Ethero

sabato 27 settembre 2014

The Crew

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Guida arcade

  • Sviluppatore:Ubisoft

  • Data uscita:11 Novembre 2014

     

    In molti hanno già avuto modo di provare The Crew, passando magari dalla Closed Beta su PC, e di saggiarne le qualità. Quanto visto negli uffici italiani di Ubisoft pochi giorni fa però ci ha permesso di approfondire ulteriormente la conoscenza con la produzione e di toccare più da vicino il lavoro dei ragazzi di Ivory Tower e Ubisoft Reflections.
    The Crew si presenta al grande pubblico come un gioco di corse massivo e basato sull’online, a grandi linee come era avvenuto lo scorso anno per Need for Speed Rivals. Le cose nel gioco di corse Ubisoft sono però estremamente diverse e ampliate sotto moltissimi punti di vista rispetto al corsistico EA: prima di tutto la mappa, realistica come conformazione, comprende tutti gli Stati Uniti d’America e si estende per chilometri e chilometri di strade, boschi, sentieri inesplorati e le classiche highway da percorrere a tutta birra a bordo del vostro bolide. Una location enorme che vi porterà da New York a Las Vegas, passando ovviamente dal Gran Canyon e da Seattle e che vi richiederà diverse ore per essere esplorata in lungo e in largo.
    Altro enorme punto di distacco è la quantità di veicoli e mezzi presenti, tutti completamente personalizzabili, non solo dal punto di vista meccanico, con tutta una serie di upgrade che analizzeremo successivamente, ma anche attraverso centinaia di livree differenti, decalcomanie e modifiche estetiche alla carrozzeria andando a modificare minigonne, spoiler e alettoni con una eccellente quantità di opzioni disponibili.
    Nel nostro garage ci siamo trovati per le mani un Lamborghini Murcielago e con il puro SWAG che ci contraddistingue abbiamo verniciato la carrozzeria con un arancione metallizzato, mettendo fiamme sulla scocca e riempiendo la vettura di pezzi in carbonio, con una serie di cerchioni talmente tamarri da far paura al peggior maranza di Fast & Furious.
    Insomma, i giocatori si potranno davvero divertire in questo senso e la grafica aiuta indubbiamente, con modelli ben realizzati e una visuale esplosa delle parti da modificare che ricorda tanto quella delle armi di un Ghost Recon qualsiasi.
    Per quanto riguarda le parti meccaniche ci sono ben undici slot che possono essere modificati, con un loot system che convince e spingerà i giocatori a continuare a cercare di completare più missioni possibili per avere mano a mano vetture sempre più potenti e performanti.
    Raggiungendo così gli obiettivi prefissati delle le missioni presenti sulla mappa, esplorabile anche grazie al fast travel tra le location già sbloccate, si riceveranno pezzi di ricambio per la vettura corrente, esattamente come si trattasse di un Diablo qualsiasi.
    Trovate una marmitta più potente e con un semplice click potrete equipaggiarla, migliorando le prestazioni e dandovi l’accesso a gare e missioni sempre più ardue.
    Ne abbiamo provate di diverso tipo e varietà, dalle classiche gare testa a testa su circuiti cittadini a competizioni offroad dove toccare il maggior numero di checkpoint senza un percorso predefinito. Non manca poi una trama da seguire, sebbene questa non spicchi assolutamente quanto a originalità, e missioni che vanno oltre alle classiche competizioni, richiedendovi di distruggere altri veicoli a sportellate.
    The Crew è stato costruito per essere di facile utilizzo e il menu è uno dei più immediati visti in un gioco di corse. Il già citato fast travel tra le missioni è solo la punta dell’iceberg vista la presenza di funzionalità per velocizzare il cambio di mezzo e l’upgrade dei nuovi pezzi. Sarà possibile fare tutto tramite una comoda app incorporata nel gioco, senza tempi morti di caricamento o altre interruzioni del gioco.
    Nulla ci vieterà comunque di entrare nel nostro garage, visionare tutte le auto in nostro possesso, ammirarle e modificarle in ogni più piccolo dettaglio con la dovuta calma.

    La meccanica di base alle spalle di The Crew è estremamente interessante visto che darà al giocatore diverse categorie di vetture, esattamente come fossero le classi di un GDR qualsiasi. Ecco allora che l’ibrido principale definito Full Stock ci permetterà di approcciare qualsiasi competizione ma nel caso in cui volessimo primeggiare nelle suddette dovremo per forza di cose scegliere tra diverse specializzazioni come ad esempio il drift, l’offroad la perf spec o il raid. Ognuna di queste classi sarà funzionale ad una tipologia specifica di gare e il gioco, in via del tutto automatica, sceglierà dal garage l’auto migliore per l’occasione lasciandoci la possibilità di modificare questa decisione in un secondo momento.
    Ancora una volta insomma il titolo sembra voler guidare il giocatore e lasciarlo pensare esclusivamente a sgommare e distruggere qualsiasi record sui vari circuii.
    Se girare a caso non è esattamente la massima aspirazione in termini di divertimento è il completare le diverse sfide, cercando di battere magari il proprio ghost o quello dei propri amici, a prolungare la longevità del titolo.
    Ogni pilota avrà a disposizione ben 50 livelli di crescita e, una volta giunti al cap, si sbloccheranno nuove sfide e la possibilità di vincere le medaglie di platino su tutti i precedenti eventi. Essendo un gioco improntato sul multiplayer tutte queste cose potranno essere fatte in squadra cooperando per tagliare il traguardo e sconfiggere gli avversari o buttandosi in ambiziose gare pvp dove fare a sportellate contro i propri amici. In tutto questo si inserisce un sistema di “bande” che aggiunge al titolo ulteriori cose da fare, con missioni che vanno dal durare una manciata di minuti fino a diverse ore continuative. Entrare in una Crew e prendere parte a queste sfide vi ricompenserà poi con specifici punti per la vostra fazione che sbloccheranno alla fine delle varie stagioni ricompense e bonus unici.
    Se quindi l’ossatura è decisamente buona, quello che non ci ha convinto del tutto è il sistema di guida, troppo arduo per essere un arcade spinto e con un controllo delle vetture tutt’altro che semplice se paragonato alla media dei giochi sui generis. In The Crew le macchine sgommano e derapano con sin troppa facilità e non sarà difficile trovarsi schiacciati nel traffico a bordo di un bolide impazzito.
    Purtroppo le collisioni non ci hanno convinto per nulla e speriamo vengano sistemate prima del rilascio o potremmo aver già individuato uno dei più grossi difetti della produzione.
    I danni influiscono in maniera lievissima sull’esperienza di gioco (a meno di non essere in partite dedicate con danni attivi e limitati) e sfruttare sponde e tagliare curve sarà all’ordine del giorno. Purtroppo alcuni elementi dello scenario sono inamovibili e la nostra auto si cappotterà in maniera troppo irrealistica, anche i contatti con le altre vetture e con il traffico rovinano l’esperienza in generale lasciando un retrogusto amaro in un gioco dalle buone potenzialità, attualmente castrate proprio dai pilastri portanti di un gioco di guida.
    Una prova del titolo poco prima della release dovrebbe aiutare a toglierci, o confermare, gli ultimi dubbi sulla produzione. Non ci resta che aspettare. 

Lara Croft e il Tempio di Osiride

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Action-Adventure

  • Sviluppatore:Crystal Dynamics

  • Data uscita:9 dicembre 2014

     

    Prima del reboot della serie, prima della nuova attenzione mediatica nei confronti del marchio Tomb Raider, i Crystal Dynamics avevano esordito nel celebre franchise di Eidos con Lara Croft e il Guardiano della Luce. Il gioco si distanziava da tutti gli altri capitoli della serie: in quanto spin-off, stravolgeva il gameplay proponendo un’esperienza cooperativa per due giocatori e una vista ortogonale, trasformando la celebre avventura in uno shooter dal ritmo incalzante abbinato alla risoluzione di enigmi.
    Si può dire, insomma, che lo spirito rivoluzionario dei Crystal Dynamics ha origine già in quel titolo digitale del 2010, che è culminato nel capolavoro datato 2013 e nel suo seguito, Rise of the Tomb Raider, in arrivo a Natale 2015. Nell’attesa di questo nuovo titolo (che ha già fatto discutere per il suo carattere di esclusività, forse temporale, sulla console Xbox One), i giocatori potranno cimentarsi in un altro spin-off della saga, seguito indiretto de Il Guardiano della Luce. Lara Croft e il Tempio di Osiride è stato presentato a pubblico e stampa in occasione della Gamescom 2014, a cui è seguito un evento organizzato a Milano, basato sulla stessa build: abbiamo avuto modo di provarlo in compagnia di altri tre giornalisti, completando il primo livello del gioco.
    Lara Croft e il Tempio di Osiride si presenta come un gioco la cui struttura è stata fortemente ricalcata su quella del titolo datato 2010. Ancora una volta parliamo di un’esperienza cooperativa, che questa volta aumenta il numero massimo di giocatori a quattro. Nel titolo, dunque, possiamo prendere il controllo di Lara e di altri tre compagni, un collega della nostra archeologa e due antichi egizi, risvegliati dalla rottura di una maledizione.
    La trama del gioco, infatti, vede la nostra beniamina avventurarsi nel tempio di Osiride, dove la maledizione di Seth ha preso il sopravvento, e trasforma la spedizione archeologica in una sorta di fuga da questo luogo un tempo sacro. I quattro personaggi disponibili si differenziano in due tipologie: Lara e il proprio collega sono dotati di armi da fuoco, e dispongono di un rampino che gli consente di scalare alcuni edifici. I due egizi, invece, hanno a disposizione un bastone capace di colpire dalla distanza con un fascio di luce, e possono creare una sfera su cui gli altri possono salire per raggiungere luoghi elevati. La combinazione delle abilità dei diversi personaggi viene utilizzata per la risoluzione di enigmi: ci sono piattaforme che si innalzano solo utilizzando il bastone sacro, luoghi raggiungibili soltanto con il rampino e sezioni di livello che richiedono l’uso di più abilità contemporaneamente.
    Il gioco permette di acquisire diverse armi nel corso dell’avventura, e di organizzare il un inventario con accesso rapido tramite i tasti sul D-Pad. L’arma di default (la pistola nel caso dei personaggi “moderni”, la staffa magica nel caso dei personaggi “antichi”) ha un numero illimitato di proiettili, mentre le altre armi raccolte nel corso dell’avventura consumano una barra dell’energia di colore blu, che può essere ricaricata attraverso la raccolta di ricariche, disponibili saltuariamente. Allo stesso modo, l’energia vitale non si ricarica automaticamente, ed è necessario raccogliere dei rari kit medici, solitamente collocati prima di ogni parte impegnativa del livello. In caso di morte di un personaggio, infine, c’è un respawn quasi istantaneo.
    Oltre alle armi, il giocatore può personalizzare l’equipaggiamento del personaggio con anelli magici e amuleti. Questi ultimi influenzano l’intero gruppo, ed è dunque possibile distribuirli fra i vari giocatori per dare luogo a delle combinazioni devastanti. Al fine di non rendere i personaggi eccessivamente potenti, ogni upgrade ottenuto fornisce anche un attributo negativo: è dunque onere del gruppo saper combinare effetti positivi e negativi, al fine di ottimizzare il risultato.
    Uno degli aspetti che più ci ha interessato in Lara Croft e il Tempio di Osiride riguarda la totale riconfigurazione del gioco a seconda del numero di giocatori presenti. Il titolo è interamente giocabile in single player, in quanto i puzzle hanno la capacità di modificarsi e di adattarsi a seconda della dimensione del party. La nostra prima run della demo si è svolta in single player: i puzzle risultavano più macchinosi, ma comunque risolvibili con una serie di passaggi logici. Nel momento in cui ci siamo ritrovati a giocare in quatto, la meccanica dei puzzle visti nell’esperienza in singolo è cambiata totalmente: alcuni puzzle che credevamo di sapere risolvere si sono rivelati completamente diversi, obbligandoci a ripensare a una soluzione.
    Questa particolarità del titolo Crystal Dynamics è davvero apprezzabile, e siamo convinti che contribuirà ad aumentare in maniera sensibile la longevità del prodotto. Se il titolo seguirà le orme del suo predecessore, parliamo di un gioco con almeno una decina di ore di gameplay.
    Anche se il gioco è una release next-gen e PC, al momento la grafica non sembra di livello eccelso, e francamente crediamo che non sarà migliorata nel corso dei prossimi mesi. In quanto titolo digitale, il gioco presenta comunque un livello tecnico accettabile, anche se avremmo sperato in qualche maggior numero di effetti e in animazioni più dettagliate.

mercoledì 24 settembre 2014

L'ombra di Mordor


  • Piattaforme:PC, PS3, PS4, Xbox 360, Xbox One

  • Genere:Action-Adventure

  • Sviluppatore:Monolith Interactive

  • Data uscita:03 ottobre 2014

     

    Ok, c’è il free flow system. E sì, c’è l’arrampicata di Assassin’s Creed. In questi mesi c’è stato un mormorio attorno a La Terra di Mezzo: L’Ombra di Mordor, alimentato da alcuni infelici scambi di battute via Twitter tra gli sviluppatori di questo gioco targato Warner Bros e i creatori della celebre serie di Ubisoft. Eppure, nonostante le evidenti, innegabili e innegate somiglianze tra alcuni degli elementi chiave di questi due giochi, dopo avere provato con mano il nuovo titolo ambientato nel mondo del Signore degli Anelli possiamo affermare con assoluta certezza che ci sono dei buoni motivi per attendere questo gioco. Vediamo quali.
    L’Ombra di Mordor cerca di colmare un vuoto narrativo che nell’epopea tolkieniana ha luogo tra gli eventi de Lo Hobbit e quelli de Il Signore degli Anelli. Poiché il character design e le ambientazioni sono reminescenti della Nuova Zelanda di jacksoniana memoria, potremmo dire che il gioco va a colmare lo iato tra le due trilogie cinematografiche.
    La terra di Mordor è un luogo relativamente “plasmabile”, poiché nei film di Jackson il suo aspetto viene mostrato solo ai tempi della Guerra dell’Anello. Giacché il gioco ha luogo prima di tale importante avvenimento, Mordor appare come un posto meno inospitale del previsto, fatto di grandi praterie e di svariati promontori, sui quali si ergono spesso fortezze (quasi sempre in rovina). Non è certo il luogo più bucolico e ameno della Terra di Mezzo, ma al contempo non aspettatevi i fiumi di lava e l’occhio di Sauron a sovrastare il mondo. Ci ritroviamo in un luogo invaso dagli orchi, in cui la morte è dietro ogni angolo ma in cui il potere corrotto dell’anello non ha ancora preso piede. Il fardello si trova ancora nelle mani di Bilbo, nella contea, lontano centinaia di leghe da questi luoghi.
    Si percepisce dunque un certo grado di credibilità nel prodotto, che – per quanto non sarà mai considerato canone da parte degli appassionati – è comunque profondamente rispettoso del materiale di partenza. Chi è fan della saga troverà immediatamente dei forti elementi di riconoscibilità, e difficilmente si sentirà tradito da questo gioco. In un mondo popolato di tie-in di scarsa qualità, spesso poco rispettosi dell’opera originale o, al contrario, imbrigliati da qualche eccesso di filologia, le scelte degli art director de L’Ombra di Mordor appaiono oltremodo azzeccate.
    Protagonista dell’avventura è Talion, un ranger il cui ruolo è in parte slegato dall’epopea dell’anello. Il suo ruolo, infatti, è quello di un uomo assetato di vendetta, determinato a colpire Sauron, reo dello sterminio della propria famiglia. Talion stesso è stato vittima di Sauron, ma è stato resuscitato ed accompagnato da un dono: la possibilità di dialogare ed evocare in qualsiasi momento lo spirito di Celebrimbor. Quest’ultimo è il fabbro responsabile della forgiatura dei tre anelli del potere giunti nelle mani degli elfi, che fu successivamente impalato da Sauron in persona. Nel gioco, dunque, avremo a che fare con due personaggi in collera con Sauron e determinati a ottenere soddisfazione. Al contempo, nella vicenda avrà un ruolo importante Gollum, che fungerà da collante narrativo tra la prima e la seconda trilogia filmica, e la cui presenza all’interno del gioco sembra essere necessaria al fine dello svolgimento di alcune scene-chiave.
    L’interazione tra Talion e Celebrimbor non è soltanto narrativa: i due personaggi, infatti, sono le due facce di una stessa medaglia controllata dal giocatore. Per la maggior parte dell’avventura il giocatore si trova nei panni di Talion che, in quanto ranger, ha ottime capacità nel combattimento e nelle azioni stealth. Vi sono svariate azioni, però, che vengono svolte da Celebrimbor: con la semplice pressione di un pulsante, il giocatore può trasformarsi istantaneamente nell’elfo e scoccare delle frecce letali, capaci in alcuni casi di teletrasportare Talion nel bel mezzo della mischia. O, in alternativa, i poteri di Celebrimbor possono corrompere la mente dei nemici e spingerli a combattere al nostro fianco. Infine, vi è la possibilità di attivare una modalità che, sempre nei panni del potente elfo fabbro, ci consente di esplorare il mondo da una prospettiva oscura, capace di individuare le tracce dei nemici e di compiere una sorta di viaggio nel passato, rivelando luoghi che – nel presente in cui si svolge la vicenda – non sono altro che macerie. Quest’ultima modalità ricorda a prima vista l’Occhio dell’Aquila di Assassin’s Creed, un altro aspetto che farà discutere ma che, anche in questo caso, sembra distanziarsi in parte dal prodotto di Ubisoft grazie alla capacità di esplorare il passato.
    Infine, da segnalare un profondo albero delle abilità differenziato per Talion e Celebrimor, con un totale di 18 abilità per il ramingo e 21 per lo spettro. Un’ulteriore varietà è data dal sistema di loot, che garantisce l’acquisizione di armi uniche che – in pieno stile tolkieniano – variano il proprio nome a seconda delle abilità e delle caratteristiche.
    Come anticipato, il sistema di combattimento fa largo uso del free flow system, di scuola Warner Bros. Il sistema funziona alla grande, ed è reso interessante da una difficoltà di gioco tarata verso l’alto. La sensazione, dalla breve prova concessaci, è che La Terra di Mezzo: L’Ombra di Mordor sia un gioco PEGI 18 non solo per la truculenza degli scontri e il sangue che scorre a fiumi, ma anche per la difficoltà nei combattimenti. In alcuni scontri ci siamo trovati letteralmente sopraffatti dai nemici, costringendoci a una vile fuga e alla riorganizzazione delle nostre strategie. Anche se il colpo a distanza di Celebrimbor ci è parso un’arma decisamente troppo potente in alcune situazioni, quando qualcosa nel nostro piano va storto per noi sono guai seri. Da questo punto di vista, dunque, il gioco ci lascia ancora una volta delle ottime sensazioni.
    L’aspetto più interessante del titolo, tuttavia, si riscontra nel curioso sistema dei boss. Tutto il gioco si regge sulla presenza di nemici principali, che il titolo genera in maniera procedurale e che inserisce all’interno di un mondo sandbox. In altre parole, ogni partita ci vede alle prese con dei boss creati in maniera casuale dal gioco, dall’aspetto terrificante (e fortemente fedele alla visione di Jackson dell’universo di Tolkien),  dotati di una storia di background credibile, con punti deboli e forti e dalla violenza inaudita. Questi nemici, inoltre, vengono inseriti dal gioco all’interno di un sistema gerarchico, in cui alcuni boss fanno da luogotenente ad altri boss, e così via fino a una manciata di boss principali che governano un piccolo esercito. Quando un boss viene sconfitto, questi muore e viene sostituito da un altro boss generato proceduralmente. Se si uccide un boss nella parte alta della scala gerarchica, e probabile che uno dei suoi sottoposti ne prenda il posto. Infine, è anche possibile che un orco decida di prendere il posto di un suo superiore con la forza, lanciandosi in lotte intestine che portano alla variazione inaspettata dell’assetto gerarchico. Si ha la sensazione di avere a che fare con un nemico “vivo”, in continua evoluzione e le cui caratteristiche variano anche a seconda delle nostre scelte.
    Se un orco viene ferito da una delle nostre azioni (e sopravvive), questi potrebbe tornare in un secondo momento del gioco e ricordarsi del nostro incontro attraverso dialoghi ad hoc. O, addirittura, potrebbe portare addosso i segni del nostro scontro con vistose cicatrici o tatuaggi celebrativi. Se il nemico ci sconfigge, questi potrebbe ottenere un maggiore morale o salire di grado, e quindi diventare più coriaceo nell’incontro successivo. Se ne deduce un costante cambiamento nell’apparato dei nemici, in grado da solo da rendere il gioco costantemente dinamico e variegato.

Defense Grid 2

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Strategico

  • Data uscita:23 settembre 2014

     

    Il genere dei tower defense negli anni ha visto qualche sviluppo interessante, qualche idea brillante si è timidamente affacciata e le nuove piattaforme mobile hanno sicuramente rinfoltito un genere che, almeno su pc, conta decine e decine di esponenti validi, senza tuttavia regalare nulla capace di lasciare un segno nella memoria dei videogiocatori.
    Il grosso delle meccaniche è rimasto pressoché invariato e giocare oggi a uno dei tanti titoli presenti sul mercato non offre sostanzialmente un'esperienza di gioco così diversificata rispetto a quando ci si cimentava ancora con le MOD di Warcraft 3. Cinque anni fa, Defense Grid arrivò nelle mani dei gamers riscuotendo un discreto successo, con una formula classica in grado di divertire in maniera semplice e senza fronzoli inutili. Oggi ci troviamo pronti a recensire il suo successore nel tentativo di capire se dopo tutto questo tempo il gioco sia rimasto al passo coi tempi o se invece si sia adagiato sugli allori, pronti a difendervi?
    Una storia trascurabile fa da introduzione alla campagna per giocatore singolo che Defense Grid 2 mette in bella vista per accogliere il giocatore. Cinque i pianeti ad attendervi, per un totale di ben venti livelli, né più né meno come il primo capitolo quindi. Una scelta che all'alba del 2014, forse, stride un po'. Defense Grid 2 però sa fare molto di più e sebbene per portare a termine la campagna non vi serviranno più di una manciata di ore, avrete ancora una quantità di cose da fare davvero imbarazzante una volta giunti alla sua conclusione. Prima di tutto la curva di difficoltà è eccellente e il titolo si presta ad essere rigiocato più e più volte, sia per i punteggi e le classifiche online, sia per i quattro livelli di difficoltà disponibili, laddove l'ultimo metterà a dura prova anche il più strategico e paziente di voi.
    Le meccaniche di gioco sono quelle classiche per il genere senza grossi cambiamenti di rilievo: ad ogni stage verremo invasi da un numero predefinito di ondate nemiche di potenza crescente e ad ogni uccisione messa a segno dalle nostre difese, o con il passare dei secondi, guadagneremo crediti da spendere per potenziare torri e trappole. Una delle cose che un po' ci ha deluso di questo Defense Grid 2 è la mancanza di torri particolarmente originali capaci di impattare pesantemente sul gameplay. Non mancano infatti portali in grado di rallentare i nemici, bocche da fuoco adatte a colpire più nemici contemporaneamente ed altre dedicate ai danni ad area ma in linea generale non abbiamo visto davvero nulla che ci abbia sbalordito.
    Il gioco però funziona ed è proprio la sua capacità di offrire meccaniche rodate e sicure a salvarlo dal baratro della dimenticabilità. I nemici attaccheranno tramite percorsi predefiniti e ben visibili sulla mappa di gioco e ogni singolo livello offrirà la possibilità di modificarne il tracciato semplicemente piazzando le torri difensive a mo' di blocco.
    Piuttosto che dover quindi solo badare a come spendere il proprio denaro, ci troveremo anche a dover pianificare la strategia migliore per rallentare il più possibile l'avanzata dei nemici. Volete incanalare gli alieni in un corridoio costellato di lanciafiamme? Niente di più facile, l'unica limitazione sarà l'impossibilità di creare vicoli ciechi, con il gioco che vi impedirà di costruire le torri sugli spazi che chiuderebbero altrimenti qualsiasi via di accesso alla vostra roccaforte.
    A differenza dei soliti tower defense qui gli alieni, una volta raggiunta, la vostra base e rubato uno dei nuclei a vostra disposizione dovranno riportarlo al punto di partenza, prendendosi una seconda scarica di colpi. Questa meccanica ha permesso agli sviluppatori di inserire diverse tipologie di nemici adatte allo scopo, partendo ovviamente da alieni deboli ma numerosi a veri e propri colossi di carne che richiederanno tutta la vostra potenza di fuoco per essere abbattuti.
    Uccideteli e otterrete punti e risorse per potenziare le vostre difese, far salire di livello le torrette o abilitare bonus extra in grado di rilevare nemici invisibili o ancora distruggergli gli scudi energetici che li proteggono.
    Una buona strategia sarà insomma essenziale per prevalere e l'ultimo tocco di profondità viene dato dalle abilità attive del comandante in uso durante la missione, grazie alle quali lanciare raggi laser sulla mappa o accumulare risorse più velocemente tanto per fare due esempi e alle opzioni di personalizzazione di ogni singola torre presente nei menù che andranno via via a sbloccarsi con il completamento dei livelli.

    L'arretratezza emerge soprattutto quando si analizza il comparto tecnico con colori e ambientazioni di poco impatto, animazioni indubbiamente non eccelse e modelli per le torrette praticamente immutate rispetto alla versione del 2008. Sono elementi di poca rilevanza quando si parla di tower defense ma visto che anche i titoli del genere apparsi su device apple garantiscono una buona resa grafica era lecito aspettarsi diversi miglioramenti anche sotto questo punto di vista.
    Certo, la vera forza di Defense Grid 2 rimangono le modalità extra, incluse quelle multiplayer, con una grandissima attenzione rivolta verso le creazioni della community e dell'editor relativo. Nella versione PC i contenuti saranno fruibili sia attraverso il Workshop di Steam sia tramite il negozio interno, già particolarmente popolati nel momento in cui scriviamo.
    Ecco allora che la quantità di contenuti diventa un elemento di primo piano, con gli stage dell'utenza e le modalità ad hoc della campagna che metteranno le vostre doti strategiche a dura prova dandovi ad esempio un numero limitato di torri per portare a termine il livello, facendovi arrivare contro nemici particolarmente coriacei o altre trovate in grado di dare una rinfrescata al tutto. Un gioco in tutto e per tutto solido che manca solo di una scintilla di creatività per aspirare a qualcosa di più

venerdì 19 settembre 2014

F1 2014


  • Piattaform:PC

  • Genere:Simulazione guida

  • Sviluppatore:Codemasters

  • Data uscita:17 ottobre 2014

     

     

    Quando è giunto il redazione il codice preview di F1 2014 la curiosità è stata tanta. Gli annunci relativi alla nuova incarnazione del simulatore di Codemasters, d’altronde, hanno suscitato diversi dubbi tra gli appassionati. Causa di tali malumori è stata la decisione di pubblicare due distinte versioni del gioco, una per Xbox 360, PS3 e PC e una, a partire dal 2015, per PS4 e XONE.
    Se tale scelta è sicuramente strategica in ottica console, “retrocedere” l’utenza PC (piattaforma della nostra prova) al target di minore importanza ci è sembrata invece un’idea avventata. Avremo ragione?
    Non ancora completamente abilitato, il menu principale che ci ha accolto presentava le stesse voci del precedente capitolo. Le modalità di gioco sembravano le medesime, insomma, ad eccezione delle gare a bordo delle vetture classiche dalle quali, come previsto, Codemasters si è presa un anno di pausa.
    Impossibilitati dall’iniziare una carriera, ci siamo lanciati in pista per verificare il feeling con le monoposto spinte dai propulsori turbo V6, la grande novità del circus del 2014. Lecitamente ci saremmo aspettati un modello di guida rinnovato, fedele alle differenze introdotte rispetto al V8 montato sulle vetture nel 2013. La percezione a parità di aiuti attivati, invece, è stata quella di essere al volante di bolidi più maneggevoli, più tolleranti ai cordoli e con un esagerato traction control. Semplicemente più facili da guidare, insomma. La prova del nove è stata affrontare qualche giro sotto la pioggia: tutto l’aspetto simulativo è completamente svanito, lasciando spazio ad una giocabilità dal sapore arcade in cui l’ABS e la permissività di manovra la facevano da padroni.
    Non è esattamente questo che cerca un appassionato di Formula 1, e neanche noi. Dalla versione finale ci aspettiamo un’evoluzione sia sugli aspetti appena descritti, sia su altri importanti variabili quali l’intelligenza artificiale dei piloti, apparsa invariata, l’usura delle gomme ed i guasti tecnici. Poche speranze le riponiamo, invece, sul sistema di simulazione dei danni, difetto ormai cronico del quale Codemasters non riesce proprio a liberarsi.
    E’ un peccato che l’intero pacchetto, allo stato attuale, tradisca questa mancanza di innovazione, perché le basi ci sono eccome. Durante il week end di Monza, ad esempio, abbiamo simulato un Gran Premio al volante della Ferrari ed i tempi, sia in qualifica che in gara, risultavano abbastanza allineati con quelli staccati dai piloti reali. Il gioco in sé, poi, resta molto solido dopo anni di esperienza (e di ottime valutazioni, anche su queste pagine); pare quindi assurdo sedersi meramente sugli allori e buttare via tale risorsa, anche di fronte ad un impegno molto gravoso in termini di risorse da allocare qual è l’esordio su hardware di nuova generazione. Solo in fase di recensione, comunque, capiremo quanto questo sia stato realmente fatto.
    La sensazione di riciclo raggiunge l’apice analizzando il comparto tecnico. Graficamente, ad oggi, ci troviamo sostanzialmente di fronte ad un F1 2013 con le livree aggiornate (confermiamo la mancanza della banda rossa sulla Williams, per ragioni di sponsor). Il motore, ormai logoro, può fare ancora la sua figura su Xbox 360 e PS3, ma per il giocatore PC è alle soglie dell’anacronismo. Anche per quanto riguarda gli elementi di contorno, come i replay e le cut-scene, gli sviluppatori faticano ad ascoltare ed accontentare la community, bramosa di un po’ di “atmosfera” in più (leggasi podi e giri di formazione, ad esempio).
    Prima di dare un giudizio definitivo è giusto comunque aspettare l’uscita del gioco nei negozi. Il tempo rimasto è obiettivamente poco, ma non smettiamo di credere nel miracolo.
    Giusto spendere ancora due parole sul sonoro: il rombo dei nuovi motori turbo V6, al centro di mille polemiche, è totalmente diverso rispetto ai vecchi V8 e fortunatamente è stato campionato da zero, con risultati discreti.
    In definitiva, saremo molto felici di essere smentiti ma, se le premesse sono queste, agli appassionati della Formula 1 simulata non resterà altro che attendere fiduciosi la nuova era di Codemasters su PS4 e XONE. Con buona pace di chi non è ancora in possesso di una delle due console.

Never Alone

  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Platform

  • Sviluppatore:Upper One Games

  • Data uscita:Autunno 2014

     

     

    Sebbene a una prima occhiata possa apparire solamente come un particolare platform con elementi puzzle, sotto la superficie di Never Alone si celano il folklore, le tradizioni e l’identità di una cultura sconosciuta ai più. Kunuuksaayuka è solo una delle tantissime storie che vengono tramandate oralmente dai popoli nativi dell’Alaska, da quella tribù – gli Iñupiat – che nel corso degli anni ha lottato per affermare la propria indipendenza, e che oggi accetta la potenza divulgativa del medium videoludico come una delle vie ideali per tramandare parte della sua storia alle nuove generazioni.
    La storia narrata da Never Alone affonda le proprie radici nella cultura popolare Iñupiaq: si tratta di un racconto tramandato dai vecchi dei villaggi, in cui la natura feroce minaccia la vita, e la morte attende tra i ghiacci perenni dell’Alaska. Nel titolo sviluppato da Upper One Games saremo chiamati ad aiutare una giovane ragazza di nome Nuna, che assieme alla sua inseparabile volpe artica - Fox - cercherà di salvare la propria gente da una tormenta di neve che sembra non voler mai volgere al termine. Dalla tundra ai villaggi costieri, dai banchi di ghiaccio alle foreste mute e pericolose, fino ad arrivare alle montagne del grande Nord, Never Alone promette di essere del tutto fedele all'immaginario collettivo di questa affascinante e per certi versi inesplorata parte del pianeta. In questo susseguirsi di ambientazioni perigliose e inospitali, collaborare sarà l’unico modo per poter davvero sopravvivere e superare gli ostacoli che la natura ci metterà di fronte. Ed è proprio durante la progressiva scoperta dei misteri e della bellezza di queste lande desolate che la saggezza degli antichi si mescolerà a quella del giocatore, costretto a trovare una soluzione a ogni problema mentre passerà da un personaggio all’altro per poter sfruttare le loro rispettive abilità. Giusto per fare qualche esempio, in alcune aree capiterà di rimanere bloccati con Nuna, incapace di proseguire senza provocarsi delle ferite mortali. Sarà a quel punto che Fox si arrampicherà in posti apparentemente irraggiungibili per far cadere un elemento dello scenario in grado di far da ponte. Allo stesso modo, quando la piccola volpe rimarrà incastrata, Nuna potrà sfruttare il suo peso per distruggere degli ostacoli e aiutare la sue fedele compagna a uscire dal suo giaciglio. 
    L’avventura proposta in Never Alone può essere affrontata anche in co-op, con un secondo utente che può unirsi al gioco in qualunque momento. Gli sviluppatori, a tal proposito, ci hanno tenuto a spiegare che è impossibile andare avanti senza uno dei due personaggi, pertanto se uno di essi dovesse morire o venisse catturato dai nemici, si ricomincerà dal checkpoint più vicino. Ecco dunque il senso della simbiosi che il titolo vuole suggerire fin da subito, concentrandosi sulla necessità primaria di rimanere sempre insieme per affrontare delle difficoltà apparentemente insormontabili. Non mancano ovviamente gli elementi folkloristici tipici degli Iñupiat, come quelle luci verdastre simili a scie di una densa aurora boreale che sono in realtà degli spiriti fluttuanti. Secondo la cultura indigena, quelle luci sono fantasmi di bambini morti prematuramente; se ti afferrano, ti staccano la testa e ci giocano a calcio: fa parte di una delle loro leggende, e probabilmente non sarà l’unica a essere rappresentata nel gioco.
    Progredendo nell’avventura capiterà poi di imbattersi in diversi riferimenti culturali nascosti, presentati sotto forma di filmati e interviste che approfondiscono alcuni aspetti della gente del posto. Per essere un platform a scorrimento laterale con forti elementi puzzle, Never Alone osa molto di più dei suoi più illustri e conosciuti colleghi. Tanto dal punto di vista del design, quanto nel voler ricreare una storia dove il coraggio e la vera amicizia vanno di pari passo, l’intenzione del team di sviluppo è evidente: fare un primo passo verso una tipologia di videogioco che vuole al contempo intrattenere, istruire e far luce sulle culture del mondo. In questo senso, Upper One Games si dichiara già pronta a raccontare altre storie, ma non prima di aver atteso l’uscita sul mercato del loro primo coraggioso progetto, che arriverà su PC, PlayStation 4 e Xbox One il prossimo 14 novembre.

martedì 16 settembre 2014

Watch Dogs:Bad Blood


  • Piattaforme:PC, PS4, Xbox One

  • Genere:Action-Adventure

  • Sviluppatore:Ubisoft Montreal

  • Data uscita:27 maggio 2014 - 20 novembre 2014 Wii U

     

    Se riuscite a navigare tra il mare di odio che si è attirato addosso, e il grumoso e pulsante ammasso della rabbia internettiana che lo circonda, troverete un ottimo open world in Watch_Dogs. Il lavoro di Ubisoft è criticabile sotto vari aspetti, ma presenta un gameplay notevole che ce l’ha fatto apprezzare non poco, indipendentemente da quanto sia stato pompato prima dell’uscita. 
    Ovviamente il gioco ha venduto uno sfacelo, e l’arrivo di nuovi contenuti ad esso dedicati era prevedibile. Il problema era legato alla tipologia di DLC: dovevamo aspettarci nuovi trip digitali? Nuove modalità multiplayer? O una continuazione diretta della trama, che peraltro risultava l’aspetto meno esaltante della produzione? La risposta si chiama Bad Blood, una nuova avventura a Chicago che tenta di arginare le mancanze della narrativa mettendo il giocatore nei panni del personaggio meglio riuscito dell’avventura, T-Bone.
    L’utilizzo dell’eccentrico T-Bone come nuovo protagonista potrà sembrare un azzardo, ma in realtà il barbuto hacker vestito a casaccio aveva dimostrato capacità simili se non a tratti superiori a quelle di Aiden già nella campagna originale. Qui lo controllerete poco dopo l’epilogo, mentre cerca di cancellare le sue ultime tracce per filarsela definitivamente da Chicago e sparire dalla circolazione. Peccato che, al solito, le cose non vanno come previsto, e il nostro si ritrova a dover salvare Tobias Frewer, altra vecchia conoscenza, dalle grinfie dei Fixer. 
    Premessa piuttosto semplice, ma adeguata per dare sfoggio dei trucchetti di T-Bone, che già dalle prime ore di gioco sfrutta qualche interessante asso nella manica per variare un pochino la formula. Abbiamo potuto provare solo il primo atto, ma ci siamo trovati ben presto a poter utilizzare una macchinina radiocomandata multifunzione e potenziabile, da far passare attraverso i condotti di un edificio per poter compromettere delle letali difese laser. Non è certo una rivoluzione al sistema di fondo, eppure il piccolo bolide è gustoso da utilizzare, si guida benone ed è addirittura potenziabile con un taser a distanza, capace di mettere a nanna qualunque nemico pericoloso. 
    Nell’ultima missione disponibile, invece ci siamo trovati a usare Tobias stesso come esca, e a prendere il controllo di alcune difese armate in prima persona, a dimostrazione di come Ubisoft voglia offrire un DLC capace di distinguersi da quanto visto in passato e di offrire numerose novità all’utenza. Ora resta da vedere se questo brio si manterrà dall’inizio alla fine, o se gli assi giocati nel primo atto saranno gli ultimi nella mano degli sviluppatori.
    Non è tutto qui, per la cronaca. Molti fan si erano lamentati per la mancanza di un’opzione piuttosto sensata nel particolarissimo multiplayer del gioco, la cooperativa. Bad Blood elimina questa penuria offrendo una nuova modalità dedicata a due giocatori, dove sarà necessario completare degli obiettivi casuali per la mappa di Chicago. Le missioni sono più o meno le stesse già viste, ma completarle in due è sensibilmente più spassoso, senza contare che agendo in coppia è possibile dar vita a strategie estremamente complesse, poiché entrambi i giocatori hanno a disposizione gli strumenti di Aiden e l’immancabile telefonino da hacker. Ubisoft ha persino aggiunto degli obiettivi extra alle missioni per spingere le coppie di giocatori a collaborare in modo ragionato, semplici richieste che stuzzicheranno le skill degli utenti più esperti.
    Certo, la maggior parte dei giocatori darà vita a dei massacri senza arte né parte, in una sorta di gara a chi fa secche più guardie prima della conclusione del compito, ma la co-op resta divertente anche in questo caso, ed è una graditissima aggiunta. L’unico dubbio riguarda la limitazione della cooperativa alle missioni a obiettivi e alle cacce alle bande, visto che avremmo gradito gare in auto con compagni in grado di sparare dal finestrino o altri regali di questo tipo. Beh, c’è sempre tempo e almeno adesso ci sono le basi per farlo.

Gauntlet

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Azione

  • Sviluppatore:Arrowhead Game Studios

  • Data uscita: 23 settembre 2014

     

    Contrariamente a quanto si possa pensare, anche a causa della tendenza generale degli sviluppatori indipendenti, non è per niente facile dar vita a un titolo di qualità rifacendosi ai classici del passato. Certo, ci sono giochi immortali, meccaniche che ancora oggi risultano attualissime, e titoli costantemente pervasi da una sorta di spirito incrollabile del divertimento che non viene mai meno, ma la maggior parte dei generi si è evoluta, è cambiata, introducendo novità brillanti e trasformandosi in modo secco.
    Gauntlet è uno di quei giochi che al momento dell'uscita ha fatto sfaceli, ma è poi mutato nei gdr hack 'n' slash, influenzando con la sua metamorfosi i giochi pensati attorno alla co-op. Al giorno d'oggi è un titolo molto antiquato, difficile da apprezzare appieno, e che pertanto non può venir svecchiato in modo automatico.
    Gli Arrowhead ci vogliono provare, e se Magicka ci ha insegnato qualcosa è che questi sviluppatori sanno il fatto loro quando si tratta di creare un titolo cooperativo esagerato e divertente. Gauntlet però di mago ne ha uno solo, e serve talento per inventarsi un gameplay in grado di dare nuova linfa a guerrieri, arcieri e compagnia bella.
    Abbiamo di recente potuto testare una build incompleta del gioco, curiosi di capire l'approccio del team a questo difficile progetto. Sarà il caso di partire di nuovo alla conquista di qualche oscuro dungeon?
    Gauntlet è, alla base, un hack 'n' slash cooperativo costruito interamente attorno all'azione. Niente fronzoli, solo vagonate di nemici da ammazzare, oro a bizzeffe da raccogliere, e un po' di sana competitività amichevole legata ai punteggi finali. 
    Ecco, gli Arrowhead la storia della competitività “amichevole” l'hanno un tantinello reinterpretata, forse galvanizzati dai disastri che i giocatori combinavano con i maghetti del loro primo titolo. Nel nuovo Gauntlet, infatti, ogni fonte di energia (cibarie con conservanti di prima categoria sparse per le mappe) può venir distrutta da un vostro compagno, indipendentemente dal fatto che voi siate messi malissimo oppure no. Trovate un giocatore desideroso di portare a termine il compito senza sbalzi e avrete a che fare con un'esperienza molto più strategica di quanto crediate, ma beccate un esaltato del punteggio e vi ritroverete a correre disperatamente verso gli oggetti, nella speranza che il vostro partner improvvisato non li riduca in mille pezzi. 
    Questa strana cooperativa competitiva può dar vita a situazioni esilaranti (specie con amici), ma sarebbe inutile senza basi solide capaci di sorreggerla. Fortunatamente gli Arrowhead non hanno riportato paro paro le classi dal vecchio Gauntlet. La diversificazione delle professioni, infatti, è da manuale, nonostante le meccaniche si mantengano intuitive. Il più “ovvio” del gruppo è il mago, che utilizza un sistema molto simile a quello visto in Magicka, con elementi multipli che possono venir combinati in vari incantesimi. Si va da palle di fuoco ad area a teletrasporti, ma tanta flessibilità viene controbilanciata da una resistenza infima, e dalla difficoltà di utilizzo rispetto alle altre classi. Questo perché il guerriero e la valchiria dispongono di manovre ben più semplici, tra cui attacchi potenti, e cariche a testa bassa per l'emulo di Conan, e stabili parate per la combattente donna. L'arciere, dal canto suo, non è da meno, e vanta trucchetti infidi quali bombe e schivate improvvise, che gli garantiscono la prima posizione nella classifica della mobilità. 
    Niente di particolarmente profondo o complesso, ma le varie classi migliorano con l'acquisizione di artefatti presenti nell'inventario di un comodo mercante nell'hub principale, che in pratica offrono abilità extra al costo di alcune pozioni. Diverte, almeno all'inizio, e vi assicuriamo che è tutto pensato attorno alla cooperativa, perché fin dai primi quadri i nemici sono tanti e fastidiosi, e le cure non moltissime. 
    La varietà nei primi livelli viene mantenuta con l'aggiunta di trappole, colonne da distruggere per fermare la costante evocazione di nuovi mostri, e alcuni nemici un po' più agguerriti del normale. Immancabili anche i boss, o l'introduzione dell'invincibile Morte, che in certi quadri vi inseguirà mettendovi le ali ai piedi sulla via per il traguardo finale. Non male, anche se vorremmo vedere le gimmick inserite nelle zone più avanzate per affermare con sicurezza che il gioco saprà divertire a lungo. La formula, per quanto accessibile, ha delle grosse debolezze sul lungo andare, e sta ai game designer trovare il modo di rafforzarla. 
    Poco da dire sul comparto tecnico: è chiaramente pensato per funzionare su qualunque computer più che per stupire, e fa il suo lavoro. Difficilmente comunque vi butterete su Gauntlet aspettandovi un graficone, non è quella la sua attrattiva.

The Sims 4

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Simulazione

  • Sviluppatore:EA

  • Data uscita:4 settembre 2014

     

    Ecco, la formula di The Sims funziona proprio così. Si acquista il gioco - la base della pietanza -  al quale si è costretti ad aggiungere qualcosa per renderlo speciale. Nonostante questo, la qualità del prodotto di partenza è fondamentale: senza una base solida, il gioco è destinato ad arenarsi, e nessuna espansione potrà mai salvare ciò che è già avariato.
    Non siamo sorpresi, dunque, nel constatare che anche The Sims 4 sia uscito in maniera non dissimile da quella dei suoi predecessori: parliamo di un gioco relativamente spoglio, ma con elementi di prima qualità che plasmeranno le espansioni del futuro. In questo senso, The Sims 4 è un prodotto fortemente tradizionalista, che si fonda sugli stessi principi (talvolta discutubili) dei titoli che lo hanno preceduto. Dopo 14 anni, però, ci aspettavamo anche qualche aggiunta alla formula capace di offrire ai giocatori un’esperienza moderna. E, dopo una settimana e mezzo alle prese con il gioco, possiamo affermare senza troppi dubbi che, purtroppo, ci sbagliavamo.
    Chiariamo sin da subito un aspetto fondamentale di questo gioco: The Sims 4 è un titolo estremamente divertente, enormemente longevo e capace di offrire situazioni spesso aleatorie ma sempre credibili. I tratti associati ai personaggi in fase di creazione riescono a plasmare il carattere dei nostri Sim in maniera straordiariamente verosimile: è proprio uno spasso vedere i personaggi comportarsi come veri esseri umani, ridere, piangere, litigare, innamorarsi ed avere reazioni razionali o irrazionali agli eventi esterni. In questo senso, come avevamo già intuito nelle prime ore di gioco, Maxis ha compiuto un lavoro encomiabile nell’affinare un sistema già valido: finirete per provare delle emozioni sincere nei confronti dei vostri alter ego, e vi divertirete a guardare in che modo i Sim interagiscono tra loro.
    Non è un caso, dunque, che The Sims 4 metta ancora di più l’accento sulla soddisfazione dei desideri e delle ambizioni dei nostri Sim, piuttosto che sulla semplice gestione dei loro bisogni fisiologici. Una strada, questa, intrapresa già ai tempi di The Sims 2 ma che nel quarto episodio trova la sua massima espressione, grazie a un rinnovato sistema di gestione dell’umore.
    Questo è uno degli aspetti di The Sims 4 che più abbiamo apprezzato: ogni azione compiuta dai nostri Sim può causarne un particolare stato emotivo, il quale sblocca azioni aggiuntive che consentono di compiere azioni altrimenti impossibili, o di ottenere una maggiore probabilità di successo in alcune situazioni. Ad esempio, un Sim contento potrebbe ottenere un bonus al carisma grazie a un temporaneo miglioramento nelle sue abilità oratorie, mentre un Sim flirtante potrebbe riuscire a conquistare l’oggetto del suo desiderio amoroso con facilità. Ogni status si può attivare in svariati modi, i quali dipendono direttamente dal carattere del proprio Sim. Come intuibile, il sistema è piuttosto intricato, ma Maxis è riuscita a svilupparlo in maniera così naturale che nessun giocatore avrà problemi nel comprenderne il funzionamento dopo qualche minuto.
    La complessità che governa il mondo di The Sims è stata mascherata benissimo dagli sviluppatori, grazie anche alla nuova interfaccia grafica che riesce a racchiudere tutte le informazioni in una barra autoesplicativa nella parte bassa dello schermo. I bisogni fisiologici possono essere nascosti, e al momento opportuno un’icona ci indicherà quale sia l’esigenza immediata del nostro piccolo amico virtuale. Come prevedibile, un ampio spazio dell’interfaccia è stato dedicato agli aspetti emotivi dei Sim e alla pila delle azioni, che ci permette di concatenare diversi compiti assegnati ai nostri personaggi. Talvolta le azioni possono essere svolte in contemporanea, grazie alla rinnovata capacità multitasking dei Sim. Non è chiaro quante cose i Sim siano in grado di svolgere contemporaneamente, ma possiamo confermarvi che - in alcuni frangenti - abbiamo notato anche tre azioni in contemporanea.
    Buone, ironiche e divertenti - come prevedibile - le carriere presenti nel gioco. Non sono numerose, ma offrono una vasta gamma di opzioni e danno accesso a oggetti unici. I modi con cui si può effettuare un passaggio di carriera sono spesso poco ortodossi, e portano a forzature che strappano qualche sorriso: per diventare un guru dell'informatica, ad esempio, è necessario giocare almeno quattro ore ai videogiochi. Se la realtà fosse come The Sims, a Spaziogames saremmo tutti Steve Jobs.
    Notevoli le innovazioni nel campo della costruzione della casa, l'altra grande metà del gioco che in The Sims 4 compie un piccolo passo in avanti, grazie all'introduzione di stanze prefabbricate che consentono una rapida costruzione di un ambiente vivibile e a misura di Sim. Tutto questo è coadiuvato dalla sempre ottima community online, che mette a disposizione le proprie creazioni gratuite che - in alcuni casi - si presentano come contenuti di alta qualità. Il lavoro compiuto dagli utenti con gli oggetti presenti nel gioco è, in molti casi, semplicemente stupefacente.
    Infine, non va sottovalutato l’aspetto del “libero arbitrio”, legato fortemente all’intelligenza artificiale del gioco. Anche se i Sim seguono le nostre indicazioni come se fossero dei piccoli Mosé sul monte Sinai, se lasciati a loro stessi tendono a proseguire la loro vita in maniera naturale. Talvolta la pila delle azioni si riempie di iniziative dei nostri personaggi, e qualche volta queste iniziative vanno contro i nostri progetti. Sta a noi decidere se lasciare i Sim vivere la loro vita, o se intervenire anche contro la loro volontà. In generale, l’intelligenza artificiale del gioco si comporta piuttosto bene e le azioni non sembrano mai sconclusionate, a patto che il vostro Sim non abbia un carattere squilibrato.
    Tutti gli aspetti positivi di The Sims 4 sono posti sul piatto della bilancia più pesante. Ciò non toglie che, sull’altro piatto, vi siano degli elementi piuttosto massicci. Non ci riferiamo alla relativa vuotezza del gioco che, come scritto in apertura, era un elemento quasi scontato. Non ci riferiamo nemmeno all’inspiegabile assenza di alcuni elementi, tra cui le piscine e i bambini gattonanti, che hanno probabilmente causato una polemica più grande della loro reale utilità. Alla scomparsa di questi due elementi, infatti, il gioco ne ha aggiunti altri assenti nell'edizione base di The Sims 3, tra cui la considerevole presenza del locale notturno. In ogni caso, come abbiamo detto, molte di queste mancanze verranno colmate attraverso le consuete espansioni.
    Il problema, semmai, si riscontra nell’assurdo passo indietro compiuto dal gioco, che ha abbandonato gli aspetti free roaming del terzo episodio diventando bulimico di caricamenti e di restrizioni. In The Sims 4 non è possibile girare per il proprio quartiere e visitare le proprietà altrui senza incappare in un caricamento, né tantomeno è possibile spostarsi da una zona all’altra della città senza accedere a un menù, chiamare un taxi, accedere a una mappa, selezionare il luogo prescelto e attendere un caricamento. La visuale dall’alto della città, presente nel terzo capitolo, è stata abbandonata a favore di un funzionale ma decisamente poco moderno menù, che fa eco alle espansioni del vecchio The Sims 2.
    Questi elementi ci preoccupano, in quanto fanno parte dello scheletro del gioco che, difficilmente, potrà essere modificato. In un The Sims moderno ci saremmo aspettati una libertà di movimento quasi totale e senza soluzione di continuità, una simulazione di vita cittadina oltre che umana, e un prodotto che portasse la serie ad accorciare le distanze concettuali con l’idea di città viva a cui ambisce da anni la serie Sim City. A quanto pare EA ha avuto altre idee, finendo per allontanare questo quarto episodio da questa possibile evoluzione e riportandolo indietro di un passo. Un vero peccato.
    Al contempo, va riconosciuta l’ottima idea di rendere The Sims 4 un prodotto leggero, fruibile su di una vasta gamma di configurazioni hardware e capace di girare anche su molti laptop, grazie a una speciale “modalità portatile” che alleggerisce l’ambiente grafico e rende il gioco particolarmente fluido. Considerando che il target di The Sims non è propriamente quello dei giocatori hardcore, la sceltà è oltremodo apprezzabile e siamo convinti che il grande pubblico di questo gioco sarà felice nell’apprendere di non dover investire considerevoli cifre di denaro per migliorare la propria configurazione hardware. Per contro, crediamo che il prezzo di lancio del gioco - allo stato attuale - sia davvero troppo alto visti i contenuti offerti (e i ridicoli contenuti extra presenti nelle edizioni più costose del gioco).

martedì 9 settembre 2014

Dead Rising 3

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Survival horror

  • Sviluppatore:Capcom

  • Data uscita:22 Novembre 2013 - 5 settembre 2014 (PC)

     

     

    Di Dead Rising 3 ne abbiamo parlato davvero a lungo e a più riprese, abbiamo seguito il suo iter fin dalle prime apparizioni e lo abbiamo infine accolto su queste pagine con qualche riserva, nata soprattutto da un comparto tecnico non proprio eccelso e con fin troppi singhiozzi. Nonostante qualcuno abbia dato la colpa alla poca dimestichezza degli sviluppatori con la nuova console Microsoft, la verità era ben diversa, e si annidava soprattutto in una scarsa ottimizzazione che rendeva il gioco instabile a più riprese.
    Dopo essersi presentato come uno dei migliori titoli di lancio della line-up di Xbox One, riuscendo a superare abbondantemente il traguardo del milione di copie vendute (parecchie, considerato il bacino d’utenza iniziale), Dead Rising 3 giunge su PC con la tacita promessa di far dimenticare le incertezze mostrate nella sua versione iniziale. Abbiamo effettuato la nostra prova su un PC che montava un i7-4770K, 16 GB di RAM e una GeForce GTX 780 overclockata; dati, questi, che vi servono anche per comprendere come le balbuzie a cui abbiamo assistito siano imputabili solo ed esclusivamente alla qualità della conversione. A onor del vero, c’è da dire che attrezzandosi con un PC di fascia alta - che è ovviamente migliore delle console casalinghe - le migliorie sono piuttosto evidenti. Già con una configurazione media, adatta quindi a macchine un po’ meno performanti, l’upgrade tecnico è apprezzabile e dona al titolo Capcom un impatto generale certamente migliorato. Tuttavia, vanno fatte alcune considerazioni su delle stranezze che non fanno vedere di buon occhio il lavoro fatto sul porting, figlio probabilmente di alcuni problemi strutturali di base che non potevano più essere risolti. Ci riferiamo in particolar modo al frame rate, fissato a 30 fps non sempre stabilissimi. Di problemi grossi, con un PC potente, non dovreste averne, ma capita talvolta di vedere dei saltuari tentennamenti nelle scene di intermezzo e nei momenti in cui il caos regna sovrano. Esiste poi un modo per “sbloccare” il frame rate, ossia creando un file .ini al cui interno va inserita questa stringa di codice: gmpcr_unlock_frame_rate = True.
    Fatelo a vostro rischio e pericolo, perché se le impostazioni basilari hanno altri settaggi, un motivo c’è e ve ne renderete conto durante il corso dell’avventura, che è ovviamente rimasta la stessa della versione Xbox One.
    Questa versione del gioco riesce a spingersi oltre i 720p della console Microsoft, dando la possibilità di salire fino ai fatidici 1080p nativi, il che è un passo in avanti non da poco. Oltretutto, come ci si aspetta da una simile versione, è possibile andare a regolare i livelli di dettaglio dal ricco menù delle opzioni avanzate. Non esistono settaggi ultra, ma si può decidere il tipo di anti-aliasing, la qualità degli zombi, delle ombre (talvolta sgranate), il filtro delle texture, se impostare il motion blur, l’occlusione ambientale, la qualità del cielo e altre piccole impostazioni che danno sicuramente un’ottima spinta al dettaglio generale. Abbiamo poi notato delle texture che non sempre si sono dimostrate all’altezza, finendo per essere un po’ spalmate e sin troppo simili alla controparte Xbox One. Ciononostante, le migliorie sono state apportate ed è impossibile negarlo, fermo restando che il titolo necessita indubbiamente di qualche update per migliorare ulteriormente una stabilità generale che ancora vacilla.
    Per quanto riguarda i contenuti, è bene sottolineare la presenza di tutti i DLC usciti, eccezion fatta per lo spassoso Super Ultra Arcade Remix Hyper Edition EX Plus Alpha, probabilmente il più riuscito tra tutti. Anche delle Storie Segrete di Los Perdidos ne abbiamo già parlato, e le valutazioni sui contenuti scaricabili non sono certo state così lusinghiere; tuttavia, risulta essere piuttosto conveniente avere tutto all’interno di un pacchetto che su Steam e altri distributori costa decisamente meno del previsto.
    Se siete dunque amanti della serie e non avete avuto modo di giocare a questo terzo capitolo, su PC troverete certamente la versione migliore, ma non aspettatevi di andare in visibilio o di rimanere stupiti.

lunedì 8 settembre 2014

Pes 2015

  • Piattaforme:PC, PS3, PS4, Xbox 360, Xbox One

  • Genere:Sportivo

  • Sviluppatore:Konami

  • Data uscita:13 novembre 2014

 
 
 
La saga di Pro Evolution Soccer occupa un posto speciale nei ricordi degli appassionati di simulazioni calcistiche. Molti sono i ragazzi cresciuti con le gesta dei vari Castolo e Minanda, quando ancora il gioco online su console non aveva preso piede e i giocatori affrontavano la mitica Master League. Nella scorsa generazione qualcosa però si è rotto: una lunga serie di titoli di qualità non eccelsa hanno portato i fans ad allontanarsi dalla serie, spostando la propria attenzione sul titolo della concorrenza. Ogni anno però in molti sperano ancora nel ritorno del vecchio re dei titoli calcistici. Recentemente siamo stati negli studi milanesi di Halifax per passare un pomeriggio insieme alla versione 2015 del gioco e siamo rimasti piacevolmente sorpresi.
La prima cosa che notiamo è sicuramente la grafica che, grazie alla potenza delle console di nuova generazione, raggiunge livelli di dettaglio mai visti nei passati capitoli. La somiglianza dei giocatori è impressionante, con gli atleti più famosi come Cristiano Ronaldo facilmente riconoscibili anche dalle visuali più lontane. Da segnalare l’estensione del player ID ad un maggior numero di giocatori, in modo da distinguere chiaramente i top players in base ai loro movimenti in campo. Il lavoro non è stato fatto solo sulle superstar e anche i calciatori minori potranno godere di numerose nuove animazioni per la corsa, per gli stop, per i dribbling e per molto altro ancora. Anche gli stadi si presentano vivi, con i tifosi che si muovono sugli spalti durante tutta la durata dell’incontro. Piccola pecca è la fisica della rete della porta, a volte troppo rigida con il pallone che sembra rimbalzare contro un muro.
La prima sensazione durante la partita è quella di una manovra più fluida, con i giocatori che finalmente non si spostano più lungo i famigerati binari ma sono liberi di muoversi, cambiando direzione in modo realistico. Ovviamente siamo ancora lontani dalla perfezione, con alcuni problemini durante i contrasti con le collisioni a volte non calcolate perfettamente. Qualche difficoltà l’abbiamo avuta pure con i tiri, a volte difficili da gestire e senza aver mai la sensazione di mettere la palla dove si sarebbe voluto con anche qualche errore clamoroso. Il tutto potrebbe essere risolto con una sessione intensiva nella modalità allenamento, non ci sentiamo quindi di bocciare a priori i tiri. I portieri sono invece decisamente migliorati, ora reattivi sui cross e sui corner pronti all’uscita per anticipare gli attaccanti. Anche qui però ci sono ancora dei problemini, con qualche papera clamorosa di troppo anche con giocatori del calibro di Neuer. Aspetto positivo invece è tutta la sensazione di fedeltà durante la partita. I giocatori sono in grado di sbagliare, con passaggi troppo lunghi o con stop a favorire i difensori proprio come nelle partite vere. Non pensate di effettuare passaggi millimetrici con i vostri centrali o di saltare tutta la difesa con il vostro attaccante dunque, per segnare dovrete cercare di costruire un’azione ragionata. Da segnalare la vulnerabilità delle difese ai filtranti, a volte troppo precisi e in grado di mettere tranquillamente gli attaccanti davanti alla porta, tagliando fuori tutti i difensori.
Per quanto riguarda i valori dei giocatori è stato promesso un grande lavoro da parte di Konami. Grazie al nuovo team di sviluppo europeo infatti, i valori verranno aggiornati di settimana in settimana riflettendo le prestazioni reali di ogni giocatore. L’uscita di Novembre garantirà poi di avere fin dal lancio rose aggiornate, un problema spesso presente nelle passate edizioni. Durante la nostra prova non abbiamo potuto testare le varie modalità di gioco anche se i ragazzi di Konami hanno promesso parecchie novità anche in questo campo.

Pillars Of Eternity

 
  • Piattaforme:PC

  • Genere:Gioco di ruolo

  • Sviluppatore:Obsidian Entertainment

  • Data uscita:Inverno 2014

 
 
 
 
È un bel momento per i nostalgici questo. L’era di Kickstarter ha dato vita a molti progetti indegni, ne siamo consapevoli, ma ha al contempo l’enorme merito di aver ridestato l’interesse dei giocatori nei confronti di generi quasi scomparsi e, in particolare, di aver nuovamente messo al centro dell’equazione i desideri dei fan piuttosto che quelli delle grandi aziende. Strategici a turni, punta e clicca vecchio stile, arena shooter senza fronzoli... sta pian piano rinascendo tutto a forza di donazioni, sviluppatori volenterosi e community appassionate. I gdr, tuttavia, sembrano essere il genere alla testa di questa allegra carovana: tra jrpg alla Final Fantasy Tactics e grandi nomi rispuntati dal fango, i team di sviluppo hanno trovato terreno fertile quando hanno proposto ai tanti amanti dei Baldur’s Gate e di Dungeons & Dragons giochi capaci di riportare nelle case le magie vissute vagando per la Sword Coast. 
Divinity: Original Sin è stato il culmine di tutto questo, una dimostrazione lampante di come si può creare un titolo rispettoso del passato ed evoluto abbastanza da far avanzare l’intero genere. Ma il piatto forte inizialmente non fu il progetto dei Larian, bensì una promessa degli Obsidian, un certo Project Eternity che prometteva di essere il vero erede degli indimenticati Baldur’s Gate 2 e Planescape Torment. Ora quel progetto si chiama Pillars of Eternity, ha stuzzicato le fantasie mostrandosi in vari filmati che ne svelavano gli splendidi sfondi, e oggi è arrivato da noi in early access.
Ci sarà già da sfregarsi le mani, o è il caso di andarci con le pinze?
Dodici ore nella schermata del personaggio. Ordinaria amministrazione
Il primo impatto con questa arretratissima beta è molto positivo. Più che altro perché già dalla schermata di creazione del personaggio iniziano i segni favorevoli, con un gran numero di razze e classi selezionabili. Forte di Avellone alla scrittura e di tanti altri abili veterani del genere, Obsidian non si è trattenuta, iniziando a tratteggiare un mondo estremamente complesso e ricco di razze dai background interessanti fin dai primi minuti. Ad ogni scelta scoprirete le origini dei Godlike, membri delle razze civilizzate con tratti divini, dei possenti Amaua, umanoidi anfibi dotati di forza sovrumana, e dei soliti elfi e nani che non possono mai mancare in un'ambientazione fantasy. 
La beta parte da una fase discretamente avanzata della campagna, ed è priva di tutorial di sorta, tanto da offrire al giocatore una squadra già livellata e divisa in varie classi. Notate però che abbiamo iniziato il paragrafo descrivendo questa versione del gioco come “arretratissima”. Non è un caso, Pillars of Eternity infatti inizia a deludere quando ci si addentra nel gameplay vero e proprio.
Ora, inutile partire prevenuti: lo stesso Divinity in early access era un disastro, poi completamente ristabilitosi, ma già dalle battute iniziali si notavano sprazzi di brillantezza. La situazione in Pillars è leggermente più grave solo perché il titolo Obsidian sembra volersi attenere a una struttura assodata, senza smuoverla più di tanto.
Il gioco è, fondamentalmente, un'evoluzione dei Baldur's Gate, utilizza lo stesso sistema in tempo reale con pause manuali in battaglia, e mantiene persino i tempi di attivazione variabili per ogni singola abilità. Mettete in pausa con la barra, date dei comandi ai membri del vostro gruppo, e li vedrete agire dopo aver fatto ripartire lo scorrere dei secondi, anche se le magie ci metteranno più tempo rispetto agli attacchi normali o al semplice movimento. L'unico cambiamento all'interno di questa struttura ci è sembrata essere la possibilità di rallentare il tempo, invece di fermarlo di botto, unita a una serie di opzioni di settaggio della pausa automatica. Niente novità legate agli elementi o all'interattività insomma, qui i fondamentali sono il posizionamento oculato e l'uso intelligente delle abilità in gruppo. Solo un piccolo problema: al momento il pathing dei compagni è qualcosa di osceno e questi andranno praticamente sempre in linea retta verso la locazione scelta, a costo di impallarsi contro un oggetto o un nemico sulla loro strada. Non è tutto qui, ci sono persino problemi di visibilità in battaglia. Mentre nei vecchi gdr di questo tipo ogni scontro rimaneva piuttosto chiaro, grazie a una netta divisione dei personaggi e a una gestione furba degli spazi, in Pillars i combattenti possono praticamente incollarsi l'uno all'altro, formando un agglomerato di guerrieri che si menano dove distinguere amici da nemici risulta estremamente difficile. Potremmo anche metterci a parlare della gestione non proprio perfetta dell'aggro dei nemici, dell'eccessiva velocità con cui un personaggio può morire se si becca un critico a causa di un lancio di dado sbagliato (caratteristica che randomizza un po' troppo certi scontri, ed era gestita infinitamente meglio in Baldur's Gate 2) e di tante altre cose, ma il punto è molto semplice: il combattimento di Pillars of Eternity è ben lontano dall'essere pronto.
Cancelliamo per un attimo quindi dalle nostre menti lo stato pietoso delle battaglie nel gioco, e concentriamoci sugli elementi che invece dovrebbero farci ben sperare. La presenza di numerose opzioni alternative per il completamento delle quest, e di una masnada di opzioni di dialogo, ad esempio, sono un buon inizio. Pillars vuole offrire un'avventura superabile non solo a forza di mazzate ai nemici, ma anche con la semplice parlantina. Obsidian è stata chiara in merito, affermando che gran parte delle fasi più importanti saranno affrontabili con arguzia, e moltissimi scontri bypassabili grazie al carisma dei propri protagonisti (abbiamo notato questa possibilità già nelle quest trovate nel villaggio esplorabile in questa build). Considerando l'importanza della narrativa e dei dialoghi, ci aspettiamo quindi la presenza di personaggi reclutabili con background di un certo livello, e non solo di un team da creare da zero come quello visto nella beta.
Abbiamo invece poco da protestare dal punto di vista visivo. Ci sono molti bug nel gioco, l'abbiamo già precisato, ma gli sfondi vantano un livello di dettaglio notevole, e i personaggi sono modellati degnamente, risultando piacevoli da vedere dalla distanza. Ora non ci resta che sperare in una bella ripulita generale.

Star Citizen

  • Piattaforme:PC

  • Genere:Simulazione

  • Sviluppatore:Robert Space Industries

  • Data uscita:Febbraio 2015

     

     

    Star Citizen porta su di sé un peso davvero incredibile, quasi schiacciante. Per Cloud Imperium Games non si tratta solo di far concretizzare al meglio un progetto che pare ogni giorno puntare sempre più in alto, né tantomeno di soddisfare le enormi aspettative che si sono create attorno a questo ambizioso titolo; si tratta piuttosto di spazzare via tutti i dubbi che scettici e publisher tradizionali hanno messo sul piatto della bilancia, di far ricredere coloro che prendono sottogamba le effettive potenzialità che si celano dietro al gioco di Chris Roberts, padre di Wing Commander.
    Dopo aver superato i due milioni di dollari su Kickstarter, e con una community entusiasta che non ha mai smesso di finanziare ulteriormente il team di sviluppo, Star Citizen è sempre più in prima linea per diventare il punto di riferimento numero uno nell’ambito dei simulatori spaziali. Come se non bastasse, bisogna ben specificare che la lungimiranza e le intenzioni dello studio non si limiteranno solo a questo, ma comprenderanno un vero e proprio universo spaziale completamente esplorabile, arricchito da una vasta gamma di missioni in cui avventurarsi e degli scontri che promettono una cura non di certo inferiore a tutto il resto. Non ci saranno sottoscrizioni di alcun tipo, non sarà un pay to win e, soprattutto, sarà aperto ai contenuti generati dall’utenza, per fornire quello che sulla carta potrebbe essere un gioco dalla longevità davvero fuori parametro. Il multiplayer sarà dunque modificabile, aperto alla fantasia della comunità e hostato proprio dai giocatori, mentre il mondo persistente avrà dei server dedicati. Per quanto riguarda invece il single player, potrà essere affrontato da soli o in cooperativa (drop-in, drop-out). Oltre ai dati di fatto di cui Star Citizen può già cominciare a vantarsi, c’è una sfida per certi versi maggiore e più importante: quella basata sulle potenzialità a tutto tondo della piattaforma PC, su cui molti hanno ancora poca fiducia nonostante la situazione – mai come oggi – sia incontestabilmente florida. “Sappiamo che c’è un utenza PC molto ampia che esige giochi sofisticati, costruiti appositamente per questa piattaforma. All’interno di questa cerchia, un significativo numero di persone hanno sempre amato i giochi spaziali, e se dessimo loro un prodotto di alta qualità, sarebbero felici di giocarlo”, spiega Chris Robert, che vuole puntare tutto sulle incredibili possibilità offerte dai PC di fascia alta. 
    Star Citizen vuole rendere l’esplorazione interstellare qualcosa di estremamente viscerale e credibile, con una cura dei dettagli che non si limiti al solo aspetto grafico o alla mole di particolari visibili all’interno di una cabina di pilotaggio. Il livello di fedeltà mai visto prima che viene puntualmente sbandierato, passa anche attraverso i combattimenti, il comportamento delle navicelle e la sensazione di trovarsi veramente all’interno di un sandbox spaziale complesso e ricco di opportunità, dove è la coesione stessa dell’universo a rendere possibile ciò che solo a tratti è possibile immaginare. Star Citizen non è il luogo da dove si dipana una singola storia; è una destinazione. È un posto dove fermentano delle avventure sempre nuove, che lasciano decidere al giocatore come plasmare la propria esperienza. Giusto per fare qualche esempio, è possibile accettare lavori da contrabbandiere, pirata, cacciatore di taglie o mercante; o in alternativa, scegliere di essere un pilota preposto alla protezione delle frontiere, sempre pronte ad essere attaccate da minacce esterne. E queste sono solo alcune possibilità iniziali, perché Cloud Imperium Games ha promesso dei micro update a cadenza settimanale o bisettimanale: un team specializzato, infatti, introdurrà costantemente nuove informazioni, missioni, storie e intere campagne, a seconda delle esigenze dei giocatori. Si tratta dunque di un universo in rapida e continua evoluzione, che si espande, respira e vive come se fosse un’entità costantemente nutrita.
    A tutta questa carne al fuoco, vanno aggiunte le interazioni con gli altri utenti, degli elementi sociali comprendenti fazioni e divisioni, conflitti condizionati spesso da diversi allineamenti comportamentali e tutta una serie di dinamiche che promettono di trasformare i giocatori in instancabili piloti spaziali. Dopo aver fatto conoscere le potenzialità del gioco, dunque, gli sviluppatori hanno cominciato a rilasciare qualche modulo che potesse dare un saggio di Star Citizen. In seguito a quello che è apparso essere più un contentino, ecco arrivare l’Arena Commander, ossia uno piccolo esempio di cosa significa pilotare la propria nave nello spazio e affrontare i primi nemici. Dopo aver ispezionato lo spazioso hangar e ammirato l’abitacolo del velivolo messo a disposizione, ci siamo tuffati nello spazio profondo, godendo di una manovrabilità semplicemente encomiabile e di sensazioni davvero difficili da descrivere. Vi basti pensare che le performance della nave sono calcolate dinamicamente in base alle variabili fisiche e alla capacità di manovra lungo traiettorie su cui agiscono forze non sempre stabili. E non solo: questa complessità, andrà naturalmente ad inficiare sulle strategie e sui risultati degli scontri, e come se non bastasse, giocherà un ruolo fondamentale anche la scelta dei componenti, che saranno danneggiabili e di conseguenza potranno modificare pesantemente la maneggevolezza della nave. Trarre conclusioni dopo aver provato un modulo di Star Citizen è praticamente impossibile, ma unire le caratteristiche diffuse dal team di sviluppo con qualche ora di gameplay che in effetti sembra corroborare i bei discorsi fin qui pronunciati, è già una grande garanzia, sia per i numerosi backers, sia per chi ha da sempre sognato una simulazione spaziale a tutto tondo. Non abbiamo ancora idea del tempo che ci separa dall'uscita, ma possiamo dirvi con una certa tranquillità che si tratta di qualcosa di molto, molto grosso, che speriamo venga gestito al meglio fino alla fine.