Per addentrarci a fondo nel senso di questo
articolo è necessaria una breve parentesi. Il glorioso genere degli
hack'n'slash ha sempre attirato su computer grandi frotte di giocatori
vogliosi di darsele di santa ragione, pronti a farsi venire il mal di
schiena a forza di stare davanti allo schermo livellando il proprio
personaggio preferito e affrontando armate di demoni infernali.
D'altronde che il fascino insito nel darsi mazzate senza troppi pensieri
sia qualcosa di imprescindibile nell'uomo non lo si scopre certo ora.
Se c'è una software house che, più di tutte, ha capito e fatto suo questo concetto è Blizzard Entertainment, che tra il 1996 e il 2000 fece uscire quelli che vengono ritenuti a tutti gli effetti i pilastri fondatori del genere, Diablo e Diablo II. Oltre dieci anni dopo, Blizzard è tornata alla carica con il suo cavallo più forte, quel terzo capitolo di Diablo spasmodicamente atteso da tantissimi utenti PC (e non solo, grazie alla suo recente conversione per console): i numeri di Diablo III
sono imperiosi e sanciscono un successo commerciale senza precedenti.
Eppure, nonostante la popolarità, non sono mancate tante critiche,
portate avanti soprattutto da chi ha visto nel gioco una semplificazione
e un'involuzione delle meccaniche rispetto al secondo capitolo della
serie. A torto o a ragione, questo coro di voci si è fatto sempre più
numeroso e pressante anche a causa della vituperata RMAH (real money
action house) che ha detta di molti ha sbilanciato gravemente l'economia
di gioco (tant'è che Blizzard stessa è corsa ai ripari annunciandone la chiusura dal prossimo marzo).
Ed è proprio qui che s'inserisce a sorpresa Grinding Gear Games, softco indipendente neozelandese: Path of Exile
è la sua opera d'esordio e consiste in un dungeon crawler online free
to play. I developer sono gamer appassionati e hanno creato il prodotto
in questione come “il gioco che noi stessi avremmo voluto giocare”;
belle parole, a cui per una volta sono seguiti fatti concreti e non le
solite campagne pubblicitarie pensate a tavolino per alzare l'hype. Il
titolo è uscito a fine ottobre dopo ben sette anni di sviluppo e nove
mesi di open beta, indispensabili per renderlo un gioco maturo e
ottimizzato, ed è stato accolto in maniera entusiasta da gran parte dei
cosiddetti “delusi di Diablo III”. Come difatti avrete già capito dal voto riportato qui sopra, Path of Exile è un esperimento assolutamente riuscito, tanto da essere stato definito “The Hidden Gem of the Year” dal portale MMORPG.com.
Di più, se si guarda a ciò che i ragazzi di Grinding Gear Games
hanno realizzato non si può non pensare a un piccolo miracolo: alzi la
mano chi un lustro fa avrebbe dato un dollaro a questi, fino
all'altroieri, sconosciuti sviluppatori. Eppure il loro gioco è lì,
pronto per essere giocato dopo averne semplicemente scaricato il client.
Path of Exile è dunque un bellissimo Diablo-clone, o pure qualcosa di più? Scopriamolo assieme.
Innanzitutto
l'ambientazione del gioco è quella dark fantasy di Wraeclast,
continente in cui siamo confinati in catene dopo essere stati esiliati
dalla patria d'origine. Quando però la nave di schiavi su cui siamo
imbarcati naufraga e ci lascia su una spiaggia infestata di zombie ci
troviamo a dover essere artefici del nostro destino in una terra
disperata e brutale.
È più o meno questo l'incipit di Path of Exile,
che, bisogna dirlo, non presenta una trama eccezionale: la storia
narrata nella campagna svolge il suo sporco lavoro ma senza sconvolgere,
il che è un po' un peccato visto che tutto sommato il lore, pur essendo
volutamente criptico, ha degli spunti affascinanti che lo ricollegano
ad altri famosi universi, come quello di Conan il barbaro. Piacevoli
alcuni riferimenti ad altri esponenti del genere hack'n'slash, tra cui
un episodio nel secondo atto che cita proprio la storyline di Diablo II e che i giocatori più esperti non mancheranno di cogliere.
La
struttura di gioco si compone come quella di qualsiasi action GDR:
accampamenti e città funzionano come catalizzatori di quest, vendor e
NPC con cui parlare, mentre le zone esterne strabordano di mob e
miniboss da massacrare, con tanti dungeon a farla da padrone com'è
giusto che sia. Molto apprezzato il fatto che le mappe siano generate
proceduralmente e di conseguenza si ripresentino differenti ad ogni
partita, a tutto favore della rigiocabilità.
Path of Exile
è tuttavia un gioco evidentemente pensato dalla base con l'online in
mente, e non solo come aggiunta forzata. Formare party e unirsi ad altri
player è veloce e intuitivo grazie a una comoda noticeboard situata in
ogni insediamento, e giocare in compagnia diventa quasi fondamentale ai
livelli alti. Presente anche la possibilità di fondare gilde,
solitamente tipica dei MMORPG, che stimola l'interazione tra giocatori.
Altra caratteristica che rende unico Path of Exile
è la mancanza dei “gold”, ovvero di una valuta in-game. Quella che di
primo acchito potrebbe sembrare una scelta illogica consiste in realtà
di un colpo di genio: l'assenza di una vera e propria moneta virtuale ha
infatti debellato un'antica piaga del genere, quella dei gold seller.
Qua l'economia si basa interamente sul baratto di oggetti, con alcuni
item particolarmente ricercati negli scambi tra player.
Inutile però girarci attorno: per ammissione stessa degli sviluppatori, Diablo II è la principale fonte d'ispirazione di Path of Exile. D'altronde, come biasimarli: il titolo Blizzard ha
fatto scuola per anni, sbaragliando la concorrenza grazie a un gameplay
solido e funzionale e una componente online così ben integrata da
risultare assuefacente come una droga. Grinding Gear Games ne ha dunque preso le fondamenta e ci ha aggiunto tante buone idee, mutuate anche da altri famosi titoli.
Due
scelte importanti si pongono al momento di creare il personaggio,
quelle della classe e relativa league in cui giocare. Le “leghe” non
sono altro che varie modalità di gioco, ognuna delle quali offre
qualcosa di diverso in termini di gameplay: in una i nemici droppano
oggetti migliori, in un'altra si possono ottenere dei bonus temporanei e
così via. Al momento si può giocare in standard, hardcore, domination e
nemesis, ma le league disponibili cambiano e vengono sostituite da
altre ogni tot mesi. Notare che, a differenza di molti dungeon crawler,
in Path of Exile se il nostro PG viene ucciso in hardcore questi non è perso per sempre, ma “retrocede” alla normal league.
La
creazione del character permette di scegliere tra sette classi, ognuna
delle quali si basa su un attributo specifico (o una serie di attributi)
tra forza, destrezza e intelligenza. Qui le cose iniziano a farsi
interessanti: giocando si capisce infatti che la suddivisione in classi è
più una formalità che altro, in quanto ogni classe può fare
praticamente di tutto; un Templar per esempio può impugnare
indifferentemente una spada a due mani, un'ascia bipenne, uno scettro e
uno scudo, due mazze insieme o anche altro, a patto di soddisfare i
requisiti degli oggetti. Pure per l'armor vale lo stesso discorso e non
esistono armature appannaggio di un'unica classe; i pezzi di equip di
livello più forte, di color arancione, sono item unici che conferiscono
poteri notevoli a chi li indossa (a proposito, guardate e godetevi con
calma ogni unique item che droppate, alcuni contengono bellissime
descrizioni in rima).
Gli sviluppatori hanno insomma adottato
scelte intelligenti e mai restrittive nei confronti dei giocatori che
garantiscono un'ampia libertà di personalizzazione. Questo si riflette
anche nell'albero delle abilità passive, che strizza un occhio, anzi
due, alla sferografia di Final Fantasy X:
trattasi di una ragnatela di ben 1350 skill (no, non avete letto male)
in cui, ad ogni passaggio di livello, potremo inserire un punto al fine
di migliorare un talento o potenziare un parametro. Tutte le classi
condividono lo stesso albero, ma partono da un punto diverso a seconda
dei loro attributi primari; questo vuol dire che potenzialmente persino
una Witch può arrivare a prendere i talenti del Marauder, semplicemente
dovrà percorrere una strada più lunga per farlo. Con la release è stata
rilasciata la settima classe, la Scion, guerriera medium-range
pesantemente armata che può utilizzare abilità elementali e che si rende
disponibile dopo aver finito la campagna alla prima difficoltà;
peculiarità di questa nuova classe è il suo punto di partenza centrale
nello skill tree, che ne fa un ibrido utilissimo.
A rendere
ancor più profondo questo già ottimo sistema arrivano le gemme, che se
incastonate nell'equipaggiamento degli eroi forniscono un'abilità
attiva, sia essa un fulmine, una palla di fuoco o un proiettile
ghiacciato. Ogni gemma livella con l'uso e può essere associata ad altre
gemme di supporto che ne attivano effetti aggiuntivi, come una velocità
d'attacco superiore o la rigenerazione della vita per ogni colpo messo a
segno; ciò aumenta a dismisura le possibilità di customizzazione, con
la facoltà di sbizzarrirsi per chi ama costruire nei dettagli le build
dei propri PG.
Dopo tutto questo sermone per descrivere quanto
sia stratificato il gameplay messo in piedi dai programmatori, qualcuno
si chiederà: “Ok, ma alla fine è anche divertente?”. Assolutamente sì:
vedere il proprio personaggio crescere e diventare sempre più forte,
fino al punto da shottare branchi di mob all'istante, è incredibilmente
gratificante e ha risvegliato il bambino che è in noi portandoci a
lunghe veglie notturne di farm e loot compulsivo. Path of Exile è insomma “addictive” come solo un grande hack'n'slash sa essere.
Una
volta completata la campagna alla prima difficoltà, ci aspettano
l'impegnativa cruel e la terrificante merciless, che danno una penalità
all'esperienza in caso di morte ma ricompensano con drop sensibilmente
migliori. Le sorprese tuttavia non finiscono qui: anche per l'endgame i Grinding Gear Games
propongono soluzioni interessanti. Una di queste è costituita dalle
maps, item estremamente difficili da trovare e preziosissimi: ogni
frammento di mappa difatti apre un portale per una zona endgame almeno
di livello 66, in cui i nemici sono di gran lunga più tosti e
garantiscono reward fuori scala. Le maps possono essere aperte solo
nell'eternal laboratory dell'atto terzo a merciless difficulty; con il
rilascio della versione 1.0 si contano ben 62 mappe base e 5 mappe
uniche. Questa modalità non mancherà sicuramente di ricordare ai
nostalgici l'Uber Tristram o il famoso Cow Level del secondo capitolo di
Diablo.
La generosa offerta di gioco è completata dal
comparto competitivo che, pur non costituendo parte centrale
dell'esperienza, è comunque un valido diversivo alla mattanza di mob: il
PvP si articola principalmente in deatmatch e cattura la bandiera,
tramite arene singole o di gruppo. Spesso gli sviluppatori annunciano
anche eventi speciali, denominati season, che possono durare un mese o
poche ore: si può partecipare a questi eventi solo creando un nuovo PG,
ma i giocatori che vincono ottengono particolari ricompense.
L'arrivo di Path of Exile
su Steam, a parte innalzarne esponenzialmente la visibilità al
pubblico, non ha prodotto variazioni sostanziali al gioco, senza però
farsi mancare qualche sfiziosa novità come gli achievement di Steam, che
fanno sempre piacere. La patch 1.0 ha apportato sui server una pletora
di novità oltre alla Scion di cui abbiamo già parlato, tra cui leghe
inedite, nuove skill, nuove arene e la parte finale dell'atto 3 con
relativo scenario e boss. Ma gli sviluppatori sembrano averci davvero
preso gusto con gli aggiornamenti: il 12 novembre uscirà il primo grosso
update post-lancio, che secondo il lead designer Chris Wilson
aggiungerà cinque unique item, due achievement, almeno una gemma, nuovi
recipe dai vendor, tantissimi fix e diversi effetti cosmetici
acquistabili tramite shop.
A proposito di questi ultimi, tocca
spendere qualche parola sul modello F2P del titolo. Al contrario di
tanti altri software spacciati sulla carta per gratuiti ma poi fin
troppo “affezionati” al nostro portafoglio, Path of Exile non
chiederà mai la nostra carta di credito: seguendo un sistema chiamato
dai developer “microtransazioni etiche”, gli acquisti possibili
riguardano esclusivamente pets, effetti estetici, animazioni aggiuntive
come la danza o, nel peggiore dei casi, funzionalità sociali quali la
banca di gilda che non influiscono sul gameplay. In altre parole,
potrete godere al 100% del gioco, endgame compreso, senza sborsare un
centesimo, sempre che siate così sfacciati da non sentirvi in colpa
neanche un po'.
Qualcuno potrebbe definire Path of Exile “il Dark Souls
degli hack'n'slash”, e probabilmente non sarebbe così lontano dalla
verità. Ci teniamo infatti a precisare che si tratta di un gioco che non
tutti potrebbero digerire: se affrontato in solo l'asticella della
difficoltà in alcuni punti si alza notevolmente, richiedendo una certa
pazienza ma soprattutto un attento studio della build del proprio PG.
Proprio qui si colloca un'altra feature che rende il prodotto Grinding Gear Games
estremamente sui generis, ovvero l'assenza di un vero e proprio respec:
scordatevi di allocare gli skill point “per tentativi”, testando sul
campo quali siano i più efficaci e quali da escludere. La scelta dei
punti passivi va ponderata con cautela e giudizio: questo ad esempio
vuol dire che, una volta che avremo il nostro bel guerriero livello 50
full-dps, il solo modo per averne uno specializzato nel tanking sarà
creare un nuovo PG. L'unica eccezione a questa ferrea regola è
rappresentata dagli orb of regret, item rari che consentono di resettare
un unico punto nell'albero delle abilità, e solo se è l'ultimo di una
fila. Abituati come siamo ad avere a che fare con respec totali
frequenti e poco costosi in altri esponenti del genere, Diablo 3 compreso, assimilare questa (intenzionale) mancanza potrebbe non essere cosa facile per tutti. Per apprezzare appieno Path of Exile
bisogna tuttavia entrare nell'ottica di un gioco dove ogni conquista va
guadagnata e sudata, e le decisioni prese ci costringeranno sempre a
sacrificare qualcos'altro.
Tecnicamente il titolo presenta un
lavoro più che apprezzabile: la grafica isometrica, classica dei dungeon
crawler, non rappresenta niente di trascendentale o particolarmente
pesante da gestire, ma muove pregevoli paesaggi e più di tutto mette in
mostra una forte personalità. Il design ripudia infatti qualsiasi
accento cartoonesco allegro e luminoso da “mondo dei puffi” proponendo
invece la visione di una terra oscura e violenta, e lo stile grafico si
adatta di conseguenza a questa scelta: gli ambienti risultano sporchi e
spartani, i dungeon sono perennemente avvolti nelle tenebre e i nemici
esplodono con schizzi di sangue tarantiniani quando vengono squartati.
Promosse anche le animazioni e l'effettistica, con alcune spell,
soprattutto quelle legate a fuoco ed elettricità, che risultano
spettacolari.
Buono anche il comparto sonoro: gli effetti si
attestano nella media, mentre le musiche d'accompagnamento sono
azzeccate e molto d'atmosfera.
Purtroppo i più grossi difetti di Path of Exile
si hanno dal punto di vista dei server: in serate particolarmente
“piene” può capitare di riscontrare un po' di lag o di essere rispediti
alla schermata di login mentre si sta giocando; la cosa non fa certo
piacere ma si tratta di casi abbastanza isolati, se escludiamo i primi
normali giorni di assestamento. Leggermente diverso il discorso che
riguarda il famigerato desync, ovvero il problema per cui i dati in
possesso del nostro client differiscono dai dati del server: il fenomeno
si verifica talvolta nelle situazioni più affollate, magari con molti
mob o spell attive contemporaneamente, e può portare a uno “spostamento”
imprevisto e non voluto del proprio PG o del nemico, cosa non proprio
gradita se magari si sta giocando in hardcore. La problematica può
essere aggirata digitando /oos (out of sync) in chat: così facendo il
nostro client si riallinea ai dati del server eliminando temporaneamente
il desync per tutto il party; non può essere questa la soluzione
definitiva al problema, ma sempre meglio di niente.