Ethero

martedì 28 gennaio 2014

Nidhogg

  • Genere:Azione

  • Data uscita:13 gennaio 2014

     

    Il mercato indipendente continua a sfornare prodotti eccellenti più o meno a rotazione, mentre le povere multinazionali del caso lamentano situazioni disastrose e piangono su scelte mai come adesso discutibili. Con la next gen che si trova ancora agli albori e i giocatori di mezzo mondo ad attendere di gustarne le meraviglie tecniche, Nidhogg viene finalmente rilasciato nella sua forma finale, dopo un periodo di gestazione durato davvero tanto tanto tempo. 
    Dopo essere stato in lavorazione per anni ed aver ricevuto una lenta politura finale, Nidhogg ha fatto di recente il suo debutto anche su Steam, abbagliando stampa e pubblico grazie a qualità di primissimo livello. 
    Il gioco è concettualmente molto semplice: attraverso una visuale bidimensionale a scorrimento laterale impersoneremo uno schermidore, e dovremo farci strada tra i vari quadri dei livelli uccidendo un altro spadaccino che si porrà sulla nostra strada. Usando un approccio per molti aspetti simulativo, sarà sufficiente un solo colpo sia per morire che per prendere la vita del nemico, e sarà quindi necessario affrontare gli scontri con un certo tatticismo. 
    Una volta ucciso l'avversario godremo di qualche secondo di libertà in cui potremo muoverci liberamente e avanzare verso la meta. Tuttavia, trascorsi circa cinque secondi, la nostra nemesi conterà su un respawn che ci porterà a doverla affrontare di nuovo, dopo aver guadagnato giusto una manciata di metri. 
    L'esperienza risulta frenetica e piacevole, perché ogni istante guadagnato significherà poterci avvicinare alla vittoria, ogni morte sancirà la perdita di terreno prezioso, e ogni sfida sarà carica di adrenalina. 
    Considerato che si parla di un gioco 2D a scorrimento non si può che restare sbalorditi dalle mosse e dalle combinazioni implementate nel prodotto. Un breve tutorial ci mostrerà all'inizio i nostri movimenti di base, che ci permetteranno di regolare l'altezza della guardia a tre diverse altezze, abbassarci, saltare e tentare un calcio volante, lanciare la nostra spada, contrattaccare, disarmare il nostro avversario e via dicendo. La cosa più interessante è il fatto che nessuno di questi movimenti è perfettamente sicuro, e nessuno garantisce un esito certo. Procedere in scivolata può portarci al suicidio se la spada dell’avversario sarà troppo bassa o se verrà abbassata simultaneamente al nostro movimento, lanciare la nostra arma ci lascerà a mani nude, tentare di disarmare il nemico potrà portarlo a disarmarci a sua volta in base ai suoi e ai nostri riflessi. 
    Se da una parte questo sembra dare un notevole spessore ai combattenti, il tutorial rappresenterà appena la punta dell'iceberg di un battle system molto più approfondito. E la cosa più gratificante è che impareremo la stragrande maggioranza delle combo e dei trucchi del mestiere attraverso gli altri giocatori, magari nel corso delle sfide online (server permettendo), venendo massacrati dal "pro" di turno. 
    Altro elemento che aggiunge spessore al sistema di gioco è la varietà del terreno di scontro. Complicandoci la vita e rendendo le cose più interessanti lo sviluppatore ha ben pensato di diversificare i quadri che ci condurranno alla nostra meta, aggiungendo ad esempio scalini, rulli che muovono in una direzione precisa, restringimenti che impediscono il salto e il lancio dell'arma, o scelte cromatiche che renderanno più difficile giocare d'anticipo sulle mosse dell'avversario, concedendo un qualche tipo di mimetizzazione ai personaggi. 
    Sfortunatamente il gioco è afflitto da una serie di problemi che ci auguriamo possano essere risolti a breve. Da parte nostra dobbiamo segnalare un comparto online davvero troppo acerbo, che non riesce a garantire una buona esperienza e che nel presente è solo fonte di frustrazione. Difficoltà a connettersi, difficoltà a trovare degli avversari, difficoltà a mantenere stabile la connessione e priva di lag, cosa inaccettabile in un gioco basato su riflessi e precisione. 
    Allo stato attuale delle cose il titolo risulta molto piacevole in multiplayer, ma soltanto in locale. Se avete dunque degli amici o qualcuno che possa giocare fisicamente insieme a voi Nidhogg garantisce un'esperienza eccezionale, competitiva come non mai e capace di intrattenervi per decine e decine di ore. 
    Ad ogni modo la sviluppatore ha già annunciato di starsi occupando dell'ottimizzazione del codice online, e di certo l'interesse che la stampa sta mostrando nei confronti del prodotto aiuterà a spingere in questo senso. 
    L'aspetto estetico del gioco è ricercato senza essere elaborato, basato su forti contrasti cromatici e su animazioni fluide e realistiche. Uno stile del genere è comunque molto soggetto al gusto personale, soprattutto per via dei colori sgargianti con cui sono stati realizzati i personaggi.
    Il gioco ha requisiti hardware molto bassi e in linea con una pesantezza grafica quasi inesistente. Il problema della connettività al momento non sussiste, perché il prodotto risulta quasi del tutto ingiocabile: è più sensato a nostro avviso attendere il rilascio di un qualche fix per poter valutare un comparto che - in teoria - garantirebbe a questo Nidhogg una longevità praticamente infinita.

sabato 25 gennaio 2014

Runemaster

Genere:Gioco di ruolo

Data Uscita:Fine 2014

 

Essendo Paradox una compagnia nordica, l’influenza della mitologia Norrena non poteva che essere l’elemento cardine anche di questa nuova Produzione. In Runemaster saremo portati a vestire i panni di un eroe di Asgard, messo a conoscenza dell’imminente Ragnarok. Il Ragnarok nella mitologia nordica non sempre è allineato con la fine del mondo in senso stretto, ma spesso è visto come un cambiamento capace di scuotere le fondamenta dell’umanità, sia esso un disastro naturale o la caduta di un sovrano dall’immenso potere. Con questa descrizione piuttosto vaga Johan ha lasciato intendere di non voler rivelare nel dettaglio la trama di Runemaster, dandoci solo qualche spunto per immaginare come questa potrà svilupparsi.
Appena creato il nostro eroe, dovremo scegliere uno di sei mondi differenti di partenza, dalle verdeggianti foreste di Agar per l’appunto, passando da mondi completamente sotterranei, fino ad arrivare ai regni infuocati di Muspelheim. La scelta comunque avrà un’importanza solo marginale visto che il mondo, generato in maniera procedurale ad ogni nuovo avvio, ci permetterà comunque di utilizzare dei portali incantati per viaggiare da una location all’altra senza problemi, a patto però di essere abbastanza potenti.
Durante la campagna infatti incontreremo una grandissima quantità di nemici che tenteranno di opporsi al nostro cammino e le sei razze dell’universo di Runemaster avranno un ruolo attivo nella creazione della trama. Come da tradizione Paradox, il gioco non segue una struttura lineare e non solo ci permetterà di scegliere con qual razza schierarci inizialmente, ma garantirà altresì la possibilità di modificare con il proseguo dell’avventura la nostra reputazione con le altre civiltà, stringendo alleanze, rafforzando le amicizie o entrando spudoratamente in guerra e aumentando di conseguenza il numero di nemici da affrontare.
Così come in Crusader Kings il nostro personaggio, sia esso un umano, un nano, un troll, o qualsiasi altra razza, si imbatterà in quest generate casualmente, con una storyline decisamente malleabile frutto delle presenza di due enormi fazioni opposte: una guidata da Thor e l’altra da Loki.
In un clima di continue lotte e battaglie sanguinarie non poteva mancare un combat system completamente inedito, talmente inedito che i dettagli trapelati su questo aspetto sono praticamente pari a zero. Quello che siamo riusciti a scoprire è che la visuale isometrica che ci accompagna durante le fasi di esplorazione, durante gli scontri cambia completamente, presentando la griglia classica di molti giochi di ruolo a turni.
Non sappiamo esattamente come funzionerà il tutto, ma ci è stato detto che il nostro eroe scenderà fisicamente sul campo di battaglia, affiancato da truppe alleate e mercenari assoldati durante il resto della campagna. Con informazioni così fumose, tuttavia, ed una data di lancio ancora parecchio lontana, possiamo aspettarci grossi cambiamenti a riguardo.
Il sistema di movimento è identico a quello di un hack ‘n’ slash qualsiasi e i nemici saranno posizionati in punti fissi sulla mappa, ad eccezione di alcune ronde che potranno essere evitate, o affrontate direttamente per arraffare i tesori che trasportano. Il sistema di loot ricorda molto da vicino Quello della serie Diablo, ancora una volta con oggetti generati in maniera randomica e dotati di speciali suffissi per le caratteristiche. Quanto tutto ciò influisca direttamente sul combattimento non ci è ancora dato saperlo e dovremo aspettare qualche mese prima di poter tornare a discuterne.
Il mondo di gioco è parso piuttosto vasto, caratterizzato da una buona qualità grafica, soprattutto nel campo delle texture e delle ambientazioni. In battaglia inoltre il territorio svolgerà un ruolo importantissimo, con posizioni sopraelevate da sfruttare per il piazzamento delle unità ranged e zone inaccessibili dove tendere imboscate ai nemici in arrivo. Si prospetta dunque un cambio di marcia per Paradox, con l’inserimento per la prima volta nella storia dello studio di sviluppo interno di un sistema di esplorazione particolarmente libero e un combat system dalla profondità eccelsa capaci di rappresentare una sfida che ci stuzzica l’immaginazione. Purtroppo per il risultato finale bisognerà attendere ancora qualche mese.

Thief


  • Genere:Action-Adventure

  • Sviluppatore:Eidos

  • Data uscita:28 Febbraio 2014 Europa - 25 febbraio 2014 USA

     

    Con circa tre ore di prova all’attivo e ormai discretamente abituati a vestire i panni del manigoldo, possiamo darvi le nostre prime impressioni sul progetto di Eidos Montreal. Occhio a esultare prima del tempo, ci sono luci e ombre in quello che abbiam visto (e con questa frase mi sono automaticamente guadagnato il "premio banalità 2014", ringrazio tutti per il supporto nd. Pregianza).
    La build a nostra disposizione conteneva i primi quattro capitoli dell’avventura di Garrett, con missioni contestualizzate all’interno della storia a differenza della fase “aperta” a Stonemarket testata precedentemente. Solo le fasi iniziali, ma comunque più che sufficienti per farsi un’idea precisa delle modifiche all’ambientazione e alla trama originaria operate in questo reboot.
    Nella buia città dove Thief è ambientato Garret è sempre il re dei ladri, un individuo cupo e misterioso che ruba ai ricchi per dare a se stesso, ma non sembra avere più legami con la misteriosa società segreta dei Keeper, al cui addestramento doveva le sue capacità nei titoli precedenti.
    Ciò non significa comunque che il misto tra tecnologia steampunk e magia arcana del marchio sia scomparso nel nulla, tutt’altro. Dopo una breve sessione in compagnia della giovane ladra Erin, e un grave incidente durante il primo colpo che mette fuori gioco il protagonista per un lungo periodo di tempo, ci risveglieremo in un luogo dilaniato da un’industrializzazione inarrestabile e da un misterioso morbo che non lascia scampo. I paralleli con Dishonored vengono naturali, ovvio, ma il background del lavoro di Eidos mantiene delle unicità interessanti, tra cui un’atmosfera spiccatamente dark e una premessa più misteriosa e ricca di punti bui della norma (seppur non manchi qualche cliché).
    Che il gioco sia estremamente story driven appare evidente fin dalle battute iniziali, dove l’azione è pilotata e lineare, anche per permettere al giocatore di prendere confidenza con i controlli. Le nostre preoccupazioni hanno iniziato ad emergere quando abbiamo notato che questa natura lineare non sembra venir meno neppure dopo aver superato l'immancabile fase del tutorial, portando le missioni ad avere obiettivi sin troppo chiari e definiti. Tale semplificazione dei compiti è ormai la norma in titoli di questo tipo, ma nella passata prova avevamo per lo meno notato indizi meno evidenti sotto forma di note, necessari per superare alcune quest secondarie o recuperare un po' di refurtiva extra di valore. Stavolta invece le succitate note sono quasi sparite, escluso un indizio legato alla combinazione di una cassaforte, portandoci a dubitare del fatto che questi espedienti più vicini ai primi capitoli verranno utilizzati con frequenza nella campagna.
    In parole povere l'elemento esplorativo ha importanza solo per i perfezionisti, poiché analizzare nel dettaglio ogni zona della mappa porta solo ad ottenere più oggetti preziosi, poi comodamente segnalati tramite una percentuale a fine missione. I furti possibili in ogni locazione sono tanti, e gli oggetti a volte ben nascosti, ma non ci sembra un incentivo adeguato per portare il giocatore a vagare senza meta per le strade della città al momento.

    Come un gatto nero
    Se le missioni pilotate ci hanno un po' demoralizzato, non possiamo dire però lo stesso del gameplay. L'agilità di Garrett e la grazia dei suoi movimenti sono fenomenali, specialmente quando si tratta di compiere piccoli compiti di precisione come scassinare serrature o tagliare tele con la perizia di un chirurgo. Anche la mobilità è ottima, grazie a un efficace scatto limitato, che permette di passare rapidamente attraverso le zone illuminate, e a una buona gestione degli ostacoli, indubbiamente migliorata rispetto alla build già provata. Sia chiaro che siamo sempre di fronte a un titolo con pareti scalabili fisse e ostacoli definiti, ma almeno le parti invalicabili sono diminuite, e il re dei ladri non pare più bloccarsi come una statua davanti a semplici botti di legno o lampade. Tutto è più fluido e funziona decentemente, in una formula che costringe a studiare attentamente le varie possibilità per raggiungere nel miglior modo il luogo successivo. 

    L'intelligenza artificiale delle guardie è a sua volta migliorata. Le loro azioni sono circoscritte a zone piuttosto ampie e, nel caso vi scorgano o sospettino che siate nei paraggi, non è raro vederle aprire porte, aggirarsi in gruppo o dividersi per coprire un'area più ampia. Possono essere ancora ingannate e impilate in un esilarante cumulo di uomini storditi, ma gli sviluppatori stanno ancora perfezionando il loro comportamento. 
    Abbiamo soprattutto apprezzato l'enfatizzazione dello stealth nella formula. Thief è giocabile in modo aggressivo, tuttavia Garrett non è esattamente il migliore dei combattenti e un approccio silenzioso è sempre il più efficace. Fatevi scoprire, e riuscirete sì e no a stendere un paio di guardie prima di venir sopraffatti, anche a difficoltà normal. Se vi aspettavate uno snaturamento totale della formula, insomma, potete stare abbastanza tranquilli.
    Tecnicamente, inoltre, il titolo si difende egregiamente e, pur non presentando modelli tridimensionali superlativi o texture incredibilmente definite, vanta un'illuminazione semi realistica che mostra chiaramente le zone “pericolose” per il giocatore, e animazioni con i fiocchi. 
    Sempre presenti anche le numerose frecce dei capitoli originali, con qualche chicca aggiuntiva. Si va da punte d'acqua a dardi infuocati, senza dimenticare le frecce con la punta di legno sacrificabili per attivare dalla distanza interruttori o fare rumore, e delle utili frecce soporifere, per quando la situazione si fa un po' troppo calda. Lodevoli infine la varietà delle ambientazioni, che nonostante le tinte cupe sono dotate di un certo fascino medievaleggiante, e la possibilità di personalizzare la difficoltà, fino a raggiungere livelli di sfida da purista che non vanno sottovalutati.

giovedì 23 gennaio 2014

Strider

  • Genere:Azione

  • Sviluppatore:Double Helix Games

  • Data uscita:22 febbraio 2014 

     

    Questa software house ha iniziato malissimo la sua vita nel duro mondo degli sviluppatori. Poi, dal nulla, le hanno affidato uno dei picchiaduro più duri da riportare alla vita, e riuscendo nel compito si è guadagnata un bel po’ di fiducia da parte del pubblico pagante e della stampa, che prima rabbrividivano solo a sentirne il nome. L’esplosione di stima deve aver influenzato notevolmente anche i grossi distributori, perché i Double si sono recentemente accaparrati un altro marchio storico non facile da recuperare, Strider appunto. Trattasi di un action-platform a scorrimento nato nel lontanissimo 1989, e divenuto famoso per il suo carismatico protagonista e per la grande velocità. 
    Il gioco non si distacca più di tanto dai predecessori, mantenendo il genere invariato e un gameplay simile a quello passato (anche se più vicino al secondo capitolo che al primo). Una scelta che ci ha un po’ deluso, visto che da tempo desideravamo un hack ‘n’ slash tridimensionale con Hiryu protagonista. Ciò che abbiamo potuto provare comunque ci ha parzialmente consolato, perché, come detto a inizio articolo, a Double Helix amano le vecchie glorie, e sembrano aver ben chiaro cosa le ha rese indimenticabili.
    Nel caso di Strider, la velocità e l’adrenalina erano tutto. C’erano basi solide a sorreggere il gioco, ma era il tripudio di balzi felini del protagonista, scalate rapide, nemici fatti a pezzi e boss fight a rendere i cabinati Capcom un magnete per monetine. Per adattare tutto ciò alla generazione di giocatori attuale gli Helix non hanno puntato sulla solita semplificazione, ma hanno reso il tutto un pochino più complesso, donando da subito al giocatore qualche nuovo strumento, come un attacco multidirezionale, e modificando strutturalmente la campagna per non stancare dopo poche ore. Per la precisione, nel sistema sono stati introdotti limitati elementi da metroidvania, con un avanzamento graduale del protagonista sotto forma di nuovi poteri, e un aumento netto della complessità delle mappe. 
    Con queste soluzioni il gioco è leggermente meno lineare, presenta sezioni esplorabili con segreti sotto forma di collezionabili o sfide aggiuntive, e si mantiene fresco regalando una serie di interessanti mosse extra all’utente e tenendolo sul filo con un potenziamento progressivo dei nemici . All’inizio vi sembrerà tutto una passeggiata: Hiryu taglierà a fette chiunque con un singolo fendente, gli ostacoli saranno facilmente superabili, e i livelli basilari. Superato il gigantesco Ouroboros (vecchia conoscenza per chi ama la serie), però, la vostra lista mosse inizierà a comprendere doppi salti, scivolate e attacchi discendenti capaci di spezzare grate e barriere, la capacità di rispedire proiettili al nemico e colpi caricati, mentre ai soldati semplici si uniranno grossi automi corazzati, cecchini e fastidiosi avversari armati di scudo. 
    Tale aumento del livello di sfida e della complessità avviene con una naturalezza invidiabile, che dimostra un certo talento da parte degli sviluppatori. Non è facile prendere un gameplay anzianotto, ritoccarlo marginalmente, e introdurlo in un nuovo scheletro concettuale calcolato per mantenere alta l’attenzione dei gamer moderni, ma i Double Helix sembrano aver colpito nel segno con il ritorno di Strider.
    La fluidità dell’azione è stata la caratteristica che ci ha stupito maggiormente. I comandi sono responsivi e precisi, e guidare Hiryu nella sua avventura è un vero piacere. Il Cypher, la poderosa spada al plasma in dotazione al protagonista, tritura tutto a velocità luce, e dispone persino di un comodo attacco ascendente che scaglia in aria i nemici meno pesanti, per favorire l’esecuzione di brevi combo abbastanza spettacolari.
    Le boss fight, inoltre, mantengono una notevole carica emotiva, grazie a nemici dai pattern arginabili ma comunque variegati, e alla frenesia delle battaglie, che si trasformano rapidamente in un vortice di proiettili, laser e attacchi acrobatici. Occhio a morire troppo spesso infine, poiché il respawn di solito avviene in rade zone checkpoint o su save points a inizio quadro, costringendo in più occasioni a ricominciare dei bei pezzi di missione da capo. 
    In parole povere, il mix funziona, la libertà di movimento del protagonista è notevole, le battaglie divertono e la difficoltà aumenta fino a divenire una sfida impegnativa e soddisfacente già dopo poche ore. Non male per un’operazione costata relativamente poco.
    Tecnicamente non siamo sui livelli raggiunti con le modifiche del sistema, ma non c’è troppo da lamentarsi. L’unico bug grave che abbiamo trovato riguardava alcuni caricamenti in ritardo di pezzi delle mappe, un problema che, tuttavia, potrebbe dipendere anche dalla nostra console test, e che indubbiamente sparirà nel codice finale. Per il resto il motore non è niente di superlativo, e punta tutto sul mantenimento di un frame rate stabile. Delle scan lines poco accentuate ricordano i vecchi cabinati, e il restyle dei personaggi è di tutto rispetto, ma non aspettatevi meraviglie composte da migliaia di poligoni. Le mappe, dal canto loro, ci sono parse piuttosto ispirate, pur mantenendo una palette di colori sempre tendente al metallico. 
    Da applausi invece le musiche. Tamarre e pompate al punto giusto, non fanno rimpiangere assolutamente i temi originali.

martedì 21 gennaio 2014

Blackguards


  • Genere:Strategico

  • Data uscita:6 novembre 2013

     

    Dopo anni di onorata militanza nell’esercito degli sviluppatori specializzati, cambiare genere di punto in bianco non è propriamente una passeggiata in un campo fiorito. Se persino case enormi come Valve, Bungie e Bioware raramente osano allargarsi al di là dei confini da loro stessi tracciati, figuriamoci cosa deve voler dire una tale sfida per una software house relativamente minuta. Daedalic è cresciuta esponenzialmente a forza di avventure grafiche, e quindi ora c’è molta fiducia nei confronti di questo arguto gruppo di programmatori teutonici, ma è anche vero che il suo primo esperimento “alternativo” li ha portati in uno dei generi più complessi e difficili da padroneggiare in assoluto, quello dei giochi di ruolo.
    Blackguards, questo il nome del loro ultimo progetto, non è peraltro nemmeno un gdr di quelli all’acqua di rose. Anzi, si tratta di un videogame molto elaborato, che poggia sulla nota licenza The Dark Eye e potrebbe rappresentare un passo importantissimo nell’aumento di notorietà del team.  Dopo averlo testato direttamente ad Amburgo, e aver finalmente messo le mani sul codice completo del titolo, siamo pronti a recensirlo. Sarà l’ennesima dimostrazione di talento oppure stavolta i Daedalic hanno osato troppo?
    Coma nella maggior parte delle produzioni della casa tedesca, anche in Blackguards la trama ha un’importanza fondamentale. Il vostro alter ego si troverà invischiato nell’omicidio della giovane principessa Eleanor, avvenuto all’apparenza ad opera di un lupo inferocito durante una nottata piovosa. Accusato del crimine, il protagonista sarà imprigionato, torturato dal suo vecchio amico Lysander, e coinvolto in una serie di vicende che potrebbero decidere il destino del mondo intero. 
    Come premessa potrà sembrare simile ai canoni dei titoli con ambientazione fantasy-dark, ma in realtà con Blackguards gli sceneggiatori hanno compiuto una scelta coraggiosa, dando al giocatore il controllo di un gruppo di… cattivi. Avete capito bene, qui non ci sono paladini senza macchia e senza paura, solo un insieme di mariuoli raccattati qua e là. Viaggerete con individui socialmente pericolosi per scoprire cosa vi è accaduto quella fatidica sera, e nel frattempo verrete coinvolti nei loro problemi. Ce n’è per tutti i gusti, da un mago ossessionato dalle donne a un nano piromane con problemi di controllo dell’ira, e l’ottima caratterizzazione del cast riuscirà a convincere anche chi di solito ama vestire i panni dell’eroe puro e coraggioso. 
    Un altro elemento che ci ha colpito della narrativa, al di là degli ottimi personaggi, è la varietà di scelte offerte dalla campagna principale. Le vicende sono estremamente ramificate, e anche azioni apparentemente insignificanti, come parlare con un mendicante del suo maiale o fingere di apprezzare la battuta di un nano, possono portare alla comparsa di quest utili o al completamento di eventi inaspettati. 
    La trama, insomma, risulta interessante per tutta la durata dell’avventura, e svolge egregiamente il suo compito. L’unica critica sta nel fatto che, forse, i Daedalic potevano spingersi un po’ più in là con l’idea di inserire il giocatore in una squadra di malvagi, poiché ora della fine i comprimari di Blackguards danno l’impressione di essere più dei simpatici birbanti che dei criminali (anche quando si indaga a fondo nel loro oscuro passato risulta difficile non farseli piacere), e bene o male la quest primaria mantiene quasi costantemente un tono “eroico”.
    Dialoghi, tradimenti, colpi di scena e personaggi inconsueti non sono che una parte dell’opera Daedalic. Il gioco si basa infatti su di un complesso sistema di combattimento a turni, ove la tattica è regina e avanzare a casaccio rappresenta un suicidio.
    Mettiamo subito le carte in tavola: Blackguards NON è un gdr per neofiti. I Daedalic non sembrano aver nemmeno preso in considerazione i principianti del genere quando hanno congegnato gli scontri, e vi troverete continuamente di fronte a situazioni che richiedono cervello e pazienza per essere superate. La radice di tutto è un sistema con griglia ad esagoni, dove i comandi di movimento possono venir impartiti con grande precisione e le abilità si attivano tramite una comoda interfaccia circolare richiamabile all’istante. L'accuratezza degli spostamenti è indispensabile, poiché la varietà è data dalla diversificazione delle mappe, oltre 200 arene dove si trova di tutto: terreni scivolosi, trappole nascoste o attivabili, gemme che curano i nemici ad area da distruggere, casse da buttare a terra per creare barriere improvvisate, e un ammasso di altre sorprese. La scelta di concentrarsi sulla varietà delle locazioni è risultata abbastanza vincente, e Blackguards non manca di regalare grosse soddisfazioni quando il giocatore riesce a superare certi scontri particolarmente disumani o a fregare il nemico attirandolo in qualche pericoloso marchingegno. Non mancano tuttavia i difetti, principalmente legati alla lentezza del sistema e al calcolo non proprio impeccabile della difficoltà.
    Il combat system è infatti fin troppo misurato, cosa che, alla centesima battaglia, può risultare alquanto tediosa, indipendentemente dal numero di arene. Il problema è accentuato da alcuni picchi del livello di sfida, difficili da superare anche per un giocatore veterano, che si incontrano durante la campagna. Certi combattimenti vi brutalizzeranno senza pietà, dandovi l’impressione di non essere abbastanza preparati per poterli affrontare e costringendovi a ripeterli più e più volte in attesa di una partita fortunata. Già, perché sono le probabilità a decidere chi viene colpito e come, e può capitare spesso di fallire attacchi a raffica anche con percentuali ben superiori al 70%. 
    Non pensiate male, il gioco non è tutto così. Si parla di una manciata di situazioni fastidiose, e di solito se ci si trova davanti a una battaglia incredibilmente difficoltosa significa che non ci si è facilitati la vita con qualche utile opzione di dialogo prima dell’evento infausto. Fatto sta che la gestione dei colpi e di certi incontri inevitabili poteva venir affrontata meglio, specie considerando che abbassare la difficoltà a easy non fa altro che alzare leggermente le varie probabilità.
    Lo sviluppo dei protagonisti è prevedibilmente altrettanto approfondito, e presenta una pletora di statistiche da migliorare. Che si tratti di statistiche base, abilità con armi specifiche, mosse speciali o incantesimi, gli amanti della personalizzazione avranno di che gioire con Blackguards. Noi abbiamo in particolare apprezzato le specializzazioni legate alle armi, addirittura modificabili per favorire un approccio difensivo o offensivo in battaglia, e la necessità di apprendere nuove magie e capacità da trainer sparsi per il mondo di gioco. Si guadagnano molti punti esperienza in questo titolo, ma non avrete problemi a spenderli. 
    Per carità, la lentezza del gameplay influisce anche parzialmente sull’avanzamento del proprio gruppo di antieroi, e la progressione tende a essere tardiva, portando soprattutto le prime ore a essere noiosette. Ora del terzo capitolo comunque si iniziano ad avere a disposizione magie e mosse poderose, e il sistema resta uno dei più lodevoli che ci sia capitato di vedere in un gioco del genere, dunque ci riesce difficile fargliene una colpa. Pensate poi che recentemente è persino stata aggiunta la possibilità di partire con una classe totalmente personalizzata invece degli archetipi iniziali, e che è sensato aspettarsi altri miglioramenti simili tramite patch in futuro.
    Meno da applausi la varietà complessiva delle attività. L’avventura delle guardie nere è ricchissima di scelte, l’abbiamo già detto, ma non tanto di cose da fare, e gran parte del suo brio deriva esclusivamente dal combattimento. Ci sono alcune varianti curiose, come sfide a enigmi e altre chicche che evitiamo di spoilerarvi, ma sono poche e spezzano solo relativamente la monotonia.
    Tecnicamente, inoltre, non siamo davanti a un capolavoro. I Daedalic hanno messo in piedi un mondo ricco di npc e momenti notevoli, ma il motore da loro utilizzato non valorizza più di tanto né l’art direction né la brillante narrazione. I modelli 3D sono poco dettagliati e animati in modo legnoso, le arene sono originali ma non colpiscono per la loro bellezza, e le città sono rappresentate da una serie di schermate fisse con icone che indicano dialoghi e venditori vari. Qualche bug visivo e un’ottimizzazione non superlativa completano il pacchetto. Impossibile, al contrario, non lodare la longevità del gioco, che offre cinque capitoli enormi capaci di impegnare il giocatore per oltre 30, se non addirittura 40, ore se si completano tutte le quest secondarie. Non fatevi ingannare dai capitoli iniziali più o meno lineari, presto ci si trova davanti a mappe enormi da esplorare e a innumerevoli missioni alternative. 

KingsRoad

  • Genere:Gioco di ruolo

  • Data uscita:15 Gennaio 2014

     

    Gennaio: un mese che da sempre rappresenta un momento di quasi totale stasi all'interno del mondo dei videogiochi. L'assenza di una grande quantità di titoli in uscita, indipendenti a parte, consente di riscoprire quella categoria di prodotti che, negli ultimi anni, ha permesso a moltissimi giovani videogiocatori di avvicinarsi al mondo del gaming su PC: i browser games. Sono tante quelle persone che, magari non avendo un computer eccessivamente performante o del tutto ignare delle possibilità che questa piattaforma offriva, passavano ore e ore su siti di giochi in flash a divertirsi come matti. I browser games sono stati una tappa fondamentale, una delle prime, nella “carriera” di molti videogiocatori nati negli anni novanta. Con il tempo, questi titoli si sono evoluti non poco, fino ad arrivare allo stato attuale. KingsRoad fa parte degli innumerevoli browser games che ci sono in circolazione, una piccola stella in un cielo sconfinato. Riuscirà a brillare più delle altre?

    KingsRoad si presenta come un titolo hack 'n' slash senza troppi elementi inseriti per arricchire la formula. La premessa che viene fatta sulla trama è di quanto più semplice e banale ci si possa aspettare da un gioco ambientato in un mondo a tema fantasy: dopo l'improvvisa morte del re di Alderstone, che era riuscito a governare mantenendo il regno in pace per un lungo periodo, Adamar, il signore delle ombre, compare dal nulla e getta tutto nel caos più totale. Noi vestiremo i panni di un eroe misterioso, che si offre volontario per scoprire cosa sta succedendo, sconfiggere il signore delle ombre e riportare la pace all'interno del regno. È vero, la trama non è delle migliori, ma considerando il genere di titolo che abbiamo per le mani possiamo anche chiudere un occhio senza farci troppi problemi.
    Dopo un breve tutorial che spiega i controlli di movimento e attacco, entrambi controllati tramite il pulsante sinistro del mouse, ci ritroviamo in una piccola cittadina dalla quale, proseguendo nel gioco, potremo accedere al negozio, al fabbro, all'addetto allo sviluppo delle abilità e alla mappa delle missioni.
    Il giocatore è libero di cambiare in qualsiasi momento tra una delle tre classi disponibili (guerriero, arciere e stregone) semplicemente parlando con l'apposito npc all'interno della città. Ciò che contraddistingue una classe dalle altre è il tipo di arma utilizzato e le abilità disponibili. Le abilità sono divise in attive e passive. Possiamo scegliere fino a cinque delle nostre quattordici skill attive ed assegnarle ai tasti da uno a cinque sulla tastiera in modo da poterle utilizzare più velocemente, mentre le skill passive saranno sempre in funzione senza limite di numero. Ogni abilità potrà essere imparata e potenziata fino ad un massimo di dieci gradi, a patto che si sia raggiunto il livello richiesto e che si abbiano un numero sufficiente di punti abilità, ottenibili accumulando esperienza con il nostro eroe.
    L'equipaggiamento si comporta in un modo un po' diverso dal solito. Considerando la presenza di tre classi distinte, si sarebbe portati a pensare che ogni classe debba avere il suo personale tipo di equipaggiamento, ma non è proprio così. L'inventario è condiviso tra tutti e tre i personaggi selezionabili e questo ci permette di utilizzare ogni oggetto senza restrizioni legate alla classe, unica eccezione fatta per gli equipaggiamenti offensivi.

    Le varie missioni del gioco si dividono in quest principali, secondarie ed in una terza tipologia, sbloccabile solo in seguito al completamento di un certo numero di quest principali, le missioni da cacciatore di taglie. Le prime si svolgono all'interno di mappe chiuse che diventano, con l'avanzare dei livelli, sempre più grandi, articolate e popolate da un numero maggiore di nemici. Lo scopo delle missioni è sempre il medesimo: raggiungere la fine del livello, combattere a suon di spadate frecce e palle di fuoco e sconfiggere il boss finale. Durante il nostro cammino ci troveremo davanti numerosi nemici che potranno essere sconfitti per ottenere oro, esperienza ed equipaggiamenti vari. All'interno dei livelli saranno presenti anche oggetti distruttibili come barili o casse oltre ai tipici scrigni nei quali potremo trovare oggetti più rari e potenti del normale. L'unico modo di aprire gli scrigni, tuttavia, è utilizzare le gemme, la valuta premium del gioco, acquistabili utilizzando moneta reale o guadagnabili, molto più lentamente, portando a termine determinate missioni ed alzando il livello di maestria delle quest già completate in precedenza. Il livello di maestria si alzerà completando diverse volte la stessa missione, permettendo, una volta raggiunto un punteggio maestria sufficiente, di selezionare un livello di difficoltà più alto e quindi di guadagnare un numero maggiore di gemme ed equipaggiamenti di qualità migliore.
    Le missioni secondarie non sono vere e proprie missioni, ma sono più simili ad una lista di incarichi, come forgiare una certa quantità di oggetti dal fabbro o aprire un determinato numero di scrigni, che, una volta completati, ci frutteranno oro o esperienza.
    Le quest da cacciatore di taglie sono invece un misto tra le due precedenti tipologie di missione. Si svolgono in mappe chiuse come le quest principali, ma richiedono di portare a termine diversi tipi di obiettivi, solitamente legati all'eliminazione di un certo numero di nemici. Queste missioni richiedono di effettuare il pagamento di una tassa per la loro attivazione, che può essere pagata con dell'oro o tramite degli speciali gettoni facilmente ottenibili come ricompensa per il completamento di altre quest.
    Tutte le missioni possono essere intraprese da soli o in compagnia di altri giocatori, ma gli sviluppatori hanno deciso di incentivare il gioco di squadra dando un bonus all'esperienza guadagnata nel caso in cui la missione venga affrontata in gruppo. Per evitare di rendere il tutto troppo facile (il livello di difficoltà di partenza è già piuttosto basso), nel momento in cui iniziamo una missione all'interno di un party, i nemici si faranno più resistenti in base al livello dei giocatori che compongono il gruppo.
    Se tutte le altre caratteristiche del gioco sono nella media, KingsRoad si distingue dai suoi concorrenti quando andiamo ad analizzare il comparto artistico. Graficamente, il gioco è di molto sopra la media rispetto agli altri giochi del suo genere. Il titolo presenta modelli poligonali curati, texture pulite, animazioni fluide e, soprattutto, sfondi disegnati in modo particolarmente buono. Uniche note negative dal punto di vista grafico sono la mancanza di vere e proprie ombre dei vari personaggi, che vengono sostituite da un alone scuro sotto i loro piedi, e gli sporadici ritardi di caricamento di intere parti degli sfondi, che lasciano il giocatore immerso in un ammasso di colori impastati e rendono piuttosto faticosa la progressione all'interno del livello. Infine, le musiche risultano quasi sempre azzeccate e riescono ad accompagnare in modo degno le imprese del giocatore. 

lunedì 20 gennaio 2014

War Thunder

  • Genere:Simulazione volo + Carro Armato

  • Sviluppatore:Gaijin Entertainment

  • Data uscitaGennaio 2014

     

    Ci sono sempre dei grossi rischi nel proporre al pubblico un modello economico sempre più adottato come quello del free-to-play. La sensazione generale – non a torto – è quella di considerare questi titoli come qualcosa di fortemente incompleto e dalla qualità non di certo esaltante. Se è vero che la media delle produzioni è in realtà anche ben peggiore rispetto allo scenario appena dipinto, è vero anche che esistono alcune realtà in grado di rendere un po’ più degna e ragionevole la proposta di provare un titolo per poi decidere cosa pagare.
    War Thunder è un cantiere aperto ormai da lungo tempo, una realtà che è stata in grado di dimostrare come gli utenti siano ormai diventati il vero valore aggiunto per apportare autentiche migliorie a un titolo che riesce a soddisfare gli amanti del genere, nonostante sia ancora in beta da oltre un anno. Gli sviluppatori di Gaijin Entertainment, tuttavia, hanno aperto le danze per la seconda ondata dedicata alla closed beta di Ground Forces, l’espansione dedicata questa volta ai carri armati, che beneficiano di alcune modifiche sulla falsariga di quanto avveniva coi velivoli – tenendo a mente le diverse variabili che si vengono a creare durante i combattimenti sul suolo. Mobilità, protezione e potenza di fuoco sono i tre gruppi in cui sono state suddivise le modifiche che determinano il comportamento delle unità. Trattandosi di una beta, Gaijin ha promesso che questo è solo dell’inizio di una lunghissima serie di aggiunte che serviranno a rendere soddisfacente il modello di battaglia creato nel gioco, e che al momento questi tre parametri sono essenziali per proteggere il proprio veicolo e migliorarne le capacità offensive. Sul fronte della mobilità troviamo alcuni aggiornamenti per quanto riguarda l’efficienza del motore, delle sospensioni e della trasmissione; entrando più nel dettaglio, la maneggevolezza del carro armato diventa meno complessa da gestire e la precisione nella conduzione del veicolo è meno soggetta alle sollecitazioni delle asperità dei terreni. Stessa cosa per quanto riguarda i freni, che aumentano la loro efficienza permettendo di conseguenza delle sterzate più agevoli. Gran lavoro anche sulle sospensioni e sulla loro capacità di ammortizzare i carichi variabili quando si attraversano i terreni accidentati e con diverso grado di pendenza; migliora anche la precisione del fuoco mentre il carro è in movimento. Le modifiche all’interno della voce “protezioni”, invece, permettono l’installazione di ulteriori elementi che servono per schermarsi e diminuire i danni degli impatti ricevuti; inoltre, è previsto qualche accorgimento sulle capacità stealth, che possono aiutare l’utente ad evitare di essere scoperto all’istante sulla lunga distanza o dall’aviazione. Troviamo infine le modifiche sulla potenza di fuoco che incidono sulla precisione degli attacchi, i movimenti della torretta e gli armamenti del carro. Oltre a una calibrazione più accurata dell’allineamento tra bocca da fuoco e obiettivo, troviamo una serie di aggiustamenti sulla velocità di puntamento, una migliore responsività del meccanismo adibito al sollevamento della torretta e una maggiore fluidità del suo controllo, che garantiscono un approccio all’attacco ancora più immediato. Non manca nemmeno la possibilità di chiedere l’aiuto dell’artiglieria su una zona indicata, ma questo vantaggio è ad esclusivo appannaggio dei carri leggeri o medi – per ovvi motivi di bilanciamento.
    Accorgimenti così attenti e di così ampia portata su un gioco che è ancora in fase di beta, non possono far altro che mettere in luce quanto di buono ci sia in Ground Forces, che mira nel corso del tempo a offrire ai giocatori un’esperienza sempre più fedele e autentica. Se nella controparte dedicata ai velivoli era strettamente necessario avere dei controlli realistici che facessero leva su una fisica credibile, per le unità di terra era essenziale riuscire ad avere un modello dei danni molto elaborato e soddisfacente. Per questo motivo, si è scelto di basare la distruzione dei carri armati sui punti cosiddetti vitali, come se fossero gli organi interni di un corpo corazzato e ben difeso. Il mezzo è considerato distrutto quando i moduli chiave o i membri della crew sono neutralizzati; se si colpisce la corazza, difficilmente ci si può aspettare di distruggere l’unità in questione. Ciò aggiunge chiaramente un ulteriore livello alla profondità tattica degli scontri, che si presentano quindi non come una furiosa corsa a chi colpisce prima il nemico, ma come una necessità a studiare con attenzione i terreni, le capacità del proprio mezzo, la profondità di campo e le possibilità offerte dall’ambiente circostante. Considerate inoltre che War Thunder: Ground Forces è anche uno dei giochi free-to-play più curati sotto il profilo tecnico – che non guasta mai – e capirete perché sarebbe il caso di farsi un giro su un pachiderma di metallo. Certo, i giocatori di primo pelo potrebbero in alcuni momenti essere scoraggiati, ma basterà prendere la mano per adeguarvi alle dinamiche qui presenti. Sicuramente buono è anche il comparto sonoro, che grazie ad alcuni campionamenti mirati riesce a rendere al meglio i cigolii delle parti semoventi, il raspare dei cingoli sui terreni e in generale, dà una reale sensazione di peso del mezzo che stiamo pilotando. Noterete con l’avanzare delle partite come tutto diventi sempre più hardcore e come ci sia la necessità di giocare in maniera astuta, se non si vuole cadere in quel vortice di frustrazione fatto di mosse avventate che portano a morti certe e che, a posteriori, si rivelano anche piuttosto banali. Gli sviluppatori hanno infine dichiarato che la loro creatura avrà un trattamento identico anche su PS4, con aggiornamenti sempre puntuali e un supporto costante. E adesso, cominciate pure la vostra guerra.

Nosgoth

  • Genere:Azione

  • Sviluppatore:Psyonix

  • Data uscita:Marzo 2014


    Quando i fan della serie Legacy of Kain hanno scoperto che ci sarebbe stato un nuovo prodotto videoludico legato al brand, l'hype è salito da subito alle stelle. D'altro canto, stiamo parlando di una delle saghe più interessanti, divertenti e profonde del passato, e un ritorno è atteso da molti con grande ansia. In questo contesto, il venire a conoscenza che non si sarebbe trattato di un nuovo capitolo dell'avventura di Raziel e Kain, ma di un prodotto a sé, sebbene collegato per setting e narrativa, potrebbe aver deluso i più. C'è da dire però che il mercato dei titoli competitivi Free to Play è in ascesa, e dev'essere stato proprio l'interesse di inserirsi in questo settore a far propendere Square Enix alla realizzazione di Nosgoth, titolo dal gameplay piuttosto classico, ma in un contesto PvP che non ci saremmo aspettati.

    Qualora aveste dubbi in merito, fugiamoli immediatamente: Nosgoth non è un MOBA, né tantomeno un MMO. Pubblicato da Square Enix, il titolo di Psyonix ha piuttosto meccaniche simili a quelle dei più noti RPG, trasposte nel contesto del PvP competitivo online. Nosgoth offre infatti arene di gioco dallo spazio relativamente limitato nelle quali, mantenendo il controllo di un singolo personaggio in terza persona, si affrontano avversari umani o controllati dalla CPU in battaglie all'ultima uccisione, facendo uso di sistema di controllo, inquadrature e modalità di cast oltre che di attacco, similari a quelle di buona parte degli RPG in commercio. La sfida alla quale prendere parte vede protagonista l'eterno scontro tra uomini e vampiri, uno tra i face-off più iconici che libri, film e videogiochi abbiano raccontato. Dal lato degli umani potremo fare affidamento su Hunter, Scout o Alchemist, mentre i vampiri si divideranno in Reaper, Tyrant e Sentinel. Ciascuno degli archetipi si è dimostrato differente dagli altri, con caratteristiche fisiche ed abilità ben distinte. Se i Reaper puntano infatti su agilità estrema e attacchi improvvisi per portare a casa la cena, i Tyrant ricorderanno molto più da vicino lo stereotipo di mostro gigantesco, forzuto e lento, ma capace di cariche terribilmente dannose. La sentinella, dal canto suo, può spiccare il volo per tenere sott'occhio l'intera area di gioco, combinando questa abilità a picchiate contro i nemici. Sul versante umano, la diversificazione di stili è altresì presente, sebbene in maniera meno netta rispetto a quella vampirica.  Gli Hunter sono provetti cacciatori che utilizzano perlopiù balestre, trappole ed esplosivi, gli Scout fanno invece soprattutto uso di archi a lunga gittata ed abilità a supporto per attaccare dalla distanza, mentre gli Alchemist mostrano le loro capacità attraverso l'uso di skill come bombe di luce o veleni, e a colpi di cannone. Tramite lo shop presente nel menù principale, sarà possibile acquistare in via definitiva, oppure noleggiare per una settimana ad un costo inferiore, armamenti e skill migliori, sia con credito di gioco che con soldi reali. La scelta è interessante, anche se per ora non s'è dimostrata particolarmente varia.
    Sfide all'ultimo... sangue
    Come accennavamo, sistema di controllo e stile di gameplay in generale si rifanno direttamente ai canoni del genere RPG. L'inquadratura sarà quindi sempre inchiodata alle spalle del proprio personaggio e, spostandoci con la classica combinazione WASD, ci muoveremo per la mappa, accelerando la velocità di corsa con la pressione di Shift - funzione che permette di arrampicarsi su parenti verticali scalandole automaticamente - e attaccando con mosse base o skills attraverso un mix di mouse e tastiera. In merito alle skills, premessa la buona impressione generale sul versante armamenti e poteri testati, per determinare l'effettiva profondità del sistema di customizzazione presente sarà necessario rivalutare queste peculiarità, approfondendole in sede di review. Allo stato attuale alcune di esse ci sono sembrate fin troppo di difficile utilizzo. E' da registrare, in ogni caso, che i gruppi con i quali abbiamo avuto occasione di giocare non applicavano tattiche di alcun tipo, fattore che invece, soprattutto quando si utilizzano i vampiri, diviene fondamentale per sopperire alla maggiore gittata e potenza di fuoco degli umani, più di quanto le semplici abilità soprannaturali possano fare.
    C'è molto da fare
    Durante quella che è stata la nostra esperienza di gioco della fase alpha del titolo, abbiamo notato diversi elementi positivi sul versante gameplay, dalla possibilità di divertirsi da subito senza una curva d'ingresso eccessivamente ripida, a quello che c'è parso un buon bilanciamento tra le due fazioni, e delle rispettive tre classi al loro interno. Ci ha convinti meno il versante tecnico, che riteniamo debba ancora essere limato abbondantemente. Pur non mostrando meraviglie su schermo, il titolo si dimostra infatti piuttosto pesante in questa fase di sviluppo, eccessivamente, per un gioco dalle dimensioni limitate e un numero massimo di otto giocatori. Parliamo di rallentamenti molto evidenti, riscontrati a 1920x1080 su PC in grado di far girare MMO di ambito RPG graficamente stimolanti e dai territori vasti come Final Fantasy XIV A Realm Returns, o di MMO dall'azione più veloce come Warthunder o World of Warplanes a risoluzioni similari. Fatto salvo per la pesantezza, già da ora è apprezzabile la resa visiva non particolarmente elaborata ma che mostra i dettagli sufficienti a dare il giusto coinvolgimento senza andare eccessivamente per il sottile. L'ottimizzazione arriverà, o almeno è quello su cui suggeriremmo di concentrare particolare sforzo, al pari di quello da profondere in tema di bilanciamento: vista la natura free to play del titolo, che ambisce ad essere giocabile da una platea più ampia possibile, una maggiore leggerezza dell'intero motore di gioco non solo è auspicabile, ma fondamentale.

Broken Age

  • Genere:Avventura grafica

  • Sviluppatore:Double Fine

  • Data uscita:Gennaio 2014

     

    Kickstarter è un castello interamente costruito sulla fiducia. Tu proponi un progetto ai tuoi fan chiedendo dei soldi per poterlo completare, e loro decidono di fidarsi ciecamente di te investendo il loro denaro in qualcosa che, spessissimo, è ancora allo stato embrionale. 
    Quando sono piccoli sviluppatori poco noti a trionfare in questo modo, questo tipo di Crowdfunding è splendido, a tutti gli effetti una nuova strada separata dalla comune distribuzione per creare giochi poco commerciali e atipici, dotati della forza per lanciare minuscole realtà con più talento di molte grandi case. Va però detto che anche questa forma di supporto è influenzata dalla notorietà e che se da una parte tanti ce la fanno esclusivamente grazie alla loro genialità, dall’altra un grosso nome smuove più denaro di qualunque concept originale. 
    Si tratta di una cosa ovvia dopotutto: affidare i propri sudati soldoni a creatori leggendari è considerato una sorta di garanzia anticipata. I punti oscuri iniziano però a palesarsi quando questi sviluppatori tradiscono l’incrollabile fiducia dei fan sfruttandone male il supporto, e se a farlo è uno come Tim Schafer, l’intero castello inizia a barcollare per il colpo. 
    Il buon Tim aveva promesso una cosa molto semplice ai suoi backers: un’avventura punta e clicca vecchio stile, di quelle all’altezza dei grandi titoli del passato. Dopo aver ricevuto un milione e passa di dollari si è però reso conto di aver calcolato male i costi del progetto e ha deciso di dividerlo in due parti, per poi correre ai ripari dinnanzi alla furia inarrestabile dei giocatori e annunciare che il secondo atto sarebbe arrivato gratuitamente a tutti i possessori del primo.   
    Un errore di calcolo del genere non se lo aspettava nessuno da un veterano dell’industria, cosa che ha fatto nascere qualche sospetto sull’effettiva bontà del titolo, nonostante le indubbie qualità dei Double Fine e di Schafer in persona. Dunque oggi siamo qui, un paio di giorni dopo la release ufficiale dell’attesissimo Broken Age ai backers, e qualche magagna con gli embarghi tra la stampa internazionale, per dirvi se è ancora il caso di credere alle parole di un uomo che ha fatto la storia delle avventure punta e clicca, e se da Kickstarter è spuntato veramente un gioco all’altezza dei classici della defunta Lucasarts.
    La risposta, in verità, non poteva essere che positiva.
    Shay è un ragazzo rinchiuso in una nave spaziale. Rinchiuso, non residente. Non fatevi ingannare dal materno computer di bordo, dai giochi in cui viene continuamente coinvolto, o dal fatto che il giovane è costantemente servito e riverito. La sua è la vita di un recluso, un uomo importante per qualche oscura motivazione, a cui non viene in alcun modo permesso di mettersi in pericolo, un’esistenza vuota costretta a rivivere ogni giorno la stessa routine, scimmiottando le imprese di un capitano spaziale. Shay è stanco, e stanca quanto lui è Vella, una fanciulla apparentemente immune alla paura che sta per essere sacrificata a un enorme mostro fluttuante di nome Mog Chotra. Si trattasse di un comune sacrificio ci sarebbe poco da fare se non maledire il suo fato amaro, ma Vella si trova in una situazione ben più assurda: un mondo dove i sacrifici di giovani donne sono la norma ogni tot anni e il “pasto” di Mog Chotra viene accolto come una sorta di festività, dove le prescelte sono educate per essere felici e onorate del sacrificio, e dove persino i famigliari delle vittime gioiscono per l’occasione. 
    Questi sono i protagonisti di Broken Age, due personalità che hanno poco o nulla in comune, a parte il fatto di essere prigionieri di un crudele destino e di desiderare ardentemente una via d’uscita. A voi, come è giusto che sia, spetterà trovarla, sfuggendo al temibile Mog nei panni di Vella, e cercando di scoprire i segreti della nave su cui si trova Shay.
    Nel caso non l’abbiate notato, è una premessa ben più malinconica di quelle a cui Schafer ci ha abituato in passato, ma non temete, non è un’avventura drammatica. Broken Age è un gioco ricchissimo di assurdità e situazioni divertenti, semplicemente non aspettatevi battute costanti o un forte umorismo demenziale. I Double Fine hanno giostrato le risate in modo più sottile questa volta, ed estremamente adeguato all’incredibile nuovo mondo che hanno creato. Non vogliamo rivelarvi alcun dettaglio sulla trama, ma non possiamo esimerci dall’elogiare le ambientazioni di Broken Age, che riesce in poco tempo a delineare un Background vibrante, ricco di misteri e di personaggi indimenticabili, e lo fa con una semplicità magistrale. 
    Proprio la semplicità è il cardine dell’intera produzione. I backers avevano chiesto un’avventura “vecchio stile” e la software house li ha ascoltati. Tutto è il più classico possibile, con un menu dedicato agli oggetti raccolti e una semplice struttura punta e clicca. Schafer però è una vecchia volpe, e anche con questi pochi strumenti ha usato buona parte dei trucchi del mestiere. Non vi sono livelli di pensiero laterale come quelli visti in Monkey Island, ma sappiate che troverete un po’ di tutto, da enigmi logici a momenti in cui sarà necessario combinare strumenti nell’inventario per proseguire, passando per opzioni di dialogo obbligate per la risoluzione di un problema, oggetti il cui vero scopo si rivela solo un po’ più in là, e altre chicche che vi costringeranno bene o male a spremere le meningi. Non è un gioco difficile, tutt’altro, eppure vi farà pensare costantemente, ed è una caratteristica che non tutti i titoli di questo genere possiedono. A voler individuare un difetto, abbiamo trovato la parte dedicata a Shay molto più intuitiva e facilotta di quella di Vella, ma va detto che entrambe sono ispirate e diversificate quel tanto che basta a mantenere una certa freschezza da un protagonista all’altra.
    Non è certo comunque il gameplay a fare una grande avventura grafica, ed è quindi sulle personalità e sui dialoghi che Tim Schafer ci ha messo veramente del suo. Broken Age è un’opera scritta alla grande, con personaggi caratterizzati alla perfezione anche con una manciata di linee di dialogo, e risate più contenute in favore di una trama più elaborata e interessante. Il leader di Double Fine ha indubbiamente raggiunto da tempo una certa maturità artistica, se non comportamentale, e lo ha dimostrato senza possibilità di appello in questo suo ultimo lavoro, costruendo pezzo dopo pezzo una narrativa elaborata e avvincente, la cui unica debolezza è il fatto di fermarsi a metà con un cliffhanger di quelli veramente infami e inaspettati, che vi lascerà con la bava alla bocca per il secondo capitolo.
    Artisticamente siamo davanti a punte di eccellenza simili, ed è in gran parte merito dello stile unico dei disegni. Il gioco è quasi dipinto e completamente bidimensionale, con personaggi tratteggiati magnificamente e ambientazioni tanto colorite quanto singolari. Il motore mostra qualche debolezza nelle inquadrature ravvicinate, dove si nota il dettaglio non stratosferico di alcune locazioni, o in qualche sporadico bug visivo, ma sono pochezze di fronte alla bellezza complessiva del progetto. L’audio poi è il fiore all’occhiello della produzione, poiché i Double Fine hanno potuto contare su talenti di altissimo livello per dare vita ai propri personaggi, tra cui gente come Elijah Wood e Jack Black, giusto per citarne alcuni.
    La longevità è l’unico reale difetto di questo titolo. Sappiamo che si tratta di un primo atto, ma dalle parole di Schafer ci aspettavamo un’avventura ben più titanica e invece siamo riusciti a concluderla in meno di quattro ore. 

venerdì 17 gennaio 2014

The Banner Saga


  • Genere:Gioco di ruolo

  • Sviluppatore:Stoic Games

  • Data uscita:14 gennaio 2014

     

    Con il proliferare degli studi indipendenti, ora i videogiochi hanno due anime: una prettamente commerciale e dedita ad ottenere grandi cifre, e una libera dalle catene di produttori e distributori, dove gli sviluppatori cercano di creare i titoli che hanno sempre sognato, anche se con risorse limitate. 
    Se la prima faccia del gaming inizia a mostrare rughe molto profonde, la seconda sta invece diventando sempre più importante, grazie al supporto diretto dei videogiocatori e alle varie piattaforme di crowdfunding. Nel 2014 in particolare i titoli indie in arrivo dalle grandi potenzialità non sembrano mancare, e molti di questi sembrano voler dimostrare che la cosa più importante, nella creazione di un videogioco, è la creatività.
    Tra quelli più attesi c’è senza dubbio The Banner Saga, un curioso progetto di tre ex sviluppatori Bioware, con uno splendido stile grafico ispirato ai film Disney inserito in un’ambientazione dark, e il supporto del bravissimo Austin Wintory alla musica (se non sapete di chi si tratti, andate ad ascoltarvi la colonna sonora di Journey, tra le tante). Basi solide come il marmo per un gioco, ma saranno bastate a supportare il primo vero capolavoro di quest’anno? 
    Gli dei sono morti, il sole si è spento, e solo il freddo rimane ad accompagnare le carovane attorno a cui ruota la trama di The Banner Saga. Non è difficile rendersi conto che l’ambientazione del titolo di Stoic è ben lontana dai fatati mondi a cui si ispira artisticamente. 
    In questo luogo gelido dove enormi vichinghi cornuti chiamati Varl convivono con gli umani, e terrificanti creature in armatura note come Dredge sono tornate ad essere una minaccia dopo anni di calma, osserverete la storia di Rook e di sua figlia Alette, durante una pericolosa fuga verso la salvezza. Una narrativa ben più complessa di quanto appare, ve lo assicuriamo, poiché avanzando per le desolate lande del gioco dovrete prendere numerose dure decisioni che modificheranno sensibilmente l’avanzare della trama.
    Non sono scelte superficiali, qui si è alla guida di un gruppo disperato di persone, e un errore di valutazione può facilmente portare alla morte di qualcuno, anche tra i personaggi principali. Il lavoro fatto da Stoic in questo campo è brillante, cattura il giocatore e lo mette continuamente di fronte alla cruda realtà, in un mondo che forse sta finendo e dove non c’è più spazio per l’ingenuità.
    A questa intricata rete di storie si ricollega la necessità di mantenere in vita il proprio caravan, acquistando o raccogliendo risorse dai pochi villaggi ancora abitati sparsi per la lunga via, e decidendo a chi permettere di unirsi al proprio gruppo e a chi no. Il numero generale di sopravvissuti non sembra avere grande influenza sulle battaglie effettive, che coinvolgono solo i personaggi principali, ma sottolinea ancor di più la difficoltà della situazione, portando il giocatore ad affezionarsi al suo sfortunato gruppo di compagni. 
    Certo, anche questa complessa narrativa ha delle problematiche, alcune scelte sembrano fortemente pilotate, e la conclusione (che peraltro può variare, visto che non mancano i finali multipli) è tutt’altro che perfetta. Problemi o no, comunque, ci sentiamo di promuovere il titolo a pieni voti per quanto riguarda questo aspetto.
    L’elemento dove purtroppo gli Stoic sono un po’ cascati è, paradossalmente, il gameplay. The Banner Saga è un gdr tattico, con una struttura a turni che ricorda alla lontana quella dei Final Fantasy Tactics. Si combatte in mappe chiuse, dove è necessario calcolare con attenzione il posizionamento dei propri guerrieri e sfruttare al meglio le abilità delle varie classi disponibili. 
    Ecco, fin qui tutto benone, la struttura regge degnamente, gli scontri sono abbastanza impegnativi, e ci sono anche alcune idee interessanti nell’insieme. Pensate, ad esempio, che praticamente tutti gli avversari hanno due valori difensivi separati tra punti forza e armatura, e che molti di essi sono quasi immuni ai danni se prima non si spezza un po’ della loro corazza. Siamo però davanti a una di quelle idee che si trascinano dietro alcuni difetti: con il calo della forza, infatti, calano notevolmente i punti d’attacco, cosa che rende il danno dei personaggi quasi nullo dopo qualche mazzata presa se non si sfrutta un valore consumabile chiamato “forza di volontà”, spesso indispensabile per fare danni seri a nemici troppo corazzati a inizio scontro. Tale formula porta quindi il giocatore a spostarsi in modo che il nemico non possa raggiungerlo durante il suo turno, per poi cercare di fare più danni possibili il più rapidamente possibile così da partire con un sensibile vantaggio. 
    Non che non ci voglia strategia a fare tutto ciò, ma mancano altri fattori significativi, che avrebbero sensibilmente migliorato l’esperienza. Il posizionamento ravvicinato è insignificante per fare più o meno danni ai nemici, e torna utile solo quando si usano classi che aumentano passivamente l’armatura se affiancate a degli alleati. A loro volta, i nemici non saltano mai i turni, quindi anche eliminare un avversario prima che tocchi a lui muoversi non fa altro che passare la palla a un suo compagno, magari in una posizione più pericolosa. Diventa rapidamente la norma indebolire gli ostili piuttosto che eliminarli, insomma.
    Prendete in considerazione pure l’assenza di classi personalizzabili, con eroi che vengono offerti al giocatore durante la campagna, uno sviluppo limitato degli stessi con singoli oggetti equipaggiabili e un numero limitato di statistiche, e una varietà piuttosto scarsa di nemici, e otterrete un gameplay che è sì divertente, ma non all’altezza dei migliori esponenti di questo genere.  
    Se la divisione dei compiti tra gestione della carovana e battaglie risulta solo discretamente in grado di incollare il giocatore allo schermo, non si può dire lo stesso del comparto artistico. Questo è uno di quei giochi che va semplicemente fissato per alcuni minuti, e riesce a ottenere questo risultato senza motori grafici all’avanguardia o esagerazioni tecniche. The Banner Saga è bello, splendido a tratti, con i suoi personaggi finemente disegnati e le sue ambientazioni nordiche ispiratissime. Si avanza molto lentamente per il mondo di gioco, ma la cosa non pesa più di tanto, stregati dalla trama e dalle splendide viste offerte. 
    La musica, dal canto suo, non fa altro che migliorare ulteriormente l’esperienza, e le melodie di Wintory sono perfette dal primo all’ultimo secondo. Non c’è doppiaggio in questo titolo esclusi rari filmati d'intermezzo, ma è una mancanza da poco quando il colpo d’occhio e le melodie offerte sono di questo livello. 
    Se speravate in un’epica capace di impegnarvi per settimane dobbiamo sfortunatamente tarparvi le ali. The Banner Saga dura circa 7 ore, anche se va detto che, vista la sua natura ramificata, si tratta di un prodotto rigiocabilissimo.

Tridek Creatures of Galena

  • Genere:Gioco di ruolo

  • Sviluppatore:Bit Barons

  • Data uscita:Aprile 2014

     

    In molti sono cresciuti con giochi di carte come Magic: the Gathering. Se avete nostalgia di quei momenti, allora apprezzerete sicuramente Tridek - Creatures of Galena, un gioco di carte collezionabili completamente digitale presto disponibile gratis per PC, iOS e Android.  Già dalla finestra di gioco su PC si nota subito che è stato pensato principalmente per mobile, ed è qui che in tutta probabilità troverà maggiore forza e spazio. Le modalità di interazione sono indubbiamente pensate per un touchscreen, in particolare per quello di un tablet. Le meccaniche di gioco e di selezione prevedono spesso il trascinamento di una carta su un’altra nello schermo: questo meccanismo - pur senza essere scomodo su PC - trova sicuramente un terreno più adatto su uno spazioso schermo tattile.
    Il titolo si distingue per una vasta moltitudine di carte dai disegni curati, già in questa fase beta. Le meccaniche di gioco sono particolari, tanto da rappresentare un buon anello di congiunzione tra i vecchi giochi di trading cards e qualcosa di nuovo. L’elemento innovativo è dato dal sistema di attivazione delle carte, basato sulle risorse. Il giocatore ha infatti a disposizione tre tipi di risorse, costituiti da cristalli divisi per colore (rosso, blu e verde) e ogni giocatore comincerà ogni partita con tre cristalli per tipo. Ogni carta ha un costo di attivazione che aumenterà la quantità di un cristallo e ne abbasserà quella di un altro: il giocatore dovrà perciò prestare attenzione a bilanciare le risorse sia in fase di gioco, sia soprattutto durante la costruzione del mazzo.
    Il gioco si articola su tre tipi di carte: mostro, potenziamento (hack) e supporto. Le carte sono leggibili con facilità: ogni carta mostro riporta in basso un valore di attacco (ATK) e difesa (Res).  Al centro troviamo una breve descrizione della carta e del suo eventuale effetto. In alto troviamo un costo di attivazione indicato da delle freccette colorate in alto a sinistra: queste indicheranno quale cristallo aumenterà e quale diminuirà. In alto a destra invece troviamo un numero in un riquadro: indica i punti vittoria della carta (PV).  Per facilitare la comprensione delle carte durante un duello, l’anteprima dei mostri presenterà un piccolo punto esclamativo sul lato per segnalare che quella carta è dotata di qualche effetto speciale.  Per controllare sarà sufficiente selezionarla e si aprirà una finestra che mostrerà la carta ingrandita al centro dello schermo.
    Gli Hack sono carte che permettono di potenziare i nostri mostri o indebolire quelli degli altri. Anch’esse hanno un costo di attivazione e riportano la descrizione dell’effetto nella medesima sezione. Le carte Hack seguono una semplice regola: possono essere assegnati solo due potenziamenti per mostro. Inoltre,molte di queste carte sono equipaggiabili solo a mostri di un certo tipo: questo aiuta a caratterizzare meglio il mazzo.
    Le carte supporto, infine, sono estremamente utili e possono ribaltare il corso della battaglia. Esse funzionano esattamente come le altre, ma hanno la particolarità di poter essere calate coperte, in tre specifici slot, alla fine del turno; in questo modo sarà possibile utilizzarle anche durante il turno dell’avversario. Mettiamo caso che la nostra carta potenzi un mostro con +10 punti di ATK: sfoderare la carta al momento giusto potrebbe risolvere il combattimento a nostro vantaggio. Non tutte le carte supporto possono però essere utilizzate in questa maniera: su ogni carta in alto a destra è presente un simbolo che ci comunicherà questa informazione.
    Il gioco si articola in varie fasi: pesca, fase pre-combattimento, combattimento, fase post-combattimento,  block slot step e conclusione del turno. Alla fine della fase di pesca il giocatore potrà scegliere se saltare il turno o meno. Saltando il turno otterrà una ricompensa a scelta: una carta in più, oppure un cristallo extra di uno dei colori. Questa può rivelarsi una strategia risolutiva o un ottimo ripiego nelle situazioni di difficoltà. Nelle fasi pre e post combattimento sarà possibile organizzare i propri mostri e giocare le proprie carte supporto e hack. Solitamente, sarà possibile giocare solo un mostro per turno; tuttavia, se uno dei due giocatori dovesse avere in campo più mostri, il secondo giocatore potrà giocarne tanti quanti ne servono per riequilibrare la situazione. Ammesso che riesca a bilanciare tutti i cristalli.  Nell’ultima fase del turno (block slot step) sarà possibile mettere coperte le carte supporto. 
    Il campo di gioco e diviso in due, la metà di ogni giocatore è organizzata in due linee composte da tre slot ciascuna. Ognuno di questi slot ospiterà una delle nostre creature. La linea superiore è quella di attacco (ATK row) e quella inferiore è quella di difesa (RES row). Sulla destra troviamo il conteggio dei nostri cristalli e gli slot per le carte supporto coperte, sulla sinistra abbiamo il nostro mazzo e la pila degli scarti.
    I mostri posti nella linea di attacco potranno attaccare ma saranno anche i primi a difendere. Le nostre creature, infatti, non potranno attaccare quelle avversarie posizionate nella linea di difesa se prima non avranno annientato tutte le altre. È inoltre possibile far slittare le creature da una riga all’altra al di fuori del combattimento, nel proprio turno.
    Le nostre carte mostro utilizzeranno solo uno dei due punteggi di cui dispongono secondo la linea in cui si trovano, ATK o RES. Durante il combattimento le carte confronteranno i loro punteggi: quello più alto sarà il vincitore, quello più basso verrà distrutto e scartato.
    La creatura che attacca un mostro nella linea difensiva dovrà però superare con il suo punteggio di ATK quello di RES dell’avversario (ATK > RES). 
    Al termine del combattimento il giocatore vincitore otterrà i punti vittoria indicati nella carta mostro utilizzata. I mostri che vincono un duello con un avversario nella linea di difesa ottengono solo la metà dei PV; essi possono anche attaccare direttamente l’avversario, nel caso questi non disponga più di mostri in campo. In questo caso, riceverà tutti i punti vittoria. Il primo giocatore che raggiungerà i 30 PV sarà dichiarato vincitore.
    Quanto descritto poco sopra potrebbe sembrarvi indecifrabile. In realtà, una volta comprese le dinamiche spiegate da un ottimo tutorial iniziale, potremo subito scegliere il mazzo con cui cominciare la nostra partita e lanciarci nel gioco senza troppe difficoltà. La scelta ruoterà attorno a tre mazzi di tipo diverso: Avian, Flora, Aqua. Sarà quindi possibile affrontare una lunga campagna con una serie di duelli di difficoltà crescente o disputare una partita veloce contro il computer. Il gioco permette anche di sfidare altri utenti nella modalità online. La sezione online è forse l’aspetto più interessante: il giocatore potrà sfidare in tempo reale un avversario casuale o giocare con gli amici. Se preferisce può anche confrontarsi con i migliori in veri e propri tornei. L’esito degli incontri modificherà il suo punteggio ELO e sarà di conseguenza posto in una graduatoria. Alla fine di ogni duello guadagneremo anche dei crediti che potremo spendere nel negozio online per acquistare nuovi mazzi o bustine con cui migliorare la nostra collezione di carte. 
    A questo punto, però, veniamo al nodo gordiano dell'intero gioco: i crediti possono essere acquistati tramite valuta reale. Questo aspetto potrebbe compromettere il successo di Tridek - Creatures of Galena trasformandolo, anche solo agli occhi dei potenziali giocatori, in uno dei tanti pay-to-win disprezzati dalla maggioranza. Staremo a vedere come i produttori gestiranno la situazione nel momento in cui sarà rilasciato. Per il momento, la sensazione è quella di una modesta perplessità.
    Ad ogni modo, la sezione dedicata alla modifica del mazzo è molto comoda. Ci saranno principalmente due finestre, una da cui sarà possibile vedere il nostro mazzo e una complessiva di tutte le carte che possediamo dalla quale potremo scegliere quelle più adatte da inserire. Per aggiungere o togliere le carte sarà sufficiente trascinare all’interno dell’apposita finestra quella selezionata. Avremo a disposizione anche un preziosissimo counter che ci aiuterà a tenere ben bilanciati i nostri cristalli all’interno del mazzo.

lunedì 13 gennaio 2014

Metal Gear Rising


  • Genere:Azione

  • Sviluppatore:Platinum Games

  • Data uscita:9 gennaio 2014 

     

    Forse smossi dal notevole successo di Dark Souls dopo l’approdo su Steam, gli sviluppatori  nipponici stanno finalmente  aprendo la loro mente al difficile mondo dei titoli per computer, e sono sempre di più i port richiesti a gran voce dal pubblico del mouse e della tastiera che vedono la luce. 
    Parliamo tuttavia di studi che si sono storicamente sempre concentrati sulle console, e che quindi raramente riescono nel duro compito di ottimizzare e perfezionare a dovere le loro opere per la nuova piattaforma. Lo stesso port di Dark Souls è tra i peggiori che abbiamo mai visto e, nonostante la qualità altissima del gioco in sé, ci sono volute un po’ di mod ben calcolate a rendere l’esperienza degna delle aspettative del nuovo pubblico.
    Il port che trattiamo oggi è particolarmente importante, poiché si tratta del primo titolo di Platinum Games ad arrivare su Steam. La casa, che vanta tra i suoi membri mostri sacri del livello di Kamiya, è una delle poche ad avere il coraggio di puntare sempre su titoli innovativi e originali nella terra del sol levante, e questa natura da “cavallo pazzo” l’ha portata a divenire una tra le più amate dalla critica e dai videogiocatori di vecchia data. Le lande sconfinate di Steam sarebbero un bel posto per far prosperare ulteriormente questo abilissimo gruppo di programmatori, ma gli uomini di platino saranno abbastanza preparati da stupire anche su PC?
    Abbiamo provato Metal Gear Rising: Revengeance nella sua nuova veste, e ora siamo pronti a dirvelo.
    Ci concentreremo dunque sullo schema di controlli di questa versione e sul comparto tecnico, tentando di valutare al meglio la resa di Rising sulle varie configurazioni.
    L’avventura di Raiden, innanzitutto, non è un action hack ‘n’ slash comune: pur contenendo combinazioni multiple, azione adrenalinica e numerose tipologie di attacco, fa ruotare il suo sistema di combattimento quasi totalmente attorno a una singola manovra difensiva, una parata direzionale molto precisa che offre una finestra temporale ampia per rispondere ai colpi degli avversari. Tale parry garantisce persino una contromossa istantanea se utilizzata all’ultimo momento, o può rendere vulnerabile un nemico e dare il via a uno Zandatsu, una spettacolare esecuzione che permette al protagonista di fare a pezzi qualunque oppositore durante una speciale modalità con visuale più ravvicinata nota come Blade Mode. 
    Se si considera che entrambe le manovre richiedono una certa precisione e un orientamento preciso, si intuisce immediatamente come siano dipendenti dalle levette analogiche di un pad. Noi eravamo però curiosi di vedere come gli sviluppatori avrebbero traslato il tutto su tastiera. La risposta è stata la più ovvia, e i Platinum hanno usato una combinazione di controllo con il mouse e i direzionali WASD per rendere la parata efficace anche in mancanza di un gamepad (peraltro sembra che un gran numero di pad non siano compatibili con il port, quindi fate attenzione), riuscendo ad offrire un sistema di controllo rispettabilissimo, seppur per ovvie ragioni meno intuitivo di quello originale.
    C’è solo un piccolo problema, che tanto piccolo in realtà non è. Riprendendo il sistema di controllo dalle console, lo spostamento della visuale tramite mouse simula parzialmente le movenze degli analogici, e così facendo mantiene un’accelerazione interna, che porta i cambi direzionali ad avvenire in leggero ritardo e con precisione limitata. Il difetto non è marcato come nella succitata versione PC di Dark Souls, dove senza mod correttive il controllo senza pad era incredibilmente irritante, ma è comunque fastidioso, e davvero non riusciamo a capire perché continui a comparire. 
    Alzata la sensibilità, ad ogni modo, siamo riusciti ad avanzare senza troppi problemi, e ci sentiamo di applaudire la mappatura dei comandi scelta dai Platinum, che risulta adeguata e funzionale.
    Passando al comparto tecnico, è impossibile non notare altre dimostrazioni dell’inesperienza del team nel campo dei port di questo tipo. La risoluzione, ad esempio, non supera i 1080p, e se pertanto fate parte della minuscola percentuale che può godersi i videogame alla maestosa risoluzione di 2560x1440 dovrete accontentarvi di un bel 1920x1080 in 16:9. Gli sviluppatori dovrebbero essere al lavoro su una patch correttiva per questa mancanza, e hanno già rilasciato un fix rapidissimo dopo aver scoperto che il titolo non funzionava in assenza di una connessione internet, ma attendiamo di vedere con i nostri occhi la riuscita dell’operazione.
    Il frame rate sembra a sua volta presentare qualche problematica, anche se soltanto su alcune configurazioni. Se giocato in fullscreen, difatti, Rising si blocca a 30 fps su certi computer, cosa assurda, visto che in finestra alla stessa risoluzione viaggia a 60 frame al secondo senza sbalzi di sorta. Scaricare driver aggiornati o utilizzare programmi esterni per far sparire i bordi della finestra consente di eliminare pure questa magagna in molti casi.
    Più che buoni infine i settaggi grafici, che oltre a permettere di settare l'Antialiasing e il filtro Anisotropico, consentono di diminuire il numero di pezzi in cui si possono tagliare i nemici durante il Blade Mode e il loro tempo di permanenza su schermo. Può sembrare robetta, ma in realtà questi due fattori sono piuttosto significativi nella performance del gioco su computer meno potenti, e stabilizzano non poco il frame rate se diminuiti, offrendo una scalabilità che dimostra un bel lavoro di ottimizzazione da parte dei Platinum. Nessun settaggio invece per il campo visivo.
    Il sonoro, prevedibilmente, è rimasto eccezionale, mentre c'è poco da gioire per la qualità dei filmati, alquanto compressi. 

Rust


  • Genere:Action-Adventure

  • Data uscita:11 dicembre 2013

     

    Oggi possiamo finalmente affermarlo: contribuire a progetti ancora in fase di realizzazione si sta dimostrando un concetto d'impatto sul pubblico, più di quanto ci saremmo potuti immaginare solo qualche anno fa. In effetti se qualche tempo addietro ci avessero chiesto di pagare una ventina d'euro, se non di più, per aiutare team non sempre professionisti, a sviluppare le versioni beta o addirittura alpha di un gioco dopo averne visto solo qualche rudimentale screenshot, avremmo probabilmente risposto portando la mano alla bocca tra pollice ed indice, e soffiando forte.
    Dopo aver visto nascere titoli innovativi originali, o rinascere nel caso di remake di prodotti del passato, su piattaforme come Kickstarter o Greenlight, ora siamo mentalmente più aperti a pagare per qualcosa in fase di realizzazione e pubblicato non completo -sia ben chiaro che non ci riferiamo ai giochi venduti a prezzo pieno come finiti, ma pieni di bug cui facciamo, nostro malgrado, da beta testers - un po' per un senso di partecipazione ad un progetto cui crediamo, un po' perché abbiamo avuto dimostrazione di come le realtà indipendenti siano ampiamente in grado di regalare emozioni uniche, e pertanto è quasi un senso “imprenditoriale” a portarci ad acquistare un prodotto ancora da ultimare, prima che questo abbia successo e aumenti di prezzo.
    Quale che sia il motivo che ci spinge a tali acquisti, il dato di fatto è che titoli come Starbound o DayZ, nati dal nulla o da mod di altri giochi, riescono a fare breccia nel cuore dei giocatori e a superare il milione di copie vendute, con buona pace dei grandi produttori, sempre alla ricerca di nuove idee e spesso con risultati criticabili. Simile speranza è certamente nel cuore del team di Facepunch Studio, già noti per quel Garry's Mod che ha fatto impazzire i più accaniti fan del user-generated content, ora impegnati nella realizzazione del loro Rust, titolo che, come moda di questi mesi impone, si basa prettamente sulla necessità di sopravvivere.


    Come primitivi in ambienti post apocalittici. Si, ci sono anche gli zombie.
    Cosa sia successo esattamente alla terra in Rust, non è ancora dato sapersi, ma quanto si può intuire è che un disastro nucleare abbia devastato l'intero globo terracqueo, riportando il genere umano alle sue origini, o quasi. Non è nemmeno chiaro se l'ambientazione mostrata voglia rappresentare l'intera sfera terrestre o se i sopravvissuti, di cui prenderemo i panni, stiano vivendo in un'area delimitata, anche se potremmo osare affermare di essere su un'isola scampata al disastro, se non altro in quanto circondati dal mare in ogni direzione percorribile. Certo è che, diversamente dagli scenari tipici di Fallout o similari, la natura sulla mappa da gioco offerta da Rust sembra aver riconquistato lo spazio che le spettava, e, fatto salvo per alcune aree irradiate, sarà perlopiù un'ambientazione composta da fitta vegetazione e da aree montuose a fare da scenario di gioco. Il giocatore che decide di investire circa 19 euro per contribuire al progetto, si troverà catapultato senza alcuna possibilità di editing del proprio alter ego all'interno della vegetazione, in uno dei punti respawn previsti, privo di guide o tutorial elaborati, e senza oggetti utili diversi da una grossa pietra, una torcia e un medikit. Scopo? Sopravvivere.
    Detta cosi, immaginereste di dover iniziare a cercare quest spostandovi qua e la e parlando con NPC. Invece no: nel mondo di Rust oltre a voi e a tutti gli altri utenti connessi contemporaneamente sul medesimo server, ci sono solo animali comandati da una IA basilare che suggerisce loro di scappare a zampe levate dopo un colpo di pietra, o di inseguirvi se più grossi e aggressivi del giocatore. Parlavamo però di un ambientazione parzialmente colpita da radiazioni, radiazioni che hanno mutato parte della popolazione, trasformandola in aggressivi zombie, infetti, o irradiati, se preferite. Null'altro, fondamentalmente. Niente chiacchiere con personaggi comandati dalla CPU, nessuno che vi chiederà di portare un oggetto chiave da una parte all'altra della mappa.

    A dare senso a Rust, è proprio l'estrema libertà data ai giocatori. Il gioco si limita a suggerire le basi del crafting, dopodiché sta solo all'utente scoprire come utilizzarle per tirare sera vivi, superare la notte senza lasciarci le penne, e ricominciare il ciclo il giorno dopo. La pietra offerta inizialmente si dimostra essenziale in questo senso. Il suo primo utilizzo, con buona probabilità, vedrà una grossa fetta giocatori dedicarla alla difesa personale, dall'attacco di giocatori aggressivi seminudi che hanno anch'essi appena iniziato a giocare e che d'istinto ritengono che eliminare qualunque umano capiti affianco, rubandogli le poche risorse raccolte, sia la soluzione ad ogni problema. Poco più avanti si scopre che colpendo gli alberi è facilmente ottenibile della legna, poi ancora che sbattendola contro grossi massi prestabiliti si guadagnano materiali rocciosi di vario genere, e che camminando accucciati nell'erba colpendo innocui animali di sorpresa si possono ottenere carne e pelli. Quando si avvicinerà la prima nottata, tanto scura da rendere completamente nero lo schermo, si proverà ad accendere una torcia, notando che la sua durata è decisamente breve e inevitabilmente minore rispetto al lungo ciclo della notte. Si sperimenta quindi il primo posizionamento di legna per terra, l'accensione di un fuoco, e magari la cottura della carne raccolta, per ovviare alla fame sempre più pressante, rendendosi altresì conto che vicini al calore si entra in uno stato di comfort utile a ristorare la salute persa. In maniera molto naturale, si scopre dell'esistenza di persone disposte a lanciarvi un po' delle proprie risorse in segno di pace, alcuni dei quali approfitteranno del veder chinato il personaggio per fracassargli il cranio a tradimento, mentre altri invece diventeranno guide serie ed affidabili, dando consigli ed accompagnando i novizi in villaggi dove scoprire che l'unione fa realmente la forza in un ambiente ostile come quello di Rust, e che costruire tutti insieme è meglio che rompere le cose altrui. Oppure al contrario, potrebbero essere bande che approfittano della fatica altrui a tentare il giocatore ad entrare nelle proprie fila, per andare all'attacco di villaggi progrediti, sterminarne la popolazione, magari con archi, asce o persino armi da fuoco ottenute nel corso dei propri progressi nel crafting, per appropriarsi illecitamente di quanto gli abitanti abbiano prodotto. In fondo, non c'è giusto e sbagliato in Rust. Lo scopo, lo ricordiamo, è semplicemente sopravvivere, in un modo o nell'altro, anche perché morire significa perdere tutto quanto si abbia nell'inventario, respawnare a caso sulla mappa di gioco, nuovamente seminudi, con una pietra in mano, una torcia e un medikit. Come ripartire da capo.
    Morire, in Rust, significa praticamente ricominciare da dove si è partiti. Addio a tutto quanto si sia accumulato e alla fatica fatta, ci si ritrova sperduti in una qualche area della mappa mezzi nudi e con l'umore a terra. Unico modo di tutelarsi dalla completa disfatta è essere giunti quantomeno alla costruzione di una propria casupola, inaccessibile a qualsiasi altro giocatore ed indistruttibile, da creare con materiali raccolti e da posizionare dove meglio si preferisce nel mondo di gioco. All'interno della casa, l'ulteriore creazione di un baule di legno consente di avere a disposizione un grosso archivio di oggetti che preserverà il contenuto al suo interno anche in caso di morte. Messi al sicuro i propri averi, la realizzazione di una sorta di sacco a pelo con pelli ottenute dagli animali dà  modo di scegliere una nuova locazione per il respawn in caso di morte, che il buonsenso porta a posizionare all'interno della propria casa, ottenendo cosi un vero e proprio covo. Considerando che tutto quanto vi abbiamo descritto sinora l'abbiamo effettivamente vissuto in una sola sessione di gioco serale della durata di qualche ora, è quasi sbalorditivo come giocatori buttati in una mappa, cui vengono dati pochi ma utili strumenti, riescano a creare situazioni variegate, divertenti, originali ed emozionanti. Rust entra facilmente nel cuore di chi lo prova proprio per queste meccaniche: un sistema di crafting funzionale ed immediato, privo di macchinose operazioni da compiere o complesse quest da portare a termine; la possibilità di decidere di vivere da soli, arrangiandosi a procacciare quanto serva a sopravvivere, oppure di creare gruppi con cui vivere serenamente, o con i quali compiere atti normalmente ritenuti deprecabili, ma che nel contesto di gioco sono tanto leciti quanto quelli universalmente riconosciuti come social-friendly.
    Qualora quanto descritto via stia incuriosendo abbastanza da procedere all'acquisto, è bene che sappiate che la nostra prova non è stata priva di grossissimi problemi, soprattutto legati all'ottimizzazione del motore grafico. Il titolo è stato volutamente provato su un sistema di fascia media, un i3 con 6 GB di ram e scheda video della passata generazione hardware, non un super computer, quindi, ma già capace di far girare più che degnamente titoli del calibro di Metro 2033 o Crysis 1/2. Ebbene, pur mantenendo quasi al minimo i dettagli grafici, la scattosità s'è dimostrata evidente, tanto da obbligarci ad interrompere la sessione di gioco dopo circa sei ore. Il dettaglio più basso, peraltro, fa sì che textures e terreni appaiano e scompaiano furiosamente, con immagini lampeggianti molto fastidiose, soprattutto quando si cerca di camminare abbassati tra i fili d'erba. Su un PC ben più prestante, un i7 con 8 GB di ram e scheda video di fascia medio/alta, abbiamo rivissuto una buona fase del nostro test apprezzando la sparizione totale di tutti i problemi sopracitati, grazie a dettagli grafici impostati ai massimi livelli. Nonostante questo la resa visiva non ha soddisfatto ancora, mostrando comunque una certa pesantezza al fronte di visuali piuttosto semplici. Di qualità sin da subito, invece, sono le luci dinamiche, che rendono piacevole osservare le ambientazioni illuminate da un falò o da una torcia, cosi come attendere l'alba ed il tramonto per osservarne la poesia, tra raggi del sole che vanno celandosi pian piano dietro alle montagne, e una luna piena chiara ma incapace di salvarci dall'oscurità. Il ciclo giorno/notte è presente, accelerato rispetto a quello reale, e vi consente di osservare sole e luna muoversi visibilmente in tempo reale nel cielo, potendo cosi stimare la mancanza all'arrivo della mattina, che normalmente sancisce l'inizio della fase di ricerca e crafting, e della notte, che al contrario è quella nella quale converrebbe, ipoteticamente, ottimizzare la lavorazione di quanto raccolto e il recupero delle energie in aree rese sicure... a meno che il giocatore non preferisca cogliere di sopresa dei malcapitati nel momento di minore difesa.
    Non ci esprimiamo ancora sulle Textures, altalenanti ed evidentemente work in progress, cosi come non lo facciamo per personaggi e zombie,  i primi costituiti tutti da modelli identici rappresentanti uomini dalla pelle chiara, magri, calvi, con solo i pantaloni addosso e animazioni ancora a tratti sconnesse, i secondi da modelli umanoidi con maglietta e pantaloni, ma con una palette di colori tendente al rosso, e un approssimativo campionamento di grugniti. Nella versione definitiva immaginiamo verrà introdotta la possibilità di editare l'aspetto del proprio avatar: a dimostrazione di questo, è già stato annunciato dal team di sviluppo che non mancherà la possibilità di creare anche personaggi femminili... e a questo punto, chissà che la fantasia degli sviluppatori non arrivi, un giorno, a prevedere anche qualche forma di procreazione.