Ethero

lunedì 28 marzo 2016

Dark Souls III

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Gioco di ruolo

  • Sviluppatore:From Software

  • Data uscita:24 marzo 2016 JAP - 12 Aprile 2016 Europa

     

     

    Dopo una prima prova diretta avvenuta in occasione di un press tour ad Amburgo, abbiamo avuto modo di immergerci con maggiore attenzione e per più tempo all'interno di una sostanziosa porzione di gioco di Dark Souls III. Sebbene al momento sia possibile parlare dei contenuti in maniera piuttosto limitata per via dell'embargo, sono già molti gli elementi su cui vale la pena discutere, soprattutto in riferimento alle novità introdotte in questo capitolo, capaci di affinare con intelligenza tutte le caratteristiche di spicco che la serie si porta dietro sin da Demon's Souls.
    La caduca Lothric è un luogo abbandonato, perso nel tempo, un'area devastata in cui convergono le terre transitorie dei Signori dei tizzoni. Un non morto maledetto e senza nome, vile creatura della cenere, emerge dalla propria tomba e s'incammina verso l'ignoto del grande nord. È il vostro alter ego, che dopo la scelta della classe e delle fattezze all'interno dell'editor arriverà all'Altare del Vincolo, vero e proprio hub dal quale sarà possibile teletrasportarsi da una zona all'altra. A tal proposito va segnalata una struttura del mondo di gioco che ricorda il Nexus di Demon's Souls, la quale prende le distanze da quella tentacolare e intricata del primo Dark Souls. Per quanto si tratti indubbiamente di una scelta di design furba e per certi versi meno coraggiosa, si nota una grande coerenza stilistica tra le ambientazioni e le rispettive sezioni di raccordo.
    L'ampiezza delle aree ha consentito agli sviluppatori di inserire ulteriori ramificazioni, non mancano come da tradizione le scorciatoie da sbloccare, i vicoli ciechi, le zone in cui si subiscono improvvisi agguati e quelle in cui si verificano eventi inattesi. Chi però conosce a menadito tutti gli episodi della serie sarà meno sorpreso del solito, poiché si tratta di una formula ormai pienamente riconoscibile e che anche qui pare aver subìto variazioni davvero minime. È immediatamente chiara la volontà da parte di From Software di voler fare di Dark Souls III una summa di tutti i giochi legati al franchise, al punto che potremmo definirlo senza troppi problemi la perfetta commistione tra Demon's Souls, Dark Souls e Bloodborne. Lo si evince anche dai continui riferimenti alle opere del passato – alcuni palesi, altri sibillini - e dalla presenza di elementi che richiamano alla memoria personaggi, nemici, zone, architetture e persino alcuni degli oggetti apparentemente più trascurabili, che non mancheranno di arricchire ulteriormente la lore e daranno senz'altro adito agli utenti di lanciarsi in ulteriori congetture. 
    Buoni segnali arrivano anche dalle prime battaglie coi boss, dotate di due distinte fasi che costringono l'utente a riorganizzarsi rapidamente per far fronte ad attacchi che mutano in velocità, potenza e movenze. Pensate ad esempio alla battaglia contro Padre Gascoigne in Bloodborne e alla sua mostruosa trasformazione quando la salute si riduceva a metà, e potrete farvi un'idea ben precisa di come agiranno alcuni boss. Trasformazioni che talvolta si verificano anche con nemici semplici, che possono essere interrotte solo facendoli fuori prima che l'orrida mutazione sia completa.
    La barra dei punti abilità (PA), che si frappone tra quella della salute e quella della stamina, ristabilirà il giusto equilibrio tra le classi e costringerà i giocatori ad avere una maggiore attenzione per l'uso degli incantesimi; allo stesso modo, anche per le classi non avvezze alla magia offrirà diverse possibilità tattiche da non sottovalutare. È proprio per questo motivo che il parametro dell'Armonizzazione non va mai preso sottogamba, perché risulta determinante in più di un'occasione e dà una forma ben precisa al tipo di personaggio che volete sviluppare. Stavolta dovrete scegliere con criterio se usare più fiaschette di estus per la salute, più fiaschette cineree per i PA, o se disporre di entrambe in misura pressoché paritaria. Se per i maghi bisogna sperimentare un po' di più per capire bene qual è la soluzione con maggior equilibrio, per le classi più fisiche si possono tranquillamente privilegiare le fiaschette di estus. Va tuttavia sottolineato che proprio grazie ai punti abilità è possibile disporre di alcuni attacchi speciali unici per ogni tipologia di arma. Solo impugnandola a due mani, e dopo aver premuto il grilletto sinistro, viene attivata una mossa specifica che di fatto aumenta (spesso ma non sempre) il moveset a disposizione rispetto alla stance a mano singola. Imbracciando un'alabarda potremo eseguire pertanto un violento affondo in corsa, con alcune spade è possibile infliggere un nuovo tipo di attacco debole o forte; con armi come lo stocco, invece, il vostro personaggio può prodursi in agili sidestep identici a quelli visti in Bloodborne; anche usando l'arco, che si avvantaggia del quickshot, si può scoccare una freccia capace di provocare un quantitativo di danni maggiore rispetto al normale. Sappiate però che ognuna di queste mosse ha un costo, e che la barra delle abilità si svuota rapidamente e può essere ripristinata solo sorseggiando la fiaschetta cinerea. Al momento, riteniamo che si tratti di un'aggiunta di cui i classici tank possono fare a meno, perché se è vero che si hanno nuove possibilità per affrontare le battaglie, è vero anche che i veterani tenderanno a farsi andare bene il più classico degli approcci, così da non sacrificare troppo le fondamentali fiaschette di estus. 
    La versione che stiamo testando è quella per PC, e a tal proposito possiamo già dire che la qualità è molto buona ed è più vicina di quanto si possa immaginare a quella di Bloodborne, ma con un paio di effetti più gradevoli da vedere e una profondità di campo degna di nota. Lo stile artistico è invece inconfondibile: From Software ha bene in mente cosa desiderano gli appassionati della serie, e risulta evidente quando stia facendo di tutto per dar loro esattamente ciò che vogliono.

Total War Warhammer

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Strategico

  • Sviluppatore:Creative Assembly

  • Data uscita:24 maggio 2016

     

     

    Total War: Warhammer è uno dei giochi più attesi di questo 2016 fiammeggiante e ogni volta che abbiamo modo di provare nuove funzionalità, il nostro hype sale esponenzialmente. Nonostante ciò, il gioco ormai si è praticamente svelato nella sua interezza e la nostra recente prova, svoltasi in un villaggio medievale nella periferia di Londra, non ha fatto emergere grossissime novità. Quello che ormai è chiaro è che il gameplay sarà mutuato con poche variazioni da Attila: Total War, con pesanti modifiche all’ambientazione e alla crescita del nostro esercito per adattarlo meglio alla struttura ludica di Warhammer Fantasy Battle. Non pensiate però che questo adattamento sia semplicemente un porting delle meccaniche in un nuovo setting, perché davvero stareste andando nella direzione sbagliata. Il lavoro svolto da Creative Assembly per l’occasione è stato davvero mastodontico, soprattutto dal punto di vista tecnico, tanto da fargli pianificare una trilogia in questo universo che porterà via via l’aggiunta di nuovi eserciti e nuove regioni al gioco originale. 
    È la prima volta che abbiamo avuto occasione di provare il gioco realmente. A questo evento per fortuna, niente video di presentazione o schermate statiche per annunciarci le presunte novità, ma un corposissimo hands-on di un paio di ore con le prime missioni della campagna dei Conti Vampiro. Questa nuova razza è stata ripensata rispetto al boardgame per fornire alla versione digitale strategie uniche e che potessero renderla davvero unica sul campo di battaglia. La novità più interessante è dunque la totale assenza di truppe con armi da tiro o macchine da assedio, una penalità che sulla carta sembrerebbe dare per spacciati i nostri cari amici bevitori di sangue. Fortunatamente, esercito alla mano, lo scalino per essere competitivi è stato bellamente superato mettendo in atto riti magici atti a portare sul campo di battaglia orde sterminate di non morti, pronti per essere sacrificati e permettere così alle truppe elite di arrivare in corpo a corpo. La tipologia di gioco che andiamo ad affrontare sarà quindi molto diversa da quella dei nani o dell’impero, che possono bersagliare i nemici da lontano per sfoltirne i ranghi prima dell’assalto finale, con cariche frontali e battaglie molto violente e dirette. A sostenere una tattica non propriamente sopraffina interviene ovviamente la magia, che mai come in questo caso sembra poter essere in grado di cambiare le sorti degli scontri. Il nostro vampiro Lord, con i suoi seguaci se arruolati, possono tranquillamente ripristinare salute alle unità ingaggiate risucchiando energia vitale dai nemici o addirittura richiamare dall’oltretomba i fedeli servitori cadaverici dai corpi smembrati dei loro contendenti. Vedere tutto questo a schermo si traduce in un ammasso di ossa, corazze e armi brutali che cozzano tra di loro, in uno spettacolo davvero macabro. Pipistrelli affamati danzano sui campi di battaglia, tagliando qualsiasi via di fuga del nemico o più semplicemente funzionando da splendide vedette della notte, scout indispensabili per non farsi sorprendere nelle retrovie. L’esercito dei conti vampiro potrà poi fare affidamento anche a segugi e altre bestie proveniente dalle cripte, inclusi enormi draghi zombie in grado da soli di portare il panico. 
    In questa lunga prova abbiamo finalmente potuto vedere in azione la gestione delle cittadelle, così come il reclutamento dei soldati dai vari avamposti. Una volta che il nostro eroe conquisterà un villaggio o un forte, potremo da subito decidere se sterminare la popolazione e aggiungere i morti ai nostri ranghi o lasciar vivere i prigionieri così da poterli soggiogare alla nostra volontà e renderli schiavi per avere un maggior controllo sulla produzione di risorse della regione. Come in qualsiasi Total War, infatti, sono i turni di gioco a scandire ritmicamente la progressione della campagna, con la necessità di muoversi con intelligenza tattica e di espandere i propri possedimenti poco alla volta ma in maniera costante. Solo così si arriverà in breve tempo ad avere dalla nostra anche Terrorgheist e la cavalleria spettrale, pezzi da novanta in ogni scontro in campo aperto. Le schermaglie, seppur belle da vedere e divertenti da giocare, rappresentano solo la punta dell’iceberg, con una gestione dei rami talenti e delle abilità semplice ma in grado di cambiare profondamente il volto ai nostri personaggi speciali e ai generali dell’armata. Si potrà ad esempio scegliere se specializzarsi nella risurrezione o dare vita ad arti magiche sul campo di battaglia per scagliare dardi o tempeste oscure. Opzioni che andremo poi ad approfondire sicuramente nella recensione finale. Ad una gestione curata delle battaglie e dei territori si aggiungono infine gli assedi, con tanto di scale e trabucchi per abbattere le mura delle città, scontri particolarmente ostici che si concludono con l’eliminazione completa dei nemici o conquistando il centro dei villaggi, zone solitamente molto ben protette dalle forze d’elite degli avversari. Chiudiamo questa anteprima sottolineando nuovamente l’ottimo lavoro fatto sui personaggi e sulle animazioni, modelli costruiti completamente da zero e che hanno richiesto intere settimane per essere portati a termine. Tutto ciò è il motivo principale che ha spinto gli sviluppatori a creare una trilogia, non limitandosi per l’appunto a un solo titolo su licenza, dato che per rientrare dell’investimento questo primo Total War Warhammer molto probabilmente non sarà sufficiente. Pensate che solo pochissimi elementi di Total War, dal punto di vista tecnico sono stati riciclati, mettendo lo studio per la prima volta in assoluto di fronte a sfide ardue, come la creazione di mostri e la necessità di dover adattare le animazioni dei combattimenti tra modelli di taglia completamente differente, un elemento che mai era stato preso in esame prima di Total War Warhammer.

sabato 19 marzo 2016

Trackmania Turbo

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Guida arcade

  • Data uscita:24 marzo 2016

     

     

    Se non siete nati su Tatooine, ma nel vostro petto batte comunque un cuore da pilota di sgusci, c'è giusto una manciata di titoli che possono placare la vostra sete di velocità. Qui non stiamo parlando di simulatori o giochi che vi mettono al volante di bolidi blasonati, bensì di gare folli a bordo di schegge impazzite. Chi ha giocato a Wipeout, o alle precedenti incarnazioni del titolo che stiamo per recensire, sa bene di cosa stiamo parlando. I ragazzi di Nadeo, sotto l'ala protettrice del colosso francese, si apprestano a dare la loro nuova creatura in pasto ad un pubblico affamato di adrenalina. Non preoccupatevi, il vostro appetito sarà saziato; ricordatevi solo di allacciare le cinture perché quando i vostri riflessi faranno cilecca farete un bel volo!
    Cominciamo con il descrivere la campagna: essa è suddivisa in cinque serie comprendenti quattro ambientazioni e altrettanti tipi di veicoli dedicati. Per ognuna di esse dovremo affrontare dieci gare in cui stabilire il tempo migliore per aggiudicarci l'agognata medaglia d'oro. Il modello di guida si configura come il più puro degli arcade, con l'acceleratore, che è bene tenere praticamente sempre premuto, e il freno, utile più che altro per dosare le derapate. Nella maggior parte dei casi il nostro veicolo viene "scaricato" sul circuito da un elicottero, dopo una breve caduta le ruote incontrano l'asfalto e la gara ha inizio: un bel modo di cominciare! Trackmania Turbo non è certo un titolo di corse comune, e fa della velocità e della follia dei percorsi il suo punto di forza. Partire agganciati ad un elicottero non vi basta? Tra rampe, accelerazioni turbo, salti epici e giri della morte vi assicuriamo che la prossima volta che salirete sul Blue Tornado vi sembrerà di stare comodi in poltrona. Niente sportellate o manovre scorrette però, qui la sfida è solo contro il tempo, e anche se la tentazione è forte, speronare i fantasmi dei nostri avversari non ha alcuna utilità. Possiamo invece imparare qualcosa dalle traiettorie dei nostri rivali, cercando di perfezionare il giro fino ad uscirne vincitori.
    Il titolo presenta una forte componente trial and error e il modo migliore per primeggiare rimane quello di provare e riprovare fino a quando non avremo interiorizzato il percorso imparandolo praticamente a memoria. Proprio per questo sono stati inseriti il tasto per il respawn rapido da checkpoint, che però non azzera il tempo, e quello per ricominciare da capo la gara, funzione che ci siamo trovati a dover utilizzare molto spesso. Trackmania Turbo infatti non ammette errori: cozzare contro una pietra a lato strada o incagliarsi su qualche guardrail significa sempre dover rifare tutto da capo. Per fortuna, la durata media dei tracciati è ridotta e non è quasi mai necessario fare più di un giro; questo rende il titolo perfetto per brevi sessioni di gioco e riduce sensibilmente il fattore frustrazione derivato dalle numerose prove necessarie al superamento dei tracciati più ostici. In ultima nota, la campagna risulta affrontabile sia in solitario che in una strana modalità cooperativa, in cui entrambi i piloti guidano contemporaneamente e l'auto fa una media degli input ricevuti. 
    Se non si fosse capito, Trackmania Turbo è un titolo fortemente orientato al competitivo. Online o con gli amici che affollano rumorosamente il vostro divano, la solfa non cambia: vince chi fa il tempo migliore. La componente multiplayer online è di un certo spessore e vanta un notevole ventaglio di modalità. Queste sono selezionabili dalla lobby insieme alle caratteristiche del tracciato, come l'ambientazione e la durata. Se invece preferite sfide agguerrite con qualcuno che potete prendere a pugni mentre frantuma il vostro ultimo record, il multigiocatore in locale è quello che fa per voi. È composto da quattro modalità: Hot seat è sicuramente la più ghiotta, poiché in essa un massimo di sedici giocatori possono sfidarsi giocando uno dopo l'altro in duello all'ultimo centesimo di secondo. Arcade invece propone una sfida a colui che ha raggiunto il tempo migliore sul tracciato selezionato, ma sono disponibili solo tre "gettoni" per scrivere il proprio nome in cima alla classifica. Poi c'è Split Screen, dove un massimo di quattro giocatori gareggiano contemporaneamente per stabilire il tempo migliore. Per ultima, Segreto, in cui dopo aver inserito una combinazione di tre tasti può capitare qualunque cosa. Indipendentemente dalla tipologia di competizione a cui si decide di partecipare, la scelta del percorso di gara è triplice: una delle duecento piste disponibili nel gioco, le vostre piste (create con l'editor di cui vi parleremo a breve) oppure l'uso del generatore casuale dei tracciati. Quest'ultima opzione però non è stata rifinita a dovere e spesso i circuiti che vengono partoriti sono sconclusionati e presentano illogicità, come ad esempio piattaforme per il turbo poco prima di una curva a gomito. Poco male: la voce "casuale" non è stata inserita per nulla, ma possiamo supplire a questa mancanza realizzando grovigli d'asfalto di nostro gusto attraverso l'editor. Questo è suddiviso in tre modalità: principiante, normale ed esperto. La prima è tanto semplice da utilizzare quanto scarna a livello di personalizzazione e ci consente di creare una pista semplicemente allacciando in sequenza vari tasselli di percorso. Le altre due sono invece più complesse ed utilizzarle con maestria richiede un po' di pazienza. Tuttavia, una volta presa la giusta confidenza, questo strumento si rivela essere versatile e soddisfacente, nonché in grado di innalzare a livelli stratosferici la longevità del titolo. Quindi dopo aver piazzato per bene tutte le curve, i checkpoint e i giri della morte al posto giusto non ci resta che testare la pista, salvarla e darla in pasto alla community, che si riserverà di umiliarci stabilendo un tempo migliore del nostro e valutarla attraverso un comodo sistema di rating.
    Per quanto concerne il versante tecnico c'è veramente poco di cui lamentarsi. Il comparto grafico è di buon livello e le ambientazioni dei tracciati offrono un impatto visivo notevole. Si va da sabbiosi canyon a idilliache spiagge assolate, passando per circuiti dallo spiccato carattere futuristico. Anche le quattro tipologie di auto sono belle da vedere e nel garage c'è la possibilità di personalizzarle a piacimento, cambiando la verniciatura, il numero, la mascotte e altri particolari. Sempre nel garage ci si può liberamente creare la tracklist dei pezzi che ci verranno pompati nelle orecchie durante le gare, tutti a base di musica elettronica. Gradevole, se vi piace il genere. Da segnalare un frame rate granitico, saldamente ancorato ai 60 fps, cosa praticamente obbligatoria in una produzione di questo tipo. Una piccola nota negativa deriva invece dalla presenza di saltuari fenomeni di tearing. La nostra prova è avvenuta su PS4, piattaforma su cui non abbiamo trovato un'opzione V-sync per risolvere il problema. Concludiamo dicendo che, anche se non c'è molto da leggere, il titolo è completamente in italiano e sarà venduto a poco più della metà di una normale produzione tripla A.

     

     

mercoledì 16 marzo 2016

Tom Clacy' The Division

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Gioco di ruolo

  • Sviluppatore:Massive Entertainment

  • Data uscita:8 marzo 2016

     

     

    Segnata in rosso sul calendario di molti videogiocatori, la data dello scorso otto marzo ha portato in dote su PC, PS4 e Xbox One Tom Clancy's The Division, peculiare incrocio tra un MMO, un gioco di ruolo e uno sparatutto in terza persona, sviluppato da Massive Entertainment e prodotto da Ubisoft: dopo aver speso decine di ore nella New York ferita e imbruttita dagli avvenimenti raccontati nell'incipit del gioco, siamo pronti a raccontarvi come ci si sente ad imbracciare la propria arma ed avventurarsi per le strade della Grande Mela.
    Come ci si sente, insomma, ad essere uno dei membri della Divisione: pensate di averne la stoffa?

    Se dalle mura spuntano fantasmi arrabbiati, o la città è distrutta da una specie di omino Michelin con un cappello da marinaio, vi conviene chiamare i Ghostbusters (quelli veri, non le controparti femminili viste nel recente trailer, per carità!), ma se il problema è un'improvvisa e virulenta epidemia di vaiolo, allora il numero da comporre è quello della Divisione: una squadra di soldati elite, alle dirette dipendenze del Presidente degli Stati Uniti, che vive una vita normale, svolgendo lavori comuni come tutti gli altri comuni mortali.
    Quando, però, un gruppo non meglio identificato di terroristi non trova di meglio da fare che infettare una partita di dollari con una versione potenziata del vaiolo, diffondendo poi le banconote in concomitanza con il Black Friday, l'apoteosi del consumismo occidentale, questi soldati emergono dall'ombra, svestono i panni dei dottori, dei costruttori, degli operai e vestono quelli dell'ultima speranza per riportare ordine in mezzo al caos.
    L'incipit di The Division è di quelli che accalappiano subito l'attenzione, sebbene lo scenario epidemico vada molto in voga negli ultimi anni: peccato, allora, che, dopo un inizio così promettente e con un'ambientazione incredibilmente evocativa alle spalle, l'arco narrativo del titolo si riveli abbastanza scontato, con dialoghi poco significativi e nessun colpo di scena davvero inaspettato.
    Se la fantasia di un autore di grande spessore come Tom Clancy dona alla premessa e alle primissime ore di gioco un fascino che solamente un'opera tratta da un libro potrebbe avere, sul lungo periodo il gameplay prende il sopravvento, cosa che, in sé, non sarebbe un problema, se non fosse che le motivazioni dietro le azioni del giocatore e i personaggi che si alternano su schermo scoloriscono di ora in ora, lasciando spazio alle sparatorie senza reclamare spazio, senza mai regalare un guizzo.
    Non che in ambito MMO si sia visto troppo di meglio, in verità, ma quando ci si prende la briga di ricreare una città in maniera tanto brillante, è quasi un delitto non accompagnare ad essa una storia godibile ed articolata.
    Sì, perché la New York in cui saremo chiamati a muoverci è incredibile: divisa tra gli addobbi natalizi e la neve sporca di sangue, cartelloni pubblicitari abnormi e barricate improvvisate, bossoli sparsi per le strade e cadaveri abbandonati alle intemperie, la Grande Mela ricreata da Massive Entertainment si candida prepotentemente al ruolo di ambientazione più affascinante di questi primi anni dell'attuale generazione di console.
    Il consiglio è di approfittare della (relativa) calma tra una missione e l'altra per scoprirne gli interni, esplorarne i parchi, controllarne i tetti: con la complicità del ciclo giorno/notte e del meteo dinamico, vi sembrerà davvero di essere in visita a Manhattan.
    La definizione del titolo, che spesso abbiamo sentito accostare ai recenti episodi della saga di Fallout, si adatta perfettamente a definire The Division, anche se non esaurisce gli elementi che ne compongono il gameplay: Ubisoft aveva promesso un gioco di ruolo, e ha mantenuto la parola.
    Sebbene si giochi come uno sparatutto in terza persona fortemente basato sulle coperture, il prodotto Massive Entertainment è prima di tutto un GDR, governato da numeri, statistiche, crescite di livello e modificatori di varia natura: per questo motivo, sulla falsariga di quanto visto in Destiny, i nemici si rivelano delle vere e proprio spugne di proiettili, capaci di assorbire centinaia di punti danno prima di capitolare.
    Gli oltranzisti degli headshot, quindi, siano avvisati: giocare a The Division pensando di sparare e basta, senza spendere del tempo tra gli efficienti menu di gioco a customizzare il proprio arsenale, aggiungendo mod alle bocche da fuoco e attivando talenti ed abilità, farebbe meglio a rivolgersi altrove: la personalizzazione, il micromanagement, la ricerca affannosa del loot più pregiato sono elementi essenziali dell'impalcatura messa in piedi da Massive, e non possono essere bypassati giocando.
    Le sparatorie, dal canto loro, ricalcano quanto visto altrove, con un ruolo fondamentale rivestito dalle coperture, tempi di ricarica delle abilità attive in stile MMO e un buon feedback delle armi in seguito ai colpi inferti, ma anche, purtroppo, una costante sensazione di stare giocando con ammennicoli troppo simili tra loro.
    Soprattutto le armi automatiche, infatti, non sono sufficientemente caratterizzate, assomigliandosi tutte un po' troppo, e finiscono con il togliere un po' di gusto alla fase di loot, molla fondamentale per la progressione in prodotti di questo tipo.
    Analogamente, il fatto che le missioni si risolvano tutte con sparatorie contro un gran numero di nemici, con ondate che convergono sul campo di battaglia e un immancabile boss a concluderle, non giova alla varietà e al ritmo dell'offerta ludica, che, pur tremendamente solida, tende alla ripetitività già dopo una decina di ore.
    Considerando che, a differenza del già citato prodotto Bungie, i contenuti in The Division non mancano (nemmeno per i lupi solitari, a dire il vero), e che, quindi, saranno necessarie almeno una ventina di ore per completare la campagna principale e una manciata di quest secondarie, ecco che lo spettro della ripetitività assume contorni più definiti.
    Discorso analogo anche per i nemici: le quattro diverse gang che si spartiscono il devastato territorio di Manhattan sono sufficientemente differenziate tra loro in quanto a loadout e pericolosità, ma sono tutte mosse dalle stesse routine di intelligenza artificiale ed impiegano, quindi, le medesime tattiche di accerchiamento per tentare di accoppare il giocatore.
    Come Diablo e Borderlands ci insegnano, comunque, per certe categorie di giochi (e grazie alla promessa di oggetti sempre migliori) la ripetitività è connaturata all'esperienza di gioco e rovina solo in parte il divertimento: fortunatamente, è questo il caso della produzione Ubisoft, anche grazie alle varianti garantite da una squadra affiatata di quattro giocatori.

    Frastornata dalle sterili polemiche che seguirono il presunto downgrade rispetto al trailer d'annuncio, la community videoludica avrebbe potuto avere qualche dubbio riguardo al comparto tecnico della produzione Ubisoft, che, invece, si dimostra quantomai solida e capace di riservare scorci mozzafiato di una New York sanguinante.
    Il motore di gioco, lo Snowdrop Engine, gestisce con grande naturalezza non solo l'imponente mole poligonale del titolo ma anche il framerate, ancorato ai trenta frame per secondo su Xbox One, la versione su cui è stato effettuato il test.
    Il ciclo giorno/notte impreziosisce l'avanzamento, così come il meteo dinamico, ed entrambi possono influenzare anche significativamente le sparatorie: distinguere un nemico durante una tempesta di neve è impresa ardua, tanto quanto farlo di notte in una zona poco illuminata: insieme ad una direzione artistica ispiratissima, piccoli particolari come questi contribuiscono grandemente ad immergere il giocatore nel mondo immaginato dal team di sviluppo, con ovvie ripercussioni sulla qualità dell'esperienza di gioco.
    Qualche magagna c'è, nella fattispecie il caricamento ritardato delle texture superficiali dopo viaggi rapidi e cutscene e la scarsa distruttibilità delle ambientazioni, piuttosto pigre nel reagire alle sollecitazioni derivanti da una sventagliata di mitra o da una granata incendiaria, ma, nel complesso, parliamo di un titolo bello da vedere e dalle prestazioni solide.
    Il discorso riguarda anche la stabilità del netcode e la rapidità del matchmaking, che assicurano la quasi totale assenza di lag e l'estrema semplicità, per i giocatori, nel connettersi e godersi una partita cooperativa nel giro di una manciata di secondi, indipendentemente dalla provenienza geografica dei giocatori coinvolti.
    Degno di nota anche il doppiaggio, con qualche grande firma che si accompagna a voci magari meno note ma ugualmente azzeccate, per tonalità ed intensità recitativa.
    L'augurio, quindi, è che Ubisoft e Massive supportino la loro creatura non solo per il primo anno di vita (come già confermato) ma anche oltre, per farne un punto di riferimento dello shooting multigiocatore tanto su console quanto su PC. 

martedì 15 marzo 2016

Gear Of War Ultimate Edition

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Sparatutto

  • Sviluppatore:Epic Games

  • Data uscita:28 agosto 2015 (Ultimate Edition)

     

     

    Nel 2006 Epic Games ebbe il duplice merito di dare grande rilevanza a Xbox 360 e rivoluzionare il genere degli sparatutto in terza persona. Gears of War fu un clamoroso successo di cui a distanza di dieci anni se ne sentono ancora gli echi, al punto che Microsoft ha deciso di riproporlo prima su Xbox One e poi su PC in versioni rimasterizzate. Con questa Ultimate Edition per Windows 10, utile anche a far capire agli utenti verso quale direzione vuole andare la casa di Redmond con la sua piattaforma digitale, Microsoft dà una dimostrazione concreta delle potenzialità di cui dispone, offrendo agli utenti un pacchetto a cui è difficile muovere delle critiche.
    Decisa a portare avanti una politica aziendale che punta a potenziare la piattaforma PC e a unificare idealmente l'ecosistema Xbox, Microsoft ripropone il capostipite di una delle sue serie di punta con una cura per i dettagli niente male. A esclusione di incertezze davvero trascurabili, che durante la nostra prova si sono verificate unicamente durante la co-op e che si traducono in impercettibili perdite della fluidità assai rare, questa versione di Gears of War è la migliore in circolazione. Sebbene strutturalmente sia identica a quella già vista su Xbox One, l'uso delle DirectX 12, diversi extra e altri importanti accorgimenti migliorano la situazione tanto a livello tecnico quanto dal punto di vista dei contenuti. Contenuti che tra l'altro beneficiano del Deluxe Weapon Skin Pack e undici personaggi da usare nel multiplayer. Gli altri, in esclusiva per questa versione, prevedono la completa customizzazione dei controlli per mouse e tastiera (e naturalmente il supporto per il controller), dei settaggi grafici, lo sblocco del frame rate nella campagna e nelle sfide online, e il supporto per la risoluzione fino a 4K.
    Benché siano stati aggiunti novanta minuti di nuovi contenuti della campagna dall'originale versione per PC, la storia di Gears of War è rimasta ovviamente invariata: nel titolo di Epic Games vengono narrate le gesta di Marcus Fenix e i suoi uomini migliori, al centro di una battaglia sanguinosa contro orde di Locuste per salvare l'umanità da un destino che sembra ormai segnato. Tutti coloro che conoscono a menadito ogni singolo dettaglio della storia, invece, potranno trovare ulteriori approfondimenti grazie ai bozzetti sbloccabili e ai fumetti in lingua originale. 
    Così come la Ultimate Edition per Xbox One, anche quella per PC vanta un audio rimasterizzato in Dolby Digital 7.1, nuovi obiettivi, server dedicati, nuove modalità come Deathmatch a squadre, Re della Collina, Blitz ed Esecuzione Gnasher in un serrato due contro due, una personalizzazione più profonda delle partite e dei lievi ritocchi alla fluidità dei comandi; non mancano poi le diciannove mappe e i DLC della versione originale per PC, e diversi personaggi sbloccabili di Gears of War 3 per le partite online. A livello contenutistico, dunque, c'è ben poco di cui lamentarsi.
    Nonostante i requisiti di sistema raccomandati per i 1080p consiglino una GeForce 970 GTX o una Radeon R9 290X, attraverso alcune prove specifiche effettuate anche con una 780 GTX abbiamo verificato quanto la solidità di gioco rimanesse sostanzialmente invariata coi massimi settaggi. Discorso differente invece per chi mira ai fatidici 4K, che richiedono il doppio della RAM, un'i7 e delle schede grafiche più performanti. Il lavoro di ottimizzazione è ottimo e l'aspetto generale è davvero notevole, se consideriamo che si tratta di un gioco vecchio di dieci anni. L'illuminazione, i modelli dei personaggi, le ambientazioni e i filmati dimostrano ampiamente quanto di buono ci sia nel lavoro di svecchiamento, fermo restando che permangono alcuni difetti congeniti dell'Unreal Engine, come il lieve ma visibile ritardo di aggiornamento di un paio di strati di texture. Rimanendo in tema, va inoltre detto che non tutti gli elementi dello scenario si avvantaggiano del lavoro svolto sulla grafica, con texture che in alcuni punti dello scenario - pochi, per fortuna – stonano con la bellezza dell'alta definizione. Mancano inoltre diverse opzioni piuttosto importanti che ci saremmo aspettati da un'esclusiva per il Microsoft Store, sia a livello grafico, sia per quanto riguarda il supporto allo split screen, alle mod e a tutto ciò che al momento viene inspiegabilmente limitato o addirittura bloccato. Probabilmente nel tempo verranno implementati alcuni aggiornamenti, ma il quadro generale, al momento, dimostra di essere lievemente inferiore alle aspettative.
    La campagna, soprattutto per i veterani della serie, dà il meglio di sé quando viene affrontata in cooperativa al massimo livello di difficoltà, ma se siete tra coloro che hanno toccato l'ultima volta Gears of War su Xbox 360, con questa Definitive Edition ritroverete un gusto tutto nuovo nell'affrontare l'avventura di Marcus e soci. 
    Il multiplayer è ancora una volta una garanzia: il matchmaking è molto rapido, mirato, ed è possibile anche in questa versione impostare la zona geografica per non incappare in alcun tipo di problema. Sebbene nelle prima giornata ci siano state non poche difficoltà a trovare giocatori connessi, siamo certi che col passare dei giorni i server si popoleranno rapidamente: Gears of War per Windows 10 è ancora un gioco validissimo, che ha nel multiplayer competitivo il suo vero punto di forza, oggi come dieci anni fa.

     

mercoledì 9 marzo 2016

Shardlight

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Avventura grafica

  • Sviluppatore:Wadjet Eye Games

  • Data uscita:8 marzo 2016

     

     

    Gli appassionati di avventure grafiche possono contare su una ragionevole certezza, costituita dall’uscita periodica dei punta e clicca targati Wadjet Eye Games. La casa guidata da Dave Gilbert, infatti, riesce ormai da anni a proporre titoli di qualità, sia nelle vesti di publisher che di sviluppatore. Andiamo allora a vedere come si è comportato l’ultimo prodotto di questa software house, chiamato Shardlight.

    Quando parliamo di avventure grafiche targate Wadjet Eye Games, ci riferiamo a giochi dal gusto estremamente classico: questo vuol dire tanti enigmi, nessun aiuto o suggerimento, molti oggetti da utilizzare e personaggi secondari con cui interagire. Shardlight non fa eccezione: nelle sue 7, 8 ore di gioco il titolo sviluppato da Francisco Gonzales, già conosciuto per A Golden Wake, proporrà soluzioni collaudate e sorrette da una trama che ci ha sorpreso in positivo. Il personaggio che impersoneremo, infatti, sarà quello di Amy Wellard; la nostra si ritrova a vivere in un mondo devastato da una guerra nucleare che ha lasciato tra le sue macerie un nuovo sistema sociale, fortemente basato sulla divisione in classi. Da una parte, allora, troviamo gli Aristocratici, individui che sfoggiano la loro nuova ricchezza atteggiandosi a sovrani, e che controllano le risorse più preziose. Dall’altra, rimangono praticamente tutti gli altri, fortunati abbastanza da essere sopravvissuti all’apocalisse, ma sfortunati il giusto da essere praticamente privati di tutto. Come se non bastasse, le bombe nucleari hanno lasciato un fastidioso strascico dietro di loro, ovvero il sopraggiungere di una nuova malattia letale. Per ottenere il vaccino necessario a sconfiggere questa minaccia, allora, gli appartenenti alla classe sociale inferiore devono prestarsi a lavori faticosi e pericolosi, i quali danno accesso a un biglietto per una lotteria che vedrà premiare il vincitore proprio con una dose di vaccino. La nostra Amy, difatti, inizia la sua avventura proprio svolgendo un lavoro per la lotteria, ma quello che incontrerà sulla sua strada la porterà a mettere in discussione questo nuovo sistema sociale, e chi lo guida. Diciamo che, dal punto di vista narrativo, Shardlight è probabilmente l’avventura Wadjet Eye Games che ci ha convinto di più, almeno di recente: la storia è godibile, contiene qualche colpo di scena, e soprattutto riesce a scorrere in maniera fluida, proponendo anche tre finali differenti. Il tema della dittatura distopica in contesto post apocalittico è sfruttato in maniera molto positiva, e propone anche riflessioni sul ruolo della religione, del potere assoluto, e dell’innata tendenza dell’uomo a dividere la società in classi in cui vige la legge del più forte.

    Abbiamo detto che l’interessante storia di Shardlight scorre in maniera assai fluida, e il motivo di ciò risiede nella difficoltà degli enigmi e – in maniera secondaria – nelle scelte di game design. Per quanto riguarda il primo aspetto, possiamo dire che gli enigmi presenti saranno di difficoltà media; il solo ostacolo importante che abbiamo incontrato durante il nostro cammino si è presentato dopo circa la prima mezz’ora di gioco. Da qui in poi, abbiamo avuto pochi problemi a capire cosa fare, sebbene il gioco si sia prodigato a proporci sfide di varia natura. Per riuscire a venirne a capo, allora, è stato molto importante ispezionare in profondità tutti gli ambienti visitabili, visto che in un paio di occasioni siamo rimasti parzialmente bloccati proprio perché non avevamo raccolto un oggetto disponibile in una determinata locazione. Questo ci porta a parlare delle già citate scelte di game design; Shardlight, infatti, consentirà di spostarci velocemente tra varie locazioni, e la scelta fatta dagli sviluppatori ci è sembrata chiara: proporre, cioè, tanti ambienti visitabili composti però da poche schermate. È questo l’aspetto che ha consentito all’avventura in questione di avere un ritmo sempre piacevole, perché il continuo cambio di ambientazione, e di conseguenza di personaggi, consente di mantenere sempre viva l’attenzione.
    Per il resto, il gameplay del titolo proporrà un inventario quasi mai affollato, in cui però sarà possibile combinare i vari oggetti. Non abbiamo notato, poi, particolari volontà di presentare soluzioni alternative, o se si vuole variazioni sul tema del gameplay da solida avventura grafica, come invece avveniva nell’altra avventura firmata da Gonzales, ovvero A Golden Wake. Se in quest’ultimo titolo venivano proposte sequenze che uscivano parzialmente fuori dai classici canoni del genere, in Shardlight la scelta sembra sia stata quella di affidarsi totalmente alla tradizione classica. A guardar bene, si può dire che questa scelta sia risultata quella giusta, visto che ha permesso di creare un titolo senza particolari cali di tensione, dalla difficoltà piacevole, e dalla longevità media. Un altro fattore che ha consentito di creare un’esperienza più omogenea (e se si vuole anche più semplice da gestire) è la presenza della sola Amy come personaggio giocabile. Tutto ciò ha eliminato completamente la possibilità di avere enigmi basati sull’interazione tra più protagonisti: da una parte ciò ha permesso di aumentare l’immedesimazione nelle vicende della protagonista, ma dall’altra ha un po’ abbassato il livello di difficoltà. A questo proposito, infatti, avremmo preferito qualche enigma logico “crudele” in più durante la parte finale, che risulta un po’ spoglia sotto questo punto di vista.

    Dal punto di vista tecnico, Shardlight presenta le soluzioni tipiche delle produzioni Wadjet Eye Games. Ci troviamo davanti, dunque, a una realizzazione grafica bidimensionale in pixel art, capace di riprodurre buoni scorci. Ci hanno convinto soprattutto le riproduzioni dei volti dei personaggi, che appariranno durante ogni dialogo. Chi conosce i titoli della casa americana, dunque, dovrebbe già avere bene in mente di che tipo di grafica stiamo parlando.
    Dal punto di vista del comparto audio, invece, il titolo propone un doppiaggio in inglese di buona qualità, soprattutto per quanto riguarda il personaggio di Amy. Gli accompagnamenti audio, invece, si mantengono sicuramente su un livello sufficiente, senza però proporre dei particolari lampi. Dobbiamo segnalare, infine, la mancanza dei sottotitoli in italiano.

     

martedì 8 marzo 2016

Bus Simulator 2016

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Guida arcade

  • Sviluppatore:Stillalive Studios

  • Data uscita:2 marzo 2016

     

     

    Spulciando le liste dei titoli disponibili su Steam, GOG, Desura e via dicendo, oramai è possibile trovare i simulatori più strambi e più o meno sensati. Basta scrivere la parola “simulator” sulla piattaforma di digital delivery di Valve, tanto per dirne una, per avere davanti una lista che include i titoli più disparati, da Bear Simulator a Shower With Your Dad Simulator. Il titolo di cui parliamo oggi, però, si concentra sull’elettrizzante mondo dei trasporti urbani: con Bus Simulator 16, infatti, si può diventare autisti di autobus. Vediamo se tutto ciò ha un suo senso.

    Sviluppato da Stillalive Studios, Bus Simulator 16 consente di creare e sviluppare la propria compagnia di trasporti urbani. Per far crescere la propria attività, però, non bisognerà solo programmare, ma anche agire in prima persona, andando a guidare gli autobus per le vie della città. Lo scopo finale è, come prevedibile, crescere e prosperare, comprando nuovi autobus, assumendo nuovi autisti, fino ad arrivare a coprire tutti i cinque quartieri della città con i nostri mezzi.
    La campagna principale del gioco si svolge in maniera tutto sommato classica: il titolo, in questo senso, proporrà di volta in volta degli obiettivi da raggiungere, i quali ci garantiranno nuove entrate, nonché lo sblocco dei quartieri inizialmente inaccessibili. Riuscire ad avere successo nella propria attività, poi, garantirà un aumento del livello di qualità della propria azienda, con la possibilità di ricevere offerte di sponsorizzazione da alcune aziende, nonché di assumere nuovi conducenti maggiormente capaci.
    Una delle caratteristiche più interessanti dell’intera gestione della propria azienda è la pianificazione delle rotte da percorrere: difatti, la schermata principale del gioco mostrerà proprio una mappa della città, con le fermate segnalate da alcuni punti. Cliccando su di essi si disegnerà il percorso di una determinata linea, sebbene il gioco non dia molta libertà da questo punto di vista: il percorso tra due fermate, in breve, sarà determinato in maniera automatica dal titolo. In ogni caso, il gioco si basa su un meccanismo comune ai simulatori di questo tipo: per riuscire in questo tipo di titoli, in altre parole, bisogna entrare nell’ordine delle idee che il divertimento della sfida derivi dal fare le cose per bene. Questo significa rispettare semafori, mettere la freccia prima di svoltare a un incrocio, fermarsi correttamente alle fermate.

    Dal punto di vista del gameplay, in qualche modo Bus Simulator 16 si divide tra una parte più manageriale e una più dinamica. Il primo aspetto è evidentemente quello relativo alla pianificazione della propria attività, che ci vedrà prima di tutto tracciare le rotte da percorrere. Ogni rotta deve essere “inaugurata” dal giocatore in prima persona, il che significa prendere il volante di un proprio autobus e scendere in strada. A ogni rotta già collaudata dal giocatore, poi, deve essere assegnato un autista, e di conseguenza un mezzo.
    La parte più dinamica del gioco prevede la guida degli autobus in prima persona. In questo senso, il titolo a volte ci ha sorpreso con delle incongruenze; per prima cosa, una volta avviato il gioco per la prima volta, abbiamo dovuto scegliere se giocare con la tastiera, con il pad o con il volante. Abbiamo optato per questa terza voce, ma siamo stati costretti a mappare integralmente il nostro G25, visto che il titolo presenta sì il supporto ai volanti, ma obbliga il giocatore a costruire da zero il layout di comandi. Potrebbe sembrare operazione da poco, ma così non è, visto che Bus Simulator 16 prevede una sequela importante di comandi da impartire. Una volta seduti al volante, infatti, praticamente ogni comando dell’autobus visibile sarà utilizzabile. Solo per avviare il mezzo, ad esempio, sarà necessario girare per tre volte la chiave a destra. Dopo di ciò, bisognerà chiudere le porte ancora aperte, togliere il freno a mano e quello di posizionamento, inserire la freccia, e infine partire. Arrivati a ogni fermata, poi, bisognerà assistere i viaggiatori sprovvisti di biglietto, andando ad emettere il tagliando corretto, e soprattutto facendo attenzione a dare il giusto resto. Anche qui, in ogni caso, i tasti da premere saranno un bel po’, e ciò ci spinge a dire che la configurazione migliore per giocare a Bus Simulator 16, probabilmente, è quella costituita da volante più mouse e tastiera; non è la soluzione più comoda, ma è quella che sembra garantire la giusta precisione di guida e il numero di tasti sufficienti.
    Diciamo che il volante è la soluzione probabilmente migliore perché, arrivati al primo incrocio a cui svoltare, Bus Simulator 16 svelerà il suo carattere esigente: in altre parole, bisognerà fare attenzione a non stringere troppo l’angolo della curve, pena lo scontro con marciapiedi, pali della luce o, peggio, pedoni. Ogni errore costerà caro in termini di penalità economiche, quindi è assai importante riuscire a guidare in maniera pulita. Insomma, come si vede si tratta di sfide molto pratiche, che però riescono ad intrattenere per qualche ora, sebbene il titolo presenti evidenti sbavature, soprattutto nella IA. Tra auto della polizia che si fiondano velocissime per strada, a volta scontrandosi in maniera tragicomica con le altre vetture ferme, pedoni che attraversano la strada noncuranti della nostra presenza, e auto che si fermano improvvisamente davanti a noi (facendoci registrare una penalità), la lista delle imperfezioni è abbastanza lunga.

    Dal punto di vista grafico, è evidente come Bus Simulator 16 sia tutto fuorché un gran piacere da guardare: ogni elemento presenta una definizione scarsa, poco precisa. I modelli dei passeggeri che si fermeranno a chiederci un biglietto si ripeteranno dopo poco tempo, e gli elementi di contorno della città faranno storcere un po’ il naso. Va leggermente meglio con i modelli delle auto e degli autobus (alcuni presenti su licenza MAN), ma fondamentalmente la situazione non è la più rosea. Ci ha sorpreso, in questo senso, la realizzazione degli specchietti dell’autobus, dentro ai quali la città verrà avvolta da una sorta di nebbia in stile Silent Hill. Anche la pioggia presenta alcune problematiche, visto che a volte le gocce avranno come un frame rate differente rispetto a quello del resto del mondo di gioco, creando una discrepanza assai fastidiosa. Insomma, tecnicamente il titolo lascia un po’ a desiderare, proponendo anche dei fastidiosi scatti e cali di frame rate improvvisi e saltuari.
    Dal punto di vista audio, il titolo propone una traduzione dei testi in italiano di fattura quasi sempre sufficiente, e alcune linee audio in inglese che si concentrano sulle conversazioni tra viaggiatori. Una buona idea, che però viene un po’ mortificata dal fatto che le frasi inizieranno a ripetersi praticamente da subito, e che la recitazione è sempre volutamente sopra le righe.

venerdì 4 marzo 2016

Trackmania Turbo

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Guida arcade

  • Data uscita:25 marzo 2016

     

     

    Avevo provato Trackmania Turbo durante lo scorso E3, in uno stand Ubisoft affollatissimo, e ne avevo ricavato impressioni positive, a patto di non aspettarsi né una simulazione né un titolo particolarmente complesso: parliamo di un arcade esagerato, con un modello di guida credibile ma tutt'altro che realistico e una grande enfasi posta sulla creazione di circuiti, sul multigiocatore online e sulle care, vecchie partite con gli amici sullo stesso divano, una delle forme più alte di divertimento videoludico che le ultime due generazioni di console sembrano avere obliato.
    Oggi, dopo qualche giorno passato sulla closed beta e un evento tenutosi direttamente alla sede italiana di Ubisoft, a circa un mese dal rilascio definitivo, eccovi un aggiornamento
    Molte delle gare partono con un elicottero che molla la nostra vettura in pista, così da farle guadagnare velocità immediatamente, con un singolo tasto si riavvia istantaneamente la gara dal principio, con un altro si accelera e con il grilletto sinistro si dovrebbe frenare.
    Sottolineo il condizionale perché, un po' come la defunta saga di Ridge Racer, il freno serve solamente per impostare le derapate, indispensabili per non perdere troppa velocità nelle numerose curve a U che il titolo propone, soprattutto lungo i primi due campionati.
    Già una descrizione sommaria del sistema di controllo, insomma, è sufficiente per mettere in chiaro che l'ultima fatica Ubisoft è tutta a base di velocità, rampe improbabili, circuiti fuori di testa e una spietata corsa contro il tempo.
    L'assenza di altre vetture nelle modalità per giocatore singolo, con l'enfasi posta sulla sfida a se stessi e ai ghost dei nostri amici, seppure rischiosa, sembra giustificata dal track design, che coniuga percorsi brevi, ricchi di curve, saliscendi e rampe, con passaggi angusti, in cui la vera sfida consiste nel centrare la carreggiata e rimanerci: in questi passaggi, la presenza di altre vetture sui tracciati mal si sposerebbe con la filosofia di gioco.
    Di più: una delle cose che meno mi ha convinto, nell'ambito di una prova comunque soddisfacente, è rappresentata dalla fisica di gioco e da come i programmatori hanno deciso di gestire gli scontri con il guard rail e altri ostacoli presenti in pista: il mezzo è molto nervoso, e una minima imperfezione da parte del giocatore può corrispondere ad un volo fuori pista, dopo il quale l'unica soluzione è riavviare la gara.
    Di contro, schiantarsi contro il bordo pista a 325 km orari non sembra avere effetti tangibili sul nostro mezzo, se non un minimo decremento della velocità di crociera: proprio a seguito di questa scelta, su molte delle piste, quando le curve si fanno impervie, la tattica migliore risulta essere quella di giocare di sponda, appoggiandosi ai bordi così da reimpostare la curva, con il prodotto che sembra quasi scimmiottare i momenti peggiori della saga di Gran Turismo.