Ethero

giovedì 23 gennaio 2014

Strider

  • Genere:Azione

  • Sviluppatore:Double Helix Games

  • Data uscita:22 febbraio 2014 

     

    Questa software house ha iniziato malissimo la sua vita nel duro mondo degli sviluppatori. Poi, dal nulla, le hanno affidato uno dei picchiaduro più duri da riportare alla vita, e riuscendo nel compito si è guadagnata un bel po’ di fiducia da parte del pubblico pagante e della stampa, che prima rabbrividivano solo a sentirne il nome. L’esplosione di stima deve aver influenzato notevolmente anche i grossi distributori, perché i Double si sono recentemente accaparrati un altro marchio storico non facile da recuperare, Strider appunto. Trattasi di un action-platform a scorrimento nato nel lontanissimo 1989, e divenuto famoso per il suo carismatico protagonista e per la grande velocità. 
    Il gioco non si distacca più di tanto dai predecessori, mantenendo il genere invariato e un gameplay simile a quello passato (anche se più vicino al secondo capitolo che al primo). Una scelta che ci ha un po’ deluso, visto che da tempo desideravamo un hack ‘n’ slash tridimensionale con Hiryu protagonista. Ciò che abbiamo potuto provare comunque ci ha parzialmente consolato, perché, come detto a inizio articolo, a Double Helix amano le vecchie glorie, e sembrano aver ben chiaro cosa le ha rese indimenticabili.
    Nel caso di Strider, la velocità e l’adrenalina erano tutto. C’erano basi solide a sorreggere il gioco, ma era il tripudio di balzi felini del protagonista, scalate rapide, nemici fatti a pezzi e boss fight a rendere i cabinati Capcom un magnete per monetine. Per adattare tutto ciò alla generazione di giocatori attuale gli Helix non hanno puntato sulla solita semplificazione, ma hanno reso il tutto un pochino più complesso, donando da subito al giocatore qualche nuovo strumento, come un attacco multidirezionale, e modificando strutturalmente la campagna per non stancare dopo poche ore. Per la precisione, nel sistema sono stati introdotti limitati elementi da metroidvania, con un avanzamento graduale del protagonista sotto forma di nuovi poteri, e un aumento netto della complessità delle mappe. 
    Con queste soluzioni il gioco è leggermente meno lineare, presenta sezioni esplorabili con segreti sotto forma di collezionabili o sfide aggiuntive, e si mantiene fresco regalando una serie di interessanti mosse extra all’utente e tenendolo sul filo con un potenziamento progressivo dei nemici . All’inizio vi sembrerà tutto una passeggiata: Hiryu taglierà a fette chiunque con un singolo fendente, gli ostacoli saranno facilmente superabili, e i livelli basilari. Superato il gigantesco Ouroboros (vecchia conoscenza per chi ama la serie), però, la vostra lista mosse inizierà a comprendere doppi salti, scivolate e attacchi discendenti capaci di spezzare grate e barriere, la capacità di rispedire proiettili al nemico e colpi caricati, mentre ai soldati semplici si uniranno grossi automi corazzati, cecchini e fastidiosi avversari armati di scudo. 
    Tale aumento del livello di sfida e della complessità avviene con una naturalezza invidiabile, che dimostra un certo talento da parte degli sviluppatori. Non è facile prendere un gameplay anzianotto, ritoccarlo marginalmente, e introdurlo in un nuovo scheletro concettuale calcolato per mantenere alta l’attenzione dei gamer moderni, ma i Double Helix sembrano aver colpito nel segno con il ritorno di Strider.
    La fluidità dell’azione è stata la caratteristica che ci ha stupito maggiormente. I comandi sono responsivi e precisi, e guidare Hiryu nella sua avventura è un vero piacere. Il Cypher, la poderosa spada al plasma in dotazione al protagonista, tritura tutto a velocità luce, e dispone persino di un comodo attacco ascendente che scaglia in aria i nemici meno pesanti, per favorire l’esecuzione di brevi combo abbastanza spettacolari.
    Le boss fight, inoltre, mantengono una notevole carica emotiva, grazie a nemici dai pattern arginabili ma comunque variegati, e alla frenesia delle battaglie, che si trasformano rapidamente in un vortice di proiettili, laser e attacchi acrobatici. Occhio a morire troppo spesso infine, poiché il respawn di solito avviene in rade zone checkpoint o su save points a inizio quadro, costringendo in più occasioni a ricominciare dei bei pezzi di missione da capo. 
    In parole povere, il mix funziona, la libertà di movimento del protagonista è notevole, le battaglie divertono e la difficoltà aumenta fino a divenire una sfida impegnativa e soddisfacente già dopo poche ore. Non male per un’operazione costata relativamente poco.
    Tecnicamente non siamo sui livelli raggiunti con le modifiche del sistema, ma non c’è troppo da lamentarsi. L’unico bug grave che abbiamo trovato riguardava alcuni caricamenti in ritardo di pezzi delle mappe, un problema che, tuttavia, potrebbe dipendere anche dalla nostra console test, e che indubbiamente sparirà nel codice finale. Per il resto il motore non è niente di superlativo, e punta tutto sul mantenimento di un frame rate stabile. Delle scan lines poco accentuate ricordano i vecchi cabinati, e il restyle dei personaggi è di tutto rispetto, ma non aspettatevi meraviglie composte da migliaia di poligoni. Le mappe, dal canto loro, ci sono parse piuttosto ispirate, pur mantenendo una palette di colori sempre tendente al metallico. 
    Da applausi invece le musiche. Tamarre e pompate al punto giusto, non fanno rimpiangere assolutamente i temi originali.

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