratuito” la chiave del possibile successo di World of Warplanes, formula già azzeccata nell'ormai consolidato World of Tanks e apparentemente centrata anche in questo nuovo prodotto, da quanto abbiamo avuto modo di vedere. Il giocatore/pilota disposto a sborsare dei soldi in valuta reale ottiene invero delle possibilità altrimenti di più difficile raggiungimento, e il 50% di bonus su soldi e esperienza accumulata, oltre che qualche aereo esclusivo, restano invitanti motivazioni a fare un abbonamento Premium, ma considerando la rapidità con la quale si acquisiscono soldi ed esperienza anche in sole due o tre partite, e la non poi eclatante qualità dei mezzi premium rispetto a quelli disponibili a tutti, l'attingere dal proprio conto bancario non si fa mai necessario. Speriamo vivamente che questo fattore venga preservato nel tempo.
    Per quanto spendere soldi non sia mai richiesto, è bene comunque segnalare che la struttura del gioco non sia comunque restia all'accettare incassi, anzi. La volontà di saltare alcune delle tappe giungendo prima del tempo verso le classi migliori di aerei, significherebbe per l'utente spendere non pochi denari in potenziamenti ed aerei migliori in maniera incontrollata. Il consiglio è, quindi, di prendere l'avventura con estrema calma e buonsenso, godendo le singole categorie d'aereo e sfruttando la crescita di esperienza che queste donano, piuttosto che affrettare i tempi dilapidando danari, magari trovandosi in classi avanzate senza la necessaria capacità per sopravvivere.
    Aerei dettagliati, mappe meno, ma va bene cosi
    Sul comparto tecnico, WoW mostra alti e bassi, sicuramente non a caso. Il titolo punta, infatti, su una buona cura dei dettagli degli aerei, e sul colpo d'occhio dei terreni, che mostrano panoramiche lodevoli sia di aree di verde lussureggiante, che deserti sperduti o coste nelle quali apprezzare onde e mare blu. Quando tuttavia si va nel dettaglio di unità di terra e textures ravvicinate, anche a setting alti, qualche imprecisione e modelli tridimensionali fin troppo basilari si vedono eccome. Poco importa, in ogni caso: per la maggior parte del tempo ci si trova in volo a grandi altezze, e la mancanza di scenari cittadini con case o palazzi evita di mettere in difficoltà un motore di gioco che vuole concentrarsi, più che su elementi poco rilevanti, sulla fluidità di gioco. Certo, PC corazzati saranno in grado di settare i dettagli al massimo delle selezioni possibili, e offriranno al fortunato possessore scenari di altissimo impatto visivo, fatto salvo per gli elementi citati, ma computer meno dotati, costretti a compromessi, manterranno in ogni caso una resa visiva di tutto rispetto anche con parametri bassi. E' un bene poter affermare che non solo l'aspetto tecnico-estetico sia stato ben curato: il net-code, fondamentale nel gioco gioco online, regge senza problemi partite con numerosi membri che si concentrano in spazi di volo ridotti, sparandosi addosso razzi o mitragliate con linee visibili, motori in fiamme che tracciano scie di fumo quasi permanenti nell'aria ed esplosioni continue, il tutto senza scatti e rallentamenti, a patto di non aver esagerato, come dicevamo, con dettagli fuori dalle possibilità del sistema utilizzato.
    Ricordiamo, concludendo, che dopo World of Tanks e World of Warplanes, il trittico di Wargaming.net andrà a completarsi grazie a World of Warships, titolo ancora in sviluppo, ma che immaginiamo riuscirà a differenziarsi dai due già usciti per meccaniche almeno quanto i predecessori hanno saputo fare tra loro. Sebbene i tre mondi di gioco non saranno interconnessi, limitando le sfide solo tra mezzi della medesima categoria in giochi del tutto separati, l'account personale sarà utilizzabile indistintamente sui tre titoli, e l'esperienza oltre che i soldi accumulati vengono accumulati sullo stesso, pertanto se amate maggiormente carri armati e navi rispetto agli aerei, avete comunque un buon motivo per non saltare questo capitolo e prendere il volo, per variare un po' la routine. Tanto è gratis, davvero questa volta, cosi come lo è il suo principale avversario sul mercato, un War Thunder con il quale World of Warplanes dovrà combattere non poco per stabilire a chi vada il titolo di dominatore dei cieli.

mercoledì 13 novembre 2013

Dragon Age Inquisition

  • Genere:Gioco di ruolo

  • Sviluppatore:BioWare

  • Data uscita: Autunno 2014

     

    Ah, l’internet d’oggigiorno. Un momento prima sei un eroe, il momento dopo le oscure forze della rete ti si rivoltano contro, e diventi un paria. Prevedere le energie malvagie e ricolme d’odio che pervadono la rete è praticamente impossibile, e le cause scatenanti possono essere tanto significative quanto minuscole e impercettibili. 
    Bioware lo sa. Nel turbine dell’hate e della furia internettiana ci si è trovata all’improvviso, passando da software house amata e osannata da tutti a gigantesco bersaglio per coloro che sfogano la propria ira repressa nei commenti.
    Va detto, il calo di popolarità in parte è giustificato: da qualche anno a questa parte l’unico titolo realmente eccellente della casa è stato un action gdr fortemente incentrato sull’azione, l’attesissimo MMORPG dedicato a Guerre Stellari si è rivelato un floppone, e il seguito di uno dei titoli meglio riusciti dell’ultimo decennio, Dragon Age Origins, è un prodotto affrettato e per molti versi inferiore al predecessore. Il fatto che Mass Effect 3 sia riuscito degnamente non è quindi bastato a risollevare la nomea della casa agli occhi degli appassionati di giochi di ruolo, e ogni suo nuovo annuncio viene accolto dal popolo della rete con sospetto, più che con aspettative sconfinate.
    Noi però sappiamo che la casa sa ancora fare giochi. E dopo il tremendo feedback negativo ricevuto siamo anche consapevoli che Bioware si è attivata per rivoltare la frittata e tornare ai fasti di un tempo. Il progetto con cui sembra volerlo fare è Dragon Age: Inquisition, terzo capitolo della saga fantasy dark. 
    Tante le promesse, tanti gli annunci, poco il materiale. Almeno fino a oggi. Già, perché nelle ultime ore è leakato un bel video di una mezz’ora, che mostra finalmente il gameplay del gioco, e ci dà un’idea della sua scala. Finalmente abbiamo ottime ragioni per essere hyppati. Era ora ragazzi.
    In Dragon Age: Inquisition la storia continua dopo le vicende del secondo capitolo, e mette il giocatore nei panni del leader dell’Inquisizione, unica organizzazione teoricamente in grado di riportare l’ordine in un mondo ormai dilaniato dal conflitto tra maghi e templari. Nulla si sa dei protagonisti dei precedenti episodi, ma è evidente che alcuni personaggi già noti ai fan torneranno in questo titolo. Uno di questi è Varric, affabile nano armato di balestra, apparso tra i compagni disponibili nella breve demo mostrata, ma non è solo, visto che nel team ha fatto capolino anche Cassandra Pentaghast, la sua “interrogatrice” nella premessa del predecessore. 
    Ignote le motivazioni che hanno spinto questa strana coppia a unirsi all’inquisitore nella sua avventura, ma una cosa è certa, in Dragon Age: Inquisition la scala è aumentata tremendamente, l’avventura si terrà a quanto pare in varie regioni del continente di Thedas e richiederà al giocatore di estendere il controllo dell’Inquisizione su tutto il territorio tramite fortezze conquistabili. 
    La prima fase del gioco mostrata era dedicata proprio a una di queste fortezze sotto attacco. All’inquisitore spettava la scelta di abbandonare una postazione difensiva piena di sottoposti feriti per rinforzare le difese della struttura, o affidarsi principalmente alle sue abilità e dimostrarsi misericordioso con i suoi soldati. Gli sviluppatori hanno scelto la via del dovere e abbandonato i feriti per assicurarsi una difesa degna, confermando però che ci sarebbero state gravi conseguenze. Passati a una scena successiva, abbiamo visto gli effetti delle loro azioni: un villaggio vicino raso al suolo, e un Varric inginocchiato davanti ai cadaveri (con conseguente perdita di affinità con il personaggio). 
    A Bioware stavolta hanno messo subito le cose in chiaro, mostrando come le scelte in Inquisition possano portare alla scomparsa di intere zone esplorabili oltre al solito smottamento di rapporti interpersonali. Lezione imparata, insomma. 
    Se l’importanza delle scelte ci ha sorpreso, non di meno ha fatto il gameplay, che ci ha lasciato una piacevole acquolina in bocca. In principio il gioco è parso ancora una volta un action rpg semplificato, con manovre veloci e molto spettacolari. All’inquisitore (buildato come guerriero con arma a due mani) era concessa una manovra simile all’arpione di Scorpion nei Mortal Kombat per tirare a sé i nemici, l’immancabile turbinio di lame ad area e una serie di attacchi dagli effetti variabili. Il sistema si è però poi rapidamente ampliato quando sono apparse anche meccaniche legate alla parata e alla schivata, che se usate a dovere potrebbero rendere il tutto enormemente più profondo. La gioia reale ad ogni modo è esplosa solo quando è comparsa la tactical view, una visuale rialzata simile a quella di Origins, che permette di selezionare singolarmente i membri del team e dare ordini, con un sistema reminiscente dei vecchi gdr isometrici del passato. Quando gli sviluppatori hanno caricato una zona più avanzata e sono iniziate battaglie più impegnative, è divenuto chiaro come la Tactical View non sia un optional, ma il modo migliore di combattere, in quanto molte abilità dei maghi sono posizionali e persino in grado di bloccare parti della mappa. Durante uno scontro con nemici particolarmente numerosi, ad esempio, gli sviluppatori hanno bloccato la strada a un gruppo di nemici con un muro glaciale, per poi utilizzare un dispel su un potente stregone, e concentrare gli attacchi su di lui. Lo stile “action” ha a sua volta una meccanica di pausa simile grazie alla ruota delle abilità, che permette di switchare personaggio e attivare pozioni e tecniche, ma è più limitata perché il movimento dei compagni non può essere controllato nel dettaglio in tal modo. 
    Contenti di rivedere della tattica nel sistema di combattimento di Dragon Age? Pure noi, anche se al momento gli avversari non ci sono parsi estremamente geniali e, nonostante la loro evidente diversificazione, un’IA decente aiuterebbe non poco la tensione degli scontri. Presi dal combat system non abbiamo però precisato un altro elemento importantissimo di Inquisition: è un open world. 
    Avete capito bene, niente più mappe lineari, locazioni limitate, o dungeon che si ripetono all’infinito, qui siamo davanti a distese enormi, ricche di caverne esplorabili e di quest da affrontare. Il quest system è simile a quello di Skyrim, con una bussola che mostra dove dirigersi per compiere una missione o trovare un punto d’interesse, ma i ragazzi di Bioware hanno anche precisato che il protagonista stavolta sarà molto meno dipendente dagli npc, e in quanto capo dell’inquisizione spetterà spesso a lui decidere come muoversi e dove agire. 
    La zona iniziale, le colline di Crestwood, era senza dubbio enorme, tanto che per raggiungere la fortezza dalla costa ci sono voluti alcuni minuti, e un passaggio in una grossa caverna. Eppure non è nemmeno lontanamente l’area più grande del gioco, stando alla presentazione, ed è dunque il caso di aspettarsi un mondo capace di catturare il giocatore per dozzine di ore. 
    I vecchi fan di Origins saranno anche felici di veder tornare un inventario dedicato ai compagni di squadra, ora personalizzabili sia nell’armatura che nelle armi e negli accessori. Non è ancora chiaro quanto complesso sarà il sottomenù delle armature, ma è già un passo avanti rispetto a Dragon Age 2. 
    L’ultima sorpresona è stato il comparto tecnico. Non siamo davanti a meraviglie, ma il Frostbite stavolta pare usato a dovere, eccome. I tessuti si muovono con grande realismo, gli effetti particellari sono ottimi, l’illuminazione dinamica è sorprendente e in particolare ci ha stupito nella caverna mostrata, e non mancano gli elementi distruttibili nelle varie locazioni. Particolarmente interessante è stata una battaglia in cui il protagonista si è concentrato sulla distruzione di un ponte per impedire a dei rinforzi di raggiungere i nemici, dimostrazione che l’ambiente circostante potrà saltuariamente venir utilizzato per ottenere un vantaggio strategico.
    Meno superlative le animazioni, che ci sono parse ancora legnosette (in particolare quelle di alcuni abominii in lontananza, che peraltro si ripetevano), e la vegetazione, immobile al nostro passaggio, ma per una pre-alpha comunque siamo davanti a un prodotto lodevolissimo.  
    In chiusura, gli sviluppatori hanno mostrato un altro paio di chicche legate alle fortezze, visto che queste saranno personalizzabili e potranno essere utilizzate come castello rinforzato ricco di truppe, casa d’addestramento per spie, o addirittura bazaar mercantile per migliorare i rapporti politici con le varie regioni. Non si tratta di modifiche di facciata, poiché in base alle fortezze avrete anche modo di agire in modo differente sulle varie zone. Per dare una dimostrazione, i Bioware hanno bonificato un’area inizialmente zeppa di fumi velenosi, e così facendo hanno sbloccato una battaglia con un enorme e pericolosissimo drago.
    Uno scontro opzionale, certo, ma comunque curatissimo, che a quanto detto non sarà l’unico nel gioco. I draghi saranno infatti tutti personalizzati, dotati di abilità uniche, e spaventosamente difficili da abbattere. Puristi della difficoltà, siete avvertiti. 

martedì 12 novembre 2013

Xcom:Enemy Within

  • Genere:Strategico

  • Sviluppatore:Firaxis

  • Data uscita:15 novembre 2013

     

    Proiettili di qua, esplosioni di la. Sparatutto ovunque, e giochi che devono puntare tutto sull’azione, su scene che potrebbero benissimo esser state congegnate da Michael Bay, e sull’accessibilità. Queste sono le uniche immagini che paiono ormai da tempo frullare in testa alla gente che nel mondo dei videogiochi smuove i soldi. Qualche eccezione c’è, certo, ma la maggior parte del dinero viene lanciata senza troppi ripensamenti addosso agli sviluppatori di fps, tps, e compagnia bella, con una moria preoccupante dei generi più complessi perché, stando ai mogul dell’economia, “non vendono abbastanza”. 
    Ogni tanto, però, qualche mogul intelligente spunta dalla massa, e decide di rischiare dando il via a un progetto meno “esplosivo” e più ragionato. E’ stato il caso di XCOM: Enemy Unknown, poderoso successo di critica e capace di piazzare non poche copie recuperando l’indimenticata formula degli strategici isometrici a turni. Il successo è stato tale, pensate un po’, da portare i Firaxis a creare persino un’espansione. Non si tratta però di un comune add-on, bensì di una versione riveduta e corretta dell’ottimo titolo base, chiamata Enemy Within. Noi l’abbiamo provata, e ora vi racconteremo cosa ci aspetta in questa nuova invasione aliena.
    Enemy Within, come appena detto, non stravolge la campagna del titolo originale, né la continua, si limita ad allargarla sostanzialmente. Avrete sempre a che fare con una terribile invasione extraterrestre alla guida del potente gruppo XCOM, ma stavolta nel pacchetto saranno inserite tutte le missioni DLC uscite in passato, e una lunga serie di nuove sezioni. In particolare è da sottolineare l’arrivo di una nuova fazione avversaria, l’Exalt, un’organizzazione apparentemente composta da esaltati desiderosi di appropriarsi del potere sfruttando la tecnologia aliena. 
    Le battaglie con gli Exalt sono una delle parti migliori dell’espansione, perché portano i nostri agenti a scontrarsi con squadre addestrate più intelligenti di quelle aliene, e capaci di utilizzare abilità molto simili a quelle dei soldati. Si tratta di fasi curiose, che aggiungono varietà alla campagna e costringono a spedire un agente in copertura per qualche giorno, in modo da trovare le celle terroristiche dell’organizzazione prima di un assalto. 
    Chiaramente tale introduzione amplia e migliora sensibilmente il semplicistico comparto narrativo del titolo, e non manca di fungere anche da critica velata nei confronti di chi inizialmente voleva vedere la serie trasformata in un ammasso di shooter, visto che i membri del gruppo avversario assomigliano fin troppo agli agenti visti in The Bureau (con tanto di zainetto multifunzione).
    Non finisce qui comunque. I Firaxis hanno infatti pensato bene di aggiungere pure un gran numero di missioni del consiglio, ben più elaborate dei normali rapimenti alieni o degli assalti agli ufo abbattuti, e in generale di aumentare la velocità con cui si arriva ad alcuni punti focali dell’avventura. Così facendo la campagna risulta molto più ricca di tensione, tirata e difficile da gestire, anche in difficoltà normal. Ora avrete molti più individui importanti da portare in salvo, vi ritroverete spesso a dover distruggere comunicatori alieni o a conquistare zone significative per il controllo della mappa, e troverete persino qualche new entry capace di sorprendervi nel mix. Se ad ogni modo la gestione si fa più complessa a causa delle novità, e di un aumento del livello di panico più frequente nelle varie regioni, non si può dire lo stesso delle sparatorie, nelle quali gli agenti XCOM avranno a  disposizione  un gran numero di fantastici regali in più.
    Partiamo da una delle aggiunte fondamentali al sistema, il Meld. Questo misterioso materiale alieno verrà raccolto quasi subito dai nostri agenti, e una volta ricercato darà modo di creare superumani potenziati. Le truppe fondamentalmente sono di due tipi: soldati cyborg e combattenti geneticamente modificati. I primi utilizzano delle suit robotiche che non possono andare in copertura, ma sono molto resistenti, devastanti, dotate di capacità di movimento migliorate, e di abilità meccaniche solidissime. I secondi sono invece versioni perfezionate degli agenti base, che mantengono le abilità della classe in aggiunta a utili potenziamenti passivi. 
    Inutile dire che a questi soldati meccanizzati si aggiungono nuove armi e armature, nuovi poteri, e la possibilità di migliorare ulteriormente i combattenti con delle medaglie al valore che conferiscono bonus extra. Fantastico per chi lamentava la presenza di poche ricerche e truppe rispetto agli storici predecessori (ora gran parte delle scoperte ha un risvolto pratico), ma c’è un rovescio della medaglia… i Mec-Troopers sono infatti fin troppo forti, al punto da poter ripulire un campo di battaglia in pochi turni con le loro armi pesanti, la grande velocità di spostamento, e poteri ad area che distruggono le coperture. Gli sviluppatori dal canto loro hanno tentato di ribilanciare le cose inserendo un maggior numero di nemici in ogni mappa, ma, considerando che questi non sono randomizzati, appaiono sempre nelle stesse zone, e il loro unico vantaggio strategico iniziale consiste nel cambiare tragitto in base al posizionamento della nostra squadra, non è difficile muoversi con cautela e prevenire gli attacchi a sorpresa. In parole povere, se volete un po’ di sfida, la modalità Ironman con singolo salvataggio è ancora la vostra migliore amica.
    Per quanto riguarda il comparto tecnico i passi avanti fatti non sono stratosferici. Quasi nulli, in verità. Il motore grafico ci è parso praticamente invariato, anche se le nuove armature hanno stile e certi elementi sembrano leggermente più rifiniti. Carina la chance di personalizzare le voci dei soldati in base alla nazionalità, e peculiare la scelta di donare un tono robotico alle truppe meccanizzate, anche se l’effetto alle volte può risultare involontariamente esilarante. 
    Dal punto di vista dei bug invece, numerosissimi nel gioco originale, c’è stato un pregevole miglioramento, poiché ora non paiono presentarsi quasi più problemi legati al movimento in zone sopraelevate o strani blocchi delle abilità. Qualche bug però ancora c’è, e abbiamo visto nemici infilarsi magicamente in muri che dovevano fargli da copertura, soldati non segnalare come visibili nemici a loro fin troppo vicini per non esserlo, e qualche blocco nella fase tutorial, perché non avevamo seguito alla lettera le istruzioni. Nel complesso, il lavoro di pulizia è quindi solo passabile. 
    Nulla da dire infine sulla longevità. Già ottima inizialmente, con le nuove missioni aumenta alla grande, offrendo molte ore di tattica spensierata in più. 

Diablo III:ReaperOf Souls


  • Genere:Gioco di ruolo

  • Sviluppatore: Blizzard

  • Data uscita:Gennaio 2014


    Mentre su console la guerra tra Microsoft e Sony imperversa più vigorosa che mai, l'utenza PC si sta godendo un periodo di massima tranquillità, con progetti in arrivo davvero di ottima fattura e multipiattaforma che ancora una volta, nonostante la next gen alle porte, daranno il meglio proprio sui personal computer. Blizzard non è rimasta ferma negli ultimi mesi e ai due progetti recentemente annunciati, stiamo ovviamente parlando di Heartstone e Blizzard All Stars, si aggiunge Reaper of Souls, la prima espansione contenutistica per il discusso Diablo III, arrivata come un fulmine a ciel sereno durante la conferenza odierna tenutasi alla Gamescom.
    Tanti problemi da correggere, una sola mossa per aggiustare tutto.
    Diablo è stato sconfitto e Tyrael ha finalmente messo al sicuro la Black Soul Stone portando pace nell'universo di Sanctuary. Il male però richiama il male e in poco tempo il potere dell'artefatto attira a sé uno dei pericoli più grandi dell'intera umanità: Malthael. Angelo caduto con un odio profondo verso gli umani, Malthael sarà il nemico principale di questa espansione, deciso a eradicare del tutto la nostra razza dal creato sfruttando i poteri che le falci che possiede riescono a conferirgli.
    Ad attenderci questa volta troveremo nuove tipologie di non morti, esecutori agli ordini del principe della morte, e altri angeli caduti pronti a soddisfare ogni singolo volere del loro maestro: avversari eccezionalmente ostici, impossibili da abbattere con equipaggiamento e statistiche base.
    Per dare una chance ai giocatori il level cap viene alzato finalmente di ben dieci livelli e, nel lungo atto aggiuntivo che andrà a sommarsi alla campagna per giocatore singolo, nuovi oggetti unici saranno ottenibili come loot dai nemici. Un sistema di ricompense tuttavia completamente rivisitato, che ora non solo premierà i giocatori in maniera più intelligente con oggetti dalle statistiche adatte alla classe utilizzata in quel momento, ma fornirà anche ai giocatori armi e armature più utili e potenti di prima, in numero minore.
    Per farvi un esempio pratico in una run normale all'atto tre con i livelli Paragon attivi era possibile ottenere in media circa 256 oggetti comuni, ora portati a 73, e 275 rari ora ridotti a 83, mentre i leggendari saliranno da uno a sei. Questo porterà l'asta a riempirsi di oggetti forti, nella speranza che i prezzi vadano ad abbassarsi, offrendo al contempo ai giocatori maggiori possibilità di personalizzazione del proprio personaggio in termini di statistiche. I leggendari infatti hanno subito un boost impressionante alle statistiche e si adatteranno al livello del giocatore, in più avranno tutta una serie di statistiche uniche davvero peculiari, come la possibilità, ad esempio, di evocare un goblin che raccoglierà per voi gli oggetti comuni trasformandoli in rari o leggendari o ancora di dare vita a idre di fuoco ad ogni uccisione.
    Se nuovi oggetti e un nuovo atto non sono abbastanza per voi e cercate un nuovo modo di affrontare Diablo III, il Crusader, una classe completamente nuova, è quello che farà al caso vostro. Durante la nostra prova  di circa trenta minuti abbiamo provato un personaggio di livello 32 durante i suoi primi passi nelle terre di Westmarch. Inutile dire che ce ne siamo innamorati subito, un po' perchè il paladino era la nostra classe preferita in Diablo II e un po' perchè il Crusader ci è sembrato veramente una forza della natura, adattissimo ad essere utilizzato anche in hardcore. 
    Tra abilità di cura, stun ad area e teletrasporti capaci di danneggiare in maniera massiccia i nemici, la classe si è rivelata davvero difficile da abbattere, e se a questo aggiungiamo che si potranno equipaggiare sia armi a due mani per puntare tutto sul danno o diventare veri e propri carri armati ambulanti con l'utilizzo di mazza ferrata e scudo, si fa in fretta a capire quanto il Crusader sarà ostico da abbattere.
    Ad aumentare le resistenze ci pensano ovviamente le passive, che aumenteranno attacco e difesa in base alla quantità di nemici che circonderanno il nostro campione, permettendoci così di buttarci nella mischia senza pensare troppo alle conseguenze. Non mancano ovviamente colpi sulla media distanza come fulmini di luce sacra globulari tramite l'uso dell'abilità Fist of the Heavens, per avere la meglio degli arcieri, o ancora uno shield bash capace di stordire e attraversare interi gruppi di non morti.
    Se invece vorrete rimanere fedeli al vostro personaggio non temete, con l'aumentare dei livelli anche loro guadagneranno abilità, skill passive e nuove rune per poter competere testa a testa con i nuovi nemici.
    Una volta raggiunto il cap Diablo III offrirà nuove ed interessanti possibilità: come prima cosa i livelli Paragon non avranno più un cap e potrete quindi expare all'infinito, questi livelli saranno inoltre sharati su tutti i personaggi del vostro account donandovi così item find e statistiche aggiuntive. Fa la sua comparsa anche una nuova modalità di dungeon che vi permetterà di organizzare run veloci da 10/15 minuti nelle catacombe per cercare il loot tanto desiderato, ovviamente sempre con la consueta generazione casuale dei livelli.
    Tutto questo gran lavoro sulla personalizzazione viene ulteriormente ampliato dall'aggiunta della mistica, grazie al quale rirollare tramite un esborso in oro sonante una statistica di un oggetto, e la trasmogrificazione dell'equipaggiamento, perché uccidere Diablo è una cosa ma farlo indossando un equipaggiamento dal look estremamente cool aggiunge sicuramente qualcosa.
    Stando a quanto provato, Reaper of Souls tenta anche di riportare la vera oscurità in Diablo III, con ambientazioni cupe, teschi  scheletri in ogni dove e una trama matura che sembra poter convincere i fan. Qualche dubbio tuttavia è emerso, in merito allo sbilanciamento che i Paragon potrebbero portare nel pvp e alla durata dell'atto V che, se presa sotto gamba, potrebbe deludere i tantissimi affezionati al titolo.

lunedì 11 novembre 2013

Hearthstone Heroes Of Warcraft


  • Genere:Gioco di ruolo

  • Sviluppatore:Blizzard

  • Data uscita:Metà dicembre 2013

     

    Da qualche mese ormai molti fortunati hanno avuto la possibilità di entrare nella closed beta di Hearthstone, il nuovissimo gioco di carte Blizzard. Al Blizzcon ovviamente diversi panel sono stati dedicati al titolo e le novità non sono mancate. Abbiamo quindi deciso di raccogliere tutti i progetti futuri in questo breve articolo, sicuri di fare cosa gradita ai più.

    Avete assistito al Blizzcon con un biglietto virtuale o siete stati così fortunati da andare direttamente ad Anaheim California per incontrare i vostri sviluppatori preferiti? Se la risposta è sì, a breve, sul vostro account, verrà aggiunta una speciale carta dorata, un Elite Tauren Chieftain in grado di portare un caos totale su schermo. Le statistiche della creatura sono piuttosto standard e per cinque cristalli di mana potrete piazzare sul campo un muccone con cinque di attacco e cinque di vita che come potere speciale metterà nelle vostre mani, ma anche in quelle dell'avversario, una tra tre misteriose carte rock.
    I designer Blizzard hanno lavorato a lungo sull'implementazione di nuove animazioni specifiche per le carte speciali come questa, e il Tauren Chieftain apparirà tra fuochi d'artificio e schitarrate a tutto volume: carina come idea e piacevole da vedere una volta, la nostra paura in realtà è che giocare un'intera partita con carte di questa caratura non solo distragga eccessivamente, ma porti davvero troppa, tanta confusione sul campo di battaglia.
    Molto più apprezzabile invece l'idea di base che c'è dietro ad Hearthstone e la volontà di Ben Brode ed Eric Dodds di dare un taglio totalmente differente al titolo rispetto ai soliti giochi di carte tradizionali. Questo è possibile proprio grazie alla digitalizzazione del prodotto, che ha permesso di dare vita a carte dagli effetti più disparati, come ad esempio la possibilità di rubare due carte casuali dal mazzo dell'avversario o ancora di ridurre il tempo disponibile per ogni turno a 15 secondi evocando il drago Nozdormu. Oltre a portare maggior strategia sul tavolo da gioco, tale filosofia offre quel pizzico di divertimento in più necessario ad attirare le masse, visto che Hearthstone si prefigge comunque l'obiettivo di raggiungere il maggior numero possibile di persone, essendo in tutto e per tutto il primo titolo completamente free to play a marchio Blizzard.
    Lo studio delle carte e delle meccaniche di gioco sfonda quindi le barriere dei giochi comuni e dei tcg visti fino ad ora, e lo stesso Brode sembrava estremamente divertito nel mostrare alcuni concept di carte davvero fuori di testa, come una gallina in grado di infliggere un danno ad ogni giocatore che malauguratamente ci finisse sopra con il puntatore, una gelatina con attacco e salute pari alle sconfitte subite precedentemente e un robottino con il quale capovolgere letteralmente lo schermo dell'avversario.

    Aspettavamo con ansia dal Blizzcon qualche notizia in più circa la fine della fase di closed Beta di Hearthstone e Blizzard non ci ha deluso: a partire da metà dicembre finalmente il gioco entrerà in open beta e tutti potranno iniziare a costruire i loro deck e a sfidarsi online.
    Buone notizie anche per chi aspettava qualche informazione in più sulle versioni portatili del gioco: Hearthstone arriverà anche su iPad, iPhone e, udite udite, piattaforme Android, anche se per queste ultime bisognerà aspettare purtroppo la seconda metà del 2014.
    Grosse novità in arrivo per quanto riguarda il bilanciamento. Il Mind Control, pericolosissima carta del prete che vi permette di prendere il controllo di un alleato qualsiasi dell'avversario, vedrà il suo costo aumentare da otto a dieci cristalli, mentre lo Starving Buzzard si vedrà dimezzati i punti ferita, divenendo un misero 2-1.
    Oltre a ciò Ben Brode si è dilungato anche sulle partite classificate, spiegando per filo e per segno il nuovissimo sistema di ranked in arrivo.
    La nuova classifica verrà divisa in venticinque differenti livelli di esperienza, ognuno rappresentato da un minion di World of Warcraft. Vincendo partite si guadagneranno così punti in classifica e ad ogni passaggio di rank verremo omaggiati con una speciale stella che renderà ben visibile ed immediatamente riconoscibile la nostra categoria. Finalmente le stelle, a differenza di quanto accade ora, potranno essere perse, e queste classifiche avranno un reset mensile per dare modo a tutti di poter competere equamente e puntare al top.
    Non potevano mancare ovviamente le ricompense: per la semplice partecipazione si verrà omaggiati con versioni uniche delle carte, con il retro avente pattern unici in base alla season corrente, mentre dopo aver vinto 500 partite in arena si otterrà l'accesso alle versioni animate degli attuali eroi, modifiche estetiche che non influenzeranno comunque il metagame.
    Possono gioire anche gli amanti dell'arena, ora le vittorie possibili, e quindi le chiavi ottenibili per aprire gli scrigni delle ricompense, passeranno da nove a dodici, mentre i giocatori con qualche piccolo problema saranno felici di sapere che verrà inserita la possibilità di riconnettersi al gioco dopo un crash.
    Ultimissima novità presentata per Hearthstone saranno le Adventures, sessioni pve che introdurranno nuove carte cambiando le meccaniche di gioco, ma sulle quali non è stato approfondito il discorso in maniera eccessiva e non ci resta quindi che attendere qualche mese per poterle provare con mano.