Ethero

venerdì 29 luglio 2016

Ghostbusters

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Action-Adventure

  • Data uscita:12 luglio 2016

     

     

    Se avete almeno una trentina d'anni e provate a pensare alle glorie dei mitici anni '80, è quasi impossibile che non vi venga alla mente nulla dei cari Acchiappafantasmi. Probabilmente immaginereste i dottori Venkman, Stanz e Spengler marciare sulle note della famosissima theme di Ray Parker Jr, con Slimer svolazzante e il possente omino di marshmellow che sbuca da dietro un grattacielo. Provate pure a dire che non è così, non ci crederà nessuno.
    Il primo film è diventata un'icona, considerando che ancora oggi si lascia guardare piacevolmente rievocando quasi le stesse emozioni di trent'anni fa, e probabilmente, per questo motivo, il nuovo reboot ha lasciato scettici i più, tanto per usare un eufemismo. Ghostbusters è quindi pronto per essere proiettato in tutte le sale del Bel Paese, accompagnato da un tie-in videoludico, prodotto come al solito da Activision e sviluppato da FireForge Games, come probabile campagna marketing sussidiaria per la sponsorizzazione del film. Peccato che se dovesssimo andare in cerca di fantasmi, in questo caso l'unico che troveremmo sarebe quello della qualità che abbondava nel lontano 1984.
    Collezionare spore, muffe e funghi non era poi così male, ripensandoci
    Ghostbusters si presenta già dal primo istante come un accompagnatore del reboot suddetto, tanto da citarlo anche durante le prime battute. Mentre le nuove eroine sono intente a salvare il mondo, nella iconica caserma sono rimasti quattro acchiappafantasmi di guardia, intenti ad annoiarsi finché una inaspettata quanto copiosa invasione di fantasmi inizia ad affliggere la città. Durante le varie missioni, che vi terranno impegnati più o meno tra le 6 e le 8 ore, potete scegliere di volta in volta quale personaggio utilizzare. Parlare di caratterizzazione in questo caso potrebbe essere eccessivo, ma ognuno di loro ha a disposizione un'arma primaria e una tipologia di granata uniche, oltre che il fedele raggio protonico comune a tutti. Troviamo il classico fucile, una coppia di pistole, un fucile a pompa e una mini-gun, tutte armi che sparano raggi e che sovraccaricano il nostro zaino in spalla. Tornando ai personaggi, sono la sagra degli stereotipi. Due maschi e due femmine, una delle quali di colore. La cosa realmente triste è che danno tutti l'idea di essere dei pupazzi vuoti, senza personalità e riempiti di luoghi comuni fino ad esplodere. Il biondino che deve fare il brillante spiritoso, la ragazza di colore che accentua terribilmente i suoi tratti afro come la capigliatura a cespuglio, il big guy con la barba da boscaiolo e la bionda super tirata e tendenzialmente emo.
    Il gameplay si presenta come un simil twin-stick shooter con visuale isometrica, con la differenza però che lo sparo non è associato, come la mira, allo stick analogico destro ma al grilletto destro, che rende i comandi un po' più scomodi del dovuto. Nonostante le poche ambientazioni diverse, così come diversi sono i nemici che si incontrano di volta in volta, resta forte quel senso di somiglianza tra tutti i vari elementi e di ripetitività delle azioni da fare. Esistono tipologie di nemici più deboli, che sono spesso in grande numero o veloci, come libri posseduti e teschi demoniaci, o, più invadenti, come le orde di zombie che si avvicinano al corpo a corpo. Esistono poi dei nemici intermedi, con tanto di barra degli hp sulla testa, che hanno in genere abilità particolari come il teletrasporto, attacchi a distanza o altro, e infine ci sono mini boss e boss. Questi vanno prima picchiati come se non ci fosse un domani e, per concludere, vanno imbrigliati con il raggio protonico e schiacciati a terra con violenza, finché sarà possibile catturarli lanciando una trappola e pigiando velocemente un tasto per aumentare il moltiplicatore dei punti ottenuti. Questa pratica è forse l'unica cosa che ci ricorda effettivamente di essere in un videogioco dei Ghostbusters, e che scimmiotta vagamente le meccaniche di cattura trovate nel titolo di qualche anno fa su old gen, pur risultando stavolta troppo semplificato, noioso e incapace di dare emozioni al giocatore per aver catturato un'entità sovrannaturale.
    Questo lauto banchetto è stato pagato vendendo la cassa... del fondo cassa"
    Abbiamo già chiarito come i personaggi siano trascurabili e senza personalità, di come il gameplay sia legnoso e noioso e la storia praticamente assente. Ma per il resto?
    Ghostbusters offre un sistema di stampo ruolistico che permette, al raggiungimento dei livelli di ciascuno dei personaggi giocabili, di spendere punti abilità per potenziarsi. Cosa? Tutto. Potenza delle armi, tempo necesario per il sovraccarico, portata e danno delle granate, addirittura la velocità di camminata. Eh sì, perché all'inizio vi sembrerà di giocare quasi alla moviola, solo per giustificare la presenza di questi power up, e vi ritroverete a spammare la rotolata solo per andare più veloci e mai effettivamente per schivare. Tutti questi potenziamenti sono livellabili anche più di una volta ma non aggiungono assolutamente niente di nuovo a quanto già visto. Avete tutto a disposizione dal primo minuto, quello che potete fare è solo potenziare quello che avete già. Non si sbloccano gadget, non ci sono nemmeno i consumabili o dei collezionabili. Insomma, una produzione che pare sia stata fatta al risparmio e senza un minimo di scintilla creativa. Vi ritroverete semplicemente a vagare per la mappa dal punto A al punto Z, passando per gli altri punti intermedi dotati di checkpoint, utilizzando il radar per trovare aree segrete e glifi a terra che vi daranno punti extra, fino al boss, ogni livello.
    Tecnicamente il titolo Activision si difende in teoria bene, utilizzando addirittura l'Unreal Engine 4. La grafica è graziosa e colorata, forse davvero uno dei pochi punti a favore di questo titolo, con uno stile cartoon che fa molto serie animate contemporanee, mentre per la colonna sonora si sono affidati all'usato garantito dove è impossibile sbagliare. COntinuando con l'audio, riesce addirittura a stonare l'utilizzo di doppiatori, per la localizzazione italiana, di un certo livello e con voci riconoscibilissime come quella di Emanuela Pacotto. Peccato i dialoghi veramente pessimi, che cercano di far ridere ma con freddure da cabaret di periferia, che sarebbe facilmente finito con un lancio di verdure non propriamente fresche di giornata.
    L'ultimo tassello che vogliamo analizzare è, purtroppo, l'intelligenza artificiale. Se dai nemici più comuni potremmo pure aspettarci dei pattern quasi sempre identici, oltre qualche incertezza nei movimenti, è più difficile chiudere un occhio per quanto riguarda quelli che dovrebbero essere i boss. La ciliegina sulla torta però è l'IA dei compagni. Camminando potreste guardarvi attorno e vedere che ci manca qualcuno, rimasto incastrato nei rarissimi elementi immobili della mappa e lo ritroverete solo dopo una cutscene; peccato che in certe occasioni vi impediranno addirittura di proseguire. Nella nostra prova è capitato che venissimo atterrati e bastava che un compagno ci venisse vicino per rivitalizzarci. Pur in totale assenza di ulteriori nemici, i tre si guardavano attorno spaesati senza muovere un dito, costringendoci a ricaricare dal checkpoint.

martedì 26 luglio 2016

Ride 2

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Simulazione guida

  • Sviluppatore:Milestone

  • Data uscita:Autunno 2016

     

     

    22 luglio, la maggior parte delle persone è riuscita finalmente a raggiungere l’agognata meta per le ferie chi al mare, chi in montagna, chi semplicemente il più lontano possibile dall’ufficio. La nostra meta della giornata sono stati invece gli studi di Milestone a Milano per assistere alla presentazione di Ride 2, seguito del titolo di corse motociclistiche uscito nel 2015. Per fortuna il clima, tutto fuorchè soleggiato, ha aiutato questa gita fuori porta, destinata a concludersi a bordo di in una ducati supersportiva virtuale da 130 e passa cavalli, ma andiamo con ordine. 
    Ride fu un titolo dalle indubbie qualità, ma anche dai numerosi difetti, la maggiore delle prime fu quella di andare a riaprire il mondo dei videogiochi a tutte quelle persone, appassionate di moto, che dai bei tempi di Tourist Trophy per PS2 non erano riuscite a trovare un degno sostituto che soddisfacesse il desiderio delle due ruote anche a casa, in un contesto a portata di mano anzi, a portata di joypad. Il titolo originale in casa Milestone è stato visto come un esperimento con pregi e difetti, ma comunque necessario per ridefinire gli standard di questo particolare sottogenere da tempo dimenticato; la strada era quella giusta, ma qualche inciampo nella realizzazione purtroppo ci fu e su questo non ci sono grossi dubbi. 
    Ride 2 in questo senso si prospetta l’evoluzione naturale del brand con un miglioramento di tutto quello che in Ride in un modo o nell’altro non era riuscito a eccellere: un parco moto decisamente ampliato, con più di 230 modelli di quasi tutte le case produttrici note, molti più tracciati, un modello di guida ancora più realistico e infine caricamenti decisamente più brevi. Date le premesse interessanti della presentazione ci siamo gettati senza attese nella prova del titolo, disponibile in una build PS4 abbastanza avanzata nello sviluppo.
    La prima cosa che abbiamo fatto, appena preso in mano il pad, è stata quella di disattivare gli aiuti, perché è fuor di dubbio che in questo genere di giochi l’obiettivo sia godersi una moto esattamente come è nella realtà. Avere la trazione gestita automaticamente con una supermotard e non sentire la necessità di aprire dolcemente la manopola dell’acceleratore per non rischiare di perdere aderenza già in partenza, è qualcosa che può andare bene solo in fase di apprendimento. Abbandonati dunque questi freni, abbiamo preso una BMW S1000RR e ci siamo fiondati tra le curve leggendarie del tracciato del Nurburgring. Non volevo avere a che fare subito con una moto troppo sportiva per sentirne il peso e apprezzare ogni singola curva del circuito. Sono rimasto sorpreso dal legame molto più sentito che nel precedente capitolo con l’asfalto, con le gomme ora realmente a contatto con il fondo stradale. Apprezzabilissima anche la traduzione del peso della moto in un gameplay dinamico dove ogni entrata in curva necessita di uno spostamento diverso dei pesi, per non parlare dei cambi di direzione dove bisogna proprio aspettare delle quantità variabili di tempo prima della piega successiva.
    Rispetto alla naked provata, infatti, il discorso è completamente diverso con una supersportiva o una supermotard, moto che fanno della precisione e della rapidità i loro punti di forza. Certo, proprio per questo motivo, è necessario prestare molta più attenzione ai piccoli movimenti, al momento delle entrate in curva e alla quantità di gas in uscita, perché basta davvero poco per perdere aderenza ed eventualmente finire disarcionati dal nostro bolide.
    Dalla prova delle diverse moto disponibili è risultato che, mentre le categorie presenti anche nel precedente capitolo hanno mostrato un reale upgrade della fisica della guida raggiungendo un buon livello di guidabilità, questo non può essere detto per le neo-arrivate super-motard. Da una parte la necessità di imporre un modello di guida basato sulla perdita del posteriore, dall’altra il bisogno di un realismo fatto dell’estrema reattività di queste moto, il risultato è che quest’ultime convincono ancora poco e a meno di un controllo sopraffino del gas, sono davvero ingestibili. Per fortuna, una volta presa la mano, si riesce a stare in pista, ma purtroppo non si ha per niente l’idea di avere il pieno controllo del mezzo; c’è anche da dire che questa categoria, essendo la più nuova, ha un margine di miglioramento più ampio. 
    In questo nuovo capitolo è stata anche ampliata la possibilità di customizzare tecnicamente ed esteticamente le moto, con un numero di componenti che supera il migliaio. Si potrà anche modificare il nostro alter-ego virtuale con l’abbigliamento che preferiamo, e possiamo scegliere se essere uomini o donne; la scelta purtroppo è solo estetica e non va a cambiare il rapporto con la moto, anche a fronte di 30kg o più di scarto che in molte occasioni farebbero la differenza.
    Dal punto di vista grafico, il gioco non esalta, ma migliora di certo il precedente capitolo su più fronti: il dettaglio con cui sono riprodotti moto e piloti è decisamente elevato, mentre le piste, ancora forse un po’ poco definite, sono state ricostruite da zero. Quest’ultime sono state rifatte per adattarsi al meglio a un nuovo aggiornamento del motore di gioco proprietario di casa Milestone; upgrade che ha portato anche un maggiore range di condizioni meteorologiche tra cui la pioggia, che però rimane un elemento da definire prima della partenza e non dipendente da una funziona dinamica, come in altri giochi di guida.

giovedì 21 luglio 2016

Escape from Tarkov

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Sparatutto

     

     

    Il gioco di cui parliamo oggi, sebbene sia ancora in fase alpha, si propone l’ambizioso obiettivo di riuscire a creare un’esperienza da MMO story-driven, accompagnando il tutto con evidenti elementi da survival, gioco di ruolo action e sparatutto in prima persona. Scopriamo allora come si sta evolvendo questo interessante progetto sviluppato da Battle State Games, chiamato Escape from Tarkov.
    In Escape from Tarkov i giocatori verranno immersi in uno scenario fantapolitico incentrato sulla fittizia cittadina russa di Tarkov, teatro di scontri tra due compagnie militari private chiamate BEAR e USEC. Sullo sfondo, fanno da contraltare la Federazione Russa e le Nazioni Unite, coinvolte in uno scandalo politico all’interno della regione di Norvinsk, di cui Tarkov rappresentava proprio uno degli snodi commerciali più importanti. Con la popolazione civile ormai evacuata, Tarkov è rimasta preda di razziatori e mercenari, pronti a combattere per le ultime ricchezze della città. L’obiettivo dei giocatori, allora, sarà proprio quello di scappare dalla metropoli, attraverso poco più di dieci scenari, sbloccabili di volta in volta dopo aver compiuto determinate azioni.
    Come si può vedere, dunque, il background narrativo è decisamente pieno di suggestioni: dal punto di vista concreto, secondo le informazioni attualmente disponibili, la narrativa dovrebbe prendere la forma di un lungo flashback; due personaggi, la cui identità non è stata ancora chiarita, racconteranno le vicende passate di Tarkov, che il giocatore vivrà in prima persona. Rimane ancora da vedere in che modo l’impianto narrativo verrà implementato all’interno di quello che, in ogni caso, rimane un MMO; tutti i giocatori di un determinato server, ad esempio, agiranno all’interno di un mondo comune, in cui l’ora del giorno e le condizioni meteorologiche saranno medesime per tutti.
    Il giocatore potrà vivere le vicende di Escape from Tarkov tramite due modalità differenti, grazie alle quali si impersonerà uno Scavenger, oppure un ex membro della PMC BEAR. Le differenze di gioco tra le due opzioni sembrano essere sostanziali: la modalità Scavenger, attivabile dopo aver raggiunto il livello di abilità 10, rappresenta una sfida più leggera, in cui il gioco proporrà uno scenario in cui l’utente avrà a disposizione armamenti e condizioni casuali. L’obiettivo di questa modalità è girovagare per gli ampi scenari alla ricerca di prezioso loot da poter trasferire, in un secondo momento, al proprio personaggio principale, protagonista dalla modalità PMC. Se si muore mentre si è in modalità Scavenger, inoltre, non si perderanno i propri armamenti, al contrario di quanto accade nell’altra opzione di gioco.

    Il fulcro del gioco, in ogni caso, sembra essere proprio la modalità PMC. Con questa opzione, infatti, si partirà con il proprio personaggio di livello 0 e si dovranno attraversare tutti gli scenari che portano alla fuga da Tarkov. La vita, però, non sarà semplice: per prima cosa, se si muore in questa modalità, alla stregua di quanto succede ad esempio in DayZ, si perderà tutto il proprio loot, costringendo il giocatore a ricominciare tutto da capo. Sebbene il titolo possa essere giocato in solitaria, gli sviluppatori sembrano consigliare un approccio maggiormente collettivo, benché avvertano di stare attenti; in Escape from Tarkov, infatti, ognuno pensa a sé, e il fuoco amico è più che tollerato. In ogni caso, i primi nemici con cui si verrà a contatto sembrano essere gli scavenger guidati dalla IA, che rappresenteranno un discreto banco di prova. Nelle sequenze mostrate finora dagli sviluppatori, infatti, è stato possibile vedere come le dinamiche da FPS vadano a mischiarsi con azioni elusive, in cui è necessario nascondersi negli anfratti offerti dalla vegetazione. Ovviamente, tutto ciò è ancora più divertente se si è in compagnia di uno o più amici. Rimane da vedere come verrà gestito il PvP: per adesso, infatti, oltre alle morti accidentali avvenute durante le sparatorie con la IA non è stato mostrato molto altro in questo senso. È possibile dire già da ora, però, della presenza di punti Karma: se si uccide un proprio alleato si subiranno delle penalità, ovvero dei malus di varie entità.
    Per quanto riguarda la gestione del proprio personaggio, gli sviluppatori hanno garantito una varietà che, se dovesse essere confermata, sarebbe veramente importante. Non parliamo tanto di personalizzazioni estetiche, che sembrano essere abbastanza limitate, ma di elementi tipici dei giochi di ruolo; il nostro soldato dovrebbe poter contare su un sistema di circa 100 skill, che dovrebbero dividersi in cinque categorie: abilità mentali, in combattimento, pratiche, speciali e fisiche. All’interno di ogni macrotipo trovano posto le skill più disparate, che includono la resistenza, la salute, il metabolismo, la capacità di fronteggiare lo stress. Per “livellare” in ognuno di questi alberi di abilità, il giocatore dovrà compiere determinate azioni, ma non basta: se si trascura per molto tempo l’esercizio di una certa skill, il suo livello ne risentirà, diminuendo.
    Il nostro personaggio, poi, sarà monitorato costantemente: la salute, un po’ come negli ultimi Fallout, è relativa a diverse parti del corpo, e non è stato escluso che si possa morire semplicemente per dissanguamento, magari dopo un colpo non proprio mortale ma comunque ben assestato. Potremo conoscere praticamente ogni parametro del nostro personaggio: pressione sanguigna, temperatura corporea, idratazione, livello di radiazioni. Tutto ciò influenzerà le nostre prestazioni, anche se non è stato ancora chiarito bene come.

    Il sistema di progressione del personaggio di Escape from Tarkov è indubbiamente affascinante, ma l’elemento che finora ci ha impressionato di più è la gestione delle armi. Il titolo sembra consentire una quantità pressoché infinita di modifiche e potenziamenti; stando a quanto visto finora, in effetti, dovrebbe essere possibile cambiare qualsiasi particolare venga in mente, grazie proprio al prezioso loot che si recupererà nei vari livelli. L’unico limite a queste modifiche sembra essere la fantasia del giocatore che, difatti, modificando l’arma potrebbe anche peggiorarne l’utilizzo, ad esempio aggiungendo un mirino troppo avanzato su un mitra che presenta un eccessivo rinculo.
    Escape from Tarkov prende la faccenda degli scontri a fuoco decisamente sul serio: il sistema balistico del gioco, infatti, sembra essere parecchio avanzato. Non solo sono presenti diversi tipi di munizioni, ma ogni proiettile avrà una velocità propria e reagirà in maniera differente al contatto con le diverse superfici, difatti trapassandole, o addirittura deviando il proprio corso. Questo significa che un giocatore, bontà sua, potrebbe morire a causa di un proiettile rimbalzato su una qualche superficie o, peggio, che un solo proiettile potrebbe trapassare una prima vittima, e continuare la sua corsa verso un altro soldato.
    Per ultimo, un accenno al comparto tecnico, anch’esso molto promettente: la grafica appare moderna e particolareggiata, con una speciale menzione per la realizzazione delle condizioni atmosferiche, che sembrano beneficiare di una illuminazione particolarmente ben realizzata. In questo ambito, però, siamo rimasti maggiormente colpiti dal sonoro, veramente già ottimo nei suoi rumori ambientali, sia che si tratti delle armi, sia dei semplici suoni derivanti dalla natura.

martedì 19 luglio 2016

Urban Empire

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Gestionale

  • Sviluppatore:Reborn Interactive

  • Data uscita:gennaio 2017

     

     

    Dagli sviluppatori di Tropico è in arrivo un titolo con tutte le carte in regola per stupire i fan dei gestionali più estremi: quei giochi che non lasciano nulla al caso e che, con un’infinità di elementi da tenere sotto controllo, possono davvero soddisfare i più reconditi e perversi desideri di questo genere di giocatori. In questo caso stiamo parlando di Urban Empire, nuova IP dei Reborn che vuole rinnovare a suo modo i city builder, introducendo variabili inedite e portando finalmente in rilievo uno degli aspetti più inesplorati ma al contempo fondamentali che governano le sorti di una città: la politica.
    Nel corso della vita dei city builders, siamo partiti da una struttura di crescita basata principalmente sull’accumulo di risorse e sullo sviluppo economico per arrivare a un sistema di gradimento delle nostre scelte da parte degli abitanti sotto variegate forme più o meno complesse. Aver vissuto i giochi passati nei panni di un sindaco di queste fittizie città voleva dire essere i padroni indiscussi del mondo e ogni scelta, per quanto sciocca o dissoluta, aveva come unico freno l’eventuale esborso economico fuori budget oppure l’incipit di un circolo vizioso tale da portare al fallimento o al collasso del sistema cittadino. Sia ben chiaro, niente di tutto questo è destinato a sparire perché, anzi, proprio queste sono le basi solide su cui poggia Urban Empire, ma oltre a ciò c'è anche molto altro.
    Ogni partita copre un arco di tempo di ben 200 anni, dal 1820 al 2020, passando attraverso realtà estremamente diverse fra loro. In pratica rivivremo tutta la crescita industriale e potremo ripercorrere i momenti salienti che hanno caratterizzato l’evoluzione economica e scientifica di questi due secoli. Ad accompagnarci in questa avventura ci sarà questo forte e articolato sistema politico, basato su partiti che appoggeranno le nostre proposte o vi si opporranno  ferocemente. Il loro comportamento dipenderà principalmente da noi, una buona gestione potrebbe convincere i cittadini a votare in favore del partito che ci supporta, mentre al contrario scelte sbagliate potrebbero finire col farci avere un parlamento ostruzionista, che renderà davvero difficile esercitare i nostri poteri. Con questo elemento a fare da sfondo a qualsiasi attività, ci ritroveremo così a compiere le solite faccende a cui siamo abituati. 
    Per far progredire la nostra metropoli potremo ricorrere a un grafo diviso nelle varie età e concentrare le risorse nello sviluppo di un'area di ricerca piuttosto che un'altra; a seconda dell’ordine con cui decideremo di perseguirle, cambieremo radicalmente la faccia della città. Per esempio investire nelle industrie farà sì che saranno costruiti molti palazzoni per ospitare gli operai, situazione che a sua volta allontanerà sempre di più da quel quartiere le famiglie abbienti della città, andando a formare il variegato mosaico cittadino.
    Ciascuna zona, per quanto sviluppabile e personalizzabile, avrà strutture predefinite a seconda della collocazione geografica rispetto al territorio e rispetto agli altri quartieri. Nel momento in cui daremo il via all’urbanizzazione di un’area nei pressi di un fiume troveremo infrastrutture fluviali e così anche per tutte le altre configurazioni morfologiche. Saremo poi noi a decidere le dimensioni e le forme di ciascun distretto, con un editor che, in questo senso, lascia una libertà pressochè totale; sarà facilissimo incastrare fra loro quartieri che, per adeguarsi al territorio, dovranno assumere conformazioni tutto fuorchè lineari.
    Tantissimi elementi che ricordano molto il mondo degli strategici a turni, ma che sono visti da un punto di vista cittadino: niente popoli o nazioni, ma realtà sociali ben definite come i partiti, di cui abbiamo già parlato, e le famiglie di potere. Quest’ultime costituiranno un altro elemento importante nell’intricato gioco delle parti, andando a formare un’abbozzata componente ruolistica parallela alla struttura gestionale del titolo, anche se non è ancora chiarissimo in che modo questa andrà a realizzarsi: macro gestione e micro gestione sono dunque chiamate in Urban Empire ad alternarsi in ogni singolo momento della partita. 

lunedì 18 luglio 2016

Ghost 1.0


  • Piattaforme:PC

  • Genere:Action-Adventure

     

     

    Nella scena indipendente non mancano di certo gli sviluppatori talentuosi, professionisti in grado di realizzare, nonostante la ridotta risonanza mediatica, titoli capaci di attrarre l'utenza grazie a caratteristiche uniche o ad una qualità generale che si è soliti associare alla figura dello sviluppatore stesso. Non deve dunque sorprendere che siano stati in molti a drizzare le orecchie dopo aver sentito che Francisco Téllez de Meneses stesse lavorando ad un nuovo gioco. Il nome appena citato potrebbe essere familiare ad alcuni di voi, in quanto appartenente al creatore di Unepic, un titolo che ricevette un'accoglienza piuttosto fredda da parte della critica, ma che venne estremamente apprezzato dai giocatori grazie a  caratteristiche come l'umorismo, il citazionismo e l'ottima scrittura dei dialoghi. Ghost 1.0 presenta tutti questi elementi, elementi che a questo punto potrebbero essere considerati come veri e propri marchi di fabbrica dello sviluppatore. Téllez e i suoi collaboratori saranno riusciti a dimostrarsi tanto abili nel campo della fantascienza quanto lo sono stati in quello del fantasy?

    Ghost 1.0 rientra senza riserve nel filone dei metroidvania, in quanto presenta una struttura e delle meccaniche riconducibili a tale genere. Nonostante questo il titolo non manca di caratteristiche estremamente peculiari, che riescono ad attribuire un'identità specifica all'opera di Téllez. Prima di addentrarci nei meandri del gameplay, vero e proprio cardine dell'esperienza offerta dal titolo, è doveroso spendere qualche parola sulla sua componente narrativa, la quale, nonostante sia decisamente secondaria, non manca di stupire piacevolmente.
    Quella di Ghost 1.0 è un'ambientazione assolutamente futuristica, che affonda le sue radici nell'immaginario tipico della fantascienza e del cyberpunk degli anni '80. Siamo in un remoto futuro, la vita delle persone è stata totalmente stravolta dall'arrivo sul mercato di un prodotto chiamato Naka. Non si tratta di un elettrodomestico o di una nuova versione di smartphone, bensì di veri e propri androidi, replicanti estremamente avanzati, incredibilmente intelligenti e persino dotati di una sorta di coscienza non dissimile da quella degli umani. Attirati dalla possibilità di ottenere ricchezze oltre ogni immaginazione, Jacker, un abile hacker, e Boogan, un capace ricercatore, tenteranno un'impresa senza precedenti e dalla percentuale di successo assai esigua: infiltrarsi nel centro spaziale della Nakamura Corporation, casa produttrice dei Naka, e rubare gli algoritmi delle intelligenze artificiali da loro create, così da scoprire il segreto che si cela dietro il loro funzionamento. Per farlo assolderanno Ghost, un'agente segreto in grado di controllare da remoto qualsiasi robot nelle vicinanze. L'infiltrazione si rivelerà tutt'altro che semplice, e non mancheranno svariati incidenti di percorso. L'inaspettato mettere tuttavia in luce alcuni dei segreti più oscuri che la compagnia custodisce gelosamente, segreti che potrebbero rivoluzionare l'assetto politico ed economico dell'intero pianeta.
    La storia di Ghost 1.0 è anche uno dei suoi principali punti di forza. Nonostante l'ambientazione ed il setting non siano esattamente una novità nel panorama fantascientifico, abbiamo comunque apprezzato la trama del titolo, essendo essa narrata con modalità e tempistiche davvero ben calibrate. La narrativa infatti si sviluppa in maniera costante per l'intera durata dell'avventura, senza mai venire trascurata o essere eccessivamente messa da parte. Allo stesso tempo, essa riesce a non soffocare il gameplay, grazie ad un ritmo di narrazione uniforme e ben cadenzato. Tutti i dialoghi e le cutscene sono infatti distribuite in modo da garantire un'efficace alternanza tra sezioni di gioco e parti in cui la trama si sviluppa. Ottimo anche l'avvicendamento di momenti seri ad altri più leggeri ed ilari, con siparietti e gag spesso molto divertenti, caratterizzati dallo stesso citazionismo canzonatorio che contraddistingueva Unepic. Persino i personaggi, che non godono di profili psicologici particolarmente complessi o sfaccettati, risultano immediatamente riconoscibili, già dalle loro primissime apparizioni. Tutto ciò è dovuto principalmente alla qualità della scrittura dei dialoghi, che si mantiene sempre di alto livello. Non mancano poi colpi di scena, che nonostante siano anch'essi piuttosto inflazionati, riescono a dare alla trama quella piega improvvisa in grado di mantenere costante l'interesse del giocatore. Insomma, quella proposta in Ghost 1.0 è una storia senza troppe pretese, che evita spesso e volentieri di prendersi sul serio, e che non brilla per originalità. Tuttavia essa rimane comunque estremamente godibile, divertente ed interessante.

    Per quanto buona, la trama di Ghost 1.0 non è altro che un contorno gustoso, le cui virtù non fanno altro che esaltare le qualità della portata principale, ovvero il gameplay. Come abbiamo già accennato poc'anzi, il titolo è un metroidvania bidimensionale, con una struttura e con delle meccaniche direttamente riconducibili a tale genere. Partiamo con le basi: Ghost potrà muoversi liberamente sia in orizzontale che in verticale, potendo contemporaneamente sparare in un'area di 360° intorno a sé, utilizzando il mouse o lo stick destro del pad per spostare il puntatore della mira. La progressione avviene tramite l'attraversamento di aree suddivise in stanze più o meno estese, dove il combattimento sarà spesso alternato da fasi platform e puzzle ambientali.
    Fin qui, insomma, nulla di nuovo. La prima novità giunge tuttavia già ancor prima di iniziare l'avventura, grazie ad una particolare scelta che influirà pesantemente sullo svolgimento della partita. Esistono infatti ben due modalità con cui è possibile affrontare Ghost 1.0. La prima, quella classica, ci pone davanti ad un'esperienza fortemente assimilabile alla tradizione dei Metroidvania, dove i potenziamenti saranno concessi al giocatore con più parsimonia, ma in maniera definitiva, ottenendo dunque una crescita del personaggio lenta ma costante. La seconda, quella survival, consente di adottare un approccio più simile ai Roguelike, in cui ottenere potenziamenti sarà molto più semplice ed immediato nel breve periodo, ma con il rischio di perdere quanto accumulato in seguito alla morte (potrete tuttavia recuperare una piccola porzione di quanto perso nel caso torniate nel luogo della vostra dipartita). Come potete ben notare, si tratta di due tipi di esperienza profondamente diversi, ma che si innestano entrambi perfettamente nella struttura di gioco di Ghost 1.0. Noi abbiamo scelto la modalità survival, e avendola apprezzata particolarmente non possiamo che consigliarvela. Il timore di morire vi terrà infatti continuamente sulle spine, scongiurando definitivamente ogni possibile parvenza di noia, mentre la reperibilità di power up renderà la vostra esperienza molto più variegata e completa di quanto lo sarebbe con la modalità classica, soprattutto in virtù dell'elevato numero di potenziamenti presenti.
    Proprio su questi, e più in generale sulla crescita e personalizzazione del personaggio, vorremo spendere alcune parole di approfondimento. Téllez e i suoi collaboratori hanno ideato un sistema di sviluppo dalle molteplici possibilità e sfaccettature, comprendente power up, armi da fuoco, oggetti attivi ed infine talenti. Questi ultimi sono stati implementati in modo similare a quanto può essere visto in un gioco di ruolo. I talenti sono infatti distribuiti su ben cinque rami e tre livelli di potenziamento, con la possibilità di spendere un punto per ottenere un singolo talento. Tali punti non si otterranno tuttavia sconfiggendo i nemici o accumulando esperienza, ma si troveranno sotto forma di veri e propri oggetti da raccogliere, distribuiti in numero limitato in delle specifiche locazioni dal raggiungimento obbligatorio. Tutto ciò permette di costruire personaggi dalle build uniche, che meglio si adattano al proprio stile di gioco. I talenti infatti non solo sono numerosi, ma offrono un ventaglio di effetti piuttosto ragguardevole, influenzando ed agendo tanto nel combattimento, quanto nell'esplorazione. I power up potranno invece essere principalmente ottenuti facendo scattare degli allarmi specifici sparsi per l'intera mappa di gioco, con l'imposizione di dover affrontare combattimenti più o meno lunghi, in una vera e propria orda. La particolarità di questi scontri sta nell'aumento progressivo del livello di allarme, che andrà ad incrementarsi per ogni orda superata, resettandosi solo in caso di morte. Chiaramente ad un livello di allarme più alto corrisponderà un combattimento non solo più lungo, ma anche con nemici più numerosi e forti. Risulta quindi evidente come la troppa avidità possa essere fatale in Ghost 1.0. A tal riguardo è doveroso specificare come solo una piccola parte degli allarmi presenti siano realmente obbligatori.
    Grazie a tutte le caratteristiche elencate, i combattimenti del titolo sono molto vari e frenetici, da non prendere mai troppo sotto gamba. Un'ulteriore caratteristica interessante deriva dalla capacità di Ghost di possedere gli altri robot. L'agente può infatti abbandonare temporaneamente il proprio telaio meccanico (che rimarrà comunque vulnerabile nel caso dovesse essere colpito), potendosi muovere liberamente per la mappa sotto forma di presenza spirituale o, con un termine decisamente più azzeccato, di spettro. In tale forma non solo si sarà totalmente invulnerabili, ma basterà avvicinarsi ad un robot umanoide per prenderne il controllo. Questo escamotage permette di affrontare molte situazioni di estremo pericolo con un approccio decisamente più strategico e, di conseguenza, più sicuro. Potrete infatti far distruggere i nemici fra loro, attivare meccanismi inaccessibili o persino esplorare i dintorni ed eliminare gli ostacoli sul percorso. Esistono inoltre potenziamenti in grado di migliorare i robot controllati, rendendo tale approccio eseguibile persino in mezzo al combattimento. L'utilizzo di tale meccanica è in realtà quasi sempre facoltativa, eccezion fatta per una particolare fase di gioco che a nostro parere è stata dilatata fin troppo, nonostante in essa si trovino alcuni (se non tutti) fra i puzzle più complessi del titolo, risultando persino frustrante nel caso non si sia investito in questa capacità.

    La componente esplorativa è invece piuttosto classica. La Nakamura è un enorme complesso spaziale diviso in macro aree e avanzare all'interno della base non comporterà unicamente un confronto con la sicurezza, ma anche il superaramento di tutti gli ostacoli posti nell'ambientazione. Come abbiamo già detto le fasi platform non mancheranno, così come i puzzle ambientali, alcuni dei quali sono anche piuttosto complessi. La varietà non è estrema, ma bastevole a non stancare eccessivamente il giocatore (nonostante non manchino alcune sezioni che tendono a prolungarsi più di quanto dovrebbero). Il tutto è inoltre condito da un'elevata quantità di segreti, sparsi praticamente in quasi ogni stanza. Compiendo infatti alcune azioni specifiche, come sconfiggere tutti i nemici, raggiungere un determinato punto o aprire una scorciatoia, appariranno dei piccoli frammenti di anima, che si sparpaglieranno per l'intera stanza. Basterà assumere la forma spettrale per raccoglierli, ottenendo così un oggetto consumabile o un piccolo potenziamento permanente (tale anche nella modalità survival). Sebbene sulla carta sia una trovata interessante per disseminare la zona di segreti ed ottenere ricompense dal ritrovamento di essi, la sua esecuzione tende a farsi monotona dopo le prime fasi di gioco, complice la lentezza di Ghost in forma spettrale. La progressione generale viene invece dettata dal raggiungimento di specifici obiettivi, assegnatici di volta in volta da Jacker e Boogan. Solitamente si tratterà di raccogliere oggetti particolari (come le parti di una tessera d'accesso) o di interagire con alcuni punti di interesse.
    Segnaliamo inoltre la presenza di stanze particolari, quali quella della stampante 3D e quella del negozio. Nella prima non solo ci si potrà curare completamente, ma essa fungerà da vero e proprio checkpoint, sia per il teletrasporto tra le varie zone, sia per il respawn dopo la morte. In generale la distribuzione delle stampanti 3D è ben calcolata, sebbene non manchino frangenti in cui non ci sarebbe dispiaciuto vederne una maggiore frequenza. Nei negozi potrete spendere la valuta di gioco per acquistare potenziamenti e oggetti consumabili. Il denaro è qui presente sotto forma di cubi energetici, lasciati cadere dalla maggior parte dei nemici. Tali cubi, nel caso non vengano raccolti velocemente, diminuiranno progressivamente di dimensione, così come anche di valore. Non è affatto difficile accumulare grandi quantità di denaro (soprattutto con i giusti potenziamenti), ma sappiate che un'eventuale morte vi farà perdere tutti i vostri guadagni, che stiate giocando in modalità classica o survival.
    Parlando di morte, se sperate che Ghost 1.0 sia un gioco semplice, allora rimarrete delusi. Il titolo vi farà sudare per bene, soprattutto grazie a dei picchi di difficoltà davvero accentuati. 

    Effettivamente una maggior cura nella regolazione della curva di difficoltà sarebbe stata tutt'altro che sgradita, vista la sua natura irregolare. Che sia per mano di un determinato boss o per via di un particolare puzzle ambientale, ci saranno inevitabilmente delle morti, spesso anche molto frequenti. Niente che tuttavia non si possa risolvere con una buona dose di abilità e pratica. Sui boss in particolare è proprio il caso di aprire una parentesi. Essi non sono molto numerosi, ma compensano ampiamente tale difetto con un'ottima varietà. Ogni scontro infatti sarà estremamente diverso dall'altro, con boss dalle caratteristiche particolari, con pattern di attacco vari ma precisi, con gimmick sempre diverse da sfruttare per avere la meglio. Anche l'intelligenza artificiale è molto buona, cosa riscontrabile persino nei normali nemici. Ovviamente l'andamento di uno scontro, oltre che influenzato dalle abilità del giocatore, dipenderà molto dal proprio arsenale. In modalità survival in particolare, sopravvivendo abbastanza da ottenere i potenziamenti più forti, potreste essere in grado di diventare delle vere e proprie macchine da guerra, praticamente inarrestabili. Da sottolineare anche che nel caso si muoia contro un boss, sarà possibile ripartire immediatamente davanti ad esso, senza alcuna perdita di potenziamenti o risorse. Parlando dei nemici normali, non possiamo che esaltare la loro varietà, tra robot bipedi, torrette laser, mach corazzati, macchine volanti e così via. Ognuno di essi inoltre possiede comportamenti differenti, oltre ad armi ed attacchi specifici.
    In generale ci troviamo davanti ad un prodotto curato, non certo privo di difetti strutturali e di scelte di game design saltuariamente discutibili, ma comunque funzionante e godibile nel suo complesso. Nonostante tutto non ci sarebbe dispiaciuto vedere un po' di varietà in più, non tanto nelle meccaniche, quanto piuttosto nelle situazioni da affrontare e nei compiti da eseguire. È inoltre probabile che alcuni contenuti siano stati tagliati durante lo sviluppo, come testimoniano la presenza di alcune stanze con all'interno dei piccoli mini boss, che però non ricompensano il giocatore in alcun modo. Niente di troppo grave nell'economia generale di gioco, ma è giusto farlo notare.

    Tecnicamente Ghost 1.0 rispecchia la sua natura indipendente, presentandosi con un 2D che non brilla di certo per complessità, ma resta gradevole all'occhio. In particolare abbiamo apprezzato le animazioni, veramente ben fatte, in grado di rendere perfettamente la sviluppata mobilità della protagonista, trasmettendo persino un piacevole senso di fluidità tanto nell'esplorazione quanto nei combattimenti. L'ambientazione di per sé non è molto varia, ma essendo (quasi) l'intero gioco ambientato in una base spaziale è anche giustificabile. Davvero ottimo invece il sonoro, con tracce che si sposano perfettamente con l'ambientazione futuristica cyberpunk, ed in particolar modo con il doppiaggio, capace di dare ulteriore spessore ed identità a personaggi già ben scritti di suo.
    Ragguardevole anche la longevità. Giungere ai titoli di coda potrebbe richiedervi dalle dieci alle quindici ore di gioco (a seconda del livello di difficoltà, del grado di esplorazione e della vostra abilità), le quali però possono essere incrementate sensibilmente dal fattore rigiocabilità, qui presente in modo preponderante. I diversi livelli di difficoltà, la varietà dei potenziamenti, la modalità survival e classica, l'elevato numero di achievement, rendono il titolo assolutamente rigiocabile, senza che questi venga troppo presto a noia. Per la gioia di molti inoltre tutti i testi sono tradotti in lingua italiana, presentando solo piccole sbavature isolate. Con un prezzo di acquisto decisamente conveniente per i contenuti offerti (circa tredici euro), non possiamo in definitiva fare a meno di consigliare l'acquisto del titolo a chiunque sia anche minimamente interessato ad esso.

domenica 10 luglio 2016

On Rusty Trails

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Platform

  • Sviluppatore:Black Pants Studio

  • Data uscita:Estate 2016

     

     

    Scegliere di foggiare il proprio lavoro attorno ai canoni del platform game, per gli sviluppatori contemporanei, rischia di essere spesso un’arma a doppio taglio. Il genere di Super Mario, Sonic e compagnia saltante è infatti uno dei più duraturi e fecondi della storia del gaming, basato su meccaniche dall’apprendimento istantaneo che, se coniugate con criterio, hanno la capacità di offrire esperienze adatte a un ventaglio d’utenza realmente ampio. È però anche un genere che, almeno nell’ultima decade, di evoluzioni decise non ne ha pressoché mostrate e, specie con l’avvento degli indie di piccola taglia, si ritrova oggigiorno saturo di prodotti fatti con lo stampino, perlopiù incapaci di dare lustro a questa tradizione ormai quasi quarantennale. La soluzione, laddove di cenni evolutivi non se ne intravedono, può comunque essere quella di portare a compimento un’opera che sia quanto più possibile inattaccabile a livello formale, in grado di ribattere a un’originalità scarsa o nulla con una qualità sempre ben avvertibile. È questo il caso di On Rusty Trails, ultima fatica dello studio di sviluppo tedesco Black Pants Game, che, pur non discostandosi più di tanto da una struttura platformer tradizionale spalmata su sfide di durata breve, risulta infine essere un’opera tanto sobria quanto gustosa.
    Star di On Rusty Trails è il piccolo Elvis, esserino piramidale fatto di metallo che ha appena visto la propria casa frantumarsi in mille pezzi a seguito di un improvviso attacco aereo. Forte del contratto nelle sue mani, il nostro nuovo amico aguzzo decide di far valere i propri diritti e parte per un viaggio in cerca di una dimora sostitutiva. Scelta comprensibile ma alquanto azzardata, dato che nei lidi limitrofi è in corso una guerra feroce tra due fazioni, quella delle piramidi rosse – il popolo di Elvis, evidentemente – e quella dei mostriciattoli blu senz’occhi. L’avventura si sviluppa, in sintesi, lungo un centinaio di stage a scorrimento laterale, ciascuno dei quali prevede che il personaggio raggiunga un punto B senza subir danno, scansando ostacoli più o meno mobili e insidiosi. Gli scenari si compongono di una serie di piattaforme quadrate o rettangolari sospese nel vuoto, molte delle quali appaiono e si dileguano a seconda del colore che contraddistingue chi le sta percorrendo. Perché sì, Elvis è verniciato di rosso e come tale può muoversi soltanto lungo le strutture pitturate in questo modo, ma può all’occorrenza camuffarsi di blu indossando un travestimento che lo rende pressoché identico ai mostri sopracitati, con la possibilità di poggiare i piedi anche sulle superfici ricoperte di questa tintura. Il costume è inoltre indispensabile per passare attraverso cascate d’acqua e nuvole di pioggia, esattamente come, viceversa, sfruttare la propria originaria forma triangolare è l’unico modo per passare indenni oltre i fasci laser incandescenti e qualsivoglia altro impedimento di color vermiglio. Particolarità importante ai fini di gameplay, il personaggio ha un fisico magnetico che gli consente di attaccarsi perfettamente a tutte le piattaforme metalliche, col risultato che egli può correrci sopra, sotto e di lato in base al bisogno del momento. La questione, ovviamente, si ripercuote anche nel platforming, per cui eseguire un balzo corretto da una struttura all’altra dipende strettamente dal lato da cui si esegue tale azione: senza ragionarci di volta in volta, la morte per caduta libera è insomma dietro l’angolo. Ogni stage prevede infine la possibilità di raccogliere piccoli triangoli collezionabili, che si possono usare o per attivare i check point o, ad uso e consumo dei completisti, per incrementare il proprio score a fine corsa, calcolato in base al tempo d’esecuzione, le morti accumulate e il numero racimolato dei suddetti collectible.
    Tradizionale ma neppure troppo scontato nelle sue meccaniche di base, On Rusty Trails mostra i muscoli già dopo una manciata di minuti dalle fasi introduttive, cortesia di un level design plasmato dai developer con tutte le attenzioni del caso. Oltre a un curva di difficoltà che s’innalza senza impennate, offrendo una competizione accessibile e mai votata alla frustrazione fine a se stessa, i setting beneficiano di una varietà strutturale interessante, nonostante una formula platformer che varia solo in funzione delle pochissime boss fight presenti sul finire di alcuni mondi. Il leitmotiv è sempre quello della prontezza di riflessi, per fortuna sorretto da un control system reattivo sia per quanto riguarda la dinamica di salto che per quella di switch tra le due “pelli colorate” del protagonista, ferma restando la preferenza dell’uso di un pad rispetto alla tastiera. Le sfide si vanno poi a impreziosire man mano con una certa creatività, introducendo gradatamente sul cammino nocivi blocchi d’acido, torrette nemiche, trampolini, fino a gettare Elvis lungo sentieri in penombra dove è necessario seguire il riflesso di alcuni fasci incandescenti per scovare dirupi e pericoli, o ancora in condotti d’aria che lo sospingono orizzontalmente senza freno, rendendoci il compito di preservarlo dalla distruzione assai più faticoso. Si giunge a completare il titolo in circa tre ore, durata per la verità non troppo generosa che, oltre a quanto fin qui detto, prende per mano il giocatore con una realizzazione artistico-estetica invero azzeccatissima. On Rusty Trails gode infatti di una resa poligonale in 2.5D priva di sbavature, sempre ben particolareggiata e affiancata da un’effettistica di buona qualità. Parlando di tecnica, invece, dobbiamo soltanto menzionare qualche sporadico calo di framerate che, nel corso della nostra prova, si è manifestato perlopiù nelle situazioni più concitate, senza tuttavia compromettere la giocabilità di un prodotto a cui gli amanti del genere dovrebbero dedicare interesse senza troppe riserve. 

Lego Star Wars:Il risveglio della forza


  • Piattaforme:PC, PS3, PS4, Xbox 360, Xbox One

  • Genere:Action-Adventure

  • Sviluppatore:Travellers Tales

  • Data uscita:28 giugno 2016

     

     

    E’ innegabile che sia estremamente più difficile parlare seriamente di un argomento faceto piuttosto che sdrammatizzarne uno austero, ma è anche vero che strappare risate e sorrisi come un tie-in targato LEGO è tutto fuorchè banale. Eppure ogni volta quei furbastri dei TT fusion riescono nell’intento, sfornando con una naturalezza sconvolgente titoli semplici, efficacemente divertenti, e al contempo follemente esilaranti. A dare il là allo sviluppo stavolta abbiamo la licenza Star Wars che, riprendendo le nuovi basi gettate dal settimo capitolo della saga, porta nel fantastellare mondo dei jedi una miriade di mattoncini virtuali per riscrivere una storia che pensavamo di conoscere ormai a menadito. Che la narrativa vada dall’incipit su Jakku fino al finale che non vi svelerò per evitare ogni tipo di spoiler è ovvio, il come però è tutto tranne scontato con retroscena inediti che intratterranno tutti gli appassionati della saga dai più grandi ai più piccoli. Quindi, a meno che non abbiate vissuto da sempre su Geonosis o sui pianetucoli dell’Orlo Esterno, mettete in sottofondo il singolo di punta della Cantina Band e preparatevi per un viaggio in una galassia molto molto lontana.

    In realtà l’inizio del gioco non corrisponde a quello che abbiamo avuto modo di apprezzare nel corrispettivo film, bensì ha luogo parecchi anni prima in occasione della battaglia che portò la Ribellione a sconfiggere l’Impero. Quella che ancora oggi i database galattici ricordano come la battaglia di Endor, combattuta sulla luna dall’equipaggio del comandante Solo e i piccoli ewok, nello spazio da Lando Carlissian generale dei caccia e Gial Ackbar ammiraglio delle fregate (ricordato per la celebre frase “è una ciappola”), e sullo star destroyer da Luke e suo padre. In parole povere una trovata geniale per ricordare i vecchi fasti di quello che fu Il Ritorno dello Jedi e farci apprezzare il tutorial, proponendoci nostalgicamente la varietà di gameplay alla base del titolo. Abbiamo le meccaniche solite della serie basate su semplici puzzle ambientali e non, risolvibili per mezzo delle abilità di ciascun personaggio del party, quelle dello sparatutto su binari, quelle del dogfighting libero a bordo di navicelle alternate a quelle dello shooter a scorrimento: tante sezioni tutte diverse tra loro e soprattutto tutte egualmente convincenti. Sia ben chiaro, niente che faccia gridare al miracolo, dato che sono semplificate e rese a loro modo essenziali, ma di sicuro abbastanza incalzanti da non annoiare il giocatore; evitando forse il rischio più grande della serie ovvero la ripetitività, che caratterizza da tempo i titoli targati LEGO. Un altro elemento caratterizzante delle produzioni LEGO e ancora presente in questo capitolo è la possibilità di giocare tutte le missioni in cooperativa, parallelizzando tante azioni che altrimenti sarebbe necessario svolgere in sequenza cambiando personaggio.

    Tra le novità legate alle sezioni di puzzleforming, neologismo per non dover ripetere continuamente le parole puzzle e platforming, troviamo di sicuro le multicostruzioni, tramite le quali sarà possibile scegliere diverse soluzioni per riassemblare i pezzi disponibili, alcune utili alla prosecuzione nella mappa e altre invece all’ottenimento di collezionabili. Talvolta saremo anche costretti a montare e smontare più volte un mucchietto di mattoncini per eseguire una serie di passaggi utili a fornirci un accesso a una nuova sezione di gioco o a sbloccarci un appiglio per raggiungere una piattaforma prima troppo lontana. Le brevi sezioni di combattimento a terra, saranno gestite nella solita maniera: spamming del tasto quadrato intervallato a tratti dal cerchio per inanellare mosse speciali in grado di abbattere con un sol colpo gli sventurati nemici. Nel caso dei Jedi non mancherà la forza, relegata al tasto di interazione e a quello speciale degli attacchi, perché come anche in Warner Bros sanno, in un gioco di Star Wars è assolutamente “insopportabile la mancanza di fede nei confronti della forza”. (Chi ha orecchie per intendere intenda…) Ad accendere la tensione, e non solo quella, troveremo i barilotti di LEGO esplosivi che renderanno ancora più divertente seminare il panico tra le fila nemiche.

    Ogni pianeta sarà un hub per le missioni che si svolgeranno su di esso così da permetterci in ogni momento di riaffrontare quelle vecchie o proseguire nella storia. Una volta completato un capitolo della campagna potremo rigiocarlo in partita libera decidendo quali personaggi portare tra la miriade di quelli sbloccati: così potremo completare al 100% ogni zona ottenendone tutti i collezionabili. I personaggi infatti avranno abilità uniche in grado di sbloccare determinati puzzle, i droidi potranno hackerare dei terminali così come i soldati del primo ordine potranno superare dei controlli di sicurezza nelle fregate dei nemici e così via. Purtroppo la difficoltà del puzzleforming è davvero troppo bassa e la morte inficia solo sul punteggio ottenuto, rendendo praticamente nulla la sfida del gioco. La difficoltà è stata infatti tarata decisamente verso il sottosuolo per far avvicinare i giocatori di ogni età al mondo LEGO e all’universo di Star Wars, bisogna considerare però che completare ogni singolo aspetto del gioco è stato pensato per una pazienza difficilmente riscontrabile in un bambino, più vicina a quella degli immancabili adulti maniaci del completismo. In questo modo per i più grandicelli, sbloccare tutti i personaggi e tutte le navicelle spaziali diventerà il vero obiettivo della partita e il completare la storia sarà solo una piacevole e spensierata formalità.

    Graficamente il titolo LEGO è pulito, colorato e definito: ovviamente si gioca facile in Warner sotto questo aspetto, ma chiedere di più sarebbe completamente inutile considerato l’obiettivo finale. Il fatto di dover riprodurre le costruzioni dei mattoncini colorati, raramente coperti da trame complesse, semplifica gli shader e alleggerisce il motore di gioco. Non è quindi una sorpresa vedere una risoluzione Full HD abbinata a una fluidità generale e una qualità grafica in fin dei conti estremamente gradevole.
    Il comparto sonoro convince, addirittura esalta e dimostra come la licenza di Star Wars non sia forte solamente per l’ambientazione, ma perché si porta dietro anche un altro pilastro solidissimo quali le intramontabili musiche di John Williams. Immensa l’opera orchestrale di questo autore che involontariamente ci obbliga a canticchiare il motivetto del main theme per ore, dopo averlo sentito anche solo per trenta secondi durante i titoli di ingresso di un nuovo capitolo di LEGO Star Wars: Il Risveglio della Forza. Il resto è esattamente come nel film, imprime le medesime sensazioni e coinvolge nella stessa identica maniera: semplicemente perfetto. Il doppiaggio per quanto buono, è interamente godibile solo quando affidato agli attori ufficiali, mentre negli altri casi stride a causa dell’abitudine che ci porterebbe ad aspettarci un altro tipo di voce. Il fatto di averle scelte comunque simile, purtroppo non aiuta anzi crea l’effetto opposto e ci ricorda continuamente questa insperata mancanza.
    Sul fronte bug, il titolo non mostra grossi problemi e su ps4 si è dimostrato solido, a parte un problema isolato che ci ha costretto a ripetere mezzo capitolo, ma niente di più.

Scorn

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Survival horror

     

     

    Scorn vuole essere un terribile viaggio attraverso un mondo sconcertante fatto di orrori e luoghi extraterrestri. Vuole calare il giocatore in un universo da incubo fatto di forme aliene e architetture organiche sempiterne, che pulsano, vivono nella sofferenza dell'immobilità e vomitano creature ributtati e umiliate dalla propria grottesca apparenza. Ispirato chiaramente dalle opere del maestro H.R. Giger e in misura minore ai dipinti surrealisti di Zdzisław Beksiński, Scorn farà di tutto per essere la più visionaria incarnazione di un inferno alieno.
    "Stiamo tentando di creare qualcosa di talmente inquietante che vi spingerà a rimuginare sulle idee e i temi del gioco anche dopo molto tempo che avrete finito di giocarlo", afferma Ljubomir Peklar di Ebb Software, studio di sviluppo serbo che sta lavorando al progetto. Si tratta di un horror in prima persona che vuole puntare con forza sul senso di isolamento all'interno di ambientazioni non lineari, costituite da aree interconnesse tra loro. Gli sviluppatori considerano il mondo di gioco un vero e proprio "personaggio", ed è proprio per questo motivo che ogni zona conterrà al suo interno delle specifiche tematiche. A tal proposito, va specificato che Scorn adotterà un modo di raccontare la storia che non include scene di intermezzo, così da usare presumibilmente in modo massiccio la narrazione ambientale. Secondo gli sviluppatori è qualcosa di fondamentale per evitare ogni tipo di distrazione che interromperebbe quel senso di esplorazione del mondo allucinato e tetro che offrirà Scorn. Il gioco – grazie al cielo – rifiuta in modo netto ogni forma di approccio alla programmazione procedurale ed è al contrario interamente realizzato con le tecniche classiche, in modo tale da offrire una maggior qualità e una direzione artistica che non lascia nulla alla casualità gestita da freddi algoritmi. 
    Poca indulgenza verrà concessa ai giocatori che non prestano la sufficiente attenzione a ciò che li circonda, poiché la risoluzione dei puzzle è legata a doppio filo alla corretta interpretazione di ciò che si trova lungo gli ambienti alieni, e dato che tutto in Scorn avrà uno scopo o quantomeno una precisa funzionalità, toccherà al giocatore capire la logica che sta dietro al sistema di progressione. In questo mondo che promette grande coerenza stilistica, si vuole insomma puntare ad avere un'impressionistico show dell'orrore su larga scala, dove l'utente si sentirà gettato nel grembo informe e ritorto che ha originato un male senza volto e senza nome.
    Le aree saranno strutturate in modo tale da apparire come dei labirinti ricchi di stanze e strade da scoprire, non ci saranno indicazioni se doveste dimenticare qualcosa di importante e il senso di inquietudine tenderà dunque a crescere insieme a sentimenti di inadeguatezza e precarietà. Per offrire al giocatore una maggiore immedesimazione è stato scelto di escludere l'HUD e ogni forma di assistenza diretta o indiretta, pertanto bisognerà affidarsi al solo design ambientale per raccapezzarsi. L'interazione, invece, sarà realistica e prenderà in considerazione quella che viene definita "la consapevolezza del proprio corpo": in sostanza, gli oggetti verranno raccolti con mano e non fluttueranno a mezz'aria, mentre gli strumenti e i macchinari potranno essere azionati e manovrati armeggiando, afferrando e toccando i diversi sistemi di controllo, avendo quindi un più ampio ventaglio di possibilità a disposizione e una maggiore difficoltà media degli enigmi.
    Lungo l'avventura acquisirete diverse abilità, armi e oggetti, sbloccherete nuove aree e sarete spinti a cogliere il significato ultimo di ciò che vi si presenterà innanzi. In tal senso, va valutato con attenzione anche il modo di progredire lungo l'avventura, perché le creature e il mondo di gioco tenderanno continuamente a confondervi e a instillarvi dubbi enormi. Capiterà pertanto di dover "codificare" certi comportamenti per il semplice fatto che non tutte le creature saranno ostili, ma se doveste fare degli errori di valutazione, le conseguenze potrebbero essere davvero drammatiche. Allo stesso modo, il giocatore dovrà capire quando combattere, quando sarà necessario cercare una copertura e come le proprie azioni influenzeranno l'ambiente che lo circonda. Scorn vi obbligherà dunque ad adottare diversi stili di gioco per avanzare, ed è oltretutto richiesta una corretta e intelligente gestione dell'inventario e delle munizioni (sempre molto limitate). Quest'ultima caratteristica giocherà un ruolo fondamentale e spingerà sempre il giocatore ad avere una grande consapevolezza dei propri mezzi. Ciò che invece sfuggirà alla sua comprensione saranno le routine comportamentali delle forme di vita in cui si imbatterà, che possono disinteressarsi totalmente o reagire in modo imprevedibile, spegnendo in un istante la vita del protagonista.