Ethero

mercoledì 30 aprile 2014

Murdered Soul Suspect


  • Sviluppatore:Airtight Games

  • Data uscita:6 giugno 2014

     

    Murdered: Soul Suspect inizia con un colpo di scena incredibile. Il nostro protagonista, Ronan O' Connor, è sulle tracce dell'assassino delle campane, un serial killer che sta gettando nel panico la città di Salem nel Massacchussets, e proprio quando le nostre manette stanno per stringersi ai suoi polsi succede l'irreparabile: l'assassino ci scaglia fuori dalla finestra di un palazzo e l'impatto con la strada sottostante ci è fatale. Il nostro spirito si distacca immediatamente dal freddo corpo disteso sull'asfalto, e da qui inizierà la nostra avventura.
    Il concept originale prende spunto, neanche a dirlo, dal film Ghost e le prime immagini lo ricordano in maniera forse sin troppo marcata. Nel caso aveste visto la pellicola diretta da Jerry Zucker, i richiami paiono infatti molteplici e tutta la sequenza iniziale con lo spirito di Ronan che osserva incredulo il suo stesso cadavere ha rappresentato per noi un vero e proprio deja vu. I sette colpi di pistola che l'assassino delle campane scaglia con violenza nel nostro corpo morente ci riportano però brutalmente al presente, mostrando in realtà una brutalità e una spietatezza davvero distante dalle atmosfere romantiche del film sopracitato.
    Inizieremo così a prendere atto della nostra condizione, a svelare i motivi che ci tengono imprigionati in un limbo che sembra non volerci lasciarci varcare la soglia del riposo eterno, quantomeno fino a quando tutti i conti in sospeso non saranno sistemati.
    Nei primi minuti gli sviluppatori di Airtight Games hanno preso tutto il tempo necessario per far innamorare il giocatore del nuovo protagonista, riuscendoci secondo noi in maniera perfetta. Ogni singolo tatuaggio che copre il corpo di Ronan ci racconta una storia, una vita fatta di gioie, dolori e sofferenze ma anche di redenzione e un'amore interrotto in maniera tanto brusca quanto inaspettata. Compaiono in scena in rapida successione personaggi dal carattere forte pronti ad aiutare il nostro defunto protagonista senza sapere di essere in qualche modo osservati, mostrando aspetti della loro personalità fragili ma anche inaspettati e dando a tutto il contorno di questo Murdered una profondità più che buona.
    In sostanza Murdered: Soul Suspect è una grossa avventura grafica in tre dimensioni, dove esplorazione e risoluzione di enigmi la fanno da padrone. Lo spirito di Ronan manterrà tutte le capacità investigative del suo io terreno e potrà, grazie alla sua forma eterea, gironzolare indisturbato per le scene del crimine raccogliendo informazioni importantissime per la risoluzione dei diversi casi. Non bastasse, il suo intuito da detective e un'acuta intelligenza il nuovo stato non morto ci garantirà altresì poteri sovrannaturali come la possibilità di entrare nella mente e nel corpo delle persone per condizionarne i movimenti ma anche per leggerne il pensiero così da scoprire ulteriori dettagli sugli accadimenti. Una volta recuperate tutte le informazioni essenziali dalle scene si potrà accedere ad una sorta di schematico puzzle game a indovinelli dove evidenziare le risposte fondamentali per arrivare a risolvere i diversi enigmi, uniti dallo stesso identico filo conduttore, quella serie di omicidi che ci continua a perseguitare dall'inizio della storia. Il mondo degli spiriti ovviamente non si limiterà al protagonista, ma interverrà in diversi modi nell'avventura, primo su tutti con sottoquest e missioni secondarie assegnateci da altre anime intrappolate, che andranno ad ampliare la longevità della produzione.
    Ogni singolo edificio e persino le strade, inoltre, nascondono terribili segreti, e in questo setting ogni elemento coinvolto in un omicidio rimane intrappolato nel mondo degli spiriti. Per Ronan sarà dunque impossibile passare attraverso carri del far west presi d'assalto dai banditi in epoche precedenti o auto e mezzi coinvolti in incidenti stradali, elementi posizionati in maniera strategica per imbrigliare il giocatore attraverso passaggi ben definiti e incanalarlo verso una narrazione tutto sommato lineare.
    Tutto quello che Ronan dovrà fare quindi è riassunto in queste brevi righe di testo e la nostra paura è che il gameplay, alla lunga, possa divenire eccessivamente ripetitivo, anche in virtù dell'assenza di reali difficoltà nella risoluzione dei diversi casi. Il gioco è principalmente strutturato intorno all'esplorazione e con la dovuta calma sarà praticamente impossibile perdere qualsivoglia indizio o suggerimento, lasciando solo alla profondità della trama e al suo coinvolgimento sostenere tutta la produzione Square Enix.
    Per quanto abbiamo potuto vedere, la storia è appassionante e finita la demo di circa due ore avevamo tremendamente voglia di scoprire l'evoluzione di una narrazione che stava iniziando a rapirci. Merito di tutto ciò è dovuto ai buoni personaggi secondari incontrati, alcuni dei quali (e senza spoilerarvi troppo) saranno in grado persino di interagire e parlare con noi. A portare un po' di varietà ci pensano alcune sessioni stealth durante le quali demoni "divora fantasmi" faranno la ronda e noi dovremo tentare di passare inosservati o lanciarci alternativamente in mistiche kill silenziose assalendoli alle spalle. Si aggiungono in questo caso diversi elementi, come la possibilità di spaventare i corvi nelle vicinanze per attirare la loro attenzione e la possibilità di vedere attraverso i muri per seguirne i percorsi prima di agire, o ancora la capacità di impossessarsi di gatti e persone per raggiungere luoghi altrimenti inarrivabili. Niente di particolarmente originale in questo senso, ma comunque abbastanza per donare varietà al tutto.
    Le ambientazioni, particolarmente cupe e tetre, nascondono segreti, ogni edificio, ogni casa, ogni ambiente che visiteremo avrà una storia da raccontare sia essa un omicidio efferato o una semplice vita consumata dal passare del tempo. Sono elementi interessanti e che aiutano a mantenere alta l'attenzione del giocatore anche durante i momenti morti, fornendogli sempre qualcosa da vedere, da fare o su cui riflettere. 

Dragon Age Inquisition

  • Genere:Gioco di ruolo

  • Sviluppatore:BioWare

  • Data uscita:9 ottobre 2014

     

    La saga di Dragon Age ha saputo ritagliarsi uno spazio importante all’interno dei giochi di ruolo di stampo occidentale, senza forse andare a impensierire i numeri dei prodotti Bethesda e la qualità dei vari The Witcher, ma potendo comunque contare su una libertà di azione più che buona, una sceneggiatura sempre molto curata - come del resto solito in casa Bioware - e un comparto tecnico all’altezza.
    Tuttavia, questo periodo non è esattamente roseo per Electronic Arts, con i lanci di due blockbuster come Battlefield e Sim City che definire “problematici” sarebbe voler davvero addolcire una situazione che di dolce non ha avuto proprio nulla. Ci si augura quindi che Dragon Age: Inquisition possa essere all’altezza del nome che porta, senza che il publisher vada a metterci lo zampino, anche perché da quanto si è visto fino ad ora il prodotto sembra molto più che valido.
    Dopo due capitoli di successo piuttosto apprezzati da parte della stampa e dagli utenti, il nuovo Dragon Age intende non buttare al vento quanto quanto di buono fatto fino a questo punto, offrendo un more of the same che, quando la qualità c’è, non è necessariamente un male.
    Nella nuova avventura si giocherà giustamente “di ruolo”, e le nostre decisioni impatteranno prima di tutto sull’approccio al gameplay. In una maniera che per tanti aspetti potrebbe ricordare un MMORPG, gli sviluppatori hanno parlato di una enorme libertà lasciata al giocatore in merito alla maniera in cui intenda vivere la propria esperienza. Se infatti i canoni ci dicono di seguire una trama principale e fruire dei contenuti nel modo in cui gli sceneggiatori si aspettano che facciate, Dragon Age: Inquisition sembra non fermarsi a questo, permettendoci ad esempio di concentrarci sul crafting, sul gathering, di andare a caccia di draghi, e naturalmente di procedere attraverso tutta la miriade di sotto quest che faranno parte della produzione.
    Potremo partire da una delle classi disponibili, tre di base, con successive tre specializzazioni (quindi nove opzioni in totale), e per ciascuna di esse Bioware promette un grande bilanciamento, su cui siamo certi che non ci saranno delusioni.
    Al momento in cui scriviamo non sono ancora note tutte le possibili combinazioni, ma sappiamo che la classe melee combattente di base saranno - senza troppa fantasia, ma parliamo pur sempre di Dungeons and Dragons - i Warrior, che potranno specializzarsi in Warrior Champion, a tutti gli effetti la classe tank all’interno della produzione.
    I Mage potranno specializzarsi invece nei Mage Knight Enchanter, che dovrebbero rappresentare dei buffer e ibridi melee, capaci di proteggersi e di proteggere, ma nel contempo di attaccare attraverso l’utilizzo di armi da taglio.
    I Rogue saranno naturalmente i melee leggeri, e potranno specializzarsi nella classe Rogue Artificier. Questa dovrebbe essere un ibrido per certi aspetti simile ai classici Thief o Ranger di altre produzioni, guerrieri capaci di piazzare trappole sul campo di scontro e di avere spesso un ruolo fondamentale a livello strategico quando si affrontano avversari numericamente superiori.
    Il sistema di combattimento dovrebbe permettere, a detta dei developer, un approccio tattico, così come uno più action, a seconda di come vorremo affrontare il gioco. Sarà possibile in particolare distruggere alcuni elementi  sul terreno di scontro e - con alcuni avversari - avremo la possibilità di concentrarci su punti particolari del corpo, in un modo che definire simile a Monster Hunter potrebbe essere eccessivo, ma siamo certi che rende l’idea. L’effetto dovrebbe essere quello di modificare il pattern di attacco degli avversari, in una maniera per certi versi riconducibile alle idee di Dead Space o, se siete abbastanza navigati, di Vagrant Story.
    Naturalmente gli scontri acquisiranno ulteriore tatticismo qualora decidessimo di controllare l’intero party, cosa assolutamente non necessaria, ma possibile per i puristi del genere e per i perfezionisti. La varietà all’interno del gruppo resta comunque garantita, essendo quasi un marchio di fabbrica del franchise. In questo nuovo episodio potremo avere nove personaggi ad accompagnarci nelle avventure, e per ciascuno di essi godremo di notevole libertà all’interno del vestiario. Senza infatti andare ad imporre limitazioni di alcun genere, si è scelto di dare a tutti la possibilità di indossare equip di ogni genere. Immaginiamo che la cosa avrà delle ripercussioni nel gameplay, in quanto un Rogue vestito in armatura pesante non dovrebbe avere la stessa agilità di uno vestito con equip leggero, con parametri che magari andranno a scoraggiare o incoraggiare l’uso di determinati indumenti per classe.
    Parlando di libertà nell’approccio al gaming, fa piacere sapere che anche il fattore ruolistico è stato tenuto in altissima considerazione, e in dipendenza delle nostre scelte avremo la possibilità di assistere a quaranta finali differenti.
    Trattandosi di un numero così elevato è ovvio non doversi aspettare un abisso nelle differenze tra l’uno e l’altro, ma siamo certi che una simile varietà sia al tempo stesso indice di una enorme libertà nelle scelte concesse al giocatore, e di sfumature lievi nel delineare la reale differenza tra decisioni giuste o sbagliate. Ci piace.
    I draghi rivestiranno com’è giusto un ruolo primario, sia all’interno della storia che nel gameplay. Bioware ha sfruttato questo elemento per creare degli scontri entusiasmanti e adrenalinici, che metteranno a dura prova la nostra preparazione tattica, ma anche i nostri nervi saldi. Le enormi creature saranno in grado di sputare fuoco, ma potranno attaccarci anche in molti altri modi. Proprio in questo frangente avrà allora senso sfruttare la profondità del battle system, ad esempio mirando alla coda del mostro per evitargli di usarla a mò di frusta contro il nostro gruppo, o concentrando gli attacchi sulle ali per costringere la bestia al suolo, sfruttando meglio la forza dei nostri melee e minimizzando gli attacchi dall’aria. Le premesse sembrano davvero intriganti.

War of the Vikings

  • Genere:Azione

  • Sviluppatore:Fatshark AB

  • Data uscita:15 aprile 2014

     

    Spiegare in cosa consiste War of the Vikings è un compito estremamente semplice, ancora più facile nel caso in cui conosciate Mount & Blade, Chivalry o, ancora meglio, il sopracitato War of the Roses.
    Tutti i suddetti titoli calano il giocatore nelle vesti di un combattente medievale intento a sbaragliare la fazione avversaria, Sassoni o Vichinghi in questo caso. Gettati brutalmente in arene di medie dimensioni, e dal design non particolarmente ricercato a dire il vero, i giocatori dovranno fare affidamento a tutta la loro abilità e concentrazione per avere la meglio durante battaglie frenetiche e confusionarie, solitamente risolte da uno o due colpi messi a segno al momento giusto. 
    L'auto rigenerazione della vita è infatti un ricordo lontano e per poterci curare dalle ferite subite in campo aperto dovremmo ricorrere a speciali bendaggi, che non solo ci immobilizzeranno per una manciata secondi ma ci renderanno al contempo incredibilmente vulnerabili, aumentando la quantità di danni subiti in quel frangente di tempo. Ad ogni modo sopravvivere a una battaglia è un evento più unico che raro, visto che, una volta arrivati in corpo a corpo con il nostro avversario, uno solo ne uscirà vincitore e fuggire non sarà mai un'opzione. Usare lo sprint in War of the Vikings è un'operazione lenta e ai nostri inseguitori basterà utilizzare un tackle per atterrarci immediatamente e decapitarci con un colpo secco. Ecco allora che i movimenti sul campo di battaglia si fanno compassati, cauti, quasi a voler scorgere prima del tempo i nemici e permetterci di raggiungere posizioni di vantaggio, magari con le spalle appoggiate a un muro per evitare eventuali assalti alla schiena. La superiorità numerica, per come è concepito il sistema di combattimento, diventa elemento cardine per vincere le partite. Il sistema di parata, interamente gestito dal movimento del mouse, consente di spostare la nostra arma o il nostro scudo in una sola direzione, lasciandoci scoperti quindi da attacchi provenienti da più direzioni contemporaneamente. 
    La classe del fante semplice, armato di arma ad una mano e scudo rotondo, ovviamente è quella che meglio si presta a stare in prima linea e assorbire tutte le frecce e le armi a distanza scagliate dalla seconda linea avversaria, mentre i campioni potranno saltare fuori dalle retrovie brandendo lance ed asce per fare a pezzi letteralmente i combattenti nemici. Per entrambe le classi portare un colpo richiede molta attenzione ed ancora una volta tutto è affidato al semplice movimento del mouse. La direzione imposta dal polso guiderà il nostro braccio armato e una barra speciale inizierà a caricarsi per determinare la potenza del fendente. Saremo liberi di decidere se rilasciare in anticipo il nostro colpo, così da poter attaccare più volte e da più direzioni in maniera rapida, o attendere il caricamento completo per scagliare un colpo devastante sulle ossa del nemico. È un sistema di combattimento indubbiamente macchinoso, ma che riesce a ricompensare i giocatori più abili con tanta soddisfazione, aggiungendo al caos delle battaglie tanta strategia nei combattimenti uno contro uno. 
    Oltre alle due classi corpo a corpo fanno la loro comparsa anche gli skirmisher, solitamente arcieri dalla bassa resistenza ma estremamente pericolosi dalla distanza. Le frecce saranno un elemento sempre presente nelle battaglie e combattere allo scoperto o nelle conche significherà attirarsi addosso tutta l'attenzione degli arcieri. Questa classe adotta un sistema di mira molto simile a quello degli fps normali, con la tensione dell'arco indicata dalla stessa barra dei colpi melee ma con uno zoom che permette di colpire con precisione gli avversari. Anche qui però l'abilità è messa in primo piano, dovendo calcolare accuratamente la balistica dei colpi e la velocità di incocco delle frecce.
    Insomma il bilanciamento è apprezzabile, così come apprezzabile è l'abilità richiesta per sopravvivere agli scontri, e il tutto sarebbe veramente notevole se non emergessero prepotenti problemi sulle animazioni e hitbox per nulla precise.
    Lo splendore del combat system si perde quindi quando i colpi non vanno a segno nel modo previsto, quando le braccia dei vichinghi si bloccano in posizioni poco naturali colpendo lo stesso i bersagli e quando le lame non trapassano i corpi come ci si aspetterebbe. La latenza instabile dei server non aiuta e la lag, in un gioco dove precisione e tempismo sono tutto, va a rovinare l'esperienza di gioco. Problemi per l'appunto che avevamo rilevato anche durante la fase di beta, ma che non sono minimamente stati risolti per questa release, pesando come un macigno sulla valutazione finale del prodotto.
    Alle precedenti quattro mappe se ne sono aggiunte altrettante, ma risultano essere ancora poche per un titolo che presenta tre modalità esclusivamente online e nemmeno tra le più originali del panorama competitivo. Il Team Deathmatch e una sorta di Conquista affiancano la modalità arena, un Team Deathmatch senza respawn, ma è davvero troppo poco per intrattenere i giocatori a lungo, e la grave carenza dei giocatori sui server (stiamo parlando di qualche centinaia di giocatori al momento in cui scriviamo) non lascia ben sperare, purtroppo, per il futuro. Un futuro che vedrà aggiornamenti e update gratuiti per i fedelissimi, soprattutto per quanto riguarda personalizzazione dei personaggi, armi e abilità. Le due fazioni infatti non hanno differenze in termini di gameplay e sono speculari anche per quanto riguarda le classi, riducendo il tutto alla mera visualizzazione estetica del proprio soldato. Per ogni battaglia sostenuta i giocatori riceveranno esperienza utile per crescere di livello e sbloccare nello shop equipaggiamenti unici e nuove abilità. Raggiunto il livello 10, dopo due o tre ore di gioco, avrete già sbloccato praticamente tutto quello che il gioco può offrire in termini di gameplay, inclusa la personalizzazione delle classi tramite una ventina di perks passivi che spazieranno dalla possibilità di avere frecce incendiarie per spaccare gli scudi avversari o abilità per recuperare stamina più velocemente e sferrare colpi più potenti. Le personalizzazioni estetiche sono buone e varie, e comprendono volti, armi e barbe, ma anche le provocazioni con il meme del Technoviking a fare da portabandiera. Lo stimolo a continuare a giocare deriva quindi proprio dallo shop presente, esclusivamente basato sulla moneta virtuale, laddove per racimolare tutti gli oggetti presenti vi toccherà spendere decine e decine di ore di gioco.
    Tecnicamente il titolo si difende bene e, ad eccezione delle animazioni legnose, purtroppo elemento davvero importantissimo per questo genere, la visuale in terza persona regala un buon colpo d'occhio. Le armature sono riprodotte fedelmente e le ambientazioni risultano tutto sommato varie e curate, così come il sonoro, apprezzabile soprattutto quando le spade cozzano su elmi e scudi facendo rieccheggiare il clangore della battaglia dalle nostre casse. Non convince del tutto la vegetazione, con texture del fogliame non ai massimi livelli visti su pc, per una produzione solo di poco superiore alla sufficienza.

sabato 26 aprile 2014

Dark Souls II

  • Genere:Gioco di ruolo

  • Sviluppatore:From Software

  • Data uscita:PS3-Xbox 360: 11 Marzo 2014 (US) - 14 Marzo 2014 (EU) - PC: 25 Aprile 2014

     

    Quando uscì Dark Souls, la quasi totalità della community PC pensò all'istante: “questo è il gioco che fa per noi”. La conseguenza diretta fu una petizione con decine di migliaia di firme diretta a Namco e From Software, e la decisione ai piani alti dell'azienda di portare il titolo su computer, visto l'enorme interesse dimostrato. Una scelta furba, poiché ad oggi su Steam il lavoro di From ha superato il milione di copie vendute, ma la storia di Dark Souls sulle lande dorate dei pc non è fatta di sola gioia e meme di Solaire... viene anche ricordata perché si basa su uno dei port peggiori di sempre. Inutile smorzare la cosa, From non è mai stata una software house concentrata sullo sviluppo per computer, e dopo la richiesta il tempo materiale dato alla casa per creare una nuova versione del loro prodotto principale non era molto. Quindi gli sviluppatori nipponici hanno preso il gioco e l'hanno brutalmente trainato sulla piattaforma, con una miriade di problemi indegni tra cui: risoluzione bloccata, cali di frame rate inevitabili indipendentemente dalla configurazione, e accelerazione del mouse. A salvare la baracca, come sempre, ci hanno pensato i modder. Uno in particolare, Durante, ha tirato fuori un fix per la risoluzione nel giro di mezza giornata, e da lì è stato un crescendo. 
    Con Dark Souls 2 Namco e From hanno affermato molte volte di aver imparato la lezione. Forse anche stupiti e lusingati dall'amore dei fan, i nostri stavolta si sono concentrati molto sulla versione PC del gioco, ponendola come primaria e assicurando che sarebbe stata di alta qualità. Noi l'abbiamo finalmente provata, e oggi possiamo dirvi la frase che tutti coloro che hanno preordinato Dark Souls 2 su PC aspettavano. “Sia lodato il sole, abbiamo un port con i fiocchi”
    Oggi non parleremo del gameplay, e della storia nel dettaglio, per una descrizione dettagliata di quegli elementi potete tranquillamente leggere la nostra review precedente. Nel caso non abbiate voglia di farlo, comunque, vi ricordiamo qualche fondamentale. La serie Souls è una delle più punitive viste nell'intero genere dei gdr, e vanta un gameplay action tra i più complessi e riusciti di sempre. La sua difficoltà è leggendaria, e anche se questo capitolo è considerato in generale meno brutale di quanto non fosse Demon's, riuscirà comunque ad ammazzarvi dozzine e dozzine di volte. Su PC la cosa è rimasta invariata, nonostante una patch recente abbia leggermente indebolito alcuni boss, provocando l'astio di certi puristi. Non che sia un problema grave comunque, se volete farvi del male per voi c'è sempre il Patto del Vincitore a Majula, che renderà la difficoltà folle in certi frangenti. 
    Tecnicamente, invece, non esiste protesta che tenga. Si è passati dal disastro del primo Dark Souls a una serie di opzioni grafiche avanzate, settabili a piacere. Volete una lista? Perfetto. In Dark Souls 2 per PC potrete armeggiare con texture in alta definizione, qualità delle ombre, qualità dei riflessi dell'acqua e degli effetti, Motion blur, SSAO, antialiasing, filtro anisotropico, e qualità dei modelli, senza limitazione alcuna per quanto riguarda la risoluzione. Sono un bel po' di setting, e se siete preoccupati della qualità delle texture non avete nulla di cui temere, perché From non ha mentito segnalando che sono in HD. Per avere una prova concreta basta controllare gli asset del gioco, che su Ps3 si aggiravano sui 5 giga, mentre qui si parla di una decina e passa. Più del doppio. Vi sarà comunque sufficiente uno sguardo per rendervi conto di quanto sia migliorato il colpo d'occhio una volta settate le opzioni al massimo: Dark Souls 2 è più bello al naturale di quanto non fosse il suo predecessore completamente moddato.
    L'unico settaggio che non sembra avere alcun effetto, al momento, è quello legato ai modelli tridimensionali. Non sappiamo se sia perché non è stato implementato o perché sia buggato, ma quanto a dettagli il setting base sembra ottimo.
    From ha fatto un lavoro sopraffino anche per quanto riguarda l'ottimizzazione.Con la profondità di campo attivata e tutto al massimo il gioco ha girato senza sbalzi sul nostro pc di fascia medio alta, e i caricamenti si sono ridotti moltissimo rispetto alle versioni console. 
    E i controlli? Ecco, qui casca l'asino, anche se è più una breve perdita di equilibrio che un sonoro tonfo a terra. Partiamo dalle cose buone: non c'è più accelerazione del mouse, e con un controller Microsoft per pc i comandi sono assolutamente perfetti. Se non si possiede un pad del colosso americano, però, iniziano i problemi. In pratica, nel gioco ci sono elaborati settaggi per mouse e tastiera, ma niente per i gamepad, quindi l'uso di sottomarche non settate a dovere può portare il gioco a utilizzare schemi di comandi del tutto insensati. Con il mouse, inoltre, abbiamo notato un grave bug, che porta gli attacchi a partire in netto ritardo rispetto all'input in molti casi (una situazione che in Dark Souls 2, dove il tempismo è tutto, è intollerabile). Questo problema, riscontrato con il nostro Razer Naga, è stato quasi del tutto risolto con una recente patch da circa duecento mega, ma c'è ancora una leggera latenza tra il click e il fendente. Inoltre, usando setting combinati per gli attacchi pesanti (shift più click, ad esempio), non si riescono ad eseguire manovre complesse come gli attacchi in salto, le botte spezza guardia, e via così. 
    Si tratta ad ogni modo di difetti da poco, anche perché le mancanze osservate sul mouse saranno risolte probabilmente con una mod nei primissimi giorni di vita del titolo o da una patch ufficiale, mentre quelle collegate ai pad sono aggirabili con programmi come Xpadder. In generale, i lati positivi disintegrano quelli negativi, senza contare che alcune problematiche potrebbero essere dovute alle nostre periferiche più che al gioco in sé.
    Solo un appunto finale, non aspettatevi un balzo grafico esagerato. Il miglioramento è notevole, ma i particellari sono rimasti invariati, così come l'illuminazione. Dark Souls 2 è bello da vedere su pc, e tanto, ma resta un upgrade relativamente limitato. 

mercoledì 23 aprile 2014

Grid Autosport


  • Genere:Simulazione guida

  • Data uscita:27 giugno 2014

     

    Prima novità, GRID Autosport non vi mette nei panni di un pilota di corse da strada impegnato in competizioni tamarre tra le strade cittadine, ma di un corridore d’altro stampo, pronto a destreggiarsi in una miriade di specialità. Sono addirittura cinque le categorie che i Codemasters ci hanno presentato, e oltre alle Touring Cars, alle corse tuning e a gare di resistenza che metteranno a dura prova i vostri nervi, potrete affrontare corse su monoposto Formula e competizioni drift. A Berlino solo due stili erano disponibili, le corse formula e le Touring Cars, ma ci è bastato e avanzato per renderci conto dei cambiamenti apportati alla formula.
    Il gameplay è sempre arcade, ma ha elementi simulativi più marcati e cambia totalmente in base alla tipologia di vetture usata. Le gare Touring erano dure e ricche di sportellate, ma le macchine, solide e stabili, permettevano di guidare in modo aggressivo senza preoccuparsi eccessivamente di testacoda e slittate inattese. Le corse formula, dal canto loro, ci hanno messo di fronte a una situazione ben diversa, con vetture dure da tenere in pista, capaci di scodinzolare brutalmente durante una curva anche con gli aiuti attivati e dotate di un’accelerazione brutale. 
    Abbiamo potuto provare una pre-alpha, senza la chance di attivare il sistema di danni o di annullare gli aiuti base, ma ci è stato possibile apprezzare le modifiche alle meccaniche e l’ottima risposta dei mezzi. Considerando che nel prodotto finito ogni vettura sarà modificabile nel dettaglio e potenziabile per adattarsi al meglio allo stile del suo guidatore, ci aspettiamo un’esperienza ancor più personale e divertente sul lungo periodo.
    Se non siete preoccupati per il feeling di guida, ma temete per i contenuti vista la brevità dello sviluppo, non temete, pare che i Codemasters abbiano preso le dovute precauzioni. Lavorando sul solito EGO Engine, gli sviluppatori hanno creato un’enorme massa di piste (più di 100 i tracciati, divisi in 22 ambientazioni differenti), automobili, e competizioni, sparse in una campagna gigantesca ove sta solo al giocatore scegliere il settore preferito. A tutto questo ben di dio si aggiunge una intelligenza artificiale migliorata, uno split screen, e un’infrastruttura online fortemente correlata alla campagna e a Racenet, dove finalmente i piloti virtuali potranno unirsi in club e persino dividersi livree e informazioni varie. 
    Impossibile prevedere ora fino a che punto le novità legate al multiplayer terranno incollati i giocatori allo schermo, ma con tutti i contenuti sopracitati pare ci sia molto di cui gioire per gli amanti delle corse.
    A lasciarci dubbiosi dopo la prova diretta è stata praticamente solo la scelta di mantenere il gioco su console di vecchia generazione, poiché la versione pc da noi provata si difendeva più che bene tecnicamente. Abbiamo notato anche qualche elemento affrettato, come ad esempio la visuale interna dall’abitacolo, volutamente sfocata per non dover consumare troppo tempo nello sviluppo dei dettagli per ogni automobile, ma sono pochezze. Per chiarire gli ultimi dubbi è bastata una chiacchierata con gli sviluppatori, che vi riportiamo qui sotto.

Lego Lo Hobbit

  • Genere:Action-Adventure

  • Sviluppatore:Travellers Tales

  • Data uscita:11 Aprile 2014

     

    Così come avviene per i celebri mattoncini in plastica, i videogiochi Lego sono fatti con lo stampino. E, di conseguenza, le recensioni dei giochi Lego si assomigliano tutte fra loro, sia per i contenuti che per il voto finale.
    Lo ripetiamo tutte le volte: i titoli di TT Games sono giochi di qualità, divertenti, curati, capaci di fare delle belle parodie senza mai svilire il prodotto di partenza. E, inutile dirlo, LEGO Lo Hobbit non fa differenza. Come nel celebre gioco di costruzioni danese, LEGO Lo Hobbit non fa altro che aggiungere qualche piccolo mattoncino ai lavori preesistenti, offrendoci un esperienza all’altezza di tutti i prodotti precedenti della stessa saga e con qualche piccola ma significativa novità.
    Lego Lo Hobbit include i due film della saga di Peter Jackson, Un Viaggio Inaspettato e La Desolazione di Smaug. Di conseguenza, la storia inizia con un prologo presso Erebor, per poi spostarsi nella Contea e iniziare la lunga avventura di Bilbo, fino all’epilogo presso la montagna, con la fuga del drago Smaug verso Pontelagolungo.
    La maggior parte degli eventi principali dei film - inclusi quelli totalmente assenti nel libro di Tolkien - sono stati rappresentati in maniera parodistica nel gioco, con il consueto ottimo doppiaggio (in lingua originale) che contraddistingue le produzioni TT Games da ormai qualche anno. Alcune sequenze, invece, sono state aggiunte dagli sviluppatori per consentire di trasformare una breve scena o un aneddoto raccontato nel film in un capitolo del gioco. Nella maggior parte dei casi, il meccanismo funziona piuttosto bene e nel complesso si ha la sensazione che si sia portato rispetto al materiale originale, analogamente a quanto era avvenuto con Lego Il Signore degli Anelli.
    In effetti, LEGO Lo Hobbit ha molto in comune con il precedente gioco di matrice tolkieniana, a partire dalle location che in molti casi sono state riciclate dal precedente gioco. Non vi è nulla da recriminare - si tratta pur sempre della medesima ambientazione - ma in alcuni casi le sensazioni di dejà-vu non sono state certo piacevoli. L’intera Terra di Mezzo è navigabile in free-roaming, e racchiude decine e decine di segreti e di luoghi non necessariamente legati a Lo Hobbit. Ad esempio, è possibile fare visita al porto elfico da cui Frodo lascerà la terra natia alla fine de Il Signore degli Anelli, o in alternativa si possono esplorare i luoghi della Contea legati alle scorribande di Pipino e Merry.
    In ogni luogo della terra di mezzo si celano numerosissime subquest, molte delle quali basate sulla meccanica dei consumabili. Nel gioco, infatti, è possibile raccogliere svariati materiali da utilizzare sia per completare le suddette quest secondarie che in alcuni puzzle presenti nelle missioni o nelle fasi free roaming. In molti casi è sufficiente consegnare gli oggetti a un NPC, mentre in altri casi siamo chiamati a costruire un oggetto con un minigioco, che ci spinge a seguire il montaggio di una struttura a mattoncini alla quale mancano dei pezzi, da selezionare attraverso una ruota. Questa meccanica è stata presa in prestito dal videogioco di LEGO The Movie, anche se qui viene sfruttata più di frequente e con una difficoltà maggiore. Rispetto alla precedente produzione di TT Games, infatti, LEGO Lo Hobbit è visibilmente orientato a un pubblico più adulto. Nonostante la natura puerile delle gag, infatti, alcuni puzzle sono risultati più complessi del previsto: un aspetto che - considerata l’età media del pubblico di Peter Jackson - abbiamo trovato particolarmente azzeccato, sebbene il gioco si possa considerare a tutti gli effetti un titolo casual, adatto ad ogni tipologia di giocatore.
    Come ogni gioco della serie LEGO, anche questo episodio dedicato a Lo Hobbit è caratterizzato da una longevità davvero imponente. L’avventura principale può essere terminata in dodici ore di gioco, ma i misteri, le subquest e i puzzle nascosti sia nei livelli che nelle fasi free-roaming sono talmente tanti che il gioco può intrattenere per svariate decine di ore. Sebbene manchi ancora un film alla conclusione dell’avventura, i contenuti sono tantissimi e il gioco pullula di chicche per gli amanti della saga cinematografica. Se avete un compagno di divano con cui condividere l’avventura, poi, il divertimento raddoppia grazie al collaudatissimo split screen con la possibilità per il secondo giocatore di entrare ed uscire dal gioco in qualsiasi momento.
    Dal punto di vista tecnico, la versione next-gen da noi provata è risultata davvero splendida, con ottimi effetti di illuminazione che mettono in risalto la plastica di cui sono costituiti i nostri eroi e che proiettano ombre semplicemente perfette. La musica è quella originale del film, ed è pertanto una colonna sonora epica quella che accompagna ogni istante della nostra avventura. Sulla base di questi elementi, potremmo affermare che Lo Hobbit è il titolo LEGO tecnicamente più avanzato, anche se - come prevedibile - anche questo gioco soffre del consueto immobilismo che attanaglia da parecchi anni la serie. Le piccole aggiunte, infatti, non sono sufficienti a discostare radicalmente il gioco dalle precedenti produzioni, sia in termini qualitativi che contenutistici.

venerdì 18 aprile 2014

Diehard Dungeon

  • Genere:Azione

  • Sviluppatore:Tricktale

     

    Tricktale si era già fatta conoscere lo scorso settembre su Xbox Live con questo pixelloso dungeon crawler super-indie (praticamente una sola persona a svilupparlo), ma da alcuni giorni Diehard Dungeon si può acquistare anche su Steam a 4,99 euro in una versione meno buggata della precedente, soprattutto per quanto riguarda i "buchi" della colonna sonora. Da più parti si sono letti termini di paragone piuttosto forti (su tutti The Legend of Zelda), ma in realtà Diehard Dungeon è più dalle parti di un classico roguelike (permadeath, dungeon generati in modo random), con in più un'estetica e un sonoro da tipica era a 16 bit. I paragoni con Zelda sono invece più una facciata che altro, limitandosi praticamente ai cuoricini della salute e ad altri pochissimi riferimenti.
    Nel gioco dobbiamo guidare un tipico signor nessuno all'interno di un dungeon con la speranza di uscirne vivi, esplorando stanze, uccidendo i nemici e facendo progredire ilo nostro compagno di viaggio. Non si tratta di un altro personaggio in carne e ossa, bensì di uno scrigno che ci segue dappertutto e che, raccogliendo gioielli e oro, acquista anch'esso dei poteri e delle abilità, arrivando ad esempio a sparare proiettili, a colpire i nemici con spuntoni appuntiti e a rilasciare piccole torrette offensive. Il nostro avventuriero ha invece a disposizione una spada e, con il passare del gioco, anche un coltello da lancio e più avanti un'arma da fuoco decisamente potente. In pratica, giunti in una nuova stanza, dobbiamo distruggere tutto quello che vi troviamo dentro, uccidere i nemici e trovare la chiave che dà accesso alla stanza successiva. I bonus e i power-up sono numerosi (oro, gioielli, cuori salute) e ci sono scrigni che funzionano come delle slot machine, regalando nel migliore dei casi potenziamenti molto utili come la resistenza al fuoco, una maggior velocità, cuori aggiuntivi e upgrade di altro tipo.
    Giocare a Diehard Dungeon non rivela chissà quali grandi novità per chi è abituato alla commistione tra dungeon-crawler, roguelike ed estetica 16 bit. Il livello di difficoltà è piuttosto alto e anche con tutti gli aiuti dello scrigno e dei potenziamenti morirete molto spesso, vista anche la quantità di nemici che vi piomberà addosso in alcune stanze. Una volta passati a miglior vita, non ci sarà nessuna opzione per continuare o riprovare. Semplicemente si ricomincia dalla prima stanza con però tutti i power-up e i potenziamenti raccolti in precedenza, cosa che rende un po' più "dolce" la permadeath. Altri elementi da segnalare sono i bivi "alto-basso" che incontriamo dopo un certo numero di stanze e un simpatico mini-gioco, in cui dobbiamo raccogliere un certo numero di fiamme senza possibilmente farsi toccare dai nemici. 
    Oltre alla modalità principale, che non vi porterà via molto tempo dopo una decina di partite, c'è anche la modalità Mayhem dove, nei panni del solito scrigno, dovremo uccidere più nemici possibili muovendoci e sparando in un'arena con i due stick analogici del pad. Più nemici uccidiamo e più oro e gioielli raccogliamo, più alto sarà il punteggio finale che potremo poi confrontare con quelli di altri giocatori grazie alle classifiche online. Un'aggiunta sicuramente breve (una partita dura 3 minuti) ma simpatica, un po' come il gioco nel suo complesso. Diehard Dungeon non inventa nulla di nuovo, ha un character design piuttosto anonimo e il suo look nostalgico, come vale ormai sempre più spesso per i titoli indie più pixellosi, non piacerà a tutti. Eppure diverte, ha qualche bella trovata (lo scrigno) ed è difficile al punto giusto sfiorando solo in pochissimi punti (i boss) livelli di frustrazione. Per 4,99 euro sarebbe difficile pretendere di più.
     

Broforce

  • Genere:Azione

  • Data uscita:7 aprile 2014 (early access PC, Mac OS)

     

    Pensate a un gioco dove potete controllare Commando mentre mangia berretti verdi a colazione, Ash mentre squarta zombie con la motosega, o Rambo mentre fora gente a casaccio con un'espressione tra l'ebete è il furioso. Epico nevvero? Perfetto, allora aggiungete al mix Machete, MacGyver, Chuck Norris e praticamente qualunque super duro del cinema anni 90 e non, in un videogame che vi richiede di fare solo una cosa: DISTRUGGERE (i terroristi). “Non può esistere”, direte voi, tra licenze e proibizioni varie, eppure tale titolo è realtà, ed è bastato aggirare le beghe legali cambiando i nomi dei personaggi e trasformandoli in dei “bro” composti da pixel duri come il granito. Stiamo parlando di Broforce, un lavoro indie delirante e spassoso, da poco disponibile in early access su Steam. 
    Molti di voi a questo punto penseranno si tratti di un semplice cash-in che punta a far leva sulla nostalgia. Niente di più sbagliato. Broforce è l'essenza dello shoot' em up a scorrimento 2D, un gioco con un gameplay semplice quanto fuso di testa, e che già in questa versione limitata sembra avere il potenziale per esaltare sia chi si sbraccia all'uscita dell'ennesimo Expendables, che chi ama gli indie fatti come si deve. Vediamo perché.
    Le basi di Broforce sono cristalline da subito. Controllate un omino armato di tutto punto, in grado di sparare, arrampicarsi sulle pareti, eseguire un attacco corpo a corpo, e dare il via a una spettacolare mossa speciale. Si parte da un emulo di Rambo dotato di fucile automatico, granate e coltellaccio, ma avanzando nei livelli si trovano gabbie popolate da altri “bro” tutti dotati di capacità uniche. Liberate l'equivalente di P.E Baracus e avrete a disposizione un lanciafiamme, Nebro potrà fermare i proiettili, volare temporaneamente e finirà i nemici a cazzotti, e Macbrover piazzerà cariche esplosive, tra cui un fragrante pollo ripieno di dinamite. Sono varianti notevoli in un sistema tutto sommato ridotto all'osso, che portano a mutare profondamente lo stile di gioco di un utente in base al personaggio scelto. Più si avanza tra i livelli, più bro si sbloccano, e questi vengono selezionati randomicamente ad ogni quadro. Ogni liberazione peraltro corrisponde a un improvviso cambio di protagonista e al guadagno di una vita in più, cosa da non sottovalutare visto che si crepa con un colpo. 
    I nemici saranno numerosissimi, ma non spareranno come forsennati, in generale buona parte del pericolo in Broforce deriva dal caos delle situazioni: le mappe sono piene zeppe di barili infiammabili, stutture cedevoli e casse ripiene di polvere da sparo, gli avversari sono abbastanza diversificati, e tutto, o quasi, è distruttibile. Di norma, l'obiettivo dei vostri bro sarà alzare delle bandiere sparse per il livello eliminando tutto ciò che si muove nel tragitto. Queste bandiere, unite ad alcune scale, sono poste su basi metalliche invulnerabili, mentre il resto del terreno potrà venir spezzettato a piacere, creando gallerie o persino trappole mortali per alcuni antagonisti. La campagna base non è estremamente longeva, ma contiene delle boss fight interessanti, e vanta un livello di sfida che si alza gradualmente in modo sensato. 
    Funziona tutto alla grande, gli scontri si fanno subito esageratissimi, e la varietà dei personaggi giocabili aggiunge brio al tutto. Sarà elementare, ma ci ha divertito molto, e la possibilità di gustare la campagna in cooperativa locale o online non fa altro che innalzare ancor di più l'esaltazione.
    Se sanguina, puoi ucciderlo. E pure se non sanguina
    Se un gameplay di questo tipo non vi attrae, ad ogni modo, c'è tanto altro, anche se ogni elemento extra al momento è allo stato brado. Già nella versione early access è disponibile un editor di mappe, ci sono un time attack, un multiplayer competitivo, e altre modalità piuttosto ispirate, tra cui la Explosion Run, una sorta di gara a tempo mentre la terra sotto i vostri piedi salta per aria. Tutto è giocabile in gruppi da quattro, numero ideale per una partita tra amici di quelle da ricordare. 
    Le chicche non finiscono qui, ma non vogliamo certo svelarvi le sorprese in toto in questa preview, solo precisarvi che non è il caso di ignorare questo lavoro a causa della massa di titoli vecchio stile che ultimamente sembra aver invaso il mercato indipendente. Già ora Broforce ci ha ricordato i bei vecchi tempi in cui il body count nei film superava facilmente il doppio zero e si è dimostrato solidissimo, dunque ci sono ottime ragioni per aspettarsi qualcosa di ancor più memorabile con l'arrivo dei contenuti mancanti. 

Farm Machines Championship 2014

  • Genere:Guida arcade

  • Sviluppatore:PlayWay S.A.

  • Data uscita:14 marzo 2014

     

    Quando ci si avvicina a un gioco per la prima volta su Steam, una delle cose che è più plausibile fare è andare a spulciare le opinioni degli utenti sulla pagina del titolo stesso. Di solito le opinioni negative e quelle positive si bilanciano, o comunque riescono a dare una prima e parziale impressione del gioco. Che cosa pensare, allora, di un titolo come Farm Machines Championships 2014, che tra le altre può vantare recensioni che contengono frasi come ”This game is a scam” o addirittura un sintetico ”I HATE IT”? Armiamoci di stivali da contadino e sano spirito agreste, e scopriamolo.
    Sviluppato da PlayWay, e proposto su PC tramite Steam a € 13,99, Farm Machines Championships 2014 permetterà ai giocatori di mettersi al volante di rombanti trattori da competizione e mietitori, con lo scopo di lanciarsi in differenti sfide. Al di là della semplice gara tra trattori con tanto di rimorchio, il titolo consentirà affrontare altre dieci attività che includono tagliare l’erba di un prato, arare un campo, piantare patate, trasportare balle di fieno, e fare lo slalom tra i paletti di un circuito.
    Si comprende subito, insomma, come l’esperienza di gioco proposta sia quantomeno singolare, sebbene l’idea di arare prati con mouse e tastiera possa strappare un sorriso. Il problema, come vedremo con l’analisi delle dinamiche di gioco, è che da qualsiasi parte si cerchi di inquadrare il titolo, quello che ne risulta è un prodotto totalmente mediocre. E’ evidente, infatti, che da un titolo del genere non ci si possa aspettare profondità nel modello di guida, elevata longevità e una grandissima varietà di situazioni, ma è anche vero che il gioco PlayWay non riuscirà a divertire nemmeno i giocatori più estrosi e soprattutto entrati nel giusto ordine di idee; l’assenza di una qualsiasi forma di multiplayer, peraltro, obbliga a vivere la cosa completamente in singolo, restituendo un’esperienza ripetitiva e priva di un qualsiasi stimolo che possa far continuare a giocare dopo pochi minuti.
    Constatata l'impossibilità di giocare insieme ad altri giocatori umani, dunque, va detto che l'intero prodotto è imperniato sulla sola modalità Tournament, formata da quaranta eventi da superare di volta in volta arrivando primi durante le gare e cercando di strappare un buon tempo nelle altre attività. Nonostante l’apparente varietà, dunque, le situazioni proposte tenderanno a ripetersi dopo pochi minuti, rendendo così il tutto decisamente poco appetibile.
    Come visto, il titolo si baserà esclusivamente sulla presenza di quaranta eventi dalla natura più o meno differente: per capire perché Farm Machines Championships 2014 non riesca a convincere, è possibile partire proprio dalla prima tipologia di evento che i giocatori dovranno affrontare, ovvero la gara tra trattori con rimorchio guidati dalla IA. Al di là delle considerazioni sulla ovvia bassa velocità dei mezzi, quello che farà sì che queste fasi di gioco siano poco entusiasmanti sarà il costante senso di staticità e prevedibilità. Le gare scorrono via lente e senza il minimo sussulto, visto anche che il titolo sarà estremamente magnanimo verso gli eventuali tagli del percorso del giocatore, che dopo poco imparerà a ignorare bellamente le traiettorie degli avversari e tenterà di accorciare il più possibile la gara. Durante le fasi di sorpasso, poi, il titolo riesce a strappare qualche sorriso, considerato che la più che presente compenetrazione poligonale genererà a volte situazioni potenzialmente esilaranti, con ruote di trattori che rimangono incastrate una dentro l’altra e rimorchi che si alzano su due ruote a ogni contatto. Quelle che si avranno davanti, dunque, saranno competizioni totalmente arcade, piatte e poco coinvolgenti, con nessuna possibilità tattica legata al modello di guida, alla potenza dei diversi trattori, e ai tracciati stessi.

    Se le gare offrono spunti di riflessione non proprio eccellenti, le altre attività previste non riescono in pieno a risollevare la situazione. Abbiamo detto che le opzioni proposte sono molteplici, ma che alla fine sembrano somigliarsi tutte quante. La dinamiche di questi eventi, infatti, prevedono quasi sempre la presenza di un qualche campo di forma rettangolare da percorrere in lungo e in largo: che si tratti di piantare patate, o di raccogliere il grano, tutto quello che il giocatore dovrà fare sarà cercare di manovrare correttamente il proprio veicolo. Una volta presa maneggevolezza con il mezzo, basterà semplicemente coprire la maggiore distanza possibile nel minor tempo, avendo cura di volta in volta di azionare il giusto meccanismo di mietitrebbie e aratrici varie. In teoria, una piccola variazione sul tema a queste due modalità sarebbe lo slalom, che vedrà il giocatore impegnato nell’affrontare un circuito delimitato da paletti. Queste fasi però, in alcuni frangenti, potrebbero rivelarsi ancora più tragicomiche delle gare, visto che il pericolo di rimanere incastrati con le grosse ruote dei trattori nei grandi paletti che delimitano il percorso è sempre dietro l’angolo. Il gameplay del titolo PlayWay, dunque, finisce qui, e sostanzialmente offre due sole situazioni di gioco; la sensazione è che qualora i giocatori abbiano proprio voglia di mettersi alla guida di un trattore e vivere una serafica vita contadina, un classico Farming Simulator sia più che sufficiente e appagante.
    Un altro motivo che spingerà a disinstallare abbastanza presto Farm Machines Championships 2014 è il sistema di controllo: controllabile sia via tastiera che via pad (volendo anche tramite un volante), il titolo offrirà un’esperienza tutt’altro che soddisfacente. Prendendo in mano un qualsiasi joypad, si noterà subito come il titolo non permetterà di navigare tra le opzioni dei menù in maniera immediata, ma solo attraverso l’emulazione del movimento del cursore del mouse grazie allo stick analogico sinistro. Una volta al volante del proprio trattore, poi, le cose non miglioreranno di molto, se è vero che le azioni accessorie (come abbassare o alzare le parti mobili delle trebbiatrici) dovranno comunque essere effettuate tramite tastiera, difatti costringendo il giocatore a utilizzare il pad magari solo durante le gare tra trattori.
    Così come un qualsiasi gioco di guida, anche Farm Machines Championships 2014 prova a includere un qualche meccanismo di evoluzione del proprio mezzo grazie alla possibilità di comprare e vendere trattori, e di modificare i veicoli già in possesso. Il tuning include esclusivamente la possibilità di comprare nuovi motori, freni, e scatole del cambio, mentre le modifiche estetiche comprendono varie livree, di tanto in tanto fantasiose (girare con un trattore che porta un cappello da cowboy gigante, in effetti, non è poi tanto male).
    Va da sé che i potenziamenti per i propri mezzi saranno possibili grazie ai fondi ottenuti vincendo gare e ottenendo tempi sempre migliori durante gli altri eventi; il meccanismo di sviluppo dei trattori, dunque, è più che collaudato e già visto in numerosi altri titoli ma, considerato il modello di guida piatto e senza sussulti, almeno alle difficoltà più basse, ci si dimenticherà abbastanza presto delle possibilità di personalizzazione offerte dal titolo. Scegliendo un livello di sfida più alto, invece, durante le gare perlomeno si sentirà il bisogno di possedere un mezzo più veloce, sebbene tagliare ogni curva possibile e immaginabile rimanga la strategia migliore per cercare di piazzarsi davanti agli altri tre avversari.
    Concludiamo parlando del comparto tecnico: anche qui, non ci si aspettava chissà quale magnificenza, ma è pur giusto dire che le bucoliche scorribande tra le campagne saranno funestate da una costante scalettatura dei modelli poligonali, dalla già citata e occasionale compenetrazione dei poligoni, e da una sensazione di pochezza generale che accompagnerà ogni evento proposto. Da segnalare anche i lunghi caricamenti che accompagneranno la fase precedente di ogni evento, i quali contribuiranno ancora di più a spezzare la già flebile voglia di giocare.
    Poco da dire sul comparto audio, che però non manca di riuscire a stupire in negativo: durante le gare, ad esempio, l’unico rumore ambientale che si sentirà sarà quello del motore dei trattori, mentre tutti gli altri presumibili suoni derivanti dagli scontri tra veicoli, ad esempio, saranno assenti. Le musiche di sottofondo, invece, proporranno melodie non così spiacevoli ma che tenderanno a ripetersi un po’ troppo presto.

sabato 12 aprile 2014

Luftrausers

 
 
  • Genere:Azione

  • Data uscita:18 marzo 2014

 
 
 
C'era un tempo in cui i videogiochi erano composti da poche pagine di codice, piccoli progetti fondati su grandi idee, che riuscivano a incollare gli sguardi dei giocatori alla televisione e a sbalordire bambini e non con la loro essenzialità. Erano sintesi del divertimento, incarnazione della fantasia degli sviluppatori, pura e semplice sostanza del gaming, e tutto in pochi sprite.
Più si avanza nel tempo e più il settore si evolve, diventa sempre più complesso e profondo. I titoli si fanno sempre più elaborati e spettacolari, e divengono forme di svago virtuali capaci di far sperimentare agli utenti cose impossibili nella quotidianità, in migliaia di aspetti diversi. Alla base da cui è nato il tutto però pochissimi hanno il coraggio di riavvicinarsi. Complicare è ben più facile di ottenere un'esperienza eccezionale in modo semplice e diretto dopotutto, poiché è un processo che garantisce un'infinità di fattori su cui appoggiarsi per migliorare la propria creatura. 
Se pensate che gli sviluppatori con il coraggio di ritornare alle origini siano ormai estinti, tuttavia, vi sbagliate. Specialmente nel campo degli indipendenti, gli occhi che guardano al passato con l'intenzione di perfezionare formule che si ritenevano perfette e intoccabili aumentano con costanza, e ci sono persino dei team con il talento necessario a riuscire in questa impresa titanica. 
Oggi noi parliamo dei Vlambeer, uno studio tanto piccolo quanto talentuoso, che recentemente ha deciso di buttarsi sul genere degli shoot 'em up vecchio stile e dei bullet hell con Luftrausers, una versione gonfiata e aggiornata di un flash game rilasciato qualche tempo fa. A una prima occhiata potrebbe sembrarvi uno shooter ridotto all'osso con una grafica d'altri tempi. Sul comparto tecnico avete ragione, ma non è proprio il caso di sottovalutare tutto il resto, ve l'assicuriamo.
Alla base di Luftrausers c'è una premessa scarnificata ma funzionale: voi siete il pilota di un caccia sperimentale, in una non meglio precisata guerra. Niente e nessuno vi spiegherà il perché del conflitto, di quale esercito facciate parte o quale sia il vostro motivo per combattere, eppure da brevi filmati d'intermezzo e dal look dei vostri “alleati” si intuisce come la fazione di appartenenza del giocatore non sia propriamente eroica. Il vostro mezzo è il Rauser, un velivolo autorigenerante, creato per poter tenere testa a intere armate da solo e modificabile con parti dalle molteplici proprietà.
Tutto questo viene riassunto in una formula ben definita, che vi vedrà combattere in una elementare mappa 2D delimitata solo in verticale da nuvole che segnano il limite del cielo e dall'oceano. Nulla di rivoluzionario fin qui, ma poi si passa al gameplay, e iniziano le sorprese: Il Rauser è un mezzo veloce e maneggevole, capace di accelerare di scatto e ruotare con rapidità, le cui caratteristiche però mutano profondamente in base ai pezzi utilizzati. Diviso in tre parti, il vostro aereo potrà trasformarsi con un gran numero di componenti ottenute a forza di giocare, che ne aumenteranno o diminuiranno la mobilità, gli doneranno armi differenziate e tante abilità passive. Già qui si notano le prime finezze della struttura congegnata da Vlambeer, poiché i pezzi sono finemente bilanciati, e mutano completamente il controllo del Rauser senza mai risultare eccessivamente poderosi. Volete un mezzo resistente? Dovrete sacrificare velocità e virata. Armi più efficienti? Vi rallenteranno in rotazione o richiederanno maggior precisione. Tutto è calcolato a meraviglia, per un quantitativo di combinazioni impressionante capace di soddisfare più o meno ogni stile di gioco.
Le peculiarità comunque non finiscono qui, o si tratterebbe soltanto di una variante del solito shooter con potenziamenti. Abbiamo svelato in precedenza che il Rauser si rigenera mentre combatte, ma non abbiamo specificato che per farlo deve smettere di fare fuoco e svolazzare per qualche secondo (con tempistiche che variano in base ai pezzi equipaggiati). Una meccanica che potrà sembrare mal calcolata a molti giocatori esperti, e che dovrebbe facilitare eccessivamente il gioco, ma non è così. Come detto, Luftrausers è un titolo finemente bilanciato, e ad ogni partenza del vostro Rauser dalla nave madre (ove potrete modificarlo) affronterete avversari via via sempre più pericolosi, che aumenteranno in numero e pericolosità con l'avanzare dei minuti di vita del vostro pilota. All'inizio semplici barchette e piccoli caccia vi metteranno i bastoni fra le ruote, ma dopo un po' di punti guadagnati e qualche sano minuto di sopravvivenza acrobatica spunteranno portaerei, jet, caccia giganti e persino titanici dirigibili. Le cose si complicano ulteriormente quando si prendono in considerazione la gestione dei punteggi, che sfrutta combo a tempo da tenere attive uccidendo i nemici in serie, il numero smodato di proiettili che riempiono i cieli se si lasciano i nemici in pace troppo a lungo, e la lunga serie di obiettivi da completare correlati alle parti del vostro Rauser. Non pensiate nemmeno per un istante che Luftrausers sia un titolo facilotto, è un bullet hell duro e puro quando lo si affronta con costanza.
Per i più folli, poi, i Vlambeer hanno inserito anche una speciale modalità chiamata SMFT, che porta le cose a farsi davvero ridicole. L'unica debolezza del sistema è forse la sua randomicità: in un Danmaku nipponico i pattern sono fissi e il gameplay matematico, qui la casualità invece a volte può portare a morti praticamente inevitabili o a situazioni fin troppo ardue. Dubitiamo ad ogni modo che un purista del genere possa storcere il naso dinnanzi a meccaniche tanto semplici quanto geniali per queste piccolezze. 
Fondamentalmente, tolta la volontà di dominare le classifiche online e le missioni completabili durante ogni sortita, non c'è molto altro in Luftrausers. Eppure la longevità non dovrebbe essere un problema. Il gameplay è una vera droga, e vi paralizzerà di fronte allo schermo per ore, alla ricerca di combo sempre più lunghe e punteggi da maestro. Anche tecnicamente l'opera di Vlambeer ha un effetto simile sul giocatore. La grafica è pixellosa, elementare e priva di colori (a parte una serie di filtri sbloccabili a forza di avanzare), eppure trasuda stile da ogni poro, è ben più chiara di quanto sembra, e rende moltissimo. Il sonoro, pur vantando un solo tema, non è da meno, e si sposa alla grande con l'azione, aumentando il ritmo della musica con l'arrivo di nemici più problematici e cambiando in base alla forma del vostro aereo. C'è un piccolo difetto legato a rallentamenti voluti quando si viene colpiti, che alle volte bloccano l'azione al punto da sembrare cali di frame rate, ma è davvero poco di cui lamentarsi.

Betrayer

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:Blackpowder Games

  • Data uscita:24 marzo 2014

     

    Dopo l'ormai consueta gavetta su Steam Greenlight nonostante il team di Blackpowder Games sia formato da gente che ha lavorato su F.E.A.R. e No One Lives Forever, Betrayer è finalmente disponibile in versione completa a 19,99 euro e proprio pochi giorni fa è arrivato un corposo aggiornamento. La patch 1.1 ha infatti portato tantissime migliorie e ha risolto alcuni dei bug più frustranti (crash, glitch grafici, bilanciamento nei combattimenti, ritrovamento degli oggetti), introducendo anche la modalità Deadlier Enemies che aumenta ulteriormente un livello di difficoltà già piuttosto elevato. Se infatti cercate uno sparatutto in prima persona hardcore simile per certi versi alla concezione di Dark Souls, Betrayer potrebbe fare proprio al caso vostro, anche se a differenza dell'action-GdR di From Software in questo caso possiamo scegliere altri due livelli di difficoltà.
    Andiamo però con ordine. Betrayer ci porta in una colonia americana del XVII secolo nei panni di un avventuriero naufragato sulle coste della Virginia. Basta poco per accorgersi che quel luogo fatto di colline, praterie, boschi e radi insediamenti umani sotto forma di piccoli fortini nasconde qualcosa di oscuro. Strani totem, una donna vestita di rosso che appare e scompare, statue umane solidificate, nessun segno dei coloni, una campana che fa entrare in un'oscura dimensione parallela abitata da scheletri e fantasmi in cerca di redenzione. Betrayer è un po' tutto questo e l'atmosfera fatta di silenzio (i dialoghi non sono doppiati e non c'è quasi musica), vento, desolazione e grandi spazi aperti è certamente azzeccata, grazie anche al particolare accostamento cromatico tra il bianco e nero generale e il rosso dei nemici e degli oggetti con cui interagire. Volendo si può comunque agire sul controllo della saturazione e portare il colore nel mondo di gioco, ma così facendo si viene a perdere un po' del fascino originario del gioco, che però in effetti non potrebbe piacere a tutti a lungo andare.
    Tornando sulla questione della difficoltà, Betrayer risulta fin da subito molto impegnativo sia per la debolezza del nostro alter ego (3-4 colpi dei nemici e si muore sicuramente), sia per una mappa di gioco che segna solo gli insediamenti e nient'altro. Contando che il mondo di gioco è molto simile tra le diverse zone, diventa davvero difficile orientarsi e ritrovare altri luoghi o elementi di interesse sulla mappa. Quando si muore ad esempio, si torna all'ultimo checkpoint senza più soldi, che vanno recuperati nel punto esatto in cui siamo morti; peccato che la mappa non lo segni e così ci tocca andare a memoria perdendo spesso molto tempo inutilmente. In Betrayer capita infatti spesso di doversi sorbire diversi tempi morti proprio per gli spostamenti a piedi; esiste un sistema di viaggio istantaneo tra i vari insediamenti, ma per il resto, se non vogliamo girare a vuoto per chilometri, dobbiamo fare affidamento su buone gambe e su un forte senso dell'orientamento. I combattimenti non riservano grandi sorprese e si svolgono quasi sempre a distanza con arco e frecce, un'ascia da lancio e diverse armi da fuoco da trovare in giro o da acquistare (ma che prezzi!) nei punti sparsi nei fortini. Anche in questo caso bisogna stare attenti alla velocità e alla costanza dei nemici (che ci inseguono anche per centinaia di metri), al danno minimo delle frecce (ve ne serviranno molte) e alla lentezza nella ricarica delle armi, anche se questo elemento aggiunge parecchio realismo all'esperienza di gioco.
    Ci sono poi documenti da trovare per indagare sulla scomparsa dei coloni, oggetti da dissotterrare, forzieri da aprire e spiriti con cui parlare e da cui farsi affidare le classiche missioni. Le cose da fare insomma non mancano nonostante la mappa piuttosto vuota, ma dopo un paio d'ore Betrayal inizia a mostrare una certa ripetitività nell'andamento di gioco, adagiandosi un po' sempre sui soliti binari e faticando a trovare sulla lunga distanza elementi tali da tenere alta l'attenzione. Anche lo stile grafico dopo un po' inizia a venire a noia (soprattutto se tenete tutto in bianco e nero) e la quasi totale assenza di audio a parte gli effetti del vento, delle armi e poco altro si fa sentire. Certo, tutto gioca a favore dell'atmosfera e del senso di isolamento che si respira a ogni passo, ma non tutti gradiranno questo andazzo dall'inizio alla fine. Se però si opta per il livello di difficoltà più elevato, Betrayer saprà regalare qualche soddisfazione in più, più che altro per la maggior attenzione nei combattimenti, per l'approccio ai nemici e per un gameplay che diventa quasi survival. La trama inoltre è intrigante e visto che non capita tutti i giorni di immergersi in un simile contesto storico, la sfida di Blackpowder Games sul versante narrativo può dirsi riuscita. Peccato che non tutto il resto del gioco sia agli stessi livelli, ma a un simile prezzo pensateci seriamente se volete provare qualcosa di diverso dal solito.

sabato 5 aprile 2014

Escape Goat 2

  • Genere:Platform

  • Sviluppatore:Magical Time Bean

  • Data uscita:1 settembre 2013

     

    Nato come progetto gratuito, Escape Goat era davvero un bel gioco. Cercatelo in Google, la demo in flash è ancora giocabile, ed è uno dei titoli per browser più curati degli ultimi anni. Il gioco arrivò su Steam, dove ottenne un buon successo di critica, nonostante l’idea relativamente semplice. Il gioco, infatti, è un puzzle-platform in 2D dalle meccaniche basilari, in cui risolviamo enigmi di difficoltà crescente per uscire da una stanza. Il tutto, in compagnia di un caprone e di una grafica retrò.
    Il seguito di questo gioco, previsto per il 2013, è in realtà arrivato solo qualche giorno fa, lanciato con un divertente slogan. Secondo gli sviluppatori, infatti, Escape Goat 2 è “l’unico gioco del 2014 a non essere ispirato a Dark Souls e senza contenuti procedurali”. Battuta a parte, anche in questo sequel troviamo la stessa qualità del primo capitolo. Ma i contenuti, questa volta, si sono espansi a vista d’occhio.

    72 piccole sfide ( Livelli )
    Anche questa volta il titolo è caratterizzato dalle consuete meccaniche puzzle-platform del primo titolo. Il nostro caprone può saltare, dare testate per rompere i blocchi più fragili ed evocare un topolino che può arrampicarsi sulle pareti e raggiungere luoghi bloccati da un pertugio. Per risolvere i puzzle, spesso è sufficiente premere i pulsanti che si incontrano in ogni livello, sia con la capra che con il topo. In alcuni casi, però, è necessario chiedere al nostro amico roditore di addormentarsi su di un pulsante per tenerlo premuto, in altri casi dobbiamo premere i pulsanti in una giusta sequenza, e talvolta è necessario concatenare pulsanti, salti e testate con un tempismo quasi perfetto.
    Il gioco ha l’ottima capacità di saper mescolare gli elementi platform con quelli che fanno grattare la testa, e i cambiamenti di ritmo sono costanti. Da questo punto di vista, Escape Goat 2 compie un passo avanti rispetto al suo predecessore introducendo una certa variazione non tanto nel gameplay, ma nella struttura dei livelli.
    Tale variazione è accentuata dalla nuova mappa di gioco, costituita da 72 caselle che rappresentano altrettanti livelli. Lo scopo del gioco è fuggire da questo labirinto recuperando le anime di alcune pecore, che ci aprono la strada verso la libertà. Le mappe in alcuni casi presentano dei bivi, e ci consentono di esplorare diverse location. In questo modo, dal dungeon passiamo alla foresta, alla fabbrica e ad altre ambientazioni tipiche dei giochi di ruolo. Anche i nemici variano di luogo in luogo, e parte della sfida consiste nell’aggirarli o nel trovare un modo intelligente per metterli fuori combattimento. Il nostro caprone può infatti spingere dei blocchi e farli cadere rovinosamente sulla testa dei nemici, mentre in altri casi può sfruttare l’ambiente a suo vantaggio per fare in modo che i nemici - spesso dotati di un attacco incendiario - ci aprano un varco nel livello.
    La difficoltà, purtroppo, non è calibrata in maniera perfetta: livelli facilissimi, risolvibili in meno di un minuto, si susseguono a sfide davvero complesse, che richiedono parecchi tentativi e molto intuito. Quando si risolvono queste fasi più complicate ci si sente molto soddisfatti, ma in più di un’occasione ci siamo ritrovati a prenderci una pausa dal gioco in preda alla frustrazione. Il tutorial, al contempo, non aiuta: il primo Escape Goat spiegava tutte le azioni con dei comodi cartelli, mentre questo secondo gioco sembra dare molte cose per scontato. Non vi è davvero nulla che non si possa comprendere in poco più di un quarto d’ora, ma in generale abbiamo trovato la curva di apprendimento di questo secondo capitolo un po’ più ripida rispetto al gioco originale che rende l’esperienza un po’ meno rilassante. Stiamo comunque parlando di un gioco costituito da brevi fasi, che nel complesso vi permetterà di trascorrere qualche momento senza pensieri. Frustrazione a parte.
    Escape Goat 2 ha abbandonato in parte lo stile retrò del primo gioco. La grafica 8 bit, infatti, ha lasciato spazio a qualcosa di più dettagliato. Si tratta sempre di un gioco bidimensionale costituito da elementi grafici basilari, ma in parte si è perso un po’ del fascino del primo gioco. Al contempo, la nuova grafica ha permesso una maggiore caratterizzazione degli ambienti e, in un gioco che deve reiterare la stessa formula per ben 72 volte, questo è certamente un aspetto positivo.
    Un po’ deludenti le musiche, che alternano dei temi rilassanti e quasi new-age a qualche esplosione elettronica un po’ fuori luogo. Probabilmente, la colonna sonora è l’unico aspetto su cui gli sviluppatori avrebbero dovuto investire un po’ di più.
    Il gioco è completamente giocabile con la tastiera, ma verso le fasi più avanzate le sezioni platform si fanno così complesse da rendere di fatto necessario l’uso di un controller. Il gioco vi invita caldamente a utilizzare un pad prima di iniziare la partita, un consiglio che vi consigliamo di seguire. Nella seconda metà del gioco, altrimenti, la sfida diventa semplicemente troppo alta.

Tower Of Guns

  • Genere:Sparatutto

  •  Data Uscita:Gennaio 2014

  • Sviluppatore:Posture Games

     

    Immaginatevi una grafica a metà tra un vecchio Unreal nel design dei livelli e delle arene e Borderlands per l'uso del cel-shading. Poi aggiungete una raffica di nemici meccanici (torrette, mortai, cannoni, robot, palle rotanti), tonnellate di esplosioni, scale, rampe, fiumi di lava, power-up a non finire, dialoghi esilaranti con un alter ego senza senso e una morte permanente, nel senso che se tirate le cuoia dovete iniziare tutto da capo. Ecco adesso farcite il tutto con l'Unreal Engine 3, una generazione casuale di stanze e nemici, una produzione super-indie (in pratica una sola persona o poco più) e avrete di fronte Tower of Guns. 
    Con questo mix tra classico FPS vecchio stampo e un modello di gameplay "rogue like", Terrible Posture Games ci porta in una selva di stanze, corridoi e arene con l'unico scopo di giungere in cinema alla torre del titolo senza mai morire. Non esistono infatti salvataggi di alcun tipo o livelli di difficoltà tra cui scegliere (c'è però un divertente Endless Mode) e, con l'unica eccezione dei due livelli iniziali che fungono da riscaldamento, morirete molto presto e spessissimo. Giocare a Tower of Guns è un po' come tornare indietro di almeno quindici anni, quando gli sparatutto in prima persona si basavano quasi esclusivamente su scontri a fuoco, salti (qui possiamo farne anche quattro consecutivi), strafe laterali, power-up e potenziamenti da raccogliere e tanti (ma tanti) riflessi. La quantità di proiettili, missili, bombe, sfere rotanti e altre diavolerie che appaiono all'improvviso quando si entra in una nuova arena è infatti notevole, tanto da lasciare spesso il posto a sezioni di gioco davvero caotiche e confusionarie, dove l'abilità con tastiera e mouse (sconsigliamo il pad) diventa fondamentale.
    In Tower of Guns non c'è tra l'altro una vera e propria trama, solo dei dialoghi un po' scemotti (per di più escludibili a piacimento) e personaggi sempre nuovi mossi dai motivi più stupidi per arrivare in cima a questa benedetta torre. Tutto si basa insomma sulla velocità di movimento, sui riflessi, sulla raccolta dei power-up e anche sull'esplorazione opzionale delle bizzarre location. Le aree segrete sono infatti numerose e scoprirle tutte mentre siamo rincorsi da proiettili e mine vaganti è una vera impresa, anche perché alcune di esse sono nascoste in posti impensabili (certe si celano addirittura dietro dei falsi muri). Da tutto questo si capisce come Tower of Guns sia uno sparatutto molto impegnativo, spesso frustrante (molte volte non si capisce nemmeno da dove arrivino i colpi nemici), ma anche con una sua identità ben precisa e un gameplay tutt'altro che banale o limitato. Certo, alla fine non si fa molto altro se non sparare, correre, saltare e scansare razzi e missili, ma c'è anche un sistema di upgrade delle armi (dieci in tutto), perk e abilità da sbloccare, potenziamenti da acquistare con le monete raccolte dai nemici morti. 
    Ci sono pistole basilari, lanciamissili, mitragliatori e un originale "lanciapalle", si possono aumentare velocità e danno, migliorare il salto (elemento fondamentale visto anche lo sviluppo verticale dei livelli), oggetti curativi e persino teste di gatto che escono fuori dal terreno e che pur non essendo utili a nulla fanno capire il tipo di atmosfera che ci aspetta in questa serie di arene, stanzoni e corridoi. Un'altra bella trovata, che aumenta la difficoltà ma anche il senso di urgenza e di vulnerabilità, è il sistema dell'upgrade dell'arma che stiamo usando. Più sfere blu raccogliamo, più il livello dell'arma aumenta, ma se veniamo colpiti anche l'arma perde punti e così è un continuo saliscendi non solo per quanto riguarda la nostra energia, ma anche per la speranza di vedere migliorare le prestazioni della nostra pistole o del nostro lanciamissili. C'è infine da rimarcare un altro pregio (o difetto per alcuni). Tower of Guns è tra gli FPS più veloci e adrenalinici visti negli ultimi tempi (i boss sono poi qualcosa di unico) e questo, a detta di chi scrive, non è un elemento da sottovalutare. Lo trovate su Steam a 13,99 euro e se vi piace il concept di fondo (una sola vita, una sfida continua), ci passerete molto tempo.

Diablo III:Reaper Of Souls

  • Genere:Gioco di ruolo

  • Sviluppatore:Blizzard

  • Data uscita:25 marzo 2014

     

    Blizzard ci ha messo ben dodici anni prima di proporci il terzo capitolo di Diablo e visto il lungo lasso di tempo i giocatori si aspettavano un gioco che andasse ben oltre alle loro più rosee aspettative, un titolo completamente esente da difetti e che gli permettesse di vivere una seconda vita nel mondo di Sanctuary, esattamente come fu con Diablo II e Lord of Destruction. Purtroppo alcune feature introdotte, come la casa d'aste, non sono riuscite ad ottenere l'effetto desiderato ma anzi sono tornate indietro come un boomerang alla casa americana, facendo più disastri che altro.
    Con la patch 2.0, le cui novità potete leggere in questo nostro articolo, il gioco è stato completamente rivisto, una mossa utile a spianare la strada per l'arrivo di Reaper of Souls, prima grossa espansione giunta nei negozi proprio in questi giorni. Abbiamo finito l'atto V, giocato ore su ore con la nuova classe del Crociato, provato tutte le modalità extra e oggi siamo pronti come di consueto a darvi il nostro giudizio definitivo.
    Diablo è stato sconfitto per l'ennesima volta, ma la pietra delle anime è davvero troppo potente e desiderabile per non attirare le attenzioni degli esseri più pericolosi dell'intero creato. Malthael attacca Tyrael e gli Horadrim a protezione del mistico artefatto e se ne appropria, deciso a sterminare completamente il genere umano, seme ai suoi occhi dello stesso demonio. Tyrael, sopravvissuto miracolosamente all'attacco, necessita nuovamente dell'aiuto del Nephilim e lo richiama a Cuor della Marca dove i servi dell'Angelo Caduto stanno iniziando a mietere vittime.
    L'atto cinque prenderà così vita e ci vedrà combattere nelle strette viuzze di una città ormai devastata dagli scontri contro non morti e spettri di ogni tipo. La trama segue una linea narrativa piuttosto rigida, senza colpi di scena significativi o twist nella storia che possano sorprendere il giocatore. A ben vedere però Diablo non è un gioco di ruolo classico e questo elemento non è sicuramente il punto cardine della produzione, basata invece su un gameplay dinamico e da sempre estremamente caotico ma appagante.
    In questo, Reaper of Souls, non cambia di una virgola quanto di buono visto in Diablo III e lo stesso spirito di onnipotenza che i giocatori hanno provato nella versione base verrà riproposto senza variazioni anche questa volta. Che siate demon hunter, monaci o barbari poco cambierà, le prime ondate di nemici verranno letteralmente spazzate via dalla vostra forza spropositata, con una fisica dei corpi che ancora oggi è impareggiabile nel genere. Impattate violentemente su un nemico e questo verrà sbalzato a diversi metri di distanza, con ossa, arti e brandelli del suo stesso corpo a seguire: indubbiamente quello che da sempre amiamo di Diablo.
    I toni scuri visti in Diablo II tornano in questa espansione, estremamente più cupa rispetto al terzo capitolo, dove morte e oscurità ghermiranno il nostro personaggio portandolo spesso a perdersi nelle intricate viuzze che compongono le mappe di gioco. Non siamo ovviamente ai livelli di buio completo dei sotterranei di Tristram, e probabilmente mai più vi torneremo, ma l'atmosfera che si respira in Reaper of Souls è indubbiamente molto più vicina al passato rispetto al titolo precedente.

    A portare luce nelle tenebre ci penserà il crociato, la nuovissima classe aggiunta da Blizzard per l'occasione ed entrata immediatamente tra le nostre preferite.
    Per provarlo a fondo abbiamo deciso di fare un intero playthrough della campagna proprio con la suddetta classe, partendo quindi dalla nuova Tristram di Khanduras fino ad arrivare alle porte dei cieli e spaccare le eteree ossa di Malthael. Il Crociato è un omaggio ai vecchi paladini di Diablo II, ma la sua filosofia di gioco si distanzia in maniera abbastanza netta da quella versione. Arma a una mano e scudo sono ancora l'equipaggiamento principale ma la velocità di attacco non è più la scelta primaria, laddove il danno dell'arma è legato a doppio filo a quasi tutte le abilità. Un tank poderoso quindi, capace di assorbire un quantitativo di danni davvero esagerato principalmente grazie a tutta una serie di skill di mitigazione dei colpi subiti, poteri che permettono una rigenerazione vitale decisamente alta e leggi, così chiamate le auree in Reaper of Souls, grazie alle quali potenziare i personaggi che ci accompagneranno in questa avventura. Il Crociato si piazza insomma a metà tra il monaco e il barbaro, offrendo un potere difensivo allucinante e accompagnandolo con la possibilità di sfruttare al contempo le percentuali di parata del proprio scudo e convertirle in output di danno. Lo scudo non viene quindi solo visto come equipaggiamento difensivo ma può essere utilizzato come arma da lancio e perché no anche sfruttato per stordire o accecare i nemici. Se volessimo tuttavia dare un ruolo completamente differente alla classe e farla divenire un dps puro potremo sempre sfruttare la sua statistica base, la forza e riempire la nostra skill bar di abilità a corto e medio raggio, capaci di fare a brandelli interi gruppi di nemici in un batter d'occhio. Molte di queste funzionano senza sfruttare alcun tipo di risorsa mentre i colpi corpo a corpo il più delle volte richiederanno una piccola percentuale di collera, da generare attraverso le abilità primarie. Grazie alle passive inoltre potremo equipaggiare già a livello dieci un'arma a due mani e uno scudo perdendo solo il 15% della velocità di movimento, una limitazione davvero di poco conto se pensiamo che grazie al suo fidato destriero, alcune skill che ci permettono di attraversare i nemici e di un teletrasporto la mobilità della classe non sarà comunque messa in discussione. Un'aggiunta insomma decisamente apprezzabile sotto tutti i punti di vista anche se va a coprire grossomodo ruoli già presenti in Diablo III. Lord of Destruction con Druido e Assassino aveva portato in questo senso molta più varietà sia in termini numerici sia per la differenziazione negli stili di gioco.
    Il quinto atto vi durerà circa 3-4 ore ai livelli più bassi di difficoltà ma come sempre la sua durata non eccelsa è giustificata da una rigiocabilità davvero alle stelle, presi come sarete dal cercare l'equip migliore per il vostro personaggio e portarlo a livello 70, il nuovo cap stabilito dall'espansione. Il loot 2.0, analizzato nel dettaglio nel nostro precedente articolo, vi permetterà ora di trovare nei cadaveri nemici item dedicati esclusivamente alla vostra classe, con statistiche incentrate sul vostro ruolo e vi garantirà ance un drop rate nettamente superiore di leggendari e pezzi di set. Potreste quindi davvero perdervi nelle intricate rovine di Corvus o nel cimitero di Grandespina nel tentativo di frugare ogni singola zona e trovare forzieri o casse che possano regalarvi quell'oggetto che tanto bramate. Per facilitare ulteriormente le cose, aggiungendo altre ore di gioco, Reaper of Souls presenta una nuova meccanica di forzieri e miniquest. Trovate una di queste casse del tesoro speciali, solitamente enormi e circondate da un'aura rossa, e si attiveranno delle quest randomiche da completare in un tempo limitato, durante le quali dovrete ad esempio uccidere tutti gli elite nella zona o resistere a un numero ben preciso di ondate di demoni e mostri, ove in caso di successo l'aura svanirà rivelandovi il ricco contenuto dei forzieri. Una buona aggiunta che va a sommarsi al nuovissimo adventure mode, sbloccato una volta portato a termine il gioco. Tornati all'Enclave dei Sopravvissuti, nuovo HUB di Reaper of Souls, Tyrael vi mostrerà tutta una serie di incarichi sparsi per i vari atti che vi faranno viaggiare per tutti i regni alla ricerca di named, boss dalla ferocia disumana e vi getteranno all'interno di alcune delle sfide più impegnative che il gioco possa regalarvi. Completate cinque di queste missioni in un singolo atto e riceverete come premio loot extra, esperienza ed ovviamente denaro in abbondanza, ma anche dei preziosissimi frammenti di chiave che vi serviranno per aprire i portali dei Nephilim, aree extra nei quali affrontare boss ancora più potenti.
    I varchi dei nephilim solitamente presentano aree estremamente limitate come dimensione e voi non dovrete far altro che sbaragliare ogni nemico al loro interno fino ad arrivare ad evocare il signore dell'area ed affrontarlo in un pericolosissimo duello uno contro uno, o quattro contro uno nel caso foste in gruppo.

    Sappiamo tutti quanto sia importante infine avere un personaggio tamarro al punto giusto, bello da vedere e appagante in termini estetici. La cosa era realmente difficile con Diablo III dato che a meno di non avere un set ben preciso addosso qualsiasi item appariva come un'accozzaglia di oggetti casuali appiccicati al nostro alter ego ma anche questo elemento con Reaper of Souls viene sistemato con l'aggiunta di Myriam, un nuovissimo vendor capace non solo di modificare gli incantamenti del nostro equip così da perfezionarli ulteriormente, ma anche di trasmogrificare i vari pezzi donandogli le sembianze di altre armi e armature specifiche. Costruire così un perfetto cacciatore di demoni e o un tank poderoso e iper corazzato non sarà più un problema anche se all'atto pratico avremo addosso solo qualche straccettino di pezza e uno scolapasta in testa. Insomma Myriam è l'aggiunta che ci voleva per premiare l'occhio del giocatore e la sua utilità indiscussa in termini di perfezionamento delle statistiche la rende uno strumento indispensabile per affrontare le difficoltà più alte di Reaper of Souls dove le prove più impegnative ci attenderanno. Considerare conclusa l'esperienza di gioco non appena terminato l'atto V infatti va contro ogni legge di Diablo, che da sempre pone come sfida ultima l'abbattimento del boss finale in Tormento VI. Un plauso a Blizzard anche per il ribilanciamento completo della difficoltà in fase di exp con i mostri che ora si adattano al nostro livello e non più all'atto singolo, rendendo graduale la crescita del nostro PG ed evitando così le dure sessioni di farming insensato iniziale solo per arrivare ad un livello utile per proseguire nella storia. Dopo un anno dal rilascio insomma ci troviamo per le mani quello che Diablo III doveva realmente essere, con un solido gameplay, la rimozione completa della casa d'aste e meccaniche di loot completamente riviste. Blizzard ha rimediato insomma ai suoi errori passati, forse con troppo in ritardo per recuperare il disinnamoramento di molti dei fan persi per strada ma indubbiamente in tempo per acciuffare tante nuove leve, pronte a massacrare diavoli e angeli caduti.