Ethero

mercoledì 24 settembre 2014

L'ombra di Mordor


  • Piattaforme:PC, PS3, PS4, Xbox 360, Xbox One

  • Genere:Action-Adventure

  • Sviluppatore:Monolith Interactive

  • Data uscita:03 ottobre 2014

     

    Ok, c’è il free flow system. E sì, c’è l’arrampicata di Assassin’s Creed. In questi mesi c’è stato un mormorio attorno a La Terra di Mezzo: L’Ombra di Mordor, alimentato da alcuni infelici scambi di battute via Twitter tra gli sviluppatori di questo gioco targato Warner Bros e i creatori della celebre serie di Ubisoft. Eppure, nonostante le evidenti, innegabili e innegate somiglianze tra alcuni degli elementi chiave di questi due giochi, dopo avere provato con mano il nuovo titolo ambientato nel mondo del Signore degli Anelli possiamo affermare con assoluta certezza che ci sono dei buoni motivi per attendere questo gioco. Vediamo quali.
    L’Ombra di Mordor cerca di colmare un vuoto narrativo che nell’epopea tolkieniana ha luogo tra gli eventi de Lo Hobbit e quelli de Il Signore degli Anelli. Poiché il character design e le ambientazioni sono reminescenti della Nuova Zelanda di jacksoniana memoria, potremmo dire che il gioco va a colmare lo iato tra le due trilogie cinematografiche.
    La terra di Mordor è un luogo relativamente “plasmabile”, poiché nei film di Jackson il suo aspetto viene mostrato solo ai tempi della Guerra dell’Anello. Giacché il gioco ha luogo prima di tale importante avvenimento, Mordor appare come un posto meno inospitale del previsto, fatto di grandi praterie e di svariati promontori, sui quali si ergono spesso fortezze (quasi sempre in rovina). Non è certo il luogo più bucolico e ameno della Terra di Mezzo, ma al contempo non aspettatevi i fiumi di lava e l’occhio di Sauron a sovrastare il mondo. Ci ritroviamo in un luogo invaso dagli orchi, in cui la morte è dietro ogni angolo ma in cui il potere corrotto dell’anello non ha ancora preso piede. Il fardello si trova ancora nelle mani di Bilbo, nella contea, lontano centinaia di leghe da questi luoghi.
    Si percepisce dunque un certo grado di credibilità nel prodotto, che – per quanto non sarà mai considerato canone da parte degli appassionati – è comunque profondamente rispettoso del materiale di partenza. Chi è fan della saga troverà immediatamente dei forti elementi di riconoscibilità, e difficilmente si sentirà tradito da questo gioco. In un mondo popolato di tie-in di scarsa qualità, spesso poco rispettosi dell’opera originale o, al contrario, imbrigliati da qualche eccesso di filologia, le scelte degli art director de L’Ombra di Mordor appaiono oltremodo azzeccate.
    Protagonista dell’avventura è Talion, un ranger il cui ruolo è in parte slegato dall’epopea dell’anello. Il suo ruolo, infatti, è quello di un uomo assetato di vendetta, determinato a colpire Sauron, reo dello sterminio della propria famiglia. Talion stesso è stato vittima di Sauron, ma è stato resuscitato ed accompagnato da un dono: la possibilità di dialogare ed evocare in qualsiasi momento lo spirito di Celebrimbor. Quest’ultimo è il fabbro responsabile della forgiatura dei tre anelli del potere giunti nelle mani degli elfi, che fu successivamente impalato da Sauron in persona. Nel gioco, dunque, avremo a che fare con due personaggi in collera con Sauron e determinati a ottenere soddisfazione. Al contempo, nella vicenda avrà un ruolo importante Gollum, che fungerà da collante narrativo tra la prima e la seconda trilogia filmica, e la cui presenza all’interno del gioco sembra essere necessaria al fine dello svolgimento di alcune scene-chiave.
    L’interazione tra Talion e Celebrimbor non è soltanto narrativa: i due personaggi, infatti, sono le due facce di una stessa medaglia controllata dal giocatore. Per la maggior parte dell’avventura il giocatore si trova nei panni di Talion che, in quanto ranger, ha ottime capacità nel combattimento e nelle azioni stealth. Vi sono svariate azioni, però, che vengono svolte da Celebrimbor: con la semplice pressione di un pulsante, il giocatore può trasformarsi istantaneamente nell’elfo e scoccare delle frecce letali, capaci in alcuni casi di teletrasportare Talion nel bel mezzo della mischia. O, in alternativa, i poteri di Celebrimbor possono corrompere la mente dei nemici e spingerli a combattere al nostro fianco. Infine, vi è la possibilità di attivare una modalità che, sempre nei panni del potente elfo fabbro, ci consente di esplorare il mondo da una prospettiva oscura, capace di individuare le tracce dei nemici e di compiere una sorta di viaggio nel passato, rivelando luoghi che – nel presente in cui si svolge la vicenda – non sono altro che macerie. Quest’ultima modalità ricorda a prima vista l’Occhio dell’Aquila di Assassin’s Creed, un altro aspetto che farà discutere ma che, anche in questo caso, sembra distanziarsi in parte dal prodotto di Ubisoft grazie alla capacità di esplorare il passato.
    Infine, da segnalare un profondo albero delle abilità differenziato per Talion e Celebrimor, con un totale di 18 abilità per il ramingo e 21 per lo spettro. Un’ulteriore varietà è data dal sistema di loot, che garantisce l’acquisizione di armi uniche che – in pieno stile tolkieniano – variano il proprio nome a seconda delle abilità e delle caratteristiche.
    Come anticipato, il sistema di combattimento fa largo uso del free flow system, di scuola Warner Bros. Il sistema funziona alla grande, ed è reso interessante da una difficoltà di gioco tarata verso l’alto. La sensazione, dalla breve prova concessaci, è che La Terra di Mezzo: L’Ombra di Mordor sia un gioco PEGI 18 non solo per la truculenza degli scontri e il sangue che scorre a fiumi, ma anche per la difficoltà nei combattimenti. In alcuni scontri ci siamo trovati letteralmente sopraffatti dai nemici, costringendoci a una vile fuga e alla riorganizzazione delle nostre strategie. Anche se il colpo a distanza di Celebrimbor ci è parso un’arma decisamente troppo potente in alcune situazioni, quando qualcosa nel nostro piano va storto per noi sono guai seri. Da questo punto di vista, dunque, il gioco ci lascia ancora una volta delle ottime sensazioni.
    L’aspetto più interessante del titolo, tuttavia, si riscontra nel curioso sistema dei boss. Tutto il gioco si regge sulla presenza di nemici principali, che il titolo genera in maniera procedurale e che inserisce all’interno di un mondo sandbox. In altre parole, ogni partita ci vede alle prese con dei boss creati in maniera casuale dal gioco, dall’aspetto terrificante (e fortemente fedele alla visione di Jackson dell’universo di Tolkien),  dotati di una storia di background credibile, con punti deboli e forti e dalla violenza inaudita. Questi nemici, inoltre, vengono inseriti dal gioco all’interno di un sistema gerarchico, in cui alcuni boss fanno da luogotenente ad altri boss, e così via fino a una manciata di boss principali che governano un piccolo esercito. Quando un boss viene sconfitto, questi muore e viene sostituito da un altro boss generato proceduralmente. Se si uccide un boss nella parte alta della scala gerarchica, e probabile che uno dei suoi sottoposti ne prenda il posto. Infine, è anche possibile che un orco decida di prendere il posto di un suo superiore con la forza, lanciandosi in lotte intestine che portano alla variazione inaspettata dell’assetto gerarchico. Si ha la sensazione di avere a che fare con un nemico “vivo”, in continua evoluzione e le cui caratteristiche variano anche a seconda delle nostre scelte.
    Se un orco viene ferito da una delle nostre azioni (e sopravvive), questi potrebbe tornare in un secondo momento del gioco e ricordarsi del nostro incontro attraverso dialoghi ad hoc. O, addirittura, potrebbe portare addosso i segni del nostro scontro con vistose cicatrici o tatuaggi celebrativi. Se il nemico ci sconfigge, questi potrebbe ottenere un maggiore morale o salire di grado, e quindi diventare più coriaceo nell’incontro successivo. Se ne deduce un costante cambiamento nell’apparato dei nemici, in grado da solo da rendere il gioco costantemente dinamico e variegato.

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