Piattaforme:PC, PS3, PS4, Xbox 360, Xbox One
Distributore:Activision
Data uscita:Autunno 2015
Con il ritorno del marchio Sierra, chi non è di primo pelo ha versato lacrime di gioia. In realtà il ritorno di questo storico marchio è solo simbolico, dato che l’azienda fu assorbita nel 2008 e ricostituita nel 2014, sempre sotto la guida di Activision Blizzard. In ogni caso, vedere un gioco che si apre con il mitico logo con la montagna ci porta alla mente tanti ricordi, che riecheggiano i nomi di Gabriel Knight, SWAT, Caesar e, naturalmente, King’s Quest.
L’avventura
grafica creata da Roberta Williams risale al 1983, ed è costituita da
otto capitoli usciti nel corso di quindici anni. Dal lontano 1998 (e in
seguito al declino delle avventure grafiche sancito dall’esplosione
delle console degli anni Novanta), questa serie è stata abbandonata
assieme a tante altre. Così, il vecchio Graham da diciassette lunghi
anni siede sul suo trono senza fare nulla, nonostante i tentativi di
rianimazione da parte di Vivendi, Silicon Knights e persino di Telltale.
Per nostra fortuna, il ritorno di Sierra e il particolare periodo
storico che stiamo vivendo - che sembra premiare il ritorno di grandi
classici del passato - hanno permesso la rinascita di questo franchise.
La serie tornerà in un nuovo capitolo che promette di rilanciare la saga
e che, come spesso si confà ai reboot, prenderà il nome di King’s Quest
e che sarà rilasciato in forma episodica.
Gli
sceneggiatori hanno tenuto conto di tutto il tempo passato, optando per
una storia che torna indietro nel tempo e racconta la storia di Graham
sin dalle sue origini. La formula scelta è quella del lungo flashback,
attivato dal racconto di un nonno alla propria nipotina. Il vecchio
narratore è Graham, ormai divenuto re di Daventry e al tramonto della
propria vita. Il suo racconto è pieno di ricordi a volte confusi, a
volte esagerati che hanno permesso al team di sviluppo di studiare un
sistema per palesare la trama che ci ricorda, a tratti, quanto visto in
giochi come Bastion o in The Stanley Parable. La narrazione, infatti,
avviene con una voce fuori campo che commenta le nostre azioni, e che
ironizza sui nostri errori. Se, ad esempio, si sceglie il percorso
sbagliato e si muore, la voce nel momento del game over ironizza
dicendo: “...e questo è quanto sarebbe accaduto se avessi scelto la
strada di sinistra”. La leggerezza con cui viene raccontato ciò che
accade sembra molto azzeccata, e ben si addice al tono ironico di un
nonno che racconta le sue gesta ricordando i tempi che furono e
sdrammatizzando i momenti più seri. Nonostante Roberta Williams non sia
più al timone dell’avventura, il lavoro di scrittura ci sembra buono e
siamo davvero curiosi di scoprire in che modo l’avventura progredirà.
Dal lato del gameplay, King’s Quest prevede
un impianto piuttosto classico, ma adattato assai bene al controller.
Parliamo di un punta e clicca senza puntatore, in cui è sufficiente
avvicinarsi a un oggetto per interagirvi. Tutti gli enigmi si basano
sull’utilizzo di oggetti o sulla combinazione di essi, e il pensiero
laterale presente in molte avventure uscite tra gli anni Ottanta e
Novanta lascia qui il posto a una logica più diretta. Questo non
significa che King’s Quest si sbarazzi completamente degli elementi
assurdi che hanno da sempre caratterizzato la serie: alcuni enigmi
richiedono sequenze piuttosto complesse, che si risolvono spesso in
maniere volutamente troppo complicate, al fine di creare un effetto
comico al momento del climax. Ad esempio, per oltrepassare un fiume (in
una sequenza che cita il primo King’s Quest) siamo passati
dall’abbattere un albero allo scoccare delle frecce, fino a distrarre un
gruppo di guardie e costruire una zattera improvvisata. Il tutto per
poi scoprire che, in realtà, il fiume poteva essere guadato da alcune
pietre a pelo d’acqua. L’idea è quella di dipingere Graham come “uno
sfigato qualunque”, meno forte, intelligente, bello e carismatico di
tanti eroi col mascellone, ma forte di una costanza (e pazienza) tale da
permettergli di superare ogni sfida. E noi giocatori, alle prese con
gli enigmi, finiamo inevitabilmente per volergli bene.
La
storia non procede in maniera totalmente lineare, e il racconto del
nostro vecchio re sembra modificarsi a seconda di alcune scelte compiute
dal giocatore. Nel corso del primo episodio, ad esempio, avremo a che
fare con un drago dormiente, intrappolato in una caverna. Dopo averlo
distratto con un pezzo di carne consegnato attraverso un marchingegno da
riattivare, infatti, avremo la possibilità di liberarlo o lasciarlo
incatenato nella sua grotta. La scelta avrà delle ripercussioni sulla
storia, e potrebbe modificare alcuni eventi nei capitoli successivi, tra
cui il finale. Non parliamo di un gioco propriamente “a bivi”, ma va
riconosciuta la presenza di alcuni elementi che potrebbero modificare
l’esperienza di gioco, in quanto il racconto di Graham può influenzare
il comportamento della nipote, la quale si troverà presto impegnata in
un torneo. È facile capire quali saranno le ripercussioni morali delle
nostre scelte, e il ruolo di “educatore” affidato al nonno Graham ci
intriga.
Il
gioco è stato realizzato con uno stile grafico equilibrato, che mescola
personaggi in stile cel shading 3D con fondali che paiono dipinti a
mano, il tutto senza complicare troppo i modelli tridimensionali. Ci
troviamo di fronte a un’opera non troppo appariscente da un punto di
vista grafico, una scelta che ha permesso certamente di contenere i
costi del progetto ma che, grazie a una direzione artistica encomiabile,
riesce a mascherare molte lacune. Il lavoro sulle animazioni è
encomiabile, e va segnalata l’applicazione di una fisica davvero
realistica al mantello di Graham, che volteggia per l’aria ad ogni
nostro movimento. Le variazioni negli ambienti sono piuttosto marcate, e
ad ogni scorcio offerto dalle inquadrature a telecamera fissa ci siamo
fermati ad ammirare alcuni semplici ma efficaci dettagli.
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